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I limiti del principio di uguaglianza quale fondamento della retroattività favorevole

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 110-114)

5.1 (segue) Il riconoscimento del rango costituzionale della lex mitior: le sentenze n 393 e 394 del

6. I limiti del principio di uguaglianza quale fondamento della retroattività favorevole

È noto come il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. – a differenza di altri previsti dalla Costituzione ̶ presenti diverse articolazioni, ciascuna delle quali dotata di una distinta connotazione funzionale255.

In primo luogo, esso viene in rilievo come vero e proprio diritto, sotto il duplice profilo “formale” e “sostanziale”, sancito rispettivamente dal primo e dal secondo comma dell’art. 3: il primo fa riferimento alla parità degli individui davanti alla legge, senza possibilità di ammettere alcuna discriminazione sulla base di categorie soggettive; il secondo sottende, invece, la necessità di assicurare a tutti l’effettiva possibilità di godere dei medesimi diritti. In questo contesto, l’uguaglianza si comporta come tutti gli altri diritti, può entrare in contrasto con questi e, conseguentemente, essere soggetta ad un giudizio di bilanciamento.

255 Per tale distinzione cfr., R. BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella

giurisprudenza costituzionale, Milano, 1992, p. 42. Sul principio di uguaglianza, ex plurimis, C.

ESPOSITO, Eguaglianza e giustizia nell’art. 3 della Costituzione, in La Costituzione italiana, cit., p. 17 ss.; A. CERRI, L’eguaglianza nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, Milano, 1976; ID.,

Eguaglianza giuridica ed egualitarismo, L’Aquila-Roma, 1984; ID., voce Uguaglianza (principio

costituzionale di), in Enc. giur. Treccani, XXXII, Roma, 1994, p. 1 ss.; L. PALADIN, Il principio

costituzionale d’uguaglianza, Milano, 1965; ID., Corte Costituzionale e principio generale

d’eguaglianza: aprile 1979 – dicembre 1983, in AA.VV., Scritti su “La giustizia costituzionale” in onore di V. Crisafulli, I, Padova, 1985, p. 620 ss.; L. FERRAJOLI, L’uguaglianza e le sue garanzie, in AA.VV., Le ragioni dell’uguaglianza (atti del VI convegno della Facoltà di giurisprudenza

dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, 15-16 maggio 2008), Milano, 2009, p. 25 ss.; N.

BOBBIO, Eguaglianza e libertà, Torino, 1995; A.S. AGRÒ, sub Art. 3, 1° comma, in (a cura di) G. BRANCA, Commentario della Costituzione. Principi fondamentali, Bologna-Roma, 1975, p. 123 ss.; U. ROMAGNOLI, sub Art. 3, 2° comma, ivi, p. 162 ss.; B. CARAVITA, Oltre l’uguaglianza formale.

Un’analisi dell’art. 3, comma 2 della Costituzione, Padova, 1984; ID., sub Art. 3, in (a cura di) V. CRISAFULLI – L. PALADIN, Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, p. 13 ss.; A. CELOTTO, sub Art. 3/1°, in Commentario alla Costituzione, cit., p. 65 ss.; A. GIORGIS, sub Art. 3/2°,

ivi, p. 88 ss. Nella prospettiva della sua incidenza sul diritto penale sostanziale, per tutti, G. DODARO,

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Secondariamente, il principio in esame svolge la funzione di fondamento positivo del controllo sulla ragionevolezza delle leggi. A ben vedere, infatti, nonostante la sua importanza dal punto di vista storico-filosofico, il contenuto dell’uguaglianza non è definibile a priori, costituendo piuttosto «un modo di stabilire una relazione formale tra gli enti di una totalità»256.

Ove si tratti di operare un confronto tra norme giuridiche, l’uguaglianza viene in considerazione come «criterio di giudizio», secondo uno schema «trilaterale» in cui la disparità di trattamento denunciata con riferimento a una certa fattispecie può essere apprezzata solo in rapporto alla disciplina dettata dallo stesso ordinamento per altre categorie più o meno simili (c.d.

tertium comparationis)257.

Da ultimo, il principio di uguaglianza può svolgere la funzione di «strumento al servizio di una tecnica di costruzione della motivazione che correda la decisione»258 della Corte Costituzionale.

Orbene, dato questo quadro di riferimento, parte della dottrina non ha mancato di evidenziare le peculiarità che l’uguaglianza/ragionevolezza assume nella lettura datane dalla Consulta quale principio fondante il valore costituzionale della retroattività favorevole, delineandosi in questo caso come parametro “ibrido” con la duplice e contemporanea funzione di «diritto/criterio»259.

Esaminando le motivazioni sposate dai giudici delle leggi, si è visto come il parametro di cui all’art. 3 Cost. operi, per un verso, come fondamento nella

lex mitior, non potendosi ammettere trattamenti differenziati solo in base al tempus commissi del reato; per l’altro, quale limite alla regola intertemporale,

essendo possibili deroghe purché oggettivamente ragionevoli. Nel primo

256 Così, G. DODARO, Uguaglianza e diritto penale, cit., p. 12.

257 In questo senso, per tutti, G. DODARO, Uguaglianza e diritto penale, cit., p. 50.

258 Così, R. BIN, Diritti e argomenti, cit., p. 46. Più specificamente, il parametro dell’uguaglianza è utilizzato dai giudici della Consulta con una finalità sia “retorica”, allo scopo cioè di neutralizzare decisioni assunte con riferimento a indici sostanziali, che “logica”, per meglio circoscrivere l’ambito del giudizio.

259 Sul punto, C. SOTIS, Le “regole dell’incoerenza”. Pluralismo normativo e crisi postmoderna del

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senso, dunque, l’uguaglianza si manifesta come vero e proprio diritto del singolo a non subire discriminazioni; nel secondo, agisce, invece, quale criterio di ragionevolezza rispetto a un più complesso giudizio di bilanciamento tra contrapposti interessi260.

Sennonché, come da più parti evidenziato261, nel caso della retroattività

favorevole il coinvolgimento di controinteressi da far prevalere rispetto a tale principio, risulta si affermato, ma in realtà non dimostrato dalla Corte: i giudici, infatti, dopo aver sottolineato il carattere non assoluto della retroattività favorevole e, dunque, la possibilità di derogarvi in presenza di eventuali interessi confliggenti, non hanno poi proceduto ad un vero e proprio giudizio di bilanciamento, limitandosi solo ad affermare l’irragionevolezza (o la ragionevolezza), ratione temporis, del limite stabilito dal legislatore262.

260 Sotto questo profilo, non può sottacersi come il controllo di ragionevolezza abbia subito un progressiva evoluzione, soprattutto in materia penale dove si è passati da un atteggiamento di self-

restraint da parte della Corte, nel tentativo di evitare ogni forma di incidenza sulle scelte legislative

di politica criminale, ad una progressiva ammissibilità dello stesso; e, tuttavia, proprio in questo quadro, la ragionevolezza ha finito per assumere caratteristiche sempre più indefinite, spesso svincolate dal modello triadico tradizionale, in cui acquistano sempre maggior rilievo valutazioni afferenti alla stessa apprezzabilità dell’interesse tutelato, alla sua corretta gerarchizzazione, o alla necessità di salvaguardare eventuali interessi confliggenti, in una prospettiva sempre più focalizzata sulle scelte di valore operate attraverso la norma incriminatrice. Sul punto, V. MANES, Attualità e

prospettive del giudizio di ragionevolezza in materia penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, p. 739

ss. Sul canone della ragionevolezza in materia penale, v. altresì, ex plurimis, D. PULITANÒ,

Ragionevolezza e diritto penale, Napoli, 2012; G. INSOLERA, Democrazia, ragione e prevaricazione.

Dalle vicende del falso in bilancio ad un nuovo riparto costituzionale nell’attribuzione dei poteri,

Milano, 2003; ID., Principio di eguaglianza e controllo di ragionevolezza sulle norme penali, in

Introduzione al sistema penale, cit., p. 394 ss.; ID., Controlli di ragionevolezza e riserva di legge in

materia penale: una svolta nella sindacabilità delle norme di favore, in Dir. pen. proc., 2007, p. 670

ss.; F. PALAZZO, Offensività e ragionevolezza nel controllo di costituzionalità sul contenuto delle

leggi penali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, p. 350 ss.; O. DI GIOVINE, Sul c.d. principio di

ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale in materia penale. “A proposito del rifiuto totale di prestare il servizio militare”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, p. 159 ss.; ID., Il sindacato di

ragionevolezza della Corte Costituzionale, cit., p. 100 ss. ; G. FIANDACA, Uguaglianza e diritto

penale, in (a cura di) M. CARTABIA – T. VETTOR, Le ragioni dell’uguaglianza, Milano, 2009, p. 116

ss.; A. LANZI, Considerazioni sull’eventualità di un sindacato di ragionevolezza sulle scelte politico-

criminali, in Ind. pen., 2003, p. 895 ss. In una prospettiva più generale, G. SCIACCA, Gli “strumenti”

della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, Milano, 2001, nonché, L. D’ANDREA, Ragionevolezza e legittimazione del sistema, Milano, 2005.

261 Cfr., supra, § precedente.

262 In questo senso, per tutti, V. MANES, L’applicazione retroattiva della pena più mite, cit., p. 376. A parere dell’Autore, l’atteggiamento low profile mantenuto dalla Corte sarebbe motivato dalla difficoltà di dimostrare come interessi generali, quali l’efficienza del processo, possano prevalere su una garanzia individuale come quella relativa all’applicazione della pena più mite, ancor di più ove

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Sotto questo profilo, sarebbe possibile cogliere una certa differenza tra i casi “ordinari” in cui l’art. 3 Cost. svolge le funzioni di criterio di giudizio, affiancandosi ad altri parametri costituzionali per guidarne la lettura, e quanto accade in tema di retroattività favorevole dove, invece, «è come se l’art. 3 Cost. in funzione di criterio si affiancasse a se stesso, cioè all’art. 3 in funzione di diritto.

Il risultato è che l’art. 3 Cost. posto a fondamento della retroattività in

mitius sta a metà del guado: dal diritto di uguaglianza prende il metodo

formale di giudizio, dal criterio di ragionevolezza l’estensione dell’oggetto di giudizio.

Quello che ne risulta è uno schema di giudizio di tipo logico formale, aperto all’individuazione e ponderazione dei rispettivi confliggenti interessi in gioco senza, tuttavia, che si debba realmente valutare la congruità dei mezzi rispetto allo scopo, come invece avviene di norma per la ragionevolezza»263.

Non sembra, quindi, possibile ritenere appaganti le conclusioni raggiunte dalla Corte: il parametro di ragionevolezza – quanto meno per come enucleato con riferimento alla lex mitior ̶ non sembra dotato di sufficiente certezza e, al contempo, il generico riferimento ad esigenze di tutela di altri beni o valori rilevanti sul piano costituzionale rischia di tradursi in un

si pensi che in altre occasioni gli stessi giudici li ha ritenuti incapaci di prevalere su altri valori di “peso” decisamente minore.

263 Così, C. SOTIS, Le regole dell’incoerenza, cit., p. 128-129. Con specifico riferimento alle sentenze n. 393 del 2006 e n. 72 del 2008 in materia di prescrizione, l’Autore sottolinea come la Corte si sia limitata ad interrogarsi sulla ragionevolezza del limite posto dal legislatore, e non piuttosto se fosse ragionevole porre limiti all’operatività della lex mitior. La differenza tra i due giudizi sarebbe notevole laddove, nel primo caso «il fuoco della decisione sta in una valutazione ternaria di ragionevolezza tra il momento processuale prescelto dal legislatore e gli altri momenti possibili»; nel secondo caso, invece, «la partita si gioca sul rapporto tra ragionevolezza della norma imputata che prevede il limite ed un tertium in cui (a) un limite non vi è (cfr. ad es. C. Cost. 215 del 2008 in tema di negazione della disciplina fissata nell’art. 2 co. 2 c.p. in una vicenda di abolitio) o, per quanto più ci interessa (b) un limite non vi sarebbe (…). Il giudizio che ne risulta è profondamente diverso perché si tratta di valutare la ragionevolezza di un limite rispetto ad un altro limite (tra deroga speciale e deroga generale per intenderci) e su questo giudizio la Corte argomenta in modo approfondito, ma sul rapporto tra principio di retroattività e i suoi limiti le cose stanno in modo diverso».

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giudizio di valore, riempito di volta in volta dall’interprete, elevandosi così il rischio di giudizi tra loro contraddittori264.

6.1. (Segue) La necessità di rileggere il fondamento della

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