ED INSOURCING
6.1 Perché il caso Fiat?
In questo capitolo si intende trattare un tema di fondamentale importanza, ossia quello dell’organizzazione dell’innovazione distribuita nei settori di produzione di prodotti complessi7. E’ opportuno precisare che la maggior parte dei prodotti tecnologici o che incorporano delle tecnologie si configura come un sistema formato da numerosi componenti che possiedono spesso anche delle complesse interdipendenze tra loro. Per questo motivo i prodotti tecnologici, formati in particolare da numerosi componenti interdipendenti tra loro, vengono denominati prodotti complessi. Vista la complessità di questi prodotti, nella maggior parte dei casi esistono diverse imprese che si specializzano nella produzione dei singoli componenti ed esistono delle imprese denominate integratori di sistema (OEM, come introdotto già in precedenza nella trattazione) che si specializzano nell’assemblaggio dell’intero prodotto/sistema composto da numerosi componenti prodotti da altre imprese. Per innovazione distribuita si intende proprio l’attività di innovazione delle imprese che realizzano prodotti complessi, ossia le imprese integratori di sistema. Tale tipo di innovazioni si denomina distribuita, perché in realtà coinvolge sia l’operato aziendale dell’OEM, sia quello di tutte le sue imprese fornitrici dei componenti che andranno a formare l’intero prodotto finito assemblato. L’innovazione distribuita presenta una notevole complessità gestionale perché richiede l’organizzazione tra l’impresa integratore di sistema, che deve realizzare e innovare i prodotti che realizza padroneggiando le interdipendenze tecniche tra i componenti che formano l’intero prodotto complesso assemblato, e i suoi
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ZIRPOLI F. (2010), Organizzare l’innovazione, Bologna, Ed. Il Mulino, “Introduzione e cap. 2”.
fornitori, che forniscono i singoli componenti e che detengono la conoscenza specializzata sulle tecnologie che sono presenti nei componenti medesimi.
La gestione della variabile organizzativa in relazione alle innovazioni inerenti tale tipo di prodotti, possiede infatti numerosi aspetti interessanti per l’analisi della modalità di gestione dell’innovazione distribuita. Le imprese integratori di sistema, gli OEM, devono spesso realizzare un’integrazione fra tecnologie diverse tra loro ed eterogenee, di frequente realizzate e sviluppate da differenti imprese fornitrici esterne, e di gestire i processi di sviluppo di prodotti per i quali le attività di progettazione dei diversi componenti che li formano presentano delle rilevanti interdipendenze tecniche.
In questo capitolo si osserverà che di conseguenza a queste difficoltà di gestione appena presentate che devono affrontare le imprese che realizzano prodotti complessi, esse devono affrontare e cercare di superare un rilevante trade-off: è necessario avvalersi del contributo di fonti esterne di innovazione poiché permette di ottenere dei vantaggi importanti relativi alla possibilità di avere accesso a delle conoscenze specializzate, ma è altrettanto rilevante padroneggiare e gestire le complesse interdipendenze tecniche che connotano lo sviluppo dei prodotti complessi, che induce le imprese ad acquisire e accrescere al loro interno il know-how specialistico sulle tecnologie dei componenti che formano tali prodotti. Si mostrerà nel resto del capitolo, che tale trade-off fondamentale è quello che può generare ed è alla base delle problematiche e difficoltà relative all’esternalizzazione dell’innovazione per le imprese operanti nei settori tecnologici. La sfida fondamentale che le imprese che realizzano prodotti complessi devono affrontare è questa, risolvere il trade off prima citato, ossia trovare un giusto equilibrio tra il ricorso alle fonti esterne di innovazione per accedere alla loro conoscenza specialistica e ottenere vantaggi di costo e lo sviluppo all’interno dell’impresa del know-how specifico sulla realizzazione delle parti o sistemi fondamentali del prodotto complesso, o sulle interdipendenze tecniche più rilevanti tra i suoi componenti.
Si cercherà nel capitolo di rispondere alle seguenti domande inerenti la gestione dell’innovazione distribuita: Quali sono le difficoltà e le problematiche che le imprese affrontano nella gestione dell’innovazione distribuita? Su quali aspetti gestionali i manager devono concentrare la propria attenzione e prestare maggiore prudenza in relazione all’esternalizzazione dell’innovazione? Quali sono le competenze che un’impresa acquisire e possedere al fine di gestire l’innovazione distribuita? Quali sono le soluzioni organizzative che favoriscono maggiormente l’acquisizione e il
consolidamento di queste competenze? Quale funzione assumono queste soluzioni organizzative nel determinare il successo di una strategia di esternalizzazione dell’innovazione?
Il motivo per il quale si è scelto proprio il caso Fiat per analizzare le problematiche inerenti la gestione dell’innovazione distribuita, è che esso costituisce un caso estremo e ideale per esemplificarle e comprenderle. Sia per il grado di outsourcing praticato per diversi anni in relazione alla progettazione dei propri prodotti, sia per la velocità mediante la quale ha cambiato e rinnovato la sua strategia di innovazione, le vicende storiche e di gestione di Fiat sono uniche e singolari nel settore automobilistico a livello mondiale. Le vicende di Fiat, dunque, non solo consente di dare una risposta approfondita alle domande prima poste, ma permette anche di analizzare e comprendere le problematiche teoriche di gestione dell’innovazione distribuita che esse pongono in maniera molto approfondita ed esemplare. In particolare risulta particolarmente evidente il trade-off fra i vantaggi che consente di ottenere l’esternalizzazione e le problematiche e difficoltà che essa comporta. Analizzare il caso Fiat è dunque assimilabile all’osservazione di un “esperimento naturale” inerente i benefici e gli aspetti negativi di una strategia di innovazione distribuita, e riguardante le diverse soluzioni strategiche e di gestione di cui le imprese dispongono al fine di implementare questo tipo di strategia. Le più recenti vicende storiche di Fiat dunque, costituiscono il contesto ideale al fine di analizzare le problematiche relative all’impiego di modelli di business da parte delle imprese fondati sulla gestione dell’innovazione distribuita. Fiat, infatti, permette di osservare una grande varietà di situazioni di gestione che si sono verificate in meno di quindici anni: dall’integrazione verticale all’esternalizzazione della produzione, in seguito quello della progettazione, per poi infine ritornare a praticare un livello più ridotto e sostenibile di outsourcing. Questo percorso è stato affrontato anche da molte altre imprese del settore automobilistico e di altri settori.
Attualmente il caso Fiat è ritenuto, in ambito accademico e sulla stampa, come un esempio virtuoso. Nel seguito del capitolo si illustrerà come la riorganizzazione che il management di Fiat ha attuato dal 2005 in poi, ha migliorato notevolmente i risultati economici negativi dell’impresa degli anni precedenti e ha consentito a Fiat di porsi ai nostri giorni come un caso di eccellenza europea nell’implementazione di una strategia di innovazione distribuita. Addirittura “The economist” nel 2008 ha rappresentato come molto positiva la reazione di Fiat alle difficoltà economiche avute negli anni passati e
alla crisi finanziaria verificatasi di recente, grazie proprio al rilevante turnaround finanziario e industriale che essa stessa ha messo in atto e che, afferma sempre “The Economist”, molto probabilmente verrà studiato nelle business di school di tutto il mondo per diversi anni.
Il capitolo si articola in quattro paragrafi. Nel primo si presenteranno gli anni in cui Fiat aveva praticato un livello di esternalizzazione a imprese esterne della progettazione dei propri prodotti notevolmente elevato. Ciò ha comportato notevoli difficoltà nelle performance di prodotto e di progetto per Fiat, nonché nei risultati economici e la perdita di quasi tutto il suo know-how come integratore di sistema nel settore automobilistico. Nel secondo paragrafo si illustrerà la soluzione organizzativa del template process che Fiat ha adottato, e che è alla base della sua riorganizzazione dal 2005 in poi che l’ha condotta a risolvere le sue difficoltà interne e migliorare i suoi risultati economici in grande misura. Nel terzo paragrafo e quarto paragrafo verranno condotte delle osservazioni teoriche sulla gestione dell’innovazione distribuita desunte dall’osservazione del caso Fiat. Nel primo dei due si discuterà dei benefici e costi dell’esternalizzazione dell’innovazione. Nel secondo delle soluzioni organizzative che un’impresa che realizza prodotti complessi può adottare per gestire l’innovazione distribuita.
6.2 Il caso Fiat: gli anni dell’esternalizzazione e delle
difficoltà economiche
La decisione di Fiat di affidare in outsourcing le proprie attività innovative, la condusse a cambiare notevolmente il proprio modello di business8. Una più grande influenza da parte di fonti esterne di conoscenza ha portato l’impresa a diminuire i costi di R&S e ha favorito sia una maggiore flessibilità strategica, sia maggiore velocità di accesso a nuove tecnologie. L’esternalizzazione però, ha comportato delle conseguenze complessivamente molto negative. La descrizione dell’azienda in questi anni, che il nuovo Chief Technology Officer di Fiat fornisce, è molto critica e inequivocabile:
“Quando sono arrivato nel 2005 la situazione era disastrosa sia dal punto di vista delle competenze tecniche, sia dal punto di vista organizzativo. Le Business Unit erano completamente fuori controllo. Attraverso una discutibile strategia di outsourcing, l’impresa
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aveva sistematicamente distrutto le sue competenze tecniche. La Divisione Engineering rappresentava un fornitore come gli altri che accidentalmente apparteneva all’impresa.” (Chief Technology Officer, Fiat Auto, 2006).
La strategia di Fiat negli anni in cui praticava l’esternalizzazione in grande misura, si basava sulla convinzione che l’outsourcing della attività di progettazione dei propri prodotti, realizzando in particolare la modularizzazione dei prodotti e dei processi di progettazione, poteva consentire di superare in contemporanea due tipi di difficoltà che essa stessa doveva affrontare. Queste erano consistenti nella necessità di esternalizzare la progettazione delle parti dell’auto nelle quali Fiat non voleva effettuare degli investimenti, o non possedeva le risorse finanziarie per fare ciò, e le relative necessità di coordinamento organizzativo che tale outsourcing richiedeva. Questa condotta è evidenziata in maniera chiara in tali considerazioni:
“Ci orientammo ai moduli come a uno strumento per passare da una situazione in cui gestivamo cinquemila componenti a una situazione in cui, una volta definite le interfacce, potevamo lasciare tutto a cinque fornitori sistemisti. Definite le interfacce, si presumeva che i fornitori dovessero sviluppare i migliori sistemi. In realtà il meglio era il “meglio per loro”. Abbiamo registrato un aumento dei costi. Infatti, i fornitori non sviluppavano sempre i migliori componenti per le nostre esigenze, ma ci fornivano i migliori componenti disponibili. Non avevamo gli occhiali giusti per vedere quello che succedeva dentro i moduli.” (Direttore Innovation & Methodologies, Fiat Auto, 2007).
Dalle parole del dirigente Fiat menzionato nell’estratto di intervista appena riportato, si può osservare come fossero presenti due principali problematiche in Fiat negli anni del grande ricorso all’esternalizzazione. Innanzitutto, la convinzione errata che la modularità applicata alla progettazione dei propri prodotti, potesse aiutare a superare le difficoltà di coordinamento con i fornitori o che le riducesse. Inoltre, la notevole perdita di conoscenze e capacità che l’esternalizzazione della progettazione ha comportato. Nel seguito della trattazione, si illustreranno le evidenze empiriche inerenti a queste due problematiche fondamentali di Fiat in quegli anni (primo e secondo sottoparagrafo). Nel terzo sottoparagrafo, si riporta una interpretazione delle ragioni per le quali l’impiego della modularità in maniera congiunta e combinata con l’outsourcing spinto delle attività di progettazione, ha causato delle conseguenze negative sulle performance complessive del processo di sviluppo dei prodotti di Fiat.