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Il management dei processi innovativi internazional

Le soluzioni organizzative loosely coupled

5.3 Il management dei processi innovativi internazional

Negli anni Novanta, la crescita dei processi internazionali di ricerca e sviluppo è stata molto rilevante. L’individuazione delle forme organizzative da attribuire ai processi di innovazione, si è trasformata in un’area decisionale di cruciale importanza nelle condotte strategiche delle imprese di grandi dimensioni nei settori ad alta intensità tecnologica. Riveste un’importanza fondamentale soprattutto l’individuazione della combinazione ottimale tra integrazione globale e adattamento ai mercati locali. Una scelta che richiama l’adozione di un adeguato equilibrio tra accentramento e decentramento delle attività aziendali in campo internazionale, trattata già in precedenza in questo capitolo, e che ha una rilevanza cruciale nella gestione dei processi di innovazione da parte di aziende che operano a livello internazionale. I mercati nazionali esteri spesso possono consentire di ottenere nuove competenze, risorse, conoscenze e informazioni. Ogni mercato nazionale locale potrebbe tuttavia presentare delle precise preferenze e richieste e un particolare assetto normativo. In tale circostanza, le aziende potrebbero essere motivate ad adottare delle strategie di decentramento delle attività di ricerca e sviluppo al fine di ottenere i vantaggi di essere presenti nei mercati locali, sia per conseguire delle informazioni sul mercato, sia per adeguare i processi innovativi alle richieste dei consumatori del mercato locale. Però, i prodotti innovativi realizzati in un’impresa con una forma organizzativa decentrata, potrebbero anche non venire mai condivisi tra le diverse unità organizzative della stessa azienda. Una pratica intensa dell’adeguamento dei prodotti di un’impresa al fine di rispondere alle richieste della domanda locale, un fenomeno denominato “customization”, comporta un aumento dei problemi relativi all’adozione di un processo efficace di condivisione di questi prodotti innovativi con le unità organizzative che si trovano in diversi mercati esteri. Le consociate impegnate e solite a sviluppare dei prodotti innovativi al loro interno nel mercato locale, potrebbero manifestare delle avversioni di tipo culturale e psicologico nei confronti della condivisione degli stessi con il resto dell’impresa, poiché temono di venire private del possesso della proprio complesso di conoscenze proprietarie. Inoltre, potrebbero opporsi alla diffusione di innovazioni realizzate da altre consociate dell’azienda in diversi mercati nazionali, poiché ritengono, manifestando un pregiudizio a tal riguardo, che i prodotti innovativi che non vengono realizzati nel loro paese non sono capaci e adeguati a soddisfare le esigenze e le preferenze della domanda locale.

Tale comportamento è denominato in letteratura come “sindrome del non inventato

qui”. La generazione di valore per un’impresa che opera a livello internazionale, invece,

dipende in misura notevole dalla possibilità e dall’abilità di condividere i propri prodotti innovativi e altre competenze distintive in numerosi mercati esteri. Permettere al contrario che i processi di innovazione siano del tutto indipendenti nei mercati locali e non interdipendenti con le altre unità organizzative dell’azienda, comporta nella quasi totalità dei casi, di dover rinunciare a queste possibilità “moltiplicative”.

A lungo, le aziende internazionali hanno adottato soprattutto una strategia denominata dai due studiosi Bartlett e Ghosal come center-for-global, secondo la quale il processo innovativo si basava su un trasferimento e un adeguamento delle tecnologie sviluppate nel centro dell’organizzazione, dalla sede centrale della stessa alle consociate locali, stimolato dalla presenza di alcune opportunità di business in un mercato estero in cui l’azienda già operava, realizzando delle attività di produzione e di marketing. L’innovazione prodotta con le risorse dell’impresa madre, viene dunque trasferita e commercializzata nei mercati esteri nei quali l’azienda è presente con alcune sue divisioni organizzative locali. La struttura organizzativa prevedeva un “centro” ben definito che consisteva nella sede centrale dell’impresa nel paese d’origine, che tramite una rete di relazioni strutturata, garantiva il coordinamento tra uno o pochi centri più importanti di ricerca e sviluppo nella nazione della casa madre e i centri di R&S nelle consociate nazionali nei diversi mercati locali esteri.

In una fase successiva, si sono evidenziate le condotte propense all’espansione internazionale delle aziende multinazionali che avevano sede in nazioni con dei mercati interni di dimensioni ridotte, quali i Paesi Bassi, il Canada, la Svizzera e la Svezia. Le ricerche evidenziavano, in aggiunta, una correlazione positiva tra le spese internazionali in ricerca e sviluppo delle imprese e le dimensioni del settore di mercato a cui appartenevano. Le aziende di alta tecnologia, soprattutto, qualora paragonate con le imprese dei mercati più tradizionali, presentavano una superiore tendenza all’internazionalizzazione della ricerca e sviluppo. La struttura organizzativa che adottavano più spesso consisteva in una “federazione decentrata” di centri di R&S, ognuno dotato di una propria missione, di una proprio complesso di risorse a cui attingere e legata da precisi sistemi di coordinamento alla casa madre nel paese d’origine. Tale seconda forma organizzativa (local-for-local), richiedeva che le unità organizzative nei mercati locali esteri dell’azienda, utilizzassero le proprie risorse per

realizzare dei processi innovativi che dovevano produrre i loro benefici per soddisfare pressoché esclusivamente le richieste ed esigenze del mercato locale.

La soluzione organizzativa center-for-global viene ancora adottata in grande misura nelle forme organizzative internazionali che i due studiosi Bartlett e Ghosal denominano centralized hub, al contrario, l’architettura organizzativa local-for-local viene impiegata soprattutto nelle imprese che adottano l’approccio organizzativo della decentralized federation. Nella prima struttura organizzativa (center-for-global innovation), il vertice dirigenziale dell’azienda è capace di esercitare un adeguato controllo sui processi innovativi. Il coordinamento dalla sede centrale riduce i pericoli di sovrapposizioni e ridondanza di attività, facilita il passaggio dalla fase di sviluppo a quella di produzione, minimizza i tempi e le inefficienze conseguenti alla disgregazione e suddivisione dei processi aziendali di R&S. Il limite più grande di una tale forma organizzativa chiaramente consiste, nella creazione di prodotti innovativi che non rispondono in maniera soddisfacente alle richieste e preferenze dei mercati locali esteri e che è arduo adeguare ad essi stessi, poiché spesso le unità organizzative dell’impresa nei mercati locali, sono riluttanti alla loro adozione perché sono stati realizzati da parte della casa madre e in una nazione diversa dalla propria.

Al contrario, le soluzioni organizzative decentrate (local-for-local innovation), agevolano l’adeguamento ai diversi mercati esteri nei quali agisce un azienda internazionale, accrescendo l’indipendenza e l’identità delle unità organizzative locali, però hanno il limite di poter comportare dei costi di differenziazione senza che da questi derivino degli adeguati vantaggi e risultati. Questa struttura organizzativa viene impiegata in particolar modo nei casi in cui le consociate nazionali possiedono una notevole indipendenza decisionale e se i mercati esteri mostrano rilevanti differenze tra loro e nelle caratteristiche delle loro domande locali. Possono essere molti gli aspetti negativi e i limiti di una strategia local-for-local: la sovrapposizione e duplicazione di attività, la mancanza spesso della possibilità di ottenere delle dimensioni delle unità organizzative locali necessarie a conseguire delle economie di scala nei processi di ricerca e sviluppo, infine il pericolo eventuale di non poter effettuare una efficace condivisione in tutta l’impresa dei benefici della R&S e delle innovazioni realizzate nei mercati esteri.

Di recente, però, queste due strategie tradizionali illustrate sono state modificate cercando di ottenere una superiore interdipendenza e coordinamento tra i nodi della rete

organizzativa internazionale. E’ stato molto importante l’aiuto derivante dai risultati delle ricerche effettuate sull’evoluzione delle strutture organizzative aziendali, fondamentali nel diffondere il concetto di rete integrata quale metafora dei processi innovativi in un’azienda che opera a livello internazionale. Gli studi empirici hanno evidenziato soprattutto la funzione diversa assunta dalle unità organizzative internazionali di R&S, che non subiscono solamente i processi innovativi realizzati in altre aree geografiche del pianeta (approccio center-for-global, secondo Bartlett e Ghosal), e nemmeno sono le uniche protagoniste della realizzazione di prodotti innovativi, destinati in maniera esclusiva a soddisfare la domanda dei mercati nazionali esteri (strategia local-for-local). Le unità internazionali di R&S, invece, partecipano

con il loro impegno ai processi innovativi globali dell’azienda, quali nodi di una rete internazionale, a volte assumendo una funzione di leadership tecnologica

(struttura local-for-global), in certi casi cooperando con altre unità di R&S presenti in diverse aree geografiche (forma organizzativa global-for-global).

Nella prima soluzione organizzativa, il processo innovativo, anche se viene svolto all’interno di una unità organizzativa locale, quest’ultima condivide i benefici ottenuti con tutto il resto dell’impresa, adottando l’approccio organizzativo locally leveraged

innovation. Le capacità e le risorse acquisite e in possesso di un’unità organizzativa

estera vengono utilizzate non solamente per soddisfare le particolari richieste della domanda locale, ma al contrario al fine di contribuire a dei processi di innovazione di carattere internazionale. Un’idea innovativa promettente, un nuovo prodotto o processo, vengono trasferiti al resto dell’impresa. Questa struttura organizzativa però, accresce di sicuro le capacità di apprendimento e di collaborazione a livello internazionale, ma non attenua i pericoli e le problematiche inerenti la condivisione delle innovazioni, ossia il costo dell’adeguamento ai diversi mercati locali, l’inefficacia dei sistemi di coordinamento e di trasferimento delle conoscenze e delle capacità, gli ostacoli psicologici posti dalla sindrome del not-invented-here.

Al contrario, nella seconda forma organizzativa, i processi innovativi potrebbero unire e combinare il complesso delle competenze e risorse in possesso dell’intera azienda internazionale, sia della sede centrale, sia delle unità organizzative locali (globally

linked innovation). In questa strategia, ogni unità organizzativa collabora grazie al suo

complesso di capacità e risorse allo sviluppo e alla realizzazione di prodotti innovativi. Talvolta, a una certa consociata locale è attribuita una funzione particolare da assumere

nell’ambito di un processo di sviluppo innovativo. Questa soluzione organizzativa cerca di condividere a livello internazionale, i risultati e i vantaggi dell’apprendimento conseguito nei processi di R&S compiuti localmente da parte dell’azienda. Tuttavia, anche qualora si riveli proficuo nello sfruttare le competenze e risorse locali, e nel combinarle in modo soddisfacente all’interno dell’impresa, è un approccio che richiede molto tempo e risorse finanziarie per essere realizzato e necessita in aggiunta dell’impiego di metodi di coordinamento “intensivi”.

Entrambe le soluzioni organizzative (locally leveraged e globally linked innovation), prevedono che i centri di R&S siano localizzati in diversi mercati nazionali esteri e tuttavia interdipendenti reciprocamente tra di loro. L’elemento distintivo tra le due consiste nei diversi ruoli assegnati alle unità di R&S nelle due strategie. Nell’approccio locally leveraged, i centri di R&S sono in misura notevole indipendenti e si dedicano a tutte le attività di sviluppo importanti nella consociata nazionale o divisione organizzativa a cui appartengono. Ad esempio, se l’unità di business locale dell’impresa si occupa di realizzare e vendere prodotti per la salute, per la bellezza e articoli per la casa, il centro locale di R&S parteciperà a progetti di sviluppo relativi a tutte tre le linee di prodotto. Al fine di garantire, però, che i prodotti innovativi più promettenti sviluppati vengano trasferiti anche al resto dell’impresa, il management dovrà introdurre dei sistemi di coordinamento al fine di stimolare ciascuna unità organizzativa locale a condividere gli esiti ottenuti dai processi innovativi. Ad esempio a tal scopo, il vertice aziendale potrebbe fissare degli incontri a cadenza regolare tra le diverse consociate nazionali o creare delle figure manageriali con la funzione di coordinatori. Nella soluzione organizzativa globally linked, in modo differente dalla prima strategia, ogni unità di R&S nonostante resti autonoma e molto legata ad un particolare mercato locale, deve realizzare un compito ben preciso nell’ambito di un processo innovativo a livello internazionale. In tale circostanza, non sarà impegnata in tutte le attività di sviluppo rilevanti per la business unit o divisione organizzativa locale in cui opera, ma di solito si specializza in una determinata attività di sviluppo. Considerando l’esempio fatto in precedenza, un’unità di R&S assume il compito di concentrarsi sullo sviluppo di innovazioni solo in relazione ai prodotti per la casa, mentre altri centri di R&S dell’impresa avranno la responsabilità e la funzione di dedicarsi ai processi di innovazione nelle altre due linee di prodotto (i prodotti per la salute e quelli per la bellezza). Altrimenti essa, potrebbe focalizzarsi sui processi di ricerca chimica, che sono relativi e producono benefici per tutte tre le tipologie di prodotto, al contempo altre

unità di R&S, potranno occuparsi dell’individuazione di materiali e usi innovativi inerenti al packaging dei prodotti.

I due studiosi Bartlett e Ghosal affermano che l’obiettivo più importante da raggiungere per un’azienda che opera a livello internazionale dovrebbe essere quello di ottenere un equilibrio ottimale, tra la massimizzazione dell’efficacia dei processi di ricerca e

sviluppo accentrati, accrescendo la capacità di rispondere a una vasta gamma di

preferenze e richieste manifestate dai diversi mercati nazionali esteri, e allo stesso tempo di incrementare l’efficienza dei processi di R&S decentrati, ad esempio cancellando le attività duplicate e sovrapposte e avvalendosi delle possibilità di condivisione di capacità e risorse che potrebbero manifestarsi.

Al fine di conseguire questo obiettivo, risulta tuttavia necessaria l’introduzione di una serie di sistemi di coordinamento e integrazione flessibili tra le diverse unità organizzative di R&S dell’impresa, che favoriscono la messa in comune delle conoscenze, di ottenere i vantaggi dei processi di apprendimento a livello internazionale e di realizzare economie di ampiezza. Servirebbe al medesimo scopo inoltre, una forte determinazione e impegno del vertice aziendale di accrescere e consolidare l’identità dell’impresa e di assumere una prospettiva di pensiero e d’azione di tipo transnazionale. Una strategia transnazionale dei processi di innovazione ipotizza che le competenze e risorse, in qualsiasi luogo siano localizzate nell’ambito della struttura organizzativa a rete di un’impresa internazionale, possono essere acquisite e utilizzate per sfruttare opportunità di business che si presentano in qualsiasi mercato nazionale in cui l’azienda opera. Tale condotta strategica è di possibile attuazione se:

1- si incentiva la collaborazione tra le unità organizzative dell’impresa, ossia più precisamente, ognuna di esse dovrà accettare la sua dipendenza dalle altre in relazione allo svolgimento di determinate attività operative, così come per alcune di esse potrebbe assumere un ruolo di leadership d’altronde;

2- si impiegano delle tecniche di gestione che favoriscono la collaborazione e l’interdipendenza tra le diverse unità organizzative, quali i team misti, la rotazione del personale, ecc.;

3- si colloca l’identità dell’impresa in una posizione di equilibrio tra i suoi marchi nazionali e la sua reputazione e immagine a livello internazionale.

Più precisamente, gli studi di Kuemmerle, Gassman e von Zedtwitz e lo sviluppo di un modello concettuale per l’organizzazione dei processi di innovazione di prospettiva transnazionale, evidenziano che una espansione internazionale proficua delle attività di ricerca in un’azienda internazionale si verifica tramite: 1- l’assegnazione di incarichi internazionali alle unità organizzative locali che operano in zone geografiche di intensa generazione della conoscenza; 2- la fusione societaria in queste aree geografiche, se possibile, con centri di ricerca o aziende locali, che possiedano particolari competenze avanzate nella ricerca, inglobandole nella propria impresa; 3- l’intrattenimento di rapporti di collaborazione con istituti di ricerca o imprese partner estere della medesima filiera industriale tecnologica. A volte, nelle zone geografiche ad alta intensità di ricerca tecnologica le aziende sono presenti tramite delle strutture organizzative “leggere”, che operano in qualità di sensori strategici o d’ascolto, ossia cercando di trarre vantaggio, essere stimolate e arricchirsi delle competenze, conoscenze e i risultati sviluppati nei processi di ricerca locali, in queste aree così avanzate, creative ed innovative.