L’economista J.Schumpeter negli anni Quaranta si oppose ai fautori della normativa antitrust affermando che la propensione ad innovare delle imprese di grandi dimensioni era maggiore di quella delle piccole imprese. Egli sosteneva che il mercato dei capitali è imperfetto e che è più semplice per le grandi imprese ottenere dei finanziamenti per i propri progetti di sviluppo di nuovi prodotti. Inoltre, le aziende con dei volumi di vendita di più grandi dimensioni sui quali ripartire i costi fissi di ricerca e sviluppo, conseguono maggiore successo nel mercato, grazie alla maggiore efficienza nei costi, delle imprese che presentano dei volumi di produzione inferiori. Una grande impresa, in aggiunta, è più probabile che possieda delle competenze tecniche più progredite e avanzate in relazione a determinate attività aziendali, quali il marketing o la programmazione finanziaria ad esempio, che le permettono di realizzare dei processi innovativi più efficaci e di avere meno difficoltà ad ottenere informazioni o altre risorse tramite il raggio d’azione più esteso, in termini geografici e di un maggiore numero di mercati in cui opera.
Un ulteriore beneficio delle grande impresa consiste nelle economie di scala e di esperienza. Investendo un ammontare di risorse finanziarie maggiore in R&S, un’impresa di grandi dimensioni potrebbe ottenere i vantaggi, nei propri processi di innovazione, derivanti dalle economie di scala su grandi volumi di produzione o dagli effetti della curva di apprendimento. Col passare del tempo, l’azienda potrebbe
migliorare i propri processi di ricerca e sviluppo e aumentare la loro efficienza. Tramite cospicui investimenti in R&S, le grandi imprese conseguono delle competenze distintive nel ciclo di sviluppo di nuovi prodotti e in tal modo lo perfezionano nel tempo. Esse inoltre hanno la possibilità di disporre e di formare un team addetto alle attività di R&S che presenta delle competenze maggiori e più sviluppate delle altre imprese, e di comprare le apparecchiature o i macchinari più avanzati da utilizzare nei processi di innovazione. Inoltre, maturando una più grande esperienza nella selezione dei progetti di sviluppo di prodotti innovativi, una grande azienda apprende a scegliere i progetti più adeguati alle proprie competenze e capacità, in modo assicurarsi più grandi probabilità di successo.
Le imprese di grandi dimensioni possiedono un vantaggio nei confronti delle piccole imprese, anche perché hanno l’opportunità di realizzare dei progetti innovativi che comportano un grande impegno finanziario e molti rischi. Esclusivamente una grande azienda come Boeing, ad esempio, aveva la possibilità di sviluppare e produrre un modello di aereo quale il 747. Allo stesso modo solo le grandi imprese farmaceutiche hanno la capacità di spendere milioni di euro di investimenti per sviluppare nuovi farmaci, auspicandosi che almeno qualche progetto di sviluppo di quelli intrapresi abbia poi successo nel mercato. Questi esempi evidenziano che nei mercati che presentano rilevanti economie di scala nei cicli di sviluppo e dei livelli minimi di efficienza da raggiungere, ossia in quei progetti innovativi che necessitano di cospicui investimenti e un notevole impegno da parte del vertice dirigenziale dell’impresa, le grandi aziende di norma ottengono delle performance nei processi innovativi maggiori delle piccole imprese concorrenti. A livello teorico, una alleanza di piccole aziende dovrebbe riuscire ad ottenere i medesimi vantaggi derivanti dalle economie di scala delle grandi imprese, tuttavia nella realtà gestire e coordinare un network organizzativo composto da tante imprese, seppur di ridotte dimensioni, risulta molto difficile. Un’unica azienda di grandi dimensioni infatti impiega la propria autorità, rispettando la struttura gerarchica decisionale che possiede al suo interno, sul complesso delle attività di R&S per garantire la cooperazione e il coordinamento tra le diverse unità organizzative. In una alleanza tra differenti imprese, al contrario, di frequente è inefficace o inappropriato il metodo di assunzione delle decisioni e di controllo.
Al contrario, bisogna anche osservare che, più aumentano le dimensioni dell’impresa, più potrebbe ridursi l’efficienza delle attività di ricerca e sviluppo poiché si attenua la
capacità di controllo del management su di esse. Più aumentano le dimensioni dell’azienda, più crescono anche le problematiche da superare per conservare il controllo delle attività operative e per incentivare l’organico aziendale. In aggiunta, in un impresa di grandi dimensioni, risulta arduo anche per ogni ricercatore poter avvantaggiarsi e impossessarsi dei risultati finanziari e psicologici derivanti dai propri sforzi nei processi di innovazione e ciò comporta una riduzione della propria motivazione. Si può osservare quindi che, se un’impresa aumenta le sue dimensioni, cresce il pericolo che il suo sistema di assunzione delle decisioni e di controllo diventi meno efficace. Inoltre, le grandi aziende potrebbero risultare innovative in minor misura delle piccole, anche poiché le loro dimensioni potrebbero comportare una minore rapidità e capacità di risposta al cambiamento. Di solito, le grandi imprese presentano una certa inerzia burocratica poiché presentano numerosi livelli gerarchici di autorità e decisionali, nonché dei vincoli relativi alle procedure e routine consolidate al loro interno.
Un elevato numero di dipendenti, cospicui investimenti in immobilizzazioni e una grande base di clienti o di rapporti di fornitura, potrebbero essere tutti elementi che causano all’impresa una certa inerzia nello svolgimento delle proprie attività operative, che rallenta e rende difficoltosa la modifica in tempi brevi della propria strategia quando il contesto competitivo lo rende necessario. Al crescere del numero dei dipendenti, l’interazione e il coordinamento potrebbero risultare più difficoltosi e di conseguenza si manifesteranno anche dei rallentamenti nell’assunzione delle decisioni a tutti i livelli gerarchici. Inoltre, se un’impresa di grandi dimensioni ha effettuato notevoli investimenti in attività fisse o presenta degli alti costi fissi, potrebbe spesso essere appagata dai ricavi esistenti che le derivano dalle attività che attualmente svolge e non vorrà investire in prodotti che presentano una forte componente di innovatività, perché meno conosciuti e perché comportano maggiori rischi e pericoli. Gli impegni di collaborazione strategica intrapresi con i clienti e i fornitori possono legare l’azienda alle attività che attualmente compie e alle tecnologie delle quali è già in possesso, e in tal modo sarà più arduo seguire con i propri prodotti il progresso tecnologico. Il livello di attaccamento ai propri impegni strategici talvolta comporta quello che è definito come paradosso di Icaro, per il quale è proprio il successo nel mercato conseguito nel passato da parte di un’impresa, a indebolire la sua propensione ad innovare e di rispondere alla nascita di tecnologie più innovative.
Gran parte delle ricerche concorda nell’affermare che le imprese di piccole dimensioni siano caratterizzate da una forma organizzativa che presenta maggiore flessibilità e da una indole imprenditoriale diffusa al loro interno, a differenza delle grandi imprese. Inoltre rispetto a quest’ultime, non sono appesantite e rallentate da numerosi livelli decisionali amministrativi, da ingenti investimenti immobilizzati in attività fisse o da molti accordi strategici da rispettare con una grande quantità di dipendenti, clienti e fornitori. Le piccole imprese, dunque, riescono più agevolmente ad esercitare il controllo sulle attività svolte da parte del proprio personale, premiando i suoi sforzi e le performance positive nei processi di innovazione. Esse in aggiunta, possedendo risorse finanziare più contenute delle grandi imprese, di norma scelgono i progetti di sviluppo di prodotti innovativi con più accuratezza e prudenza, conseguendo così un tasso di successo maggiore nei prodotti innovativi realizzati.
Delle ricerche empiriche hanno tentato di osservare se delle dimensioni maggiori per un’impresa agevolino o contrastino le sue prestazioni nei processi innovativi. Alcuni studi che hanno considerato il numero di brevetti registrati, il lancio nel mercato di farmaci innovativi e le tecnologie innovative capaci di incrementare le performance dei prodotti, hanno evidenziato che le piccole imprese, in relazione ai processi di innovazione, conseguono spesso performance più positive nei confronti delle imprese di grandi dimensioni. Ad esempio, degli studi che hanno analizzato la quantità di brevetti ad esse rilasciati permettono di osservare che le piccole imprese praticano una gestione più oculata delle risorse finanziarie a disposizione per la R&S ed ottengono una più grande efficienza di spesa, che si traduce una maggiore produttività, indicata dal maggior numero di brevetti conseguiti per un euro di investimenti in R&S. Una ricerca relativa a 116 imprese che realizzano prodotti business-to-business ha evidenziato che le imprese di piccole dimensioni, ossia con un fatturato annuo minore a 100 milioni di dollari, erano caratterizzate da processi di sviluppo molto più rapidi delle grandi imprese, pur considerando le diverse dimensioni e complessità dei processi innovativi realizzati dai due tipi di imprese. Altri studi, però, hanno illustrato che in certi mercati le imprese di grandi dimensioni sono capaci di realizzare delle prestazioni migliori nei confronti dei concorrenti costituiti da piccole imprese.
Si è osservato finora che le dimensioni dell’impresa costituiscono un vincolo, una variabile di difficile modifica, molte volte però il vertice aziendale ha avuto successo nell’adozione dei metodi di gestione e della mentalità della piccola azienda anche
all’interno di grandi imprese. Il sistema più praticato a tal scopo si basa sulla suddivisione delle attività operative dell’azienda che vengono assegnate ad unità organizzative di dimensioni minori al suo interno, nelle quali stimolare e incentivare uno spirito imprenditoriale. Numerose ricerche hanno evidenziato che nei mercati che presentano un processo continuo di rinnovamento tecnologico, a volte con dei fenomeni di progresso repentini, numerose grandi imprese dotate di una struttura gerarchica consolidata sono state scomposte (unbundled) in diverse unità organizzative autonome o in imprese indipendenti di minori dimensioni, con un certo grado di collaborazione tra loro e un superiore livello di specializzazione. In questi settori, molte aziende hanno affrontato dei processi di dura ristrutturazione (downsizing), che hanno comportato la cancellazione di diversi livelli organizzativi e divisioni aziendali. Le imponenti imprese multidivisionali del XX secolo sono state rimpiazzate da aziende più specializzate, flessibili e con strutture organizzative più semplici, che collaborano tra loro attraverso relazioni non rigide, tramite reti di alleanze strategiche, accordi di fornitura o distribuzione. Tali soluzioni organizzative vengono denominate loosely coupled in letteratura. Tale tendenza ha comportato il diffondersi di nuove forme organizzative, e di un nuovo linguaggio al riguardo, in cui sono presenti termini come organizzazione virtuale, organizzazione a rete e organizzazione modulare.
I manager di frequente impiegano delle strutture organizzative ibride che presentano i vantaggi delle grandi e delle piccole imprese, cercando di attenuarne i rispettivi svantaggi, combinando in diversi modi le dimensioni di struttura di un’azienda ossia il livello di formalizzazione, di standardizzazione e di accentramento. Prima di studiare queste particolari forme organizzative, in letteratura denominate come “organizzazioni ambidestre”, in seguito nella trattazione verranno analizzate le variabili di struttura di un’impresa, ossia i fattori di fondamentale importanza che vengono considerati nella progettazione della struttura organizzativa aziendale.