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L’organo di controllo della Convenzione: il Committee against Torture

IV. L’elemento negativo: l’esclusione delle sanzioni legittime

1.4.4. L’organo di controllo della Convenzione: il Committee against Torture

La seconda parte della Convenzione (artt. 17 ss.) si occupa del Committee against

Torture (CAT), organo di controllo dell’atto internazionale189.

Fino al 2002 i compiti del Comitato contro la tortura erano equivalenti alla somma dei poteri del Comitato per i diritti umani e della Commissione per i diritti umani, con la differenza di essere specificamente rivolti alla tutela del diritto a non essere sottoposti a tortura e a trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Con l’approvazione del Protocollo Opzionale nel 2002, entrato in vigore nel 2006, il sistema di controllo della Convenzione è stato però notevolmente implementato, con l’introduzione della possibilità, da parte di un Sottocomitato del Comitato, di svolgere visite nei luoghi di detenzione e dell’obbligo, per gli Stati che ratificano il Protocollo, di creare dei Meccanismi Nazionali di Prevenzione con gli stessi poteri190.

Tornando ai compiti classici del Comitato, questo innanzitutto riceve, analizza e commenta i rapporti degli Stati parte sulle misure adottate per la prevenzione e la repressione della tortura, che questi devono inviare ogni quattro anni, o su specifica richiesta del Comitato (art. 19). Quest’ultimo ha anche la facoltà di chiedere informazioni alle altre istituzioni specializzate, agli altri organi dell’ONU, come lo

Special Rapporteur, alle organizzazioni intergovernative e a quelle non-governative.

Tutte le notizie raccolte vengono riassunte in Relazioni annuali, contenenti anche i Commenti Generali relativi ai singoli Stati, che con il tempo sono diventati molto franchi e critici191.

Nel Rapporto annuale 2006-2007, ad esempio, il Comitato commenta la Relazione italiana e, dopo aver rimproverato l’Italia per non aver seguito le linee guida date dal Comitato stesso per la redazione della relazione, ed aver segnalato fra gli aspetti positivi l’introduzione del reato di tortura all’art. 185-bis del Codice penale militare

189 Il Comitato è entrato in funzione dal 1988 e costituito da 10 esperti di alta moralità e di

riconosciuta esperienza nell’ambito dei diritti umani, che, una volta eletti, restano in carica per quattro anni. Cfr. N.S. RODLEY, The Treatment of Prisoners under International Law, cit., pp. 152 ss.,

190 Cfr. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti umani, p. 123

191 Cfr. N.S. RODLEY, The Treatment of Prisoners under International Law, cit., pp. 152 ss., A.

CASSESE, I diritti umani oggi, cit., p. 180 e C. ZANGHÌ, La protezione internazionale dei diritti

di guerra, si mostra, fra le altre cose, preoccupato per il mancato inserimento nel Codice penale del reato di tortura e non soddisfatto delle assicurazioni poste in essere dallo Stato italiano circa la punibilità di tutti i singoli atti di tortura192.

Quello dei rapporti periodici è l’unico meccanismo obbligatorio, che si applica a tutti gli Stati che abbiano ratificato la Convenzione. Gli artt. 20, 21 e 22 istituiscono, infatti, dei meccanismi di ricorso interstatale o individuale che, per espressa volontà dei Paesi socialisti, sono stati concepiti come facoltativi e prevedono, quindi, la possibilità di esprimere una riserva (art. 20193), quando non devono essere espressamente accettati (artt. 21194 e 22195).

Si deve dire che, come per il Comitato per i diritti umani, il meccanismo delle comunicazioni interstatali non ha avuto successo, non essendo mai stato attivato, e quello dei ricorsi individuali, sebbene più utilizzato196, costituisce uno strumento

192Cfr.http://tbinternet.ohchr.org/_layouts/treatybodyexternal/TBSearch.aspx?Lang=en&TreatyID=1&

DocTypeID=27

193 La procedura confidenziale, disciplinata dall’art. 20, può essere attivata, se lo Stato non ha espresso

una riserva nei confronti di questo articolo, laddove il Comitato riceva informazioni attendibili circa la commissione sistematica di atti di tortura nel territorio di uno Stato parte. In questo caso, previo consenso rilasciato dallo Stato oggetto della procedura, può essere realizzata un’inchiesta, a seguito della quale viene stesa una relazione inviata allo Stato, che contiene l’indicazione delle misure adeguate alla situazione e che rimane confidenziale, fatta salva la possibilità di darne un resoconto sommario nella Relazione annuale. Il meccanismo è stato attivato più volte: ad esempio nei confronti di Brasile, Togo, Serbia, Nepal, Turchia ed Egitto. Cfr. N.S. RODLEY, The Treatment of Prisoners

under International Law, cit., pp. 152 ss. e C. ZANGHÌ, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, cit., p. 364

194 L’art. 21 introduce, invece, il meccanismo facoltativo delle comunicazioni interstatali attraverso il

quale uno Stato ha la possibilità di segnalare le violazioni della Convenzione poste in essere da uno Stato, sempre che entrambi abbiano accettato questo tipo di controllo. In base a questa procedura, si instaura innanzitutto un confronto fra i due Paesi coinvolti e, solo se la soluzione non viene trovata in maniera concordata dalle parti, interviene il Comitato anche attraverso l’istituzione di una commissione ad hoc e cerca di trovare una soluzione amichevole. In questo caso il rapporto conclusivo contiene una descrizione dell’accordo trovato, mentre in caso contrario avrà ad oggetto solo un’esposizione dei fatti e degli argomenti addotti dalle due parti. Cfr. N.S. RODLEY, The

Treatment of Prisoners under International Law, cit., pp. 152 ss. e C. ZANGHÌ, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, cit., p. 364

195 L’ultimo meccanismo, contenuto nell’art. 22, la cui applicazione è facoltativa come quella dell’art.

21, consiste nella possibilità da parte dei singoli di ricorrere al Comitato per vedere riconosciuta la violazione della Convenzione nei propri confronti. Verificata l’ammissibilità della comunicazione, il Comitato, anche attraverso la costituzione di un apposito gruppo di lavoro, esamina il merito, cercando di reperire il maggior numero di informazioni possibili. La procedura si conclude con la stesura di un rapporto con le proprie valutazioni, che viene inviato alle parti. Cfr. N.S. RODLEY, The

Treatment of Prisoners under International Law, cit., pp. 152 ss. e C. ZANGHÌ, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, cit., p. 364

196 Al 24 luglio 2012, c’erano 103 ricorsi pendenti, 63 erano stati dichiarati inammissibili, 138

abbandonati, in 72 casi era stata riscontrata una violazione, in 130 non era stata riscontrata alcuna violazione.

debole, in quanto si limita ad appurare l’esistenza di una violazione senza garantire un adeguato ristoro alle vittime.

Di maggiore impatto si è dimostrata la procedura di cui all’art. 20, poiché il riscontro di una violazione sistematica del divieto di tortura solleva in maniera maggiore l’attenzione ed il biasimo internazionali197.

Su tutto questo sistema pesava però la questione del reperimento delle fonti e delle informazioni, da un lato difficile, dall’altro non diretto. Proprio da ciò è nata l’idea di adottare un protocollo opzionale, che ampliasse i poteri del Comitato, dandogli la possibilità di accedere ai luoghi di detenzione198.

Come si è già detto, il Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la tortura, approvato nel 2002 ed entrato in vigore nel 2006, prevede la creazione di un Sottocomitato per la Prevenzione della Tortura (SPT) del Comitato contro la tortura, composto da 25 esperti indipendenti, nonché l’obbligo per gli Stati firmatari di istituire dei Meccanismi Nazionali di Prevenzione (NPM), di cui ciascuno stato deve garantire tanto l’indipendenza funzionale quanto quella dei suoi membri199. Entrambi questi organismi hanno la possibilità di visitare regolarmente, senza previo avviso alle autorità, i luoghi dei diversi Paesi in cui si trovano i soggetti privati della libertà personale, che costituiscono notoriamente quegli spazi oscuri degli ordinamenti, dove è più facile che si realizzino gli episodi di tortura200.

Si tratta di importantissimi strumenti preventivi, simili ad altri organismi internazionali, quali il Comitato Internazionale della Croce Rossa ed il Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura. Certo è, tuttavia, che su di essi, come su tutti i meccanismi di controllo della Convenzione, grava il fatto di essere strumenti facoltativi, subordinati alla ratifica del Protocollo Opzionale. Devono, quindi, essere gli Stati a decidere di aprire, in ogni momento (e non solo in tempo di guerra, come

197 Cfr. N.S. RODLEY, The Treatment of Prisoners under International Law, cit., pp. 152 ss. 198 Cfr. Ivi, p. 160

199 Sono stati visitati dal Sottocomitato, fra gli altri, l’Estonia, la Svezia, il Messico, la Bolivia e il

Paraguay.

200 Cfr. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti umani, cit., p. 123 e http://www.apt.ch. Per

privazione della libertà si intendono ai sensi dell’art. 4, II comma, del Protocollo Opzionale, tutte le forme di detenzione o imprigionamento di una persona in una struttura pubblica o privata, che quella persona non può lasciare volontariamente per un ordine di natura giudiziaria, amministrativa o di altro tipo.

per il CICR), ad un organismo internazionale di livello universale (e non soltanto regionale come il CPT) le porte dei propri luoghi di detenzione201.

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