I limiti delle curve a S come strumento di pianificazione
2.3 Le teorie dei cicli tecnologic
Le curve a S che sono state presentate in precedenza fanno intuire che il processo di innovazione tecnologica assume un andamento ciclico. Esse sono caratterizzate da un periodo iniziale di turbolenza, poi da un rapido miglioramento, in seguito da rendimenti decrescenti e infine prevedono la sostituzione della tecnologia, causata dal verificarsi di una nuova discontinuità tecnologica. Quest’ultima può modificare gli equilibri competitivi di un settore, favorendo nuovi leader di mercato e comportando la perdita di quote di mercato per le imprese che risultavano di maggior successo. Esistono molti studi e teorie che hanno provato a descrivere le diverse fasi di un ciclo tecnologico. Una delle teorie più conosciute e adottate che descrivono il ciclo tecnologico è quella di Utterback e Abernathy (1975), che hanno affermato che il processo di innovazione tecnologica assume un andamento ciclico e composto da diverse fasi che si susseguono. La fase fluida, che è la prima fase, è connotata da una forte incertezza sulla tecnologia innovativa e sul suo mercato. I prodotti e i servizi relativi alla nuova tecnologia risultano magari ancora grezzi, inaffidabili, o molto costosi, tuttavia sono già capaci di soddisfare la domanda di alcuni piccoli segmenti di mercato. Le imprese in questa fase, provano diverse forme e mix di attributi della tecnologia al fine di osservare la risposta del mercato. A un certo punto, le imprese tendono a convergere sulle caratteristiche ideali della nuova tecnologia, unendo le proprie soluzioni con le richieste dei consumatori, e si evidenzia un disegno o modello dominante. Quando un disegno dominante si afferma, determina i principi alla base dell’architettura della nuova tecnologia e così le imprese possono dedicare i propri sforzi alle innovazioni di processo che fanno diventare la realizzazione di quel disegno più efficace ed efficiente, o sulle innovazioni incrementali finalizzate a migliorare nel tempo i singoli componenti facenti parte di quell’architettura. Quest’ultima fase, è stata denominata fase specifica,
perché le innovazioni nei prodotti, materiali e processi produttivi sono correlate in modo specifico al modello dominante. Attualmente, ad esempio, nella maggior parte dei paesi del mondo la produzione di energia elettrica impiega soprattutto combustibili fossili, come il petrolio o il carbone, e le tecniche produttive ad essi relative sono di gran lunga consolidati, invece le tecnologie che generano energia da fonti rinnovabili (energia solare, eolica o da idrogeno) sono ancora nella fase fluida. Alcune imprese come Royal Dutch/Shell o General Electric da diversi anni stanno provando tecnologie basate su fonti energetiche rinnovabili, ricercando nuove tecniche per il loro sfruttamento in modo da rispondere a una grande richiesta di energia del mercato a costi ragionevoli.
Rifacendosi alla teoria di Utterback e Ubernathy, gli studiosi Anderson e Tushman hanno analizzato l’evoluzione negli Stati Uniti di tre settori industriali, minicomputer, cemento e vetro, tramite diversi cicli di progresso tecnologico. Anch’essi, hanno osservato che una discontinuità tecnologica causa inizialmente un periodo di turbolenza e incertezza da loro denominato era di fermento (Figura 7). Una nuova tecnologia, in
Figura 7
Fonte: Schilling M.A., (2009), Gestione dell'innovazione, Milano, Ed. McGraw-Hill, Seconda edizione, “cap.3”, p. 81.
questa fase, anche se pare prometta prestazioni eccezionali, potrebbe però creare ancora tra alcuni produttori delle incertezze, poiché non è ancora maturato un consenso sui suoi
componenti principali e sulla loro modalità di interazione. Quando una tecnologia innovativa sostituisce quella precedente, si verifica un’accesa competizione tra disegni alternativi, perché le imprese provano forme e soluzioni diverse per la stessa tecnologia. Anderson e Tushman affermano che, quando un modello diventa dominante riesce ad ottenere la maggior quota di mercato, a meno che prima che ciò accada, il ciclo venga interrotto da una nuova discontinuità tecnologica, o alcune aziende brevettino le proprie tecnologie, non concedendole in licenza alle altre imprese. I due studiosi hanno inoltre constatato, che il disegno dominante non è mai uguale al primo modello in assoluto di architettura che viene sperimentato per una tecnologia e non è quello con le performance tecnologiche più avanzate. Invece che massimizzare la performance di ogni componente della nuova tecnologia, il disegno dominante presenta una combinazione di caratteristiche tale da soddisfare la più ampia quota di mercato possibile.
Quando c’è l’affermazione di un modello dominante, come osservano i due studiosi in questione, si verifica il passaggio dall’era di fermento all’era di cambiamento
incrementale. In quest’ultima le imprese si impegnano soprattutto ad ottenere una
maggiore efficienza del prodotto e la diffusione nel mercato. Nel primo caso possono cercare di diminuire i costi di produzione, ad esempio semplificando il progetto della nuova tecnologia o rendendo più efficiente il processo produttivo. Nel secondo caso praticano una efficace segmentazione del mercato, differenziando i prodotti e i prezzi rivolti alle diverse categorie di consumatori. Questa fase, caratterizzata da tanti limitati miglioramenti, spiega la maggior parte del progresso tecnologico di un settore, e dura fino a che si manifesterà la successiva discontinuità tecnologica.
La descrizione di un ciclo tecnologico consente di comprendere perché le imprese di successo di solito sono riluttanti al passaggio ad una nuova tecnologia, sebbene questa prometta di ottenere benefici rilevanti. Molte imprese, nell’era del cambiamento incrementale, non investono nella ricerca di architetture alternative, dedicandosi invece a migliorare le competenze che destinano al disegno dominante. La concorrenza nei mercati si basa principalmente sul miglioramento graduale dei componenti, invece che su cambiamenti estremamente innovativi dell’architettura di una tecnologia. Le aziende, per questo motivo, si dedicano di norma ad accrescere la conoscenza delle singole parti all’interno dell’architettura del disegno dominante. Quando i processi e le competenze dell’impresa però, sono sempre più collegate al modello dominante, si attenua l’abilità
dell’azienda di identificare una rilevante innovazione architetturale quando si presenta e di reagire in modo appropriato.
Molti settori sono caratterizzati dall’affermarsi di un modello dominante, ma ci sono anche delle eccezioni. L’eterogeneità dei prodotti e dei processi produttivi, infatti, è determinante in alcuni settori per creare valore, dunque non si cerca di individuare un disegno dominante, anzi il suo consolidamento è da considerare non desiderabile. In questi settori, in maggior misura la competitività si basa sull’innovatività e principalmente sulla capacità di differenziazione, sulla creatività e sulla fantasia da applicare ai prodotti, invece che sull’adattamento ad uno standard di settore (in campo artistico, dell’abbigliamento, della moda o del design, nel settore agro-alimentare ecc.). Si può desumere quindi che anche le tecnologie adottate per le produzioni in questi settori, più difficilmente, rispondano all’evidenza dell’affermazione di un solo disegno dominante.