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Il criterio dei “rapporti strutturali”

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 59-63)

3. La successione di leggi penali nell’art 2 c.p.

3.3 I criteri di distinzione tra abolitio criminis e successione di norme modificative della fattispecie

3.3.3. Il criterio dei “rapporti strutturali”

Il terzo indirizzo emerso per distinguere il fenomeno dell’abolitio

criminis dalle mere modifiche è quello che fa leva sui “rapporti strutturali”

tra le fattispecie in successione.

Al pari degli altri due fin qui esaminati, anche questo criterio è stato per la prima volta elaborato in Germania, al fine di superare le obiezioni mosse, in particolare, alla tesi della “continuità del tipo di illecito”, per poi essere ulteriormente sviluppato dalla dottrina italiana123.

Secondo i suoi sostenitori, è necessario abbandonare tutti gli approcci che lascino spazio a scelte di valore da parte del giudice, dovendosi preferire metodi di confronto che guardino esclusivamente al tipo strutturale o formale della norma incriminatrice; solo così, infatti, si può garantire la compatibilità tra la disciplina dettata dall’art. 2 c.p. e i principi costituzionali di legalità e uguaglianza nell’applicazione della legge124.

123 In Germania, i principali esponenti di questo indirizzo sono F.C. SCHOEDER, Der zeitliche

Geltungbereich der Strafgesetze, in Festschrift für Paul Bockelmann, Monaco, 1979, p. 796; H.J.

RUDOLPHI, in (a cura di) H.J. RUDOLPHI – E. HORN- E. SAMSON – H.L. GÜNTHER – A.HOYER,

Systematischer Kommentar zum Strafgesetzbuch, I, 7° ed., Berlino, 2001, § 2, p. 27; W. HASSEMER, in (a cura di) R. WASSERMANN, Kommentar zum Strafgesetzbuch, I, Neuwied, 1990, § 2, p. 184; G. DANNECKER, Das intertemporale Strafrecht, Tübingen, 1993, p. 509; G. JACOBS, Strafrecht.

Allgemeiner Teil. Die Grundlage und die Zurechnunglehre. Lehrbuch, 2° ed., Berlino, 1991, p. 101

ss. Per una ricostruzione del dibattito nella dottrina tedesca, E.M. AMBROSETTI, Abolitio criminis, cit., p 74 ss.; nonché, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 195 ss.

Va segnalato che, nell’elaborazione originaria, la tesi in esame era definita come “teoria della piena continenza”: a differenza della versione successivamente sviluppata in Italia, si riteneva che la punibilità in base alla norma introdotta in seguito all’intervento legislativo potesse riconoscersi solo quando quest’ultima fosse pienamente contenuta nella precedente. Rispetto a tale impostazione, la dottrina italiana ha criticamente evidenziato come – così operando ̶ un fenomeno successorio potrebbe essere rintracciato solo al sopravvenire di una fattispecie strettamente configurabile come speciale rispetto alla disposizione eliminata, e non anche nel caso opposto di una norma precedente speciale pienamente contenuta in una successiva generale: sul punto, T. PADOVANI, Tipicità e

successione, cit., p. 1364-1365. Nella manualistica, cfr. G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale,

cit., p. 99, che, nonostante il riferimento ai “rapporti di continenza”, per evitare un’applicazione troppo angusta del criterio, ritengono possibile una successione di leggi in senso stretto anche nel caso in cui la norma successiva ampli il contenuto di una precedente più specifica.

124 In questo senso, ex plurimis, T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1365 ss.; D. PULITANÒ,

Legalità discontinua, cit., p. 1272 ss.; E.M.AMBROSETTI, Abolitio criminis, cit., p. 200 ss.; G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., 153 ss.; C. PECORELLA, L’efficacia nel tempo, cit., p. 40 ss.; ID., Art.

2, cit., p. 134 ss.; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma, cit., p. 216 ss.; ID., Legge penale, cit., p. 660 ss. Nella manualistica, E. DOLCINI – G. MARINUCCI, Corso di diritto penale, cit., p. 280 ss.; G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 98 ss.; D. PULITANÒ, Diritto penale, cit., p.

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Più specificamente, occorre muovere dal raffronto tra le fattispecie astratte, così da stabilire se la classe di fatti oggetto della disposizioni abrogata continui ad essere qualificata – in tutto o in parte ̶ come penalmente illecita dall’ordinamento.

Sotto questo profilo, risulta decisiva la possibilità di ravvisare «una relazione di specialità tra gli elementi non coincidenti delle due fattispecie a confronto, sì che possa affermarsi che la nuova legge ricomprende (come una sorta di legge generale) i fatti già contemplati dalla legge abrogata, ovvero, al contrario, circoscrive (come una sorta di legge speciale) il suo ambito di operatività ad una parte soltanto dei fatti contemplati dalla legge abrogata, attraverso l’impiego di elementi specializzanti, che erano già contenuti nella norma precedente o comunque sono a quest’ultima riconducibili in un rapporto da genus ad speciem»125.

Si ritiene possibile, per tale via, fornire adeguate soluzioni alle diverse forme con le quali può presentarsi un fenomeno di successione di leggi penali, che spesso – come si è detto ̶ costituiscono per l’interprete veri e propri fronti problematici126.

Volendo iniziare con le ipotesi considerate più semplici – e cioè l’innesto o l’abrogazione di norme che incidono in senso restrittivo o estensivo sull’area di applicabilità di figure criminose già esistenti ̶ , si può affermare che, per l’innesto, un fenomeno normativo non implicante alcuna abolizione si può verificare solo ove il legislatore introduca nell’ordinamento una norma che risulti speciale rispetto ad un’altra previgente, che non viene abrogata: in tali casi, infatti, la disposizione speciale sottrae, ex art. 15 c.p., dalla sfera di applicabilità della norma generale una parte della classe di fatti a cui essa si

573 ss.; G. DE VERO, Corso di diritto penale, cit., p. 310 ss.; A. CADOPPI – P. VENEZIANI, Elementi

di diritto penale, cit., p. 124 ss.; F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 86 ss.; S. DE FRANCESCO,

Diritto penale, cit., p. 139 ss.; T. PADOVANI, Diritto penale, cit., p. 43 ss.; F. PALAZZO, Corso di

diritto penale, cit., p. 171 ss.

125 Così, per tutti, C. PECORELLA, Art. 2, cit., p. 134.

126 In questa direzione, risulta fondamentale nel panorama italiano il lavoro, già più volte citato, di T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1365 ss.

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riferiva. Ne consegue che le condotte già prima penalmente rilevanti continuano ad esserlo anche dopo la novità legislativa, seppure in forza di una disposizione diversa; e, naturalmente, restano perseguibili anche quelle punite dalla norma generale, ma non toccate dall’innesto127.

Al contrario, quando la norma successiva è generale rispetto ad altra già esistente, che – a seguito dell’innesto ̶ diventa speciale, deve escludersi qualsiasi fenomeno successorio. La novella fattispecie determina, infatti, un ampliamento dell’area del penalmente rilevante che, però, non può riguardare fatti commessi, trattandosi di una nuova incriminazione ex art. 2, comma 1, c.p.; mentre le condotte già punite in forza della disposizione previgente continuano ad esserlo, sempre ai sensi della regola di prevalenza sancita dall’art. 15 c.p.128.

Con riferimento ai casi di abrogazione non accompagnati dall’introduzione di altra disposizione, occorre anche qui distinguere. Se la norma abrogata risulta speciale rispetto ad altra preesistente generale – che resta estranea all’intervento del legislatore ̶ , si verifica quella che viene denominata “abrogazione sine abolitione”129: venuta meno la norma

speciale, infatti, quella generale vedrà ampliata e dilatata la propria sfera di applicabilità, ricomprendendo le classi di fatti prima sussumibili nella

127 T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1366; nello stesso senso, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 167 ss., il quale sottolinea come il fenomeno in esame si giustifica, dal punto di vista politico-criminale, con la scelta di sottrarre una certa classe di fatti alla disciplina della fattispecie generale, per farne oggetto di un’apposita regolamentazione, che può essere tanto più mite quanto più rigorosa: esemplificando, si può fare riferimento alla scelta operata dal legislatore, con l’art. 6 della L. 9 gennaio 2006 n. 7, di introdurre il delitto di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.), che si pone in rapporto di specialità con quello di lesioni personali (art. 582 c.p.).

128 T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1366; allo stesso modo, G. L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 168-169.

129 V., retro, § 3.1.2. Si pensi, esemplificativamente, alla formale abrogazione della norma incriminatrice dell’omicidio o lesioni personali per causa d’onore (art. 587 c.p.), intervenuta con la L. 5 agosto 1981, n. 442, che, tuttavia, non ha comportato un’abolitio criminis, bensì solo una successione di leggi modificative: dopo l’abrogazione, infatti, le condotte sopra menzionate hanno continuato ad essere penalmente rilevanti, in quanto riconducibili alla fattispecie generale di omicidio (art. 575 c.p.). Sul punto, per tutti, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 148.

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disposizione abrogata130. In questo caso, dunque, per norma posteriore deve

intendersi la preesistente norma generale divenuta applicabile solo dopo (e per l’effetto dell’) abrogazione della norma speciale131.

Se, invece, a venir meno è la norma generale e resta in vigore quella speciale, si determina un’abolitio criminis integrale rispetto a tutte le classi di fatti puniti dalla prima, mentre manterranno la stessa rilevanza penale, senza mutazioni di sorta, quelle riconducibili alla seconda132.

130 Cfr. T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1367, il quale precisa, tuttavia, come affinché la successione si realizzi è necessario che l’eliminazione della norma speciale si limiti effettivamente a modificare la distribuzione di rilevanza penale, e non sia espressione piuttosto della volontà legislativa di trasferire le situazioni già comprese all’interno della norma speciale nella sfera della liceità: sul punto, v., retro, § 3.1.2., nota 81. Nello stesso senso, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 169 ss., secondo cui il significato politico-criminale di questa scelta legislativa va individuato nell’esigenza di rimodulare la valutazione in ordine a “come” o “quanto” punire determinate condotte, fermo il disvalore già riconosciutogli.

131 G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 171. Va, tuttavia, segnalato che la giurisprudenza di legittimità ha raggiunto una soluzione opposta a quella qui evidenziata nella nota vicenda relativa al delitto di oltraggio. Invero, in seguito all’abrogazione del delitto di oltraggio (art. 341 c.p.) intervenuta con la L. 25 giugno 1999 n. 205, si è posta all’attenzione della giurisprudenza la questione relativa alla possibilità di applicare, a fatti anteriori alla suddetta legge, la fattispecie di ingiuria (art. 594 c.p.). A fronte di tale contrasto interpretativo, si sono pronunciate le Sezioni Unite che hanno ritenuto realizzato per le condotte di oltraggio un fenomeno di abolitio criminis, in quanto la successione ex art. 2, comma 4, c.p. «ha per presupposto una diversità di norme incriminatrici, di cui una cronologicamente precedente all’altra o – più esattamente – presuppone una diversa vigenza temporale delle norme incriminatrici». Ferma questa conclusione, i giudici hanno, però, ammesso la possibilità – per i processi ancora pendenti ̶ di riqualificare il fatto come ingiuria, contraddicendo così parzialmente il ragionamento sopra esposto. Cfr., Cass. pen., Sez. Un., 27 giugno 2001, n, 29023, Avitabile, in Cass. pen., 2002, p. 482 ss., con nota di C. LAZZARI, L’abrogazione del reato

di oltraggio: la parola delle Sezioni Unite. In senso critico, D. PULITANÒ, Legalità discontinua, cit., p. 1273 ss., secondo cui l’abrogazione dell’oltraggio costituisce un classico e pacifico esempio di successione di leggi penali in senso stretto. Pertanto, pur potendosi comprendere le esigenze di equità legate al caso concreto e alla necessità di interrompere l’esecuzione di pene ormai prive di un fondamento normativo – ma soprattutto ingiustificabili alla luce dei principi costituzionali ̶ , il criterio addotto appare irragionevole laddove nega che si realizzi una successione di leggi penali nel caso di abrogazione di fattispecie speciali. Nello stesso senso, F. GIUNTA, Abrogazione

dell’oltraggio e procedibilità dei giudizi pendenti, in Dir. pen. proc., 1999, p. 1426 ss.; E. M. AMBROSETTI, Abolitio criminis, cit., p. 168 ss.

132 Così, T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1369; allo stesso modo, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 173.

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3.3.3.1. (Segue): abrogazione e contestuale introduzione di

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 59-63)

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