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L’erosione delle capacità di integrazione di sistema

Tralasciando le conseguenze negative che comporta l’approccio del black box sourcing, la modalità di integrazione di sistema praticata da Fiat ha evidenziato notevoli aspetti negativi soprattutto perché ha causato una rilevante e progressiva perdita di competenze tecnologiche in delle parti cruciali dell’automobile. Fiat, come già osservato, negli anni dell’esternalizzazione spinta arrivava ad affidare in outsourcing la progettazione dei propri sistemi e componenti ai fornitori per un valore all’incirca pari all’85% del valore totale del prodotto finito. I fornitori in quegli anni erano responsabili sia della progettazione del concept dei componenti, sia della loro realizzazione fin nei minimi particolari.

Il processo decisionale relativo all’outsourcing era pressoché standardizzato: Fiat suddivideva l’auto in sistemi e componenti basandosi sulle caratteristiche principali dell’architettura di prodotto e in seguito suddivideva tra i diversi fornitori le attività di progettazione seguendo tale schema logico. L’allocazione dei compiti di progettazione si ispirava alla suddivisione delle competenze di sviluppo del prodotto nella filiera industriale del settore. Per esempio, i sistemi di sicurezza passiva (airbag, volante, cinture di sicurezza ecc.) venivano progettati da dei fornitori specializzati e lo stesso accadeva nel caso del sistema frenante, delle guarnizioni, delle sospensioni, del sistema di climatizzazione, della plancia ecc.. Fiat, da un determinato momento in poi, si

accorse che era assolutamente necessario far partecipare i fornitori ai propri processi di sviluppo dei prodotti. La ragione consisteva nel fatto che, gli ingegneri Fiat avevano gradualmente specializzato le proprie competenze dalle problematiche tecniche sui progetti di sviluppo al controllo amministrativo dei fornitori, con la convinzione di conservare le capacità di integrazione di sistema, pur affidando in outsourcing ai fornitori lo sviluppo di ciascun componente del prodotto.

Tale soluzione organizzativa dimostrò in poco tempo di causare notevoli difficoltà. Fiat constatò, dopo un ridotto periodo di tempo, di aver perso tutte le competenze inerenti la progettazione di alcuni componenti dell’auto. Gli effetti di tale approccio organizzativo furono evidenti, innanzitutto, osservando le difficoltà nell’ottenere determinate prestazioni del prodotto desiderate. Fiat infatti si trovò ad affrontare delle problematiche relative all’integrazione dei componenti nel prodotto finito, che erano più grandi del previsto. Ciò comportava di frequente la necessità di domandare ai fornitori delle variazioni delle attività di progettazione già svolte, che talvolta hanno comportato degli elevati costi e che, nella quasi totalità dei casi, prolungavano i tempi necessari per lo sviluppo dei prodotti. Nella maggior parte delle circostanze, le difficoltà di integrazione non erano dovute a errori di progettazione dei fornitori, ma a specifiche determinate in modo impreciso, troppo generiche o non complete da parte di Fiat. Le osservazioni del Responsabile Vehicle Concept & Integration, evidenziano l’eccessiva fiducia riposta da Fiat nell’approccio organizzativo che ricorreva al black box sourcing e i suoi effetti negativi:

“E’ ingenuo pensare che si possa integrare un sistema senza avere una profonda e dettagliata conoscenza dei componenti che andranno a influenzare le performance dell’intero veicolo. Gestire le singole performance dei componenti, infatti, non conduce automaticamente a un’integrazione di sistema efficace. La performance di prodotto è l’ultimo obiettivo, non lo sviluppo dei sistemi. […] Se non hai mai progettato un componente sarà molto difficile comprendere le complesse interazioni che esso ha con il resto del veicolo. (Responsabile Vehicle Concept & Integration, Fiat Auto, 2006).

Cercare di basare il processo di sviluppo dei prodotti sulla modularità, aveva in realtà distratto l’attenzione del management Fiat dalla conoscenza su sistemi e componenti del veicolo che, come evidenziato nell’estratto di intervista prima presentato, era di frequente il prerequisito imprescindibile per realizzare in maniera efficace lo sviluppo dei prodotti.

“Così facendo (esternalizzando la progettazione, N.d.A), Fiat stava perdendo l’abilità nel definire i target di performance ai fornitori e la capacità di monitorare il loro lavoro. Peggio ancora, Fiat stava perdendo l’abilità di gestire i performance trade-off”. (Direttore Vehicle Concept & Integration, Fiat Auto, 2006).

Bisogna sottolineare che tali osservazioni critiche, d’altronde del tutto concordi con le tesi sostenute nella letteratura sulle conseguenze negative dell’esternalizzazione, vengono pronunciate dai medesimi dirigenti Fiat. Il direttore della divisione Vehicle Concept & Integration in maniera inaspettata, allo stesso modo di altri membri del personale Fiat, nel 2006 impiegò addirittura dei termini come “modularità” e “conoscenza architetturale” per rappresentare le condizioni attuali dell’azienda. Il ricorso all’esternalizzazione, assieme agli effetti negativi ad essa conseguenti, pare che concordino del tutto con le tesi sostenute e le previsioni della letteratura degli anni Novanta.

Viene spontaneo domandarsi dunque, come sia potuto accadere che Fiat sia giunta alle condizioni di difficoltà economiche nelle quali si è trovata nei primi anni duemila, sebbene i suoi manager fossero consapevoli e coscienti delle conseguenze negative delle strategie aziendali da loro adottate. La risposta a tale domanda, consiste nel fatto che il processo di manifestazione dei problemi causati dall’outsourcing è stato lento e graduale nel tempo, e gli indicatori e i segnali delle difficoltà aziendali sono stati a lungo di dubbia interpretazione. Le analisi empiriche dettagliate sul caso Fiat, hanno evidenziato che nell’impresa si è venuto a generare un circolo vizioso a causa di due problematiche principali. La prima, le difficoltà relative all’integrazione delle performance dei diversi sistemi e componenti del veicolo non furono evidenti fin dal principio, ossia non appena si cominciò ad adottare l’outsourcing in maniera spinta. Ricorrendo all’esternalizzazione della progettazione dei sistemi e componenti del prodotto ai fornitori, le conoscenze di Fiat sulle tecnologie dei componenti non diminuirono in maniera repentina. Per questo motivo, gli ingegneri Fiat all’inizio degli anni Novanta erano ancora in possesso di tutte le capacità e competenze per guidare le attività di progettazione e sviluppo dei fornitori, anche nel corso delle fasi di presviluppo dei prodotti. Solo dopo pochi anni però, essi cominciarono a perdere in maniera rapida le loro competenze, fino ad addirittura perderle totalmente nella fine degli anni Novanta. Ciò accadde anche a causa di una strategia dei gestione delle risorse umane che indusse numerosi ingegneri ad abbandonare l’impresa, di frequente per essere assunti da parte dei fornitori. Tale fenomeno comportò, in maniera lenta e

inesorabile, l’erosione delle competenze specialistiche in possesso di intere unità organizzative dell’impresa. Tale svuotamento delle competenze palesò tutte le sue rilevanti conseguenze negative solamente in seguito. Per questo motivo Fiat, per qualche anno, ha condotto le sue attività di innovazione essendo convinta che la soluzione organizzativa adottata fosse efficace, realizzando solo con grande ritardo di essere ricorsa ad un grado eccessivamente alto di esternalizzazione.

La seconda problematica che si presentò, fu che alcune delle metodologie impiegate al fine di sostituire le conoscenze in possesso di Fiat con quelle padroneggiate dai fornitori non si sono rivelate efficaci come ci si aspettava, e tuttavia di tale difficoltà non ci si accorse in maniera abbastanza rapida. Si sta parlando soprattutto della soluzione della localizzazione degli ingegneri dei fornitori all’interno di Fiat, in condizioni di prossimità fisica con gli ingegneri della casa automobilistica torinese (co-location) per lo sviluppo dei prodotti. Come già osservato, era diventata una prassi consolidata in Fiat fare partecipare i fornitori ai team di sviluppo dei prodotti. Infatti, ai fornitori stessi veniva chiesto di destinare interi team di sviluppo dei prodotti nella sede centrale delle attività di progettazione della casa automobilistica torinese. Sebbene dunque, gli ingegneri Fiat fossero stati partecipi di una continua e prolungata esposizione ai compiti di progettazione svolti da parte dei fornitori, essi non si avvantaggiarono di tale circostanza e non intrapresero alcun rilevante processo di apprendimento da parte dei fornitori medesimi.

Gli ingegneri di Fiat infatti, si occupavano sempre meno dei compiti di progettazione e tecnici e, come già osservato, si concentravano sempre di più in attività di gestione dei progetti, coordinamento, supervisione e monitoraggio dei fornitori. In realtà, gli ingegneri delle imprese fornitrici operavano in dei team di sviluppo presieduti da Fiat, ma in pratica erano gli unici soggetti realmente responsabili dello sviluppo della gran parte dei componenti e sistemi delle auto sviluppate, poiché avevano maggiori competenze a tal riguardo. La soluzione organizzativa quindi che affidava agli ingegneri di Fiat delle attività principalmente di coordinamento comportò la perdita delle loro competenze tecniche, rendendo poco efficace la prossimità fisica con la quale essi stessi e gli ingegneri dei fornitori operavano all’interno della casa automobilistica torinese.

Le conseguenze dell’esternalizzazione sulle performance