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I reati propri: l’art 323 c.p e gli artt 606-609 c.p.

Partendo dai reati propri, particolarmente inidoneo a fornire una tutela piena si mostra l’abuso d’ufficio440, che può essere contestato in particolare alle figure apicali che ordinino o non impediscano le violenze. Innanzitutto la cornice edittale dell’art. 323 c.p. (pena della reclusione da sei mesi a quattro anni) è particolarmente bassa nel minimo. Inoltre nei casi concreti in cui questo reato è stato contestato rispetto a fatti di tortura, difficilmente è stata riconosciuta la sussistenza dell’elemento soggettivo, poiché questo è connotato in maniera particolarmente specifica e di conseguenza è di difficile dimostrazione. Da un lato è escluso il dolo eventuale e dall’altro l’elemento soggettivo deve caratterizzarsi per una volontà dell’agente non solo diretta, ma anche esclusiva nella provocazione del danno441.

Il Tribunale di Genova ad esempio, nella decisione sui fatti della Caserma di Bolzaneto, ha ritenuto che soltanto nei confronti di uno degli imputati, l’ispettore della Polizia Penitenziaria Gugliotta, responsabile della sicurezza del sito penitenziario di Bolzaneto, fosse stato provato l’elemento psicologico necessario. Si deve dire che, in questo caso, la prova era resa ancora più complessa dal fatto che era stata contestata la modalità omissiva del reato442.

Tuttavia il delitto di cui all’art. 323 c.p. finisce per colpire, e non senza difficoltà, soltanto quelle figure di vertice che hanno il potere di ordinare o impedire i fatti di tortura. Inoltre questa fattispecie non coglie nel suo complesso la loro gravità. Si tratta infatti di un reato contro la Pubblica Amministrazione che, in quanto tale,

440 Art. 323 c.p.: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o

l'incaricato di pubblico sevizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.

441 Cfr. S. CANESTRARI e altri, Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, 5. Edizione, Monduzzi,

2009, pp. 177 ss.; Tribunale di Napoli, sez. V, 3 dicembre 1997, in Guida al diritto, Il Sole 24

Ore1998, p. 109 ss. ; Cass., Sez. VI, 31 maggio 1996, n. 8292, Rv. 206134; Cass., Sez. VI, 18

dicembre 2002, in Guida al diritto, n. 11/2003, pp. 96 ss.; Cass., sez. VI, 27 giugno 2007, n. 35814, Rv. 237916

442 Tribunale di Genova, Sez. III, 14 luglio 2008, su www.processig8.org; P. PALERMO, Tortura e

trattamenti inumani e degradanti in Italia: tra convenzioni internazionali e deficit legislativi, in Rivista penale, 10, 2009, p. 1192 e G. LANZA, Obblighi internazionali d’incriminazione penale della tortura ed ordinamento interno, cit., p. 738

ignora la violazione principale realizzata con la condotta di tortura, costituito dalla negazione della dignità umana attraverso la lesione dell’integrità psico-fisica. L’altro gruppo di reati propri, applicabili ai casi di tortura, non è disciplinato fra i delitti contro la Pubblica Amministrazione, bensì fra quelli contro la persona e in particolare fra i delitti a tutela della libertà personale. Si fa riferimento agli artt. 606- 609 c.p., che puniscono rispettivamente l’arresto illegale443, l’indebita limitazione della libertà personale444, l’abuso di autorità contro arrestati o detenuti445, la perquisizione e l’ispezione personali arbitrarie446.

Questi reati, che puniscono diverse forme di abusiva limitazione della libertà personale, sono certamente inadeguati a cogliere la complessità della fattispecie di tortura, andando a colpirne soltanto determinati aspetti.

I beni giuridici protetti da queste fattispecie sono infatti la libertà personale e l’interesse pubblicistico alla legalità dell’azione dei soggetti muniti del potere di incidere sui diritti di cittadini, mentre non assume rilievo, in alcun modo, la lesione dell’integrità psico-fisica447. Inoltre non ha rilevanza, per l’integrazione del fatto tipico, l’obiettivo del soggetto agente.

In ogni caso queste disposizioni non presentano pene con sufficiente efficacia deterrente: nessuna di esse prevede una pena minima superiore al minimo generale dei quindici giorni, a fronte di un massimo di tre anni per gli artt. 606 e 607 c.p., trenta mesi per l’art. 608 c.p. e di un anno per l’art. 609 c.p.448

Si può aggiungere che tutte queste ipotesi, essendo connesse all’attuazione della previsione costituzionale dell’art. 13, comma 4, Cost. in materia di libertà personale,

443 Art. 606 c.p.: “Il pubblico ufficiale che procede ad un arresto, abusando dei poteri inerenti alle sue

funzioni, è punito con la reclusione fino a tre anni”.

444 Art. 607 c.p.: “Il pubblico ufficiale, che, essendo preposto o addetto a un carcere giudiziario o ad

uno stabilimento destinato all'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, vi riceve taluno senza un ordine dell'autorità competente o non obbedisce all'ordine di liberazione dato da questa autorità, ovvero indebitamente protrae l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, è punito con la reclusione fino a tre anni”.

445 Art. 608: “Il pubblico ufficiale, che sottopone a misure di rigore non consentite dalla legge una

persona arrestata o detenuta di cui egli abbia la custodia anche temporanea, o che sia a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell'autorità competente, è punito con la reclusione fino a trenta mesi. La stessa pena si applica se il fatto è commesso da un altro pubblico ufficiale rivestito, per ragione del suo ufficio, di una qualsiasi autorità sulla persona custodita”.

446 Art. 609: “Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, esegue una

perquisizione o una ispezione personale è punito con la reclusione fino ad un anno”.

447 Cfr. S. CANESTRARI e altri, Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, cit., p. 524

448 Cfr. G. LANZA, Obblighi internazionali d’incriminazione penale della tortura ed ordinamento

interno, cit., pp. 749 ss. e P. PALERMO, Tortura e trattamenti inumani e degradanti in Italia, cit., p.

possono essere applicate soltanto a quei casi di tortura che vengano commessi all’interno di luoghi di detenzione. Si tratta senza dubbio degli episodi più frequenti, poiché questi luoghi costituiscono zone buie, dove i controlli propri di una società democratica tendono ad affievolirsi.

Ciò non significa però che i fatti di tortura avvengano solo ed esclusivamente in situazioni di restrizione della libertà personale. Si pensi, a titolo di esempio, al caso di Federico Aldrovandi, morto durante un controllo di polizia in una tranquilla strada residenziale di Ferrara, o a quello di Paolo Scaroni, tifoso bresciano, cui le percosse subite da parte della polizia alla stazione di Verona, oltre a provocargli un coma durato più di sessanta giorni, lo hanno reso gravemente invalido449.

Considerazioni simili a quelle relative ai reati propri contro la libertà personale, possono essere fatte per il sequestro di persona, reato comune che, pur prevedendo pene piuttosto elevate, almeno nel massimo, colpisce soltanto uno dei possibili presupposti del realizzarsi della tortura (la restrizione indebita della libertà personale), ma non certo il fenomeno nel suo complesso450.

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