3. La successione di leggi penali nell’art 2 c.p.
3.2. La successione di norme modificative della fattispecie
Le scelte politico-criminali che il legislatore attua attraverso interventi normativi non sempre riguardano l’introduzione o l’abolizione di una figura di reato. Può, infatti, accadere che – ferma la natura di illecito penale di una certa classe di fatti ̶ possa essere modificata la disciplina dettata dalla norma incriminatrice: in queste ipotesi a mutare non è la valutazione in ordine al
87 Così C. PODO, Successione di leggi, cit., p. 671 ss.
L’unica eccezione alla prevalenza dell’abolitio criminis rispetto ad altre cause estintive del reato può aversi in caso di depenalizzazione. In tali ipotesi, infatti, si ritiene che la causa estintiva – purché intervenuta anteriormente all’entrata in vigore della legge abolitrice ̶ risulti più vantaggiosa per il reo, in quanto impedisce la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa. Sul punto, C. PECORELLA, L’efficacia nel tempo, cit., p. 59 ss.
88 C. PECORELLA, Art. 2, cit., p. 125 ss. Nello stesso senso, E. DOLCINI – G. MARINUCCI, Corso di
diritto penale, cit., p. 271.
Va, tuttavia, segnalato che, recentemente, la Cassazione è intervenuta sul tema delle sorti della confisca applicata in seguito a una sentenza di condanna revocata a causa di una sopravvenuta depenalizzazione, ammettendone la revoca ex art. 673 c.p.p.: secondo la Corte, infatti, la confisca – al pari di ogni altra statuizione accessoria ̶ deve venir meno in caso di abolitio criminis della fattispecie di reato, a prescindere – peraltro ̶ dal fatto che la stessa sia già stata eseguita in favore dello Stato. Così, Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 2018, n. 8421, Di Tondo, in
www.penalecontemporaneo.it (8 maggio 2018), con nota di S. FINOCCHIARO, Gli effetti dell'abolitio criminis e della dichiarazione di incostituzionalità sul giudicato e sulla confisca, in Dir. pen. cont.
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disvalore di una certa condotta ma, piuttosto, le modalità della sua punibilità, sia sotto il profilo qualitativo che – più di frequente ̶ quantitativo.
Al riguardo, occorre distinguere a seconda che la modifica sia più o meno favorevole al reo, rispetto a quanto stabilito dalla legge previgente.
Come si è anticipato, se la disciplina dettata per il reato viene modificata in senso sfavorevole all’agente, questa non potrà trovare applicazione con riferimento a fatti già commessi, trovando un ostacolo nel principio di irretroattività della legge penale; diversamente, se la modifica interviene in senso favorevole al reo, sarà quest’ultima a trovare applicazione, alla luce della disciplina dettata dal quarto comma dell’art. 2 c.p.
A differenza di quanto previsto con riferimento all’abolitio criminis, l’efficacia retroattiva della legge più favorevole non è incondizionata trovando essa un limite nell’esistenza di una sentenza irrevocabile di condanna, in virtù del prevalente principio di intangibilità della cosa giudicata.
La ratio di tale limite, individuata in passato nelle difficoltà che sarebbero derivate – sotto il profilo pratico ̶ per il giudice dell’esecuzione, ma soprattutto per il sistema giudiziario, dalla riapertura di procedimenti conclusi e dalla revisione di decisioni già definitive, è oggi – come vedremo – ravvisata nell’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti giuridici, allorché si consideri il distacco più contenuto dalla precedente disciplina che la semplice modificazione esprime rispetto all’abrogazione della norma incriminatrice89.
Va, peraltro, ricordato come una parziale deroga allo sbarramento del giudicato sia stata indirettamente introdotta dal nuovo terzo comma dell’art. 2 c.p., che dispone l’obbligo di convertire la pena detentiva in pena pecuniaria, anche in caso di sentenza di condanna irrevocabile90.
89 G. DE VERO, Corso di diritto penale, cit., p. 308. Sull’attuale fondamento del limite del giudicato rispetto al principio di retroattività favorevole, v., infra, Cap. IV.
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Quanto al possibile oggetto di una legge meramente modificativa, questo comprende tutte le ipotesi che non sono incluse nei commi precedenti.
Rientrano sicuramente nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 4, c.p. le modifiche che riguardano le pene, tanto principali quanto accessorie. Allo stesso modo, è indubbia la riconducibilità a questa disposizione delle modifiche che interessano le circostanze, la particolare tenuità del fatto, la sospensione condizionale, la prescrizione e – salvo le specificazioni fatte nelle pagine precedenti91 ̶ il mutamento del titolo di reato92.
Ben più complessa è, invece, l’individuazione della disciplina di riferimento nel caso in cui la nuova legge, lungi dal modificare il regime sanzionatorio dettato per quel reato, incida sul contenuto precettivo della norma penale, innovando la disciplina in essa contenuta93. In questi casi è
spesso meno agevole stabilire se la nuova legge si limiti a modificare l’assetto previgente, immutato il giudizio di rilevanza penale della condotta, oppure se si sia in presenza di una vera e propria abolitio criminis, totale o parziale, risultando indispensabile – come vedremo ̶ il ricorso a specifici criteri distintivi.
In forza del dettato letterale dell’art. 2, comma 4, c.p. – che fa riferimento, al plurale, alle «leggi posteriori» ̶ si ritiene che il principio di retroattività della disciplina più favorevole trovi applicazione anche nei confronti della c.d. lex intermedia94. Notoriamente, con tale espressione ci si riferisce ad una
91 V., § prec., nota 84.
92 In questo senso, ex plurimis, G.L. GATTA, L’abolitio criminis, cit., p. 135 ss.; D. PULITANÒ, Art.
2, cit., p. 19; C. PECORELLA, Art. 2, cit., p. 130 ss.; E. DOLCINI – G. MARINUCCI, Corso di diritto penale, cit., p. 277; G. DE VERO, Corso di diritto penale, cit., p. 307 ss.; G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 104.
93 Così, per tutti, C. FIORE – S. FIORE, Diritto penale, cit., p. 105. In senso parzialmente contrario, C. PODO, Successione di leggi, cit., p. 674, secondo cui si deve escludere che l’aggiunta o sottrazione per legge di un determinato elemento costitutivo, o la modificazione sostanziale dello stesso, dia luogo ad un’ipotesi di una successione meramente modificativa, potendo questa ricorrere solo quando venga modificata la sanzione o istituti penali ad essa ricollegabili.
94 Cfr., ex multis, F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, cit., p. 107; G. DE VERO, Corso di diritto
penale, cit., p. 309; ID., La successione di leggi penali, cit., p. 62 ss.; A. CADOPPI – P. VENEZIANI, Elementi di diritto penale, cit., p. 123; D. PULITANÒ, Diritto penale, cit., p. 568; I. CARACCIOLI,
Manuale di diritto penale, cit., p. 93; E. DOLCINI – G. MARINUCCI, Corso di diritto penale, cit., p.
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disposizione che, introdotta in seguito alla modifica di una norma previgente, sia stata a sua volta abrogata o modificata da un altro intervento legislativo, e non sia più in vigore al momento del giudizio.
In queste ipotesi, dunque, il trattamento più mite previsto per il reo dalla legge intermedia – o perché faccia venir meno la punibilità del fatto o perché ne modifichi la disciplina ̶ potrà produrre effetti sui fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, nonostante il mutamento di prospettiva del legislatore.
La scelta di attribuire efficacia retroattiva anche alla lex intermedia è stata variamente giustificata.
Come si è accennato, già il legislatore del ’30 aveva inteso adottare un sistema improntato al principio della extra-attività delle norme meno restrittive per la libertà del reo, al fine di non far dipendere l’applicazione di una data legge invece che di un’altra da circostanze estrinseche e variabili, quali – in particolare ̶ la lentezza dei tempi processuali95.
Oggi l’applicabilità di detta regola viene, invece, dai più motivata alla luce dei generali principi del favor libertatis e di uguaglianza, in una prospettiva evidentemente assimilabile a quella sottesa al canone della retroattività in caso di successione di una sola legge96.
95 Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, cit., p. 21.
96 Cfr. A. PAGLIARO, voce Legge penale nel tempo, in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973, p. 1064; D. PULITANÒ, Diritto penale, cit., p. 568; C. PECORELLA, L’efficacia nel tempo, cit., p. 68 ss.; S. DEL CORSO, Successione di leggi penali, cit., p. 91. Tuttavia, secondo quest’ultimo Autore, l’applicazione della lex intermedia, più che da ragioni umanitarie, sarebbe imposta dal divieto di retroattività della terza legge più sfavorevole per il reo.
D’altra parte, fermo il dato letterale, parte della dottrina ha sollevato alcune perplessità in ordine all’estensione anche alla lex intermedia del canone della retroattività: cfr., F. ANTOLISEI, Manuale
di diritto penale, cit., p. 107; G. DE VERO, La successione di leggi penali, cit., p. 63; C. PECORELLA,
Legge intermedia: aspetti problematici e prospettive de lege ferenda, in (a cura di) E. DOLCINI – C.E. PALIERO, Studi in onore di Giorgio Marinucci, I, Milano, 2006, p. 611 ss.; ID., L’efficacia della
legge, cit., p. 68 ss. In particolare, secondo l’Autrice, la rilevanza che possono avere le esigenze di
parità di trattamento appare ben diversa a seconda che oggetto di applicazione sia una legge in vigore al momento del giudizio o una legge già abrogata: in quest’ultimi casi, si finisce, infatti, per determinare situazioni di disuguaglianza tra chi ha commesso il fatto sotto il vigore della prima legge e chi lo ha commesso dopo l’abrogazione della legge intermedia. Pertanto, sarebbe preferibile escludere l’efficacia generale della regola, rimettendo piuttosto al legislatore la valutazione dell’opportunità o meno di applicarla, in relazione alle singole ipotesi di successione di leggi penali.
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3.2.1. L’individuazione della legge più favorevole
Definito il campo di operatività dell’art. 2, comma 4, c.p., occorre adesso affrontare la questione su come debba essere individuata “la disposizione più favorevole al reo”97.
Punto di partenza è inevitabilmente il raffronto tra le diverse normative che si sono succedute nel tempo, tenendo in considerazione non soltanto il regime sanzionatorio in senso stretto, ma la disciplina della punibilità nel suo insieme, ivi comprese eventuali modifiche in ordine alla procedibilità o a norme di parte generale da cui derivi una situazione più favorevole per il reo. Sennonché questa operazione non sembra essere in tutti i casi agevole, dal momento che le modifiche apportate dal legislatore non sempre vanno nella medesima direzione, potendo risultare più vantaggiose per alcuni aspetti, meno per altri.
Tanto la dottrina quanto la giurisprudenza respingono la possibilità che la comparazione muova dall’assemblaggio degli elementi più favorevoli propri di ciascuna delle leggi via via subentrate, accorpati tra loro come fosse un unico testo legislativo: così operando si finirebbe per creare una c.d. tertia
lex, in palese violazione del principio di legalità.
97 Sul tema, in senso praticamente unanime, E. DOLCINI – G. MARINUCCI, Corso di diritto penale, cit., p. 278; G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 105; G. DE VERO, Corso di diritto
penale, cit., p. 309; C. FIORE – S. FIORE, Diritto penale, cit., p. 113; F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, cit., p. 107; A. CAPODDI – P. VENEZIANI, Elementi di diritto penale, cit., p. 123; T. PADOVANI, Diritto penale, cit., p. 43; F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 89; F. PALAZZO, Corso
di diritto penale. Parte generale, 6° ed., Torino, 2016, p. 165; C. PODO, Successione di leggi penali, cit., p. 675 ss.; A. PAGLIARO, Legge penale nel tempo, cit., p. 1070; P. SEVERINO, SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI, cit., p. 6; M. ROMANO, Commentario sistematico, cit., p. 68 ss.; D. PULITANÒ, Art. 2, cit., p. 19; C. PECORELLA, Art. 2, cit., p. 136 ss.
In giurisprudenza, ex multis, Cass. pen., Sez. Un., 6 ottobre 1979, n. 10626, Maggi, in Cass. pen., 1980, p. 651 ss.; Cass. pen., sez. VI, 4 novembre 1982, n. 593, in Cass. pen., 1983, II, p. 719 ss.; Cass. pen., sez. II, 10 aprile 1987, n. 98163, in Cass. pen., 1988, p. 1643 ss.; Cass. pen., sez. I, 2 ottobre 2003, n. 40915, CED 226475; Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2004, n. 23274, CED 228728; Cass. pen., sez. IV, 4.6.2004, n. 36757, CED 229687.
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La legge più favorevole non può, dunque, che essere individuata guardando, nella sua interezza, a una sola delle normative succedutesi e, più specificamente, a quella che risulti tale in esito ad un giudizio da effettuare in concreto rispetto al caso di specie oggetto del giudizio98. Il giudice dovrà,
dunque, applicare “provvisoriamente” ognuna delle leggi, valutando le conseguenze che potrebbero di fatto derivarne per il reo, al fine di scegliere quella più vantaggiosa.
Va, tuttavia, escluso che i risultati della comparazione possano essere determinati alla luce di quello che l’imputato reputi più mite, dovendosi intendere per “più favorevole” il trattamento che risulti tale oggettivamente99.