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I costi dell’eterogeneità

GESTIRE LE DIFFERENZE REGOLATORIE NAZIONAL

2. I costi dell’eterogeneità

L’effetto di distorsione dei traffici legato alle differenze regolatorie esistenti può essere compreso riflettendo sull’incidenza dei relativi costi. Ciò che condiziona il regolare gioco concorrenziale non sono i costi necessari per adeguarsi ad un dato

standard; ma quel surplus, quel differenziale di costo che grava sulle sole imprese

interessate a commercializzare i propri prodotti sui mercati esteri, e che perciò sopportano uno svantaggio competitivo rispetto agli operatori puramente nazionali55. È un margine molto difficile da calcolare, contrariamente a quanto accade per le ordinarie barriere tariffarie; emergono, inoltre, forti differenze da settore a settore. Stime

54 Il problema è avvertito persino all’interno della Comunità europea, come uno dei maggiori ostacoli alla creazione del mercato unico. V. ad es., Comunicazione della Commissione al Consiglio, Un

approccio globale in materia di certificazione e di prove – Gli strumenti della qualità per i prodotti industriali, COM (1989) 209 Final, 15 giugno 1989, in G.u.c.e., C 267/1998, 3; V. LANDES, Normes

techniques et certifications, in Juris-Classeurs Europe, 1997, fasc. 530, 15. Un’indagine compiuta nel

1993 in tutto il territorio dell’Unione mostrava come la grandissima maggioranza delle imprese (circa l’81% del campione) ritenessero ancora necessario, per motivi pratici o commerciali, che il loro prodotti subissero plurime certificazioni di conformità nei vari mercati di sbocco (v. P. ANDREINI, La normativa

tecnica, cit., 70).

55 Per una completa analisi di questo aspetto, tra gli autori che più hanno studiato il fenomeno, A.O. SYKES, Product Standards for Internationally Integrated Goods Markets, Washington, 1995.

affidabili, quantificano l’effetto tra il tra il 2% e il 10% delle spese complessive di produzione56.

L’analisi economica suddivide questi costi in quattro principali categorie57. Anzitutto, ed è il dato più evidente, i diversi standard impongono, secondo i casi, di moltiplicare le fonti di approvvigionamento, le catene produttive, le etichettature, le modalità di commercializzazione; di assumere e formare nuovo personale specializzato, di creare un distinto management, ecc. Inoltre, molto spesso, al costo intrinseco legato ai nuovi investimenti necessari, si aggiungono perdite di efficienza legate all’impossibilità di sfruttare adeguatamente le economie di scala, a causa della scissione artificiosa dell’attività produttiva. Al limite, ove le economie di scala assumano un rilievo decisivo, a causa delle caratteristiche di un dato mercato, l’eterogeneità regolatoria può tradursi in uno sbarramento all’accesso58. Un’alternativa

56 Probabilmente, lo studio più completo è ancora oggi il noto “Rapporto Cecchini”, una ricerca a largo spettro finanziata, a partire dal 1986, dalla Comunità europea per calcolare il costo della “non- Europa”, in vista dell’obiettivo del mercato unico del 1992. A livello settoriale, il rapporto stima un costo per mercato delle telecomunicazioni oscillante tra 850 milioni e 1,1 miliardi di ECU; per i veicoli a motore, di 2,6 miliardi; per i prodotti alimentari tra 500 milioni e 1 miliardo; per i prodotti utilizzati nell’edilizia di 820 milioni (P. CECCHINI, M.CATINAT,A.JACQUEMIN, 1992 - The European Challenge: The Benefits of

a Single Market, Brookfield, 1988, e P. CECCHINI, La sfida del 1992 – Ricerca sul costo della non-

Europa promossa dalla Commissione delle Comunità europee, Milano, 1988). V. poi, R.E. BALDWIN,

Measuring the Effects of Non-Tariff Trade-Distorting Policies, in J. DE MELO,A.SAPIR, Trade Theory

and Economic Reform: North, South and East, Cambridge, 1991; A.V.EARDORFF, R.M. STERN, Methods

of Measurement of Non-Tariff Barriers, Unctad, Ginevra, 1985; S.J.HENSON, The Costs and Benefits of

Food Safety Regulations, Oecd, Paris, 1997; V.D.RONINGEN, A. YEATS, Non-Tariff Distortions of

Internal Trade: Some Preliminary Empirical Evidence, in Weltwirtschaftliches Archiv, 1976, vol. 112,

613-625; USTR, National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers, Office of the United States

Trade Representative, Washington, 1998; OECD, WORKING PARTY OF THE TRADE COMMITTEE, An

Assessment of the Costs for International trade in meeting regulatory requirements,

TD/TC/WP(99)8/FINAL, 28 febbraio 2000; WTO, COMMITTEE ON TECHNICAL BARRIERS TO TRADE,

Restrictive trade effects of Standards, Techical Regulations and Conformity Assessment Procedures,

Background Paper by the Secretariat G/TBT/W/42, 28 aprile 1997.

57 Si segue qui, per grandi linee, la distinzione tra i vari fattori svolta da A.O. SYKES, The

(Limited) Role of Regulatory Harmonization in International Goods and Services Market, in Journal of International Economic Law, 1999, vol. 2, 49. Nel testo ci si riferisce ai soli costi sopportati dalle

imprese; ma l’analisi potrebbe essere allargata ai costi sopportati dall’intero sistema economico. Ad esempio, il Rapporto Cecchini enumera, oltre ai costi per i produttori (sintetizzati come: raddoppio delle spese per lo sviluppo di nuovi prodotti; perdita di potenziali economie di scala nella produzione; debolezza competitiva sui mercati mondiali e vulnerabilità su quelli europei), i costi per le autorità pubbliche (raddoppio dei costi delle prove di conformità e di certificazione; qualità scadente degli acquisti pubblici, in rapporto al prezzo, data la natura non concorrenziale dei mercati) e per i consumatori (prezzi più elevati a causa dei maggiori costi sopportati dalle imprese e dai governi; perdite indirette, dovute alla debolezza competitiva delle imprese e a strategie inefficienti).

58 “La differenza di regole e norme imponeva alle imprese una strategia commerciale che si sapeva sbagliata: produrre e innovare per il solo mercato nazionale. Ne conseguiva che, spesso, i produttori erano costretti a limitare la loro azione ad un mercato ristretto, e quindi di dimensioni non ottimali, o ad entrare in nuovi mercati avendo a disposizione impianti subottimali e tecnologia scarsamente innovativa” (P. CECCHINI, La sfida del 1992, cit., 126).

tecnica a volte percorribile, è quella di inglobare, in un medesimo prodotto, tutte le specifiche richieste nei vari ordinamenti; questa soluzione, tuttavia, implica ugualmente un’alterazione non efficiente dei processi produttivi.

In secondo luogo, effetti negativi possono ricollegarsi al problema della c.d. “regulatory surprise”. Nuovi standard impongono l’adeguamento delle catene produttive. In condizioni ideali, questo costo non produce effetti avversi sulla concorrenza, perché colpisce allo stesso modo le imprese nazionali ed estere. Solitamente, tuttavia, le prime vengono di fatto a conoscenza in anticipo delle modifiche nel panorama normativo, avendo così più tempo a disposizione per modificare i propri processi produttivi. Questo può dipendere da vari fattori: le manifatture domestiche sono sovente coinvolte, formalmente o informalmente, nel processo decisionale, possono essere membri degli organi di standard setting; possono giovarsi di fonti informative riservate o preferenziali59.

In terzo luogo, ai costi per adeguarsi agli standard, si aggiungono i costi per

provare il rispetto della normativa estera. Si tratta, evidentemente, delle spese dirette

relative alle procedure di conformity assessment, e dei danni indiretti legati sia all’incertezza giuridica sul regolare corso delle transazioni economiche, sia ai ritardi per l’ottenimento delle licenze alla commercializzazione. In alcuni settori a rapida obsolescenza tecnologica, questi costi possono assumere un rilievo decisivo. Anche in questi ambiti l’eterogeneità produce una discriminazione de facto: da un lato, infatti, le imprese importatrici devono operare con organismi e autorità con i quali non hanno sufficiente familiarità; dall’altro, anche ove le regolazioni sostanziali dell’home country e dell’import country siano, per avventura, identiche, gli esportatori dovranno

59 Il tema è stato oggetto di ampio dibattito nella World Trade Organization: si vedano, sul punto, le considerazioni espresse in WTO, COUNCIL FOR TRADE IN SERVICES, Transparency in Domestic Regulation,Communication from the United States, S/CSS/W/102, 13 luglio 2001: “Both

domestic and foreign participants in commercial relations should be given the same access to relevant information – if, for example, foreign firm are given lesser access to such information than domestic firms, trade barrier can be created”. Nei covered agreements, in realtà, mancano specifiche norme in materia (v., ad. es, WTO,PANEL REPORT,Canada – Import, Distribution, and Sale of Certain Alcoholic Drinks by Provincial Marketing Agencies, DS17/R, BISD 39S/27, par. 5.34: “art. X Gatt … did

not require contracting parties to make information affecting trade available to domestic and foreign suppliers at the same time”); tuttavia, le normative o le prassi domestiche che permettano agli operatori di uno Stato membro di conoscere in anticipo i futuri indirizzi legislativi o le policies governative, permettendo di adeguarsi con maggiore prontezza ai mutamenti della regolazione potrebbero farsi ricadere sotto il divieto di discriminazione, o sotto le disposizioni sull’impartial administration dell’art. X Gatt (per questa possibilità, si v. WTO,COUNCIL FOR TRADE IN GOODS, Article X of the Gatt

ugualmente sottoporsi a doppi controlli (ispezioni da parte di autorità – o enti di certificazione privati – nazionali e straniere; analisi su campioni da parte di diversi laboratori domestici ed esteri; audit di fronte a più commissioni di controllo, ecc.).

Infine, le imprese sono costrette, per adeguarsi alle diverse prescrizioni nazionali, a subire intuibili costi informativi. Le necessarie spese per l’assunzione di esperti tecnici e consulenti giuridici, risultano solitamente maggiori per le imprese estere, a causa delle barriere linguistiche, dei costi delle traduzioni, della scarsa conoscenza del sistema politico, delle strutture amministrative, delle prassi commerciali straniere. Si aggiunga che queste spese operano come costi fissi, a prescindere dalla quantità di beni prodotti; per le piccole imprese, quindi, esse incidono sul prezzo unitario in modo esorbitante.