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3.3.3.2 (Segue) L’orientamento della Sezioni Unite

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 69-73)

Delineati i principali orientamenti dottrinali, resta da analizzare la posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità.

Come si è anticipato, le problematiche legate al diritto intertemporale sono emerse con decisione nell’impatto con la prassi giudiziaria solo a partire dagli anni ‘90, in corrispondenza di un periodo riformista in cui il legislatore italiano è intervenuto su diversi settori di materia, soprattutto attraverso la riformulazione delle fattispecie previgenti, al fine di adeguarle alle istanze di tutela emergenti.

Tuttavia, a differenza di quanto accaduto nella prevalente dottrina, i giudici di legittimità – ma anche di merito ̶ hanno evitato per lungo tempo l’adozione di un criterio prevalente, finendo – nella maggioranza dei casi ̶ per combinarli tra loro148.

Nonostante plurime pronunce da parte delle Sezioni Unite, un punto fermo è stato fissato solo in occasione della riforma dei reati societari attuata con il D.Lgs. 11 aprile 2002 n. 61149.

148 In questo senso, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p.204.

149 Su tale riforma, cfr., ex plurimis, C. PEDRAZZI, In memoria del “falso in bilancio”, in Riv. soc., 2001, p. 1369 ss.; A. CRESPI, Le false comunicazioni sociali: una riforma faceta, in Riv. soc., 2001, p. 1345 ss.; ID., Il falso in bilancio e il pendolarismo delle coscienze, in Riv. soc., 2002, p. 449 ss.; G.E. COLOMBO, Il falso in bilancio e le oscillazioni del pendolo, in Riv. soc., 2002, p. 421 ss.; G. MARINUCCI, Falso in bilancio: con la nuova delega avviata una depenalizzazione di fatto, in Guida

dir., 2001, 45, p. 10 ss.; ID., “Depenalizzazione” del falso in bilancio con l’avallo della SEC: ma è

proprio così?, in Dir. pen. proc., 2002, p. 137 ss.; A. ALESSANDRI, La legge delega n. 366 del 2001:

un congedo dal diritto penale societario, in Corr. giur., 2001, p. 1545 ss.; C.E. PALIERO, Nasce il

sistema delle soglie quantitative: pronto l’argine alle incriminazioni, in Guida dir., 2002, 16, p. 37

ss.; I. CARACCIOLI, Falso in bilancio: dietro le polemiche norme più aderenti alla realtà societaria, in Guida dir., 2001, 36, p. 10 ss.; ID., Le nuove false comunicazioni sociali e la crisi dei beni giuridici

indeterminati, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2002, p. 465 ss.; S.SEMINARA, False comunicazioni

sociali, falso in prospetto e nella revisione contabile e ostancolo alle funzioni dell’autorità vigilante,

in Dir. pen. proc., 2002, p. 676 ss.; D. PULITANÒ, Falso in bilancio: arretrare sui principi non

contribuisce al libero mercato, in Guida dir., 2001, 39, p. 1 ss.; A. MANNA, La riforma dei reati

societari: dal pericolo al danno, in Foro it., 2002, 5, p. 111 ss.; F. GIUNTA, Quale fututo per le false

comunicazioni sociali?, in Dir. pen. proc., 2001, p. 929 ss.; L. FOFFANI, Rilievi critici in tema di

riforma del diritto penale societario, in Dir. pen. proc., 2001, p. 1193 ss.

Le fattispecie di false comunicazioni sociali previste dagli artt. 2621 e 2622 c.c. sono state peraltro oggetto di un’ulteriore riforma attuata con la L. 27 maggio 2015, n. 69, che ne ha accresciuto l’area di rilevanza penale e inasprito la risposta sanzionatoria con una netta inversione di tendenza rispetto alla novella attuata nel 2002: sul punto, tra i numerosi contributi, F. MUCCIARELLI, Le 'nuove' false

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Senza poterci in questa sede soffermare sui dettagli della modificata disciplina, basti evidenziare che il contrasto interpretativo riguardava, in primo luogo, la sostituzione e contestuale riformulazione dell’originaria fattispecie delittuosa delle false comunicazioni sociali, prevista all’art. 2621 c.c., con due distinte fattispecie – una contravvenzionale, l’altra delittuosa ̶ previste rispettivamente dagli artt. 2621 e 2622 c.c.

Secondariamente, alcuni profili problematici erano sorti con riferimento alla neo introdotta disciplina della bancarotta fraudolenta prevista dall’art. 223, comma 2, n. 1, L. fall., richiedendosi in seguito alla riforma un nesso eziologico tra gli illeciti societari e il dissesto della società; d’altra parte, stante il collegamento con il reato di falso in bilancio, si era posta la questione della “sopravvivenza” di quest’ultima figura in relazione alle condotte di bancarotta societaria commesse anteriormente al 2001.

Con una pronuncia del 2003, le Sezioni Unite della Suprema Corte non solo hanno offerto una soluzione alle specifiche questioni di diritto intertemporale connesse alla riscrittura delle norme succitate, ma soprattutto hanno affrontato in modo chiaro e preciso il più generale problema dei rapporti tra abolitio criminis e mera successione di norme modificative150.

comunicazioni sociali: note in ordine sparso, in Dir. pen. cont. Riv. trim., 2015, 2, p. 159 ss.; M.

GAMBARDELLA, Il “ritorno” del delitto di false comunicazioni sociali: tra fatti materiali rilevanti,

fatti di lieve entità e fatti di particolare tenuità, in Cass. pen., 2015, p. 1723 ss.; R. BRICHETTI – L.

PISTORELLI, La lenta “scomparsa” del diritto penale societario italiano, in Guida dir., 2015, 26, p. 53 ss.; I. CARACCIOLI, Il rischio penale per le valutazioni estimative: reati fiscali a confronto con il

nuovo falso in bilancio, in Fisco, 2015, 28, p. 2735 ss.; F. D’ALESSANDRO, La riforma delle false comunicazioni sociali al vaglio del giudice di legittimità: davvero penalmente irrilevanti le valutazioni mendaci?, in Giur. it., 2015, p. 2211 ss.; A. LANZI, Quello strano scoop del falso in

bilancio che torna reato, in Guida dir., 2015, 26, p. 12 ss.; G. LUNGHINI, sub Artt. 2621-2641 c.c., in Codice penale commentato, III, cit., p. 1826 ss.; S. SEMINARA, La riforma dei reati di false

comunicazioni sociali, in Dir. pen. proc., 2015, p. 813 ss.; ID., False comunicazioni sociali e false

valutazioni in bilancio: il difficile esordio di una riforma, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, p. 1498

ss.; M. SCOLETTA, Tutela dell’informazione societaria e vincoli di legalità nei nuovi delitti di false

comunicazioni sociali, in Le società, 2015, p. 1301 ss.; V. MANES, La nuova disciplina delle false

comunicazioni sociali, in www.penalecontemporaeo.it (22 febbraio 2016).

150 Cass. pen., Sez. Un., 26 marzo 2003, n. 25887, Giordano, in Cass, pen., 2003, p. 3310, con nota di T. PADOVANI, Bancarotta fraudolenta impropria, cit.; in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, p. 1518 ss., con nota di C. PECORELLA, C’è spazio per criteri valutativi nell’abolitio criminis?; in Guida dir., 2003, 26, p. 60 ss., con nota di R. BRICHETTI, Prevale l’approccio strutturale imperniato sul

principio di specialità; in Dir. prat. soc., 2003, 8, p. 6 ss., con nota di A. LANZI, Per le Sezioni Unite

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Fermo il rifiuto del criterio della “valutazione in concreto” che – come si è detto ̶ fa insorgere il rischio di elusione del divieto di irretroattività, i giudici si focalizzano sui due approcci, valutativo e strutturale, fino a quel momento seguiti e, in particolare, sulla qualificazione del primo come alternativo o cumulativo rispetto al secondo.

Sotto questo profilo la pronuncia esclude ogni possibile utilizzo congiunto dei due parametri, riconoscendo quale unico corretto approccio metodologico quello che fa leva sul confronto logico-strutturale tra le fattispecie in successione.

In tal senso, trovano conferma le soluzioni già avanzate dalla dottrina prevalente per il caso di abrogazione e contestuale introduzione di una norma incriminatrice: ove si tratti del passaggio da norma speciale a norma generale non potrà realizzarsi alcun fenomeno di abolitio criminis, dal momento che la nuova norma si limita ad allargare l’area del penalmente rilevante, senza toccare in alcun modo i tipi di condotta puniti ai sensi della disciplina previgente; nel caso, invece, dell’introduzione di una norma speciale accompagnata dall’abrogazione di quella generale, la Corte riconosce la permanenza della rilevanza penale delle sotto-fattispecie già prima punibili, restando indifferenti le modalità con cui avvenga tale specificazione. La legge successiva, infatti, in quanto speciale rispetto a quella precedente, si limita a ritagliare una porzione della vecchia disciplina, mantenendone la punibilità, senza che ciò possa in alcun modo determinarne un’applicazione retroattiva151.

TESAURO – E. NICOSIA; in Dir. pen. proc., 2004, p. 446 ss., con nota di M. LA ROSA, Successione di

leggi penali: il ‘caso’ della bancarotta fraudolenta impropria; in Le Società, 2003, p. 1624, con

nota di R. FRACCHIA, False comunicazioni sociali e bancarotta impropria, p. 1624 ss. Cfr., altresì, E.M. AMBROSETTI, Abolitio criminis, p. 160 ss.; M. SCOLETTA, L’abolitio criminis parziale, cit., p. 532 ss.; R. ALAGNA, Tipicità e riformulazione, cit., p. 134 ss.

151 Invero, è proprio sotto questo profilo che la Corte di Cassazione ha decretato la sussistenza di una continuità normativa non solo in relazione alle false comunicazioni sociali ma anche rispetto alla bancarotta c.d. da reato societario. A parere dei giudici, infatti, in base al confronto strutturale tra le vecchie e le nuove disposizioni, è possibile riscontrare una restrizione dell’area della punibilità, per cui, se rispetto ad alcune condotte è venuto meno il giudizio di illiceità penale, rispetto a quelli

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Anche la giurisprudenza giunge, dunque, a legittimare pienamente la controversa figura dell’abolitio criminis parziale152.

Sennonché, ferma l’individuazione del criterio logico-strutturale quale criterio guida per risolvere i problemi di diritto intertemporale, i giudici di legittimità hanno evidenziato – sollevando non poche perplessità ̶ che in certe particolari ipotesi non può escludersi il riconoscimento di un’abolitio

criminis anche laddove – in base al criterio predetto ̶ si dovrebbe affermare

la sussistenza di una successione di leggi penali in senso stretto. In particolare, siffatta situazione si potrebbe determinare in presenza di «elementi univocamente indicativi di una volontà legislativa totalmente abolitrice»; e, tuttavia – precisa la Corte ̶ pur trattandosi di un’eventualità che non può essere esclusa, non è da considerarsi certamente la regola153.

In ultima analisi, con questa pronuncia la Corte ha definitivamente consacrato – seppure con talune precisazioni ̶ il criterio dei “rapporti

ancora contemplati dovrà applicarsi la disciplina dettata dall’art. 2, comma 4, c.p. Cfr., per tutti, C. PECORELLA, C’è spazio per criteri valutativi, cit, p. 1520.

152 Così, M. SCOLETTA, L’abolitio criminis parziale, cit., p. 541.

153 Più specificamente, i giudici individuano due esempi di tale situazione: il primo – a cui sarebbe riconducibile quanto avvenuto con l’abrogazione della fattispecie di procurata impotenza alla procreazione, si verifica quando si modificano reati collegati con una particolare situazione politica, economica, sociale o giudiziaria, sul presupposto che quella stessa situazione richieda un cambiamento che si proietti verso il passato; il secondo – a cui sarebbe ricollegabile l’abolizione della fattispecie di oltraggio ̶ si realizza nei casi di abrogazione di una norma speciale che, nonostante l’astratta applicabilità della disposizione generale preesistente, andrebbero interpretati come una scelta politico-criminale di non punire il fatto contemplato né per il passato né per il futuro. Sennonché, nessuna delle due ipotesi è parsa particolarmente persuasiva. Con riferimento alla prima, la valorizzazione dei “sicuri indici” che esprimano la volontà del legislatore determinerebbe – di fatto ̶ quella che la stessa sentenza definisce come amnistia priva delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla legge. Rispetto alla seconda, si è evidenziata l’improbabilità di una scelta legislativa che, volendo eliminare la rilevanza penale dei fatti contemplati in una norma speciale, si limitasse ad operare su quest’ultima, tralasciando del tutto quella generale. In tale prospettiva, deve escludersi che l’abrogazione dell’art. 552 c.p. abbia determinato l’abolitio criminis totale dei fatti di procurata impotenza alla procreazione «limitandosi a rendere penalmente irrilevante la condotta del soggetto passivo consenziente». Allo stesso modo, l’abrogazione del delitto di oltraggio andrebbe più correttamente qualificata come abolitio criminis parziale, dovendosi affermare la continuità della punibilità rispetto a quelle condotte caratterizzatesi per l’offensività non soltanto nei confronti dell’autorità che il pubblico ufficiale rappresenta, ma per l’onore dello stesso e, pertanto, ancora incluse nell’ambito di applicazione dell’art. 594 c.p. Così, C. PECORELLA, C’è ancora spazio per

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strutturali” come unico strumento idoneo a tracciare i confini tra il fenomeno dell’abolitio criminis e la mera modificazione della fattispecie154.

3.3.4. Un tentativo di conciliare il criterio dei “rapporti

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