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Il secondo modello: la definizione non pienamente rispondente alla Convenzione e la qualificazione del reato come comune

II. Trattamento o punizione inumano e tortura

2. Il secondo modello: la definizione non pienamente rispondente alla Convenzione e la qualificazione del reato come comune

2.1. L’art. 222-1 del Codice penale francese

Il secondo modello di criminalizzazione della tortura è ben rappresentato dal sistema francese, che introduce il reato di torture et actes des barbarie all’art. 222-1 del Codice penale.

Questa disposizione, che stabilisce “le fait de soumettre une personne à des tortures

ou à des actes de barbarie est puni de quinze ans de réclusion criminelle”, si trova al

Paragrafo 1, Sezione 1, Capitolo II, Titolo II del Libro II del Codice penale francese, affiancato dal reato di violenze e da quello di minacce. Esso è collocato, quindi, fra i

delitti contro le persone, e in particolare fra le offese volontarie all’integrità psicofisica, accomunate dal fatto di essere provocate volontariamente, ma senza l’intenzione di causare la morte della vittima370.

Sebbene la dottrina sottolinei come questa previsione sia volta a rendere l’ordinamento francese conforme agli obblighi internazionali sottoscritti dalla Francia, fatta eccezione per l’uso della parola “tortura”, non vi sono molti altri punti di collegamento con la Convenzione ONU del 1984.

Innanzitutto non si ha una definizione di cosa debba intendersi per tortura: cosa significhi, quindi, “le fait de soumettre une personne à des tortures” viene rimesso all’opera interpretativa dei giudici e della dottrina. Questi l’hanno definita come un atto di violenza particolarmente grave, che si traduce in un’offesa all’integrità del soggetto passivo, non sostenuta dall’intenzione di provocarne la morte. La tortura e l’atto di barbarie vengono ulteriormente connotati con il riferimento alla crudeltà, alla furia e alla perversità dell’agire371.

La scelta dell’ordinamento francese di non individuare a priori gli elementi costitutivi della fattispecie, lasciandone l’individuazione all’opera dottrinaria e giurisprudenziale appare decisamente discutibile in termini di tassatività e determinatezza, caratteristiche che dovrebbero essere proprie di ogni precetto penale. L’incriminazione della tortura, contenuta nel Codice francese, si differenzia poi dalla Convenzione, per il fatto di essere costruita, nella sua versione non aggravata, come reato comune. È indubbio che chiunque possa commettere degli atti di barbarie, assimilabili alla tortura, ma lo è altrettanto che il loro disvalore appare connotato in maniera particolare, quando a porli in essere sia un rappresentante dello Stato.

A ben vedere l’ordinamento francese pare essere conscio di questo fatto, nel momento in cui prevede come circostanza aggravante all’art. 222-3, n. 7, l’ipotesi in cui il fatto sia commesso “par une personne dépositaire de l'autorité publique ou

chargée d'une mission de service public dans l'exercice ou à l'occasion de l'exercice de ses fonctions ou de sa mission”. La pena base di quindici anni è aumentata, in

questo caso, a venti anni372.

370 Cfr. M. VÉRON, Droit pénal spécial, 10. Édition, Dalloz, 2004, pp. 34 ss. 371 Cfr. Ivi, p. 36

Questa scelta appare, da un certo punto di vista, condivisibile, poiché sottolinea la maggiore gravità del fatto commesso da un’autorità pubblica ma, da un altro punto di vista, essa è criticabile, andando ad equiparare e a punire allo stesso modo situazioni che appaiono differenti. L’aggravante del possesso di una qualifica pubblica non è, infatti, l’unica, ma si accompagna ad una serie di circostanze, elencate all’interno dell’art. 222-3. Le prime ipotesi di questo elenco, dal n. 1 al n. 5, riguardano non tanto il soggetto attivo quanto il soggetto passivo e, fra queste, si trova la circostanza relativa alla commissione del fatto ai danni di familiari o persone che ne condividono il domicilio (art. 222-3, n. 3 e n. 4-ter). Allo stesso tempo, l’art. 222-3, n. 6, prevede che la pena sia aggravata quando il fatto è commesso dal coniuge o dal convivente della vittima.

L’equiparazione di questa situazione con quella della tortura posta in essere da un funzionario pubblico finisce per annullare, o quantomeno ridimensionare, l’importanza data alla maggiore gravità di cui si connota l’azione del rappresentante dello Stato. Ciò non significa che la violenza all’interno dei rapporti familiari non sia grave, ma semplicemente che la violenza esercitata da un funzionario pubblico lo è ancora di più, costituendo un abuso del proprio potere e un sovvertimento della propria funzione, oltre che uno sfruttamento della situazione di assoluta vulnerabilità di chi si trova sotto il controllo dello Stato.

Proseguendo nella disciplina del Codice penale francese, si deve aggiungere che la previsione dell’art. 222-1 è seguita, come si è già accennato, da una lunga serie di circostanze aggravanti. La pena passa, infatti, da quindici a venti anni per tutte le ipotesi elencate all’art. 222-3, che riguardano la qualità della persona offesa (nn. 1- 5), il motivo del crimine, come ad esempio l’intento discriminatorio (nn. 5-bis 5-ter), la qualità del soggetto attivo (n. 6-7), la pluralità degli autori (n. 8), la premeditazione (n. 9), l’uso di un’arma (n. 10). L’art. 222-4 sancisce, invece, un raddoppio della pena per chiunque commetta tortura o atti di barbarie in maniera abituale nei confronti di un minore di quindici anni o su una persona particolarmente vulnerabile in ragione di una serie di fattori (malattia, deficienza fisica o psichica, stato di gravidanza…), ovvero li commetta come parte di una banda armata. L’ergastolo è, invece, previsto alla luce dell’art. 222-2 nel caso in cui al reato segua

l’omicidio o la violenza sessuale, ovvero, secondo la disposizione dell’art. 222-6, la morte non voluta della vittima.

Oltre alla pena della reclusione, sono previste alcune sanzioni accessorie, fra cui l’interdizione dall’esercizio dell’attività professionale o sociale nello svolgimento della quale sia stato commesso il reato e l’interdizione dall’esercizio di una funzione pubblica373.

2.2. Il secondo modello in altri ordinamenti

Il sistema francese rappresenta l’ipotesi più estrema del secondo modello, non fornendo alcuna definizione di tortura. Altri ordinamenti che, come la Francia, hanno costruito il reato come comune, prevedendo soltanto una circostanza aggravante per l’ipotesi in cui il soggetto attivo sia un rappresentante dello Stato, danno una descrizione, sebbene spesso scarna, del concetto di tortura.

Il Codice penale russo, ad esempio, la descriveva, nella versione originaria del testo normativo, come l’inflizione di sofferenza fisica o mentale per mezzo di percosse sistematiche o altre azioni violente. Nel 2003 è stato specificato, in nota all’art. 117 del Codice penale, che l’atto deve avere un determinato scopo, vale a dire ottenere confessioni ovvero punire.

Un altro ordinamento che segue questo modello è quello del Belgio, il cui Codice penale agli artt. 417-bis e seguenti, punisce la tortura e i trattamenti inumani e degradanti. La tortura ai sensi del codice è qualificata come quel trattamento inumano che provoca deliberatamente un dolore acuto o delle sofferenze, fisiche o mentali, molto gravi e crudeli. L’elemento teleologico non è presente in questa definizione, ma in quella di trattamento inumano, dove si afferma che lo scopo dell’autore deve essere quello di ottenere una confessione, di punire, di esercitare pressione, o di intimidire una persona o terzi. Ovviamente, essendo la tortura qualificata come trattamento inumano particolarmente grave, anche nella sua definizione è presente questo elemento374.

373 Per il testo normativo aggiornato si veda: http://www.legifrance.gouv.fr/ 374 Per le disposizioni russa e belga si consulti: http://www.apt.ch/en/national-level/

Si vede, quindi, come i concetti forniti in questi testi normativi non si allontanino troppo dalla definizione della Convenzione ONU del 1984, da cui si differenziano, però, per la maggiore vaghezza nella connotazione degli elementi costitutivi e soprattutto per la qualificazione della tortura come reato comune.

3. Opportunità di seguire il primo modello nella costruzione del reato di tortura

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