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Trattamento e punizione degradante

La pena o trattamento degradante costituisce, quindi, il primo gradino oltre la soglia minima di gravità. Di conseguenza, il suo ambito di applicazione si estende a tutti quei trattamenti abbastanza gravi da superare tale soglia, ma non così gravi da poter essere definiti come inumani. Questo tipo di trattamento o punizione è caratterizzato, in

259 Cfr. M.D. EVANS, R. MORGAN, Preventing Torture, cit., pp. 86 ss.; S. BARTOLE, P. DE

SENA, V. ZAGREBELSKY, Commentario breve alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e

particolare, da due elementi che lo distinguono dagli altri: la non necessaria intenzionalità del comportamento ed il senso di umiliazione suscitato nella vittima. Il trattamento degradante, a differenza di quello inumano e della tortura, può perciò essere anche colposo, poiché non è necessaria la volontà dell’agente di infliggere la sofferenza e l’umiliazione260.

Questo secondo elemento deve, invece, essere presente, perché possa parlarsi di trattamento degradante. Secondo le parole della Commissione, infatti, “treatment or

punishment of an individual may be said to be degrading if it grossly humiliates him before others or drives him to act against his will or conscience”261. Quando un

soggetto viene umiliato in maniera considerevole di fronte agli altri o viene spinto ad agire contro la propria volontà e coscienza – e quindi umiliato di fronte a se stesso – può dirsi sussistente un trattamento degradante. La necessaria presenza del sentimento di umiliazione ha portato la dottrina ad affermare, che, per individuare la nozione di trattamento degradante, si debba fare particolare riferimento alle conseguenze mentali e psichiche prodottesi, più che a quelle fisiche. Ciò costituirebbe, infatti, la differenza fra il trattamento degradante e quello inumano, nella cui individuazione giocano un ruolo contemporaneamente sia i danni fisici che quelli psichici262.

Una tipica ipotesi di trattamento degradante, di cui gli organi di Strasburgo si sono occupati, è quella delle punizioni corporali. Celebre è il caso Tyrer c. Regno Unito, nel quale si discuteva se le punizioni corporali, utilizzate per i minorenni nell’Isola di Man, ed in particolare l’uso della verga, costituissero o meno una violazione dell’art. 3 CEDU. Il ricorrente, un quindicenne dichiarato colpevole di un’aggressione nel corso della quale un compagno di scuola era stato ferito, era stato condannato, in conformità a quanto previsto nell’Isola di Man, ad alcune vergate. La punizione era stata inflitta alla presenza del padre e di un medico, facendo voltare e piegare il ragazzo e colpendolo sui glutei con i pantaloni abbassati. La Commissione e la Corte conclusero che vi era stata violazione dell’art. 3 CEDU, dato che la situazione permetteva di ritenere integrata la soglia di gravità necessaria per un trattamento degradante. Si deve

260 CEDU, Stanev c. Bulgaria, 17 gennaio 2012, §203. Cfr. H. SATZGER, Internationales und

Europäisches Strafrecht, cit., p. 217

261 COMM, Grecia, 5 novembre 1969

262 S. BARTOLE, P. DE SENA, V. ZAGREBELSKY, Commentario breve alla Convenzione Europea

dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, cit., p. 68 e A. ESPOSITO, Art. 3. Proibizione della tortura, cit., p. 57

segnalare che il giudice Fitzmaurice espresse un’opinione dissenziente, nella quale affermò che la Corte non aveva tenuto conto in maniera adeguata delle circostanze del caso, censurando il trattamento come di per sé degradante. A suo parere, infatti, nel caso di specie si erano adottate una serie di garanzie, come la presenza del medico, che mettevano in dubbio la sussistenza di una violazione dell’art. 3 CEDU. Secondo il giudice Fitzmaurice, inoltre, il fatto che un tipo di punizioni o trattamenti sia considerato immorale o indesiderabile non è sufficiente a renderlo qualificabile come degradante263.

In un caso simile, in effetti, la Corte, proprio facendo perno sulle circostanze del caso concreto, escluse la sussistenza della violazione. Nel caso Campbell e Cosans c. Regno

Unito era in discussione se l’uso di punizioni corporali come misura disciplinare in una

scuola costituisse trattamento degradante. I giudici di Strasburgo nella loro valutazione presero in considerazione il fatto che in Scozia tale eventualità non era percepita come degradante, che gli alunni stessi non si sentivano umiliati e che non vi erano prove, come ad esempio certificati medici, che attestassero gli effetti psicologici negativi di tali punizioni. In base a ciò, essi affermarono che nel caso esaminato non era stata superata la soglia minima necessaria per l’applicazione dell’art. 3 CEDU264.

In seguito, la Corte ha escluso che il fatto di essere ammanettato in pubblico, senza che ve ne sia la necessità, costituisca un trattamento degradante265, mentre ha qualificato come tale il rasare la testa del detenuto senza la sua volontà266, così come le condizioni di vita indecorose in un centro di assistenza sociale per disabili. Nel caso

Stanev c. Bulgaria, infatti, quest’ultima è stata condannata per violazione dell’art. 3

CEDU in relazione al soggiorno obbligatorio del signor Stanev in un centro di assistenza sociale a seguito del riconoscimento giudiziale di incapacità legale per una grave forma di schizofrenia. Il luogo, visitato anche dagli ispettori del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura, poteva ben essere descritto come fatiscente e non era ben riscaldato in inverno. Inoltre, il cibo servito era di scarsa qualità e i servizi igienici sporchi e in situazione di degrado. Considerato tutto questo e la lunga durata della permanenza in queste condizioni del signor Stanev nel centro, la Corte, dichiarata

263 CEDU, Tyrer c. Regno Unito, 25 aprile 1978, §30 ss.

264 CEDU, Campbell e Cosans c. Regno Unito, 25 febbraio 1982, § 24 ss. Cfr. M.D. EVANS, R.

MORGAN, Preventing Torture, cit., pp. 86 ss.

265 CEDU, Raninen c. Finland, 16 dicembre 1997, § 57 ss. 266 CEDU, Yankov c. Bulgaria, 11 dicembre 2003, § 104

irrilevante la mancanza di volontà da parte dello Stato, che negava di aver avuto intenti umiliatori e si difendeva sostenendo che la situazione del centro era legata alla mancanza oggettiva di fondi, ha condannato la Bulgaria per trattamento degradante267. Per quanto riguarda l’Italia, come si vedrà infra par. 2.1.8., essa è stata di recente condannata per violazione dell’art. 3 CEDU in relazione ai trattamenti degradanti per le condizioni di sovraffollamento delle carceri268, mentre, in sentenze più risalenti, la Corte ha escluso che il regime di cui al 41-bis dell’ordinamento penitenziario sia di per sé in contrasto con l’art. 3 CEDU269.

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