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Le strutture organizzative ambidestre

La quasi totalità delle aziende ha il duplice obiettivo di gestire i prodotti esistenti, che necessita il conseguimento di efficienza, degli sforzi continui e delle innovazioni incrementali, e di favorire la realizzazione di nuovi prodotti, che comporta al contrario l’esigenza di seguire il progresso tecnologico ideando delle innovazioni radicali nei propri prodotti. I due studiosi Tushman e O’Reailly affermano che, per raggiungere in contemporanea questi due obiettivi, è necessario che l’impresa adotti una forma

organizzativa ibrida, che loro due chiamano “ambidestra”, una soluzione

organizzativa complessa, formata da diverse “strutture interne” non coordinate tra loro, ma le quali tuttavia nel complesso, possiedono obiettivi di efficacia nel breve periodo e di innovazione nel lungo periodo. In questa struttura organizzativa, il vertice aziendale potrebbe ricorrere a delle soluzioni meccaniche in alcuni mercati o unità organizzative dell’impresa, e a delle soluzioni organiche in altre. Tale scelta organizzativa permette di comprendere per quale motivo, talvolta, le aziende decidono di ricorrere ad un’unità di R&S distante e indipendente dal resto dell’impresa da un punto di vista organizzativo o geografico, non adottando regole formali o procedure standardizzate di condotta, conservando invece una forma organizzativa totalmente differente nelle aree aziendali della produzione e della distribuzione. In ogni unità o divisione, gli incentivi formali potrebbero essere elaborati in modo tale da stimolare il raggiungimento dei precisi obiettivi della stessa, incentivando l’assunzione di diverse tipologie di comportamento

dei dipendenti in diverse unità organizzative a seconda dei differenti obiettivi che presentano. Talvolta i manager altrimenti, potrebbero scegliere di accentrare le attività che permettono di conseguire in maggior misura le economie di scala, come nell’area della produzione, al fine di assicurare un elevato livello di coordinamento e, allo stesso tempo, di decentralizzare i processi di R&S, suddividendoli in numerose unità operative di ridotte dimensioni affinché si comportino come delle piccole imprese autonome. Allo stesso modo, le aziende che presentano una struttura organizzativa che ricorre a delle divisioni di prodotto potrebbero avere la necessità di impiegare una forma organizzativa più organica, in modo da stimolare la creatività e aumentare la rapidità di reazione al rinnovamento tecnologico, al contempo altre imprese, potrebbero avere il bisogno di scegliere una struttura organizzativa con maggiore formalizzazione e standardizzazione delle procedure operative, che favorisce una maggiore efficienza. Quando le imprese di grandi dimensioni presentano delle unità organizzative al loro interno a cui è permesso assumere tipologie di condotta caratteristiche delle piccole imprese, alimentate da sistemi appropriati di motivazione del personale, ciò significa quindi che la relazione tra dimensioni aziendali e le sue capacità di innovare si configura come una problematica complessa. Una singola impresa potrebbe contenere all’interno di essa diverse culture aziendali, forme organizzative, tipologie e approcci di gestione. I processi operativi di un’impresa di grandi dimensioni potrebbero essere suddivisi e affidati a unità organizzative e divisioni indipendenti, con uno spiccato spirito imprenditoriale. Ciascuna di queste unità organizzative, sebbene possa avvalersi del vasto patrimonio di capacità, risorse, relazioni e di fiducia della grande impresa a cui appartiene, potrebbe allo stesso tempo presentare dei sistemi di incentivazione del personale caratteristici di una piccola azienda, che le permettono di effettuare in maniera più attenta ed efficiente la scelta dei progetti innovativi e di accrescere la motivazione individuale dei ricercatori che appartengono all’unità di R&S. Tali suddivisioni organizzative con un elevato spirito imprenditoriale potrebbero essere capaci di realizzare innovazioni radicali e di grande discontinuità, nonostante facciano parte di una impresa di grandi dimensioni volta a massimizzare l’efficienza, che tende di solito al contrario a produrre e a privilegiare delle innovazioni incrementali.

Al fine di ottenere i benefici derivanti dalle forme organizzative sia meccaniche che organiche, le aziende possono anche alternare l’impiego di tali due approcci nel corso del tempo. Gli studiosi Jelinek e Schoonhoven hanno svolto una ricerca su cinque

imprese statunitensi di grandi dimensioni (Intel, Hewlett-Packard, Motorola, Texas Instrument e National Semiconductor), osservando che queste alternavano il loro impiego nel tempo delle diverse strutture di relazioni esistenti in un’azienda, ossia quelle formali, quasi-formali e informali. Le imprese considerate, nonostante fossero caratterizzate da dei metodi di comunicazione formali e da cicli di sviluppo basati su regole prestabilite, spesso cambiavano le strutture di relazione e le responsabilità ad esse associate al fine di avere una buona capacità di risposta alle variazioni del proprio contesto competitivo. Quindi, sebbene assumessero una forma organizzativa formata da unità apparentemente di tipo meccanico per ottenere l’efficienza nella produzione, tramite delle ripetute riorganizzazioni dell’architettura aziendale il vertice dirigenziale dell’impresa riusciva ad assicurare anche un soddisfacente livello di flessibilità.

Inoltre, tali aziende ricorrevano a delle strutture che i due studiosi in questione hanno denominato quasi-formali, cioè una serie di relazioni organizzative che non sono presenti nell’organigramma ufficiale dell’impresa e sono di solito raffigurate tramite una linea tratteggiata, come nei casi ad esempio, dei team di progetto o delle task force. Le strutture di relazione quasi-formali sembravano concentrarsi in maggior misura sui problemi, potevano essere variate più velocemente degli altri tipi di struttura di relazione e costituivano un’opportunità per lo scambio di idee e la comunicazione tra le diverse unità organizzative, assumendo una funzione molto rilevante di elementi di connessione tra di esse (boundary spanning). Uno dei principali benefici delle strutture quasi-formali consiste nella loro abilità di incentivare le relazioni ricorrendo non alla struttura gerarchica aziendale, ma alla condivisione di interessi e alla comunanza di obiettivi. Questi sono sistemi capaci di far aumentare la motivazione dei dipendenti e la fertilizzazione incrociata (cross-fertilization), ossia il trasferimento reciproco di conoscenze tra le diverse unità organizzative, le quali tramite il confronto tra individui, portano alla creazione di idee innovative. Per quanto riguarda i limiti di tale tipo di strutture di relazione, un suo impiego appropriato necessita di molto tempo e potrebbe risultare difficile procedere alla sua cancellazione quando si rivela necessaria, perché, non essendo presente nell’organigramma formale, potrebbe risultare molto complesso decidere chi abbia il potere decisionale di eliminarla.

5.2 I prodotti modulari e le strutture loosely coupled

Un'altra soluzione a cui ricorrono le aziende per raggiungere un equilibrio fra efficienza e flessibilità, è quella dell’utilizzo di componenti di base standard o di piattaforme di produzione e tecnologiche comuni che possano essere combinati all’interno di un sistema produttivo modulare. Tale metodo consente di fruire dei benefici della standardizzazione, come l’efficienza e la prevedibilità, in riferimento ai singoli componenti pur non privandosi alla flessibilità e all’eterogeneità del proprio prodotto finale.

La modularità

La modularità viene definita come il livello di scomponibilità e ricombinazione dei componenti di un prodotto, che come già evidenziato in precedenza, nei settori tecnologici spesso si configura come un sistema composto da numerose parti. Per un’impresa impostare i processi di produzione in modo da incrementare la modularità dei propri prodotti, permette di far crescere in modo esponenziale il numero di configurazioni potenziali di un prodotto ottenibile da un certo insieme di componenti di base che lo costituiscono. Ad esempio, numerose versioni di librerie dell’azienda IKEA, sono progettati in modo che l’acquirente possa assemblare personalmente una grande varietà di componenti delle stesse, ottenendo delle configurazioni della libreria che rispondano alle proprie preferenze e necessità. Gli scaffali e i supporti, infatti, sono caratterizzati da misure prestabilite e possono essere combinati agevolmente tramite l’utilizzo di alcuni elementi di raccordo standardizzati. In modo analogo, è possibile accrescere le funzionalità di numerosi piani cottura togliendo i fornelli e rimpiazzandoli provvisoriamente con altri componenti o prodotti, come delle griglie per l’arrosto o delle piastre per le crèpe.

Numerosi altri prodotti sono caratterizzati da una struttura modulare, nonostante spesso l’utilizzatore non sia capace di accorgersi della stessa. Ad esempio, Sony impiega un metodo di progettazione modulare per dei prodotti come i propri riproduttori portatili musicali, sebbene il prodotto finale non consenta al consumatore di scomporre e riassemblare i suoi componenti. Tramite la standardizzazione di numerosi componenti e il ricorso a tecnologie produttive flessibili, che permettono il passaggio in tempi rapidi da una particolare variante della configurazione dei componenti nel prodotto finale ad un’altra, Sony ottiene così la produzione di una grande varietà di versioni del prodotto

modificando solo la combinazione dei componenti. Attraverso la modularità essa è capace di realizzare, ad esempio, più di 75 varianti di riproduttori portatili musicali che sono diversi tra loro in quanto a dimensioni, colore e formato audio dei file musicali che sono in grado di riprodurre (MP3, minidisk, CD, cassetta, radio), sfruttando i vantaggi derivanti dalle economie di scala e conseguendo livelli alti di efficienza nella realizzazione di ogni singolo componente. La modularità viene impiegata anche da Fiat, i cui processi di sviluppo dei nuovi modelli di auto sono tra i più veloci del settore automobilistico, riuscendo comunque ad ottenere dei ridotti costi di sviluppo tramite il ricorso di un ristretto numero di piattaforme standardizzate, in relazione alle quali effettuare la progettazione e la realizzazione di ciascun nuovo prodotto.

Perché un prodotto o una linea di prodotti possa presentare una configurazione modulare, è imprescindibile che fino dalla fase di progettazione si individuino un insieme di interfacce, piattaforme o maschere di montaggio standard. Ad esempio, IKEA progettando ciascuno dei componenti delle proprie librerie in modo tale che siano assemblabili tra loro grazie a degli elementi di raccordo standardizzati, assicura che tutte le versioni delle proprie librerie possano essere montate e ricombinate con grandissima libertà e discrezionalità da parte del cliente. Ciascun singolo componente può essere sostituito con altri, pur ciò non comportando il cambiamento del design di progetto degli altri pezzi del prodotto. Dal momento che la modularità permette di ottenere una maggiore varietà di configurazioni finali di un prodotto sulla base del medesimo set di componenti iniziali, per le aziende costituisce un metodo di produzione che comporta notevoli benefici in termini di convenienza economica al fine di soddisfare la varietà delle esigenze dei clienti nel mercato. Inoltre, poiché la modularità consente di modificare e sostituire un componente del prodotto, pur non dovendo cambiare la sua configurazione complessiva o dover variare tutti gli altri pezzi che lo compongono, permette sia all’azienda sia all’utilizzatore di poter perfezionare o aumentare la qualità del prodotto stesso, rispettivamente realizzato o comprato, non dovendo acquistare nuovamente il medesimo prodotto nel suo complesso. Il pc, ad esempio, è un classico caso di un prodotto modulare che consente delle soluzioni di miglioramento delle sue prestazioni, senza dovere acquistarne uno nuovo. Qualora, infatti, il cliente desideri accrescere nel suo computer la capacità di elaborazione dati, o la memoria, o possedere uno schermo con una più elevata risoluzione, non sarà necessario appunto comprare un nuovo pc, ma solamente acquistare e applicare al proprio computer il nuovo componente voluto.