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La correlazione fra conoscenza architetturale e conoscenza specialistica sui component

La variabile di cruciale importanza al fine di conoscere e gestire i trade-off delle performance dei componenti di un prodotto complesso, è essere in possesso di una approfondita conoscenza delle interdipendenze e interazioni fra di loro. Tale osservazione non è di certo nuova. Infatti questa tipologia di conoscenza è denominata in letteratura come “conoscenza architetturale”. Però l’aspetto che la letteratura non approfondisce in grande misura, è in particolare quali azioni e condotte di gestione deve mettere in atto un’impresa, al fine di possedere la conoscenza finalizzata a gestire le interdipendenze fra componenti di un prodotto complesso. Come osservato in precedenza nel caso Fiat, si era evidenziato chiaramente che il motivo principale delle problematiche affrontate dalla casa automobilistica torinese è stata in particolare la difficoltà di precisare le specifiche di produzione dei componenti a fornitori, nei casi in cui esse erano relative anche all’interdipendenza tra più componenti dei propri prodotti. Alla base delle difficoltà di Fiat, come già sottolineato, vi era una rilevante mancanza di conoscenza specialistica sui componenti che ormavano i propri prodotti.

Queste affermazioni confermano il contenuto di quella parte di letteratura che ritiene che un’impresa integratore di sistema debba possedere una conoscenza specifica sui componenti dei propri prodotti, affinché essi possiedano una buona capacità di gestire i trade-off tra le performance dei componenti caratteristiche della progettazione di un prodotto complesso e assumere le scelte di gestione più adeguate al fine di ottenere elle performance ottimali del prodotto a livello complessivo. La conoscenza specifica sui componenti quindi, è da considerarsi come una variabile di fondamentale importanza al fine di acquisire e accrescere la conoscenza architetturale sui propri prodotti ed è dunque di grandissima rilevanza per la realizzazione di prodotti complessi.

E’ opportuno sottolineare che tali evidenze sono state riscontrate anche in altri settori da parte dei due studiosi Taylor e Greve. Quest’ultimi due, dai risultati empirici ottenuti, sottolineano che per un OEM è di fondamentale importanza un’adeguata comprensione del funzionamento delle tecnologi alla base dei componenti che formo i propri prodotti, e non esclusivamente l’essere esposti a fonti esterne di conoscenza o le informazioni sul potenziale di una certa tecnologia. Tale affermazione è confermata dalle evidenze riscontrate nel caso empirico analizzato sulla Fiat: la conoscenza specifica sui

componenti è imprescindibile al fine di conoscere e padroneggiare in maniera ottimale i trade-off tra le performance dei componenti o sistemi di maggiore importanza di un prodotto complesso. In quali modi le imprese integratori di sistema possano acquisire e accrescere questo tipo di conoscenza è una problematica che non ha affatto una semplice soluzione, anzi essa è di primaria importanza. Le evidenze osservate in relazione al caso Fiat dunque, permettono di constatare che le tesi esposte da un filone della letteratura sul tema, che individuano nella conoscenza specifica sui componenti un elemento essenziale per sviluppare la conoscenza architetturale e complementare ad essa, sono di sicuro attualmente di grandissima rilevanza e interesse. Inoltre, si può osservare che la conoscenza specifica sui componenti si rivela di grande rilevanza anche per consolidare la conoscenza architetturale nel corso del tempo, consentendo che essa progredisca e si adegui al processo di evoluzione tecnologica.

La tesi che qui si vuole sottolineare però, si spinge oltre le osservazioni della letteratura sul tema e vuole affermare che conservare all’interno dell’impresa le conoscenze specifiche sui componenti in sistemi di cruciale importanza che formano i prodotti di un’azienda, sia la variabile di fondamentale importanza al fine di coinvolgere in maniera efficace ed efficiente delle fonti esterne di conoscenza nell’ambito della realizzazione di prodotti complessi. Numerosi risultati empirici evidenziano che è arduo, se non addirittura impossibile, conservare da parte di un’impresa delle conoscenze rilevanti sull’integrazione di sistema se non si possiede una comprensione approfondita della conoscenza relativa al funzionamento di componenti che costituiscono i propri prodotti.

L’analisi compiuta del caso Fiat si è dimostrata di grande importanza per capire la relazione fra la conoscenza architetturale e la conoscenza specifica sui componenti. Come si evince infatti dallo studio del caso, le difficoltà incontrate in relazione all’integrazione delle performance non si verificarono agli inizi dell’adozione della strategia di esternalizzazione, cioè all’inizio degli anni Novanta. Ciò accadde perché gli ingegneri Fiat in quegli anni avevano da poco cominciato ad affidare a dei fornitori esterni all’impresa la progettazione dei componenti delle proprie auto. In quel frangente storico, la conoscenza specifica sui componenti era ancora saldamente in possesso di Fiat e non era problematico compiere il coordinamento delle attività di progettazione compiute dai propri diversi fornitori. Però negli anni seguenti, le conoscenze sui componenti si indebolirono e vennero perse in modo rapido da parte di Fiat. Al termine

degli anni Novanta, come osservato in precedenza nella trattazione delle vicende di Fiat, tali competenze erano state erose per intero, per lo meno per quanto riguarda alcuni sistemi del veicolo.

Il mancato riconoscimento della fondamentale importanza del mantenimento all’interno dell’impresa della conoscenza specifica sui componenti, è alla base delle difficoltà affrontate da Fiat e da numerosi OEM in situazioni simili alle sue. Capire e riconoscere questa problematica è sicuramente rilevante nello studio del fenomeno dell’esternalizzazione dei processi innovativi. Innanzitutto, dal momento che Fiat aveva praticato l’outsourcing addirittura di un ammontare pari all’85% delle proprie conoscenze specifiche sui componenti, gli ingegneri che facevano parte del suo personale erano esclusi dalla possibilità di avvalersi di numerose opportunità di apprendimento che permetteva di ottenere il learning by doing. Come osservato in precedenza, il learning by doing stesso, invece che la sola esposizione teorica o informazione sulle tecnologie da cui sono formati i componenti e le loro modalità di funzionamento a livello astratto, consente ad un’impresa integratore di sistema di poter acquisire delle tipologie di conoscenza che in seguito potranno risultare di grande rilevanza nello svolgimento pratico delle proprie attività aziendali. Le vicende Fiat dunque, confermano di sicuro la tesi sostenuta nella letteratura che il learning by doing sia la metodologia di maggior rilevanza al fine di accrescere la propria conoscenza sui componenti che sarà fondamentale per il loro assemblaggio nel prodotto finale. Nel caso aziendale della Fiat, escludere gli ingegneri del personale di tale impresa da tale processo ha in realtà comportato una progressiva perdita, erosione ed indebolimento della conoscenza specifica sui componenti. In aggiunta, le vicende della casa automobilistica torinese evidenziano anche in che misura le opportunità di apprendimento derivanti dal learning by doing possano essere sostituite.

Si deve osservare che nel corso della fase di presviluppo dei prodotti Fiat una parte del personale dei fornitori di sistemi e componenti di grande importanza, si trovava in realtà ad operare fisicamente nello stesso luogo con il personale Fiat, nelle vicinanze delle piattaforme di sviluppo dei prodotti della casa automobilistica torinese. Tale modalità di lavoro in condizioni di prossimità fisica, avrebbe dovuto consentire una frequente comunicazione fra i membri dell’organico aziendale Fiat e quelli dei fornitori, e in aggiunta l’opportunità di instaurare delle relazioni personali e di condividere della conoscenza tacita. Sebbene sussistessero tali condizioni di lavoro che agevolavano

l’assorbimento di conoscenza però, le competenze di Fiat di realizzare alcuni sistemi di maggiore importanza del veicolo, e soprattutto la padronanza e il monitoraggio della progettazione di questi sistemi nel corso della fase di presviluppo, hanno affrontato un indebolimento e un impoverimento pressoché inevitabili. Si può concludere osservando che non dare accesso agli ingegneri delle opportunità di apprendimento derivanti dal learning by doing può comportare l’indebolimento della capacità di assorbimento dell’impresa e dunque, delle possibilità per un’OEM di avvalersi del tutto del contributo di fonti esterne di conoscenza, nel caso della Fiat dei fornitori.

Si può osservare infine, dalle evidenze empiriche che alcune delle attività di progettazione inerenti ai sistemi e ai componenti di un prodotto complesso, dovrebbero essere svolte all’interno dell’azienda e che perché ciò possa avvenire è necessario compiere queste attività di progettazione all’interno dell’impresa. Il motivo di questa affermazione, è che esclusivamente realizzando la progettazione (doing) un’impresa integratore di sistema avrà la possibilità di sviluppare e possedere le conoscenze fondamentali che le sono utili relative alle tecnologie che formano i componenti del prodotto. Questa forma di conoscenza, come già osservato, assume un’importanza cruciale nel favorire lo sviluppo della competenza di un’OEM nell’assumere delle decisioni relative ai trade-off di performance, che sono degli elementi di fondamentale importanza al fine di progettare e realizzare dei prodotti complessi.

I risultati empirici presentati finora evidenziano la rilevanza di osservare i dettagli operativi al fine di capire le conseguenze strategiche delle decisioni di outsourcing di alcune attività aziendali. D’altronde le decisioni strategiche devono essere assunte essendo pienamente consapevoli delle loro conseguenze sulle attività operative aziendali. Per esempio, compreso che le aziende integratori di sistemi e che realizzano prodotti complessi devono conservare al loro interno un rilevante grado di conoscenze specifiche sui componenti che formano i propri prodotti, sono in particolare le conseguenze operative di questa decisione a fare comprendere “quante” e “quali” tecnologie che formano i propri componenti è necessario sviluppare e realizzare all’interno della propri impresa. Il paragrafo seguente tratta questa problematica.

Gli aspetti negativi dell’outsourcing dei processi innovativi

Essere in possesso della conoscenza specifica su determinati componenti, è dunque una variabile di grande rilevanza al fine di assicurare ad un OEM, che il coordinamento dei

processi innovativi realizzati da dei soggetti esterni all’impresa sia efficace. Nonostante ciò, dato che la conoscenza specifica sui componenti assume grande rilevanza e poiché sono presenti poche altre soluzioni alternative nei confronti della progettazione di questi componenti all’interno dell’impresa, al fine di ottenere una conoscenza approfondita su di essi, sarebbe opportuno chiedersi in che modo gli OEM decidano quali competenze conservare all’interno dell’azienda, tramite lo svolgimento delle relative attività di progettazione in-house.

Osservando le evidenze empiriche inerenti la realizzazione di prodotti complessi, si possono riscontrare due principi generali che le imprese di norma seguono, nell’individuare le tecnologie dei componenti sulle quali conservare delle competenze specialistiche di progettazione, sviluppo e realizzazione all’interno dell’impresa. Le aziende integratori di sistema, sarebbe necessario che acquisissero e consolidassero competenze specifiche sulle tecnologie alla base dei componenti i quali:

1- Condizionano in maniera diretta le prestazioni a livello complessivo del prodotto;

2- Hanno un elevato grado di interdipendenza con le tecnologie più importanti che formano il prodotto e che concorrono in maniera rilevante alle sue prestazioni complessive.

Il primo dei due principi gestionali si basa sulla importanza del sistema o componente considerato del prodotto, mentre il secondo indica un criterio per comprendere i casi in cui la mancata esistenza di un appropriato grado di una certa competenza specifica, potrebbe comportare delle difficoltà nell’ambito delle attività di integrazione di sistema. L’identificazione delle prestazioni complessive del prodotto e di quelle che in maggior misura incidono sulle percezioni dei clienti, varierà a seconda delle considerazioni e scelte di marketing che ciascuna impresa integratore di sistema deciderà di adottare. E’ possibile fare un esempio, sempre relativo al settore automobilistico, che permetta di comprendere meglio la natura dei due criteri gestionali prima esposti inerenti le scelte di allocazione delle attività di progettazione (Fig. 10). Nell’ambito della realizzazione di un’auto sportiva, l’handling, che è quell’indicatore di performance del veicolo che descrive le sensazioni di guida del suo guidatore, è di solito una variabile rilevante che influenza la decisione d’acquisto di un cliente per tale tipo di prodotto e una performance di cruciale importanza del medesimo. Il primo criterio prima esposto,

Figura 10

Fonte: ZIRPOLI F. (2010), Organizzare l’innovazione, Bologna, Ed. Il Mulino, “cap. 7”, p. 162.

dovrebbe far comprendere all’impresa produttrice di automobili che le è necessario acquisire e consolidare le conoscenze specifiche utili al fine di realizzare l’handling e padroneggiare le sue performance. Infatti, non sarebbe possibile possedere una approfondita conoscenza sulla realizzazione dell’architettura di un’auto sportiva, ossia detenere una adeguata conoscenza architetturale, non avendo una buona conoscenza dei sistemi e componenti che la formano e che incidono sulle prestazioni dell’handling. Queste performance però, sono condizionate dal contributo congiunto delle prestazioni tecniche di diversi componenti, ad esempio del sistema di sterzo, degli pneumatici, delle sospensioni ecc.. In seguito ad aver analizzato la rilevanza dell’handling al fine dell’ottenimento delle prestazioni complessive dell’auto (primo criterio gestionale), il

secondo principio indica che è necessario entrare in possesso delle conoscenze specifiche su quei componenti, le cui performance possiedono un elevato grado di interdipendenza con il resto dell’auto nel suo complesso. Nei casi di interdipendenze ridotte o trascurabili l’impresa può ricorrere all’esternalizzazione delle attività di progettazione dei componenti a dei fornitori, impiegando l’approccio del black box sourcing. In queste circostanze in realtà, si possono esplicitare e individuare le interfacce di assemblaggio fra i componenti e il resto dell’auto e controllare l’integrazione delle prestazioni sia prima della realizzazione dei componenti medesimi, tramite delle interfacce di raccordo standardizzate e modulari, sia a seguito della realizzazione dei componenti, ricorrendo solo a dei perfezionamenti di piccola entità. Per esempio Fiat, in relazione all’handling ha valutato fosse necessario rientrare in possesso di un’elevata conoscenza specifica sulle sospensioni, e non invece sui dischi freno o sugli pneumatici.

Le indicazioni sull’operato gestionale derivanti dai due criteri prima trattati concordano e, in realtà, sono più generali del principio suggerito da Takeishi al fine di decidere quali conoscenze sulle tecnologie dei componenti fosse necessario conservare all’interno dell’impresa. Takeishi, a tal proposito, individuava nel grado di novità della tecnologia, il principio in base al quale scegliere su quali tecnologie alla base dei componenti acquisire competenze specifiche. Egli stesso, si esprimeva in questo modo a tal riguardo:

“Per i progetti regolari, è più importante per i produttori auto avere un alto livello di conoscenza architetturale (come coordinare i vari componenti del veicolo) che conoscenza specifica sui componenti. Tuttavia, quando il progetto coinvolge una tecnologia nuova per il fornitore, è importante per il produttore auto avere un più alto livello di conoscenza specifica per risolvere problemi ingegneristici inesplorati insieme con i fornitori. Nei progetti innovativi la divisione della conoscenza sembra richiedere delle sovrapposizioni tra produttore auto e fornitore, piuttosto che dei confini netti.” I due principi gestionali prima trattati sono più generali dell’indicazione fornita da Takeishi, che infatti è concorde e compresa concettualmente all’interno di essi, tuttavia sostengono che la suddivisione delle conoscenze nell’ambito della realizzazione di un prodotto complesso necessita delle sovrapposizioni fra il complesso di conoscenze detenute dall’OEM e quelle dei fornitori, non solamente nei casi in cui le tecnologie alla base dei componenti siano nuove, ma anche in quelli in cui la conoscenza specifica sui

componenti risulta utile al fine di padroneggiare e controllare le complesse interdipendenze tecniche tra i componenti del prodotto nella fase di presviluppo. In tale ultima circostanza, analogamente ai casi cui la tecnologia è innovativa e sconosciuta nel suo funzionamento, gli esiti dell’assemblaggio dei componenti con il prodotto sono caratterizzati da incertezza e ardui da prevedere ed esplicitare, prima che l’intero prodotto finale sia assemblato. Tale incertezza non è causata solo dal fatto che il fornitore non sia in possesso di determinate conoscenze specifiche sui componenti, come sostenuto da Takeishi nelle circostanze di tecnologie nuove, ma anche dalle problematiche dovute all’integrazione delle performance del prodotto a livello complessivo.