3.2 (Segue) Il riconoscimento della retroattività favorevole come principio generale del diritto comunitario
5. La retroattività favorevole dopo il caso Scoppola c Italia: note distintive e profili critic
Così riconosciuto dalla Corte di Strasburgo il rango della retroattività in
mitius, sono emerse fin da subito diverse perplessità rispetto all’iter
argomentativo seguito dai giudici europei101. Come si è visto, infatti, la
motivazione della sentenza con cui si riconosce la copertura convenzionale della lex mitior attraverso l’art. 7 Cedu si delinea ricorrendo a tre argomentazioni del tutto eterogenee.
101 Perplessità, a ben vedere, sollevate anche da una parte degli stessi membri del collegio giudicante: alla sentenza è, infatti, allegata la concurring opinion dei giudici Malinverni, Cabral Barreto e Sikuta, e la dissenting opinion del giudice Nicolao, condivisa dai giudici Bratza, Lorenzen, Jočiene, Villiger e Sajó. Più specificamente, in quest’ultima viene contestata la scelta di ricavare dall’art. 7 Cedu il principio di retroattività favorevole, stante la sostanziale differenza che intercorre tra questo e il corrispondente canone di irretroattività. Quest’ultimo, infatti, in quanto corollario del più generale principio di legalità, opera ad un livello più elevato ed esprime l’esigenza, propria di uno Stato di diritto, di garantire la libertà del cittadino non condannandolo o punendolo per una fatto che, al tempo in cui fu commesso, non costituiva reato, o comunque era punito con una pena più severa; diversamente, la regola della retroattività più favorevole non risponde a tale necessità, risultando, piuttosto, l’espressione della scelta discrezionale dello Stato di non punire, o di punire meno severamente, una condotta che al tempo in cui fu commessa costituiva reato o era punita con una pena più severa. D’altra parte ̶ aggiungono i giudici dissenzienti ̶ è da escludere che, nel momento in cui la Convenzione è stata adottata, il canone della lex mitior facesse parte della sua formulazione; né tantomeno era prevedibile, stante la lettera dell’art. 7 Cedu, una sua incorporazione all’interno del principio di legalità. Pertanto – pur rendendosi necessario un approccio dinamico ed evolutivo alla Cedu, al fine di rendere effettivi e concreti i diritti in essa consacrati ̶ non si possono oltrepassare i limiti segnati dal testo convenzionale, introducendo, attraverso un’interpretazione evolutiva, diritti che non vi erano inseriti in partenza.
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Il primo argomento, di ordine strettamente comparatistico, si fonda sulla considerazione che il principio di retroattività della legge più favorevole è ormai assistito da un ampio consenso internazionale, testimoniato da una pluralità di fonti sia pattizie che giurisprudenziali.
Secondariamente, la Corte fa leva sulla necessità che il giudice di merito applichi ad ogni atto criminoso la pena che il legislatore ritiene proporzionata; necessità che – e veniamo al terzo argomento ̶ risulta coerente con il principio di preminenza del diritto, di cui l’art. 7 Cedu costituisce un elemento essenziale. A ciò aggiunge, peraltro, che l’applicazione, tra le diverse leggi penali, di quella le cui disposizioni sono più favorevoli all’imputato equivale a un chiarimento delle norme in materia di successione di leggi penali, il che soddisfa anche un altro aspetto essenziale dell’art. 7 Cedu, ossia quello della prevedibilità delle sanzioni.
Ora, ferma la correttezza storica della prima parte dell’impianto argomentativo, si deve condividere l’osservazione avanzata da una parte della dottrina che ha messo in luce come, nella prospettiva motivazionale, il richiamo ad altri testi normativi dettati in materia di diritti fondamentali e ai precedenti di altre Corti finisca, di fatto, per confondere il piano degli argomenti con quello delle fonti. L’esistenza di un’esplicita previsione del principio in altre Carte, o la circostanza che lo stesso sia stato riconosciuto in ambito giurisprudenziale, non può, infatti, di per sé giustificare il dichiarato
overruling, a meno di non volersi muovere secondo un giudizio di tipo
sillogistico102.
L’aspetto maggiormente critico della decisione resta, tuttavia, quello – evidenziato, tra l’altro, nella dissenting opinion103 ̶ del collegamento tra la
regola della retroattività in mitius e il principio di legalità, sia ove si guardi
102 In questo senso, C. SOTIS, Le regole dell’incoerenza, cit., p. 71 ss., secondo cui l’uso delle fonti e dei precedenti extraordinamentali operato dai giudici europei finisce per costruire una decisione fondata sull’argomento mozartiano del “Così fan tutte”. Analogamente, C. PINELLI, Retroattività
della legge penale più favorevole tra Cedu e diritto nazionale, in Giur. cost., 2011, p. 3047 ss.
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al richiamato profilo della certezza del diritto sia a quello, parimenti menzionato, della prevedibilità delle conseguenze sanzionatorie.
Invero, nel corso dell’esposizione è emerso come ̶ tanto dal punto di vista del nostro ordinamento costituzionale quanto da quello europeo e internazionale ̶ sia pacificamente riconosciuto che la ratio della necessaria legalità in materia penale vada individuata nell’esigenza di salvaguardare la libertà di autodeterminazione dell’individuo, il quale deve, dunque, essere messo nella condizione di poter conoscere prima di agire le conseguenze giuridiche che potrebbero derivare dalla sua condotta.
Orbene, è evidente come siffatto profilo rimanga, invece, estraneo al principio della retroattività della legge più favorevole, il quale resta del tutto indipendente da qualsiasi dinamica inerente alla garanzia di prevedibilità-
affidamento, fondandosi piuttosto sulla positivizzazione dell’esito di
evoluzione normative del tutto imprevedibili-ignote104.
Risulta, allora, incoerente sul piano logico-giuridico tanto il richiamo alla certezza del diritto quanto quello alla prevedibilità. Quanto al primo, non può trascurarsi che se la certezza del diritto dovesse assumere valenza di principio assoluto, sarebbe proprio la sua osservanza ad escludere la legittimità dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole: per definizione, infatti, applicare a un fatto conseguenze giuridiche successivamente a quando è stato commesso, significa minare la certezza della previsione105. Allo stesso modo, anche il secondo risulta inconferente
«dal momento che la prevedibilità della sanzione penale deve essere garantita
al momento della commissione del fatto, mentre qui si discute della necessità
di applicare retroattivamente norme più favorevoli entrate in vigore dopo la commissione del fatto»106.
104 Così, V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, cit., diffusamente. 105 In questo senso, C. SOTIS, Le regole dell’incoerenza, cit., p. 73.
106 Così, F. VIGANÒ, Sullo statuto costituzionale della retroattività della legge più favorevole: un
nuovo tassello nella complicata trama di rapporti tra Corte Costituzionale e Corte EDU, in
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Più persuasivo appare, invece, il riferimento alla necessità che la pena inflitta all’imputato sia proporzionata alla gravità del fatto come attualmente valutata dallo Stato e dalla collettività che esso rappresenta107.
Invero, già con riferimento allo statuto della retroattività favorevole nell’ordinamento italiano, si è visto come la Corte costituzionale abbia sottolineato la necessità – nell’ambito di una concezione oggettivistica del diritto penale ̶ che la sanzione non sia intesa come mera risposta punitiva alla disobbedienza del cittadino verso il precetto, ma, piuttosto, come reazione dell’ordinamento alla commissione di fatti che sono dallo stesso reputati offensivi e, dunque, meritevoli di pena; in questo senso, se muta la valutazione in ordine al disvalore della condotta, il mutamento deve produrre effetti anche a vantaggio di chi ha commesso il fatto in un momento antecedente108.
Tale affermazione è stata, peraltro, ripresa e ampliata – con argomentazioni pienamente condivisibili ̶ da una parte della dottrina, a parere della quale, all’istanza di parità di trattamento posta alla base dell’operatività della lex mitior, deve affiancarsi un’impostazione maggiormente incentrata sulla funzione rieducativa della pena e,
Scritti in onore di Valerio Onida, Milano, 2011, p. 1989 ss.; nello stesso senso, V.VALENTINI,
Diritto penale intertemporale, cit., p. 220 – 221.
Particolarmente interessante è il rilievo di C. SOTIS, Le regole dell’incoerenza, cit., p. 87 ss., secondo cui la Corte di Strasburgo – seppure all’apparenza abbia ricollegato il fondamento del principio di retroattività favorevole alla legalità ̶ non sarebbe stata, in realtà, pienamente convinta della qualificazione della prima come corollario della seconda: a ben vedere, infatti, se i giudici europei avessero ritenuto di rinvenire una consequenzialità logica tra i due principi «invece di fondare la (loro) decisione sull’argomento-fonte della “circolazione del precedente”, avrebbero motivato in questo senso e poi, eventualmente, avrebbe(ro) aggiunto, ad adiuvandum, come ulteriore argomento, l’excursus sulla “circolazione del precedente”».
107 Sul punto, F. VIGANÒ, Sullo statuto costituzionale della retroattività, cit., p. 18. L’Autore evidenzia, tuttavia, che l’argomento della proporzione – sebbene decisivo dal punto di vista argomentativo ̶ risulta enunciato in poche righe e rimane poco conferente rispetto all’ipotesi – oggetto del caso concreto ̶ in cui la disposizione più favorevole era contenuta in una lex intermedia, non ancora in vigore al momento del fatto, ma già sostituita da una disciplina più severa la momento del giudizio. Per tali ipotesi, dunque, non potendosi far leva sull’attualità della valutazione del legislatore, deve ritenersi che ad essere tutelato sia il più generico «affidamento creatosi durante il processo in capo all’imputato sull’applicazione della pena più mite entrata nel frattempo in vigore». 108 Così, Corte Cost., 23 novembre 2006, n. 394, cit.
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conseguentemente, sulla proporzione che la stessa deve possedere rispetto alla gravità del reato, al fine di essere percepita dal reo come giusta109.
Sotto questo profilo, sembra, dunque, potersi riscontrare un elemento di condivisione tra l’iter decisionale adottato dalla Corte di Strasburgo e gli argomenti sostenuti – seppure in vario modo ̶ nel dibattito italiano110.
D’altra parte, è interessante notare come, anche nella prospettiva dell’Unione europea ̶ ancorché in assenza di una presa di posizione in tal senso da parte della Corte di Giustizia ̶ , sarebbe possibile individuare un collegamento tra il principio di proporzione e la retroattività favorevole guardando proprio all’art. 49 della Carta di Nizza. A ben vedere, infatti, il terzo comma di tale norma afferma che: «Le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato».
Ora, proprio dall’articolazione di questa disposizione, rubricata «Principi della legalità e della proporzionalità delle pene», sembra potersi cogliere una qualche forma di relazione tra i due diversi principi: tanto la legalità quanto la proporzione costituiscono, infatti, la base comune da cui poter sviluppare ogni discorso giuridico sul fondamento e, quindi, sui limiti del potere di punire111. Ne deriva che, stante il silenzio del titolo sulla retroattività
favorevole, la stessa deve potersi ricollegare a uno degli altri due principi nominati dalla norma e posti tra loro in connessione112.
Avendo già escluso ogni possibilità di associazione tra la ratio della legalità e quella della lex mitior, non resta che considerare – anche sul piano
109 V., retro, Cap. I, sez. II, § 5.1. e 6.1.
110 D’altra parte, tale connessione tra proporzionalità e retroattività in mitius appare sostenibile anche ove si consideri che, di regola, il canone di proporzione a cui fa riferimento la Corte edu è di tipo materiale, intesa cioè come valutazione di ragionevole congruità tra mezzi e scopi: questa, infatti, contiene pur sempre al suo interno «quell’idea di parità di trattamento, da cui germina anche la proporzione in senso formale». Così, C. SOTIS, Le regole dell’incoerenza, cit., p. 97 ss.
111 Più specificamente, la proporzione rappresenta lo scopo che fonda il magistero punitivo, mentre la legalità il mezzo per realizzarlo: «i due principi sono quindi entrambi nominati perché stanno sullo stesso piano e si fondano, ma anche controllano reciprocamente: come la legalità trova nella proporzione il suo limite, è vero anche il contrario». Così, C. SOTIS, Le regole dell’incoerenza, cit., p. 111.
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europeo ̶ la possibilità di una connessione tra quest’ultima regola e il principio di proporzione113.
Riconosciuta, dunque, la carenza argomentativa – ad eccezione del riferimento alla proporzione ̶ della decisione adottata dalla Corte di Strasburgo, non può, tuttavia, tralasciarsi di evidenziare il valore che tale riconoscimento determina per il principio di retroattività.
Relegato per lungo tempo a mera regola codicistica e attestatosi, solo di recente, sul tranquillizzante fondamento costituzionale dell’uguaglianza, che – come abbiamo visto ̶ lascia aperta la possibilità di individuare limiti e deroghe, purché rispondenti a criteri di ragionevolezza, in esito all’overruling della giurisprudenza di Strasburgo sembra definitivamente segnato il suo passaggio a diritto fondamentale dell’individuo. Venute, infatti, meno le ragioni del trattamento punitivo più severo, non sembra in alcun modo tollerabile continuare a punire il reo, a meno di non sacrificare beni fondamentali quali la sua libertà e la sua personalità114.