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3.3.3.1 (Segue): abrogazione e contestuale introduzione di norme incriminatric

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 63-69)

Passando, adesso, all’ipotesi considerata più complessa, costituita dall’abrogazione di una norma incriminatrice, accompagnata dalla contestuale introduzione di una nuova fattispecie, si è preliminarmente evidenziata la necessità che le due disposizioni prevedano condotte tipiche tra di loro omogenee: in assenza, infatti, di situazioni strutturalmente assimilabili – in quanto legate da una relazione di specialità ̶ non può certamente dubitarsi che l’intervento del legislatore determini il binomio

abolitio criminis/nuova incriminazione133.

Ove l’omogeneità sia riscontrata, possono verificarsi due differenti situazioni: l’abrogazione di una norma speciale accompagnata dalla contestuale introduzione di una norma generale o, viceversa, l’abrogazione di una norma generale accompagnata dalla contestuale introduzione di una norma speciale.

Quanto al primo caso, si realizza evidentemente una vera e propria successione di leggi: la previsione successiva di una disposizione dalla portata più ampia e comprensiva di quella abrogata include necessariamente il contenuto della precedente, configurandosi, dunque, anche in quest’ipotesi una abrogatio sine abolitione134.

Nella seconda eventualità, va preliminarmente rilevato come la restrizione dell’ambito di applicazione della norma incriminatrice può realizzarsi attraverso diverse modalità: l’estromissione di una o più classi di condotta tipizzate dalla disposizione generale; la specificazione di elementi genericamente ricompresi nella fattispecie abrogata; l’aggiunta di elementi in precedenza non previsti all’interno della figura originaria135.

133 Per tutti, T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1369 ss.

134 G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 166. Nello stesso senso, T. PADOVANI, Tipicità e

successione, cit., p. 1372 – 1373.

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Se nel primo caso la successione non sembra discutibile, dal momento che per definizione tutti i fatti ricompresi nella nuova norma speciale lo erano altrettanto in quella generale abrogata136, per gli altri due la situazione risulta

più problematica.

Si è evidenziato, infatti, come il concetto di tipicità penale deve considerare esclusivamente gli elementi formalizzati dalla norma e non anche quelli implicitamente contenuti in essa: in questo senso, andrebbe respinta l’affermazione secondo cui ciascuna figura criminosa normativamente definita contiene un numero infinito di sotto-fattispecie, potendosi ipotizzare l’esistenza implicita di un numero infinito di elementi specializzanti137.

In tale prospettiva, il nuovo elemento inserito – per aggiunta o per specificazione ̶ dalla disposizione speciale non troverebbe alcun corrispondente in quella previgente e, pertanto, per qualificare la successione

L’ipotesi della specialità unilaterale andrebbe tenuta distinta da quella c.d. reciproca o bilaterale che – come è noto ̶ si configura quando le due fattispecie presentano, accanto ad un nucleo normativo comune, ulteriori elementi specializzanti che si pongono tra loro reciprocamente in un rapporto di genere a specie. In tali situazioni, infatti, non sussisterebbe una vera e propria relazione strutturale di specialità – in quanto ciascuna norma è al contempo generale e speciale rispetto all’altra ̶ ma, piuttosto, una relazione di interferenza, tale da escludere ogni spazio di continuità normativa. Cfr., per tutti, G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 720, nonché, E. DOLCINI – G. MARINUCCI,

Corso di diritto penale, cit., p. 280.

Non mancano, però, gli Autori che ritengono configurabile una successione di leggi penali anche per i casi di specialità bilaterale, non potendosi escludere l’esistenza di sotto-fattispecie comuni a entrambe le disposizioni, rispetto alle quale dovrebbe potersi ammettere un fenomeno di abolitio

criminis parziale. Più specificamente, tale situazione si verificherebbe «oltre che nel caso di

soppressione e contestuale aggiunta di sotto-fattispecie formalmente tipiche, quando gli elementi ‘propri’ di ciascuna delle due fattispecie siano specificativi di corrispondenti elementi generali già presenti nell’altra disposizione incriminatrice: in questo modo si assicura che ciascun elemento ‘proprio’ selezioni in realtà una sotto-fattispecie già tipica ai sensi dell’altra disposizione penale». Così, M. SCOLETTA, L’abolitio criminis parziale tra vincoli costituzionali e aporie processuali, in

Studi in onore di Mario Pisani, III, 2010, p. 545. In senso parzialmente analogo, F. MANTOVANI,

Diritto penale, cit., p. 87; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma, cit., p. 238 ss.; S. CAMAIONI, Successione di leggi, cit., p. 81 ss.; ID., Specialità e interferenza: appunti sulla

comparazione strutturale delle fattispecie nel concorso e nella successione di norme penali, in Giust. pen., 1992, II, p. 230 ss.; D.MICHELETTI, La continuità intertemporale della bancarotta

fraudolenta “cagionata” tramite reati societari, in Dir. pen. proc., 2003, p. 712 ss.

Più in generale, sulla specialità c.d. bilaterale nell’ambito del più ampio tema del concorso di norme e di reati, R.A. FROSALI, Concorso di norme e concorso di reati, Città di Castello, 1937; F. MANTOVANI, Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, Bologna, 1966; G. DE FRANCESCO, Lex specialis, Milano, 1980.

136 Si realizzerà, invece, un’abolitio criminis in relazione a quelle condotte conformi solo alla previgente norma generale: per tutti, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 165.

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come una semplice modifica della fattispecie, si dovrebbe inevitabilmente ricorrere alla mediazione del fatto in concreto, che tuttavia – come si è visto ̶ si pone in contrasto con il principio di irretroattività138.

In definitiva, la previsione di elementi ulteriori rispetto a quelli originari – in quanto espressiva di una diversa scelta politico-criminale del legislatore ̶ determinerebbe sempre un fenomeno di abolitio criminis totale139.

A queste considerazioni, si aggiunge anche la possibilità di attribuire una diversa valenza alla relazione strutturale tra le fattispecie, a seconda che la

138 In questo senso, seppure in una prospettiva critica, T. PADOVANI, Tipicità e successione, cit., p. 1374-1375.

Oltre a questi rilievi, la dottrina tedesca prospetta anche un possibile conflitto con il principio di colpevolezza, poiché l’eventuale riconoscimento di una continuità normativa, postulerebbe l’accertamento del dolo e della colpa rispetto a elementi che – non essendo tipici al momento della commissione del fatto ̶ non potevano essere investiti da alcun coefficiente psichico: cfr. H.J. RUDOLPHI, Systematischer Kommentar, cit., p. 20 ss.

139 Così, A. DI MARTINO, Successione di norme penali: modifiche strutturali e giudizi di valore, in

Dir. pen. proc., 2003, p. 537; S. PREZIOSI, La riforme della fattispecie incriminatrice di abuso di

ufficio, in Reati contro la pubblica amministrazione, cit., p. 178.; E.M. AMBROSETTI, Abolitio criminis, cit., p. 221; P. SEVERINO, Successione di leggi, cit., p. 6.

Vi è, poi, chi all’interno della relazione di specialità tra fattispecie che si succedono nel tempo, propone un’ulteriore distinzione tra specialità per specificazione e specialità per aggiunta: cfr. A. NAPPI, Specialità per specificazione e specialità per aggiunta nella successione di norme penali, in

Dir. pen. proc., 2004, p. 1062 ss. Invero, secondo l’Autore, nella prima ipotesi il rapporto di

specialità dipende da definizioni o classificazioni preesistenti alle norme incriminatrici; nel secondo caso, invece, la specialità dipende da definizioni o classificazioni proposte dalle stesse norme, per cui il suo riconoscimento richiede un’interpretazione di tipo teleologico finalizzata a definirne l’effettivo significato. Da tale impostazione deriverebbe che, in caso di specialità per specificazione, si realizza sempre una successione di leggi in senso stretto, dal momento che la classe di oggetti descritti dalla fattispecie speciale è necessariamente inclusa nella fattispecie generale; diversamente, nell’ipotesi di specialità per aggiunta, l’esame del rapporto strutturale non sarebbe sufficiente, dovendosi verificare se l’elemento aggiuntivo abbia o meno un peso tale da rendere le due norme tra di loro eterogenee e, conseguentemente, da determinare un’abolizione totale.

Sennonché, non sono mancati gli Autori che hanno contestato la fondatezza di tale impostazione: la distinzione tra le due forme di specialità si esaurirebbe, infatti, sul piano fenomenico, senza che dalla stessa possa essere ricavata alcuna valenza funzionale. Così, T. PADOVANI, Bancarotta fraudolenta

impropria e successione di leggi: il bandolo della legalità nelle mani delle Sezioni unite, in Cass. pen., 2003, 11, p. 3310 ss.

Allo stesso modo, si è asserita l’equivocità della distinzione: l’elemento aggiuntivo specializzante non potrebbe, infatti, avere un peso tale da rendere eterogenee le due fattispecie, avendo la sola funzione di togliere rilevanza a tutti quegli elementi che l’avevano in forza della norma generale, per delimitare quelli che – a giudizio del legislatore ̶ devono ancora avere rilievo. Cfr. C. PECORELLA, Art. 2, cit. p. 134. V., altresì, F. M. IACOVELLO, Bancarotta fraudolenta e successione

di leggi: la scelta tra sano pragmatismo e cattiva metafisica, in Cass. pen., 2003, p. 624; R. ALAGNA,

Tipicità e riformulazione del reato, Bologna, 2007, p. 124; S. DE FRANCESCO, Successione di leggi

penali nel tempo e area comune di illiceità: questione teorica e riflessi applicativi in tema di false comunicazioni sociali, in Ind. pen., 2003, p. 1064; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma, cit. p. 231; D. PULITANÒ, Legalità discontinua, cit., p. 1279.

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specialità si presenti in una dimensione diacronica o sincronica: ai fini della successione di leggi penali nel tempo, infatti, l’esistenza di elementi specializzanti prospetterebbe una situazione sostanzialmente diversa rispetto a quanto accade per il concorso apparente di norme. «Invero, ove entrambe le norme – quella generale e quella speciale ̶ siano vigenti contemporaneamente, i profili di ‘offensività’ verrebbero ad essere tutti attualmente presenti, mentre del tutto diversa si porrebbe invece la prospettiva nel fenomeno intertemporale. Quivi (…) non si deve operare una scelta fra più profili tipici di offesa parimenti codificati in fattispecie, ma verificare se l’introduzione di un elemento ulteriore esprima un nuovo profilo di offesa, prodotto dalla scelta di attribuire rilevanza ad un elemento che prima non l’aveva»140.

Pertanto, anche alla luce di questo argomento, l’introduzione di una nuova fattispecie, connotata da un rapporto di specialità per specificazione o per aggiunta, implicherebbe una situazione di eterogeneità tra le norme, tale da dover escludere ogni profilo di continuità normativa; e ciò, ancora di più, ove il fenomeno di “specializzazione” dovesse realizzarsi attraverso la previsione di una pluralità di modifiche141.

Sennonché, sia la dottrina maggioritaria che – come vedremo ̶ la giurisprudenza di legittimità, hanno respinto la c.d. “teoria radicale”, rigettando con forza l’idea che attribuire rilievo ai neo-introdotti elementi specializzanti determini una violazione del principio di irretroattività.

Più specificamente, si è evidenziato che, qualificando come abolitio

criminis totale ogni ipotesi di abrogazione di una norma incriminatrice

generale con contestuale introduzione di una norma incriminatrice speciale,

140 Testualmente A. DI MARTINO, Successione di norme penali, cit., p. 535 ss., ripreso da E.M. AMBROSETTI, Abolitio criminis, cit., p. 220.

141 E.M. AMBROSETTI, Abolitio criminis, cit., p. 220 ss. Secondo l’Autore, inevitabile conseguenza di tale conclusione, è la necessità di circoscrivere il fenomeno dell’abolizione parziale a casi di gran lunga più limitati rispetto a quelli riconosciuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiana, e cioè solamente a quando la restrizione della fattispecie risulta compiuta dal legislatore mediante «selezione di alternative già formalmente tipiche». In senso contrario, v., retro, § 3.1.2.

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si realizza un sostanziale paradosso: pur in presenza di un fatto tipizzato sussumibile in entrambe le disposizioni, rispetto alle condotte comprese nella fattispecie generale l’abrogazione sarebbe parziale per il futuro ma totale per il passato142.

Da premesse puramente formali si arriverebbe, dunque, a ritenere imposto dal canone della irretroattività un effetto pratico di discontinuità nell’applicazione della legge penale, relativamente a fatti il cui disvalore rimane fermo sotto sia la vecchia che la nuova norma143.

Ora è evidente che, per superare una simile conclusione, è necessario muovere in senso critico proprio da quella concezione restrittiva che esclude dall’area del penalmente rilevante tutto ciò che non emerge come elemento formale di fattispecie. Si è visto, infatti, come, in tale prospettiva, non si possa in alcun modo prendere in considerazione il concetto di “sotto-fattispecie” e, dunque, eventuali elementi impliciti non direttamente tipizzati.

Invero, uno studio ormai risalente aveva già evidenziato come «ogni fattispecie costitutiva di reato (…) comprende in sé una infinità di possibili atteggiamenti particolari (facoltativi) non individualmente considerati, ma sempre normativi, legislativi, perché compresi tacitamente nella fattispecie costitutiva: essi possono dirsi ‘fattispecie particolari’ (o ‘facoltative’)»144.

In quest’ottica, basti allora evidenziare che, se non può negarsi la novità rappresentata dagli elementi specializzanti sul piano formale rispetto alla precedente disciplina, ciò non deve, però, tradursi nella loro irrilevanza. Al contrario, in seguito alla successione normativa, i profili che prima definivano solo una sotto-fattispecie implicita, acquistano adesso un rilievo

142 D. PULITANÒ, Legalità discontinua, cit., p. 1278. Più precisamente l’Autore evidenzia come la conclusione sostenuta dai fautori del paradigma radicale implicherebbe paradossalmente che: «Chi commetta oggi un fatto costituente reato per la legge speciale in vigore, è punito ai sensi di questa. Chi avesse commesso il medesimo fatto nella vigenza della abrogata norma generale, nella vigenza di questa sarebbe punito; ma non sarebbe punibile oggi per il fatto pregresso, per asserita abolitio

criminis, benché il medesimo fatto, se commesso oggi, sarebbe punito ai sensi della legge in vigore».

143 D. PULITANÒ, Legalità discontinua, cit., p. 1278.

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più pregnante, in quanto da essi dipende non più soltanto il “come” o il “quanto” punire, ma l’an stesso della responsabilità145.

Sempre in chiave critica si contesta, poi, la possibilità di distinguere la relazione di specialità a seconda che sia sincronica o diacronica. La specialità è, invero, sempre la stessa: «se la fattispecie speciale sincronica è idonea a ‘sottrarre’ alla sfera applicativa della fattispecie generale fatti che, diversamente, ricadrebbero de plano in essa, non si vede perché la fattispecie speciale diacronica non sia idonea a perpetuare la rilevanza di fatti che già erano compresi nell’ambito della fattispecie generale preesistente. L’esclusività della disciplina speciale (contestuale o sopravvenuta) si realizza esattamente negli stessi termini e secondo la stessa logica»146.

In definitiva – per il caso prospettato di abrogazione di una norma generale e contestuale introduzione di una norma speciale ̶ ove si guardi effettivamente ai rapporti strutturali tra fattispecie, non può che concludersi nel senso di un’abolitio criminis parziale, per cui si configurerà una successione di leggi limitatamente a quella parte di fatti che, conforme alla previgente disposizione generale, non è più ricompresa in quella speciale successiva147.

145 D. PULITANÒ, Legalità discontinua, cit., p. 1279.

146 T. PADOVANI, Bancarotta fraudolenta impropria, cit., p. 3310 ss. Quanto all’obiezione avanzata dalla dottrina tedesca in punto di colpevolezza, lo stesso Autore la ritiene non pertinente: invero, quando si tratta di definire i presupposti della successione, la questione concerne solamente la delineazione obiettiva dei limiti tra lecito e illecito. In tale prospettiva, il criterio dei rapporti strutturali consente semplicemente di affermare che l’autore del fatto tipico possa restare punibile; diversamente, al fine di stabilire quale sia il trattamento più favorevole – all’interno del quale si inserisce il problema dell’accertamento del dolo sugli elementi specializzanti ̶ occorre procedere – come si è visto ̶ all’applicazione in concreto delle due norme.

147 G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 165. Più che sotto il profilo del diritto sostanziale, il fenomeno dell’abolitio criminis parziale sembra sollevare aspetti problematici sul piano processuale: sul punto, M. SCOLETTA, L’abolitio criminis parziale, cit., p. 537 ss.; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma, cit., p. 303 ss.; C. PECORELLA, L’efficacia nel tempo, cit., p. 45 ss.; D. PULITANÒ, Legalità discontinua, cit., p. 1290 ss.; R. ALAGNA, Tipicità e

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