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Irretroattività sfavorevole e retroattività favorevole nella Costituzione: significato e limiti dell’art 25, comma

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 83-88)

NELL’ELABORAZIONE DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

1. Irretroattività sfavorevole e retroattività favorevole nella Costituzione: significato e limiti dell’art 25, comma

2, Cost.

Esaurito l’esame della disciplina contenuta nel codice penale ed evidenziate le principali questioni interpretative che essa ha posto – e tuttora pone ̶ agli studiosi e agli interpreti, occorre adesso muovere alla ricerca del fondamento dei principi che regolano la successione di leggi penali nel tempo nel nostro ordinamento.

Si tratta di un aspetto di non poco conto, soprattutto ai fini della tematica che qui si intende trattare. A ben vedere, infatti, solo attraverso uno studio approfondito della ratio di siffatte regole è possibile valutarne i rapporti con l’istituto del giudicato e, soprattutto, verificare – in una prospettiva di bilanciamento ̶ la loro prevalenza rispetto alla prescrizione dell’intangibilità. D’altra parte, seppure la questione interessa in via principale il solo canone della retroattività favorevole, non sembra possibile escludere del tutto dalla trattazione la corrispondente lex gravior. E ciò non solo perché – come vedremo ̶ non sono mancati Autori che ne sostengono un fondamento comune; ma, specialmente, perché il diverso statuto che per lungo tempo ha caratterizzato i due principi ̶ relegando la lex mitior a mera regola codicistica rispondente a ragioni fortemente umanitarie e scarsamente giuridiche ̶ sembra destinato a venir meno in seguito all’impatto con la sua nuova dimensione interna e sovranazionale. In quest’ottica, sarebbe possibile superare definitivamente ogni eventuale dubbio in ordine alla simultanea convivenza dei due canoni all’interno del nostro ordinamento.

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Si è già anticipato che la regola del nullum crimen, nulla poena sine

praevia lege poenali si è attestata per la prima volta negli ordinamenti europei

con la filosofia illuminista, a cui si sono chiaramente ispirate le costituzioni e codificazioni ottocentesche182; e, nonostante alcune eccezioni

corrispondenti ai periodi più bui della storia contemporanea, è giunta inalterata fino ai nostri giorni, dove trova una collocazione sia nella Costituzione che – come si è visto ̶ nel codice penale183.

In realtà, il principio in esame non costituisce una prerogativa del sistema penalistico, trovando un’enunciazione anche all’art. 11 delle «Disposizioni sulla legge in generale» contenute nel codice civile, il quale sancisce, quale regola di carattere generale, che «La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo». Tuttavia – ed è questa la differenza fondamentale ̶ al di fuori dall’ambito penale esso è ampiamente derogato e derogabile; ciò, invece, non accade – né può accadere ̶ per la materia penale, dove assume carattere incondizionato, soprattutto alla luce del disposto costituzionale fissato all’art. 25, comma 2, secondo cui «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»184.

182 La prima esplicita formulazione legislativa del principio di irretroattività della legge in materia penale risale alla Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen del 1789, che all’art. 8 stabiliva: «Nul ne peut être puni, qu’en vertu d’une loi etablie et promulguée antérieurement au délit et

légalement appliquée».

183 Sul punto, cfr., P. SIRACUSANO, Successione di leggi penali, I, Messina, 1988, p. 8 ss., secondo cui il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, forte di due secoli di storia, può considerarsi definitivamente consolidato e stabilizzato in un duplice senso: a livello formale- normativo, in quanto solidamente insediato sul piano più elevato della gerarchia delle fonti; a livello valoriale, in quanto profondamente radicato nella coscienza giuridica e diffusamente interiorizzato come uno tra i presupposti non rinunciabili di una convivenza libera e civile.

184 A. CADOPPI, Il principio di irretroattività, cit., p. 246. Nello stesso senso, C. PODO, Successione

di leggi, cit., p. 643 ss.; C. PECORELLA, L’efficacia nel tempo, cit., p. 89 ss.

A ben vedere, nel corso dei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, alcuni onorevoli avevano suggerito la previsione nella Carta fondamentale di un divieto generale di retroattività della legge nei confronti di tutti i diritti quesiti; la proposta, tuttavia, non fu accettata dalla Commissione incaricata, che sottolineò la necessità di procedere in materia civile con estrema cautela: «non v'è dubbio che il principio della irretroattività debba guidare tutta la legislazione e tutta l'attività del legislatore; ma quando si verte nel campo del diritto privato non si può trascurare il carattere specifico di mobilità che lo caratterizza e distingue, specie in materia di diritti sociali, di fronte ai quali non dobbiamo né possiamo fin da questo momento cristallizzare e incatenare in formule rigide la necessaria libertà del legislatore futuro, il quale però dovrà usarne con prudenza e col dovuto

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Storicamente, è proprio rispetto a questo settore di disciplina che si è sentita maggiormente la necessità di tutelare la libertà del cittadino rispetto ad un eventuale esercizio abusivo e distorto dei poteri statuali; e, pertanto, nessun dubbio è sorto nel legislatore costituente del 1948 quando si è trattato di attribuirgli rilievo sul piano costituzionale185. E, d’altra parte, la sua natura

inderogabile è stata successivamente riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale, che gli ha attribuito il rango di vero e proprio «principio di civiltà»186.

Una sorte diversa è, invece, toccata all’opposto principio di retroattività della legge più favorevole: a differenza di quanto previsto da altre Costituzioni187, infatti, la lex mitior non trova alcun riferimento esplicito

all’interno della Carta fondamentale.

In realtà, l’originaria versione dell’art. 25, contenuta nell’art. 20 del progetto di Costituzione della Repubblica italiana, aggiungeva al dettato attualmente vigente l’inciso «salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo», sancendo così il rango primario anche del canone della retroattività favorevole188.

Tuttavia, con un emendamento presentato, tra gli altri, dagli onorevoli Giovanni Leone e Giuseppe Bettiol, ne fu proposta la soppressione sia perché

rispetto, compatibile col bene generale, dei diritti quesiti». Cfr. V. FALZONE - F. PALERMO - F. COSENTINO, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatori da Vittorio

Falzone, Filippo Palermo, Francesco Cosentino del segretariato generale della Camera dei Deputati, Roma, 1949, p. 59.

Tali conclusioni sono state confermate anche dai giudici della Consulta, i quali, dopo aver ribadito che nelle materie diverse da quella penale il divieto di retroattività della legge non ha dignità costituzionale, hanno tuttavia precisato la necessità che le norme retroattive debbano trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza. Cfr., ex plurimis, Corte cost., 2 luglio 1957, n. 118, in Giur. cost., 1957, p. 1067 ss.; Corte Cost., 4 giugno 1964, n. 46, in Giur. cost., 1964, p. 581 ss.; Corte Cost., 22 giugno 1966, n. 89, in Giur. cost., 1966, p. 1116 ss. Più recentemente, Corte cost., 9 ottobre 2000, n. 419, in Giur. cost., 2000, p. 3117 ss.

185 In questo senso, G. VASSALLI, voce Nullum crimen, nulla poena sine lege, in Dig. disc. pen., VIII, Torino, 1994, p. 278 ss.

186 Cfr. Corte Cost., 19 febbraio 1985, n. 51, cit., p. 251 ss.

187 Riferimenti espressi al principio di retroattività favorevole sono contenuti, ad esempio, nell’art. 29, comma 4, della Costituzione portoghese; nell’art. 28 della Costituzione slovena; nell’art. 23 della Costituzione estone; nell’art. 5 della Costituzione brasiliana.

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ritenuto un problema di dettaglio, sia perché il volerlo risolvere avrebbe impegnato i costituenti ad occuparsi di problemi, come quello della successione delle leggi penali eccezionali e temporanee, estranei alla dimensione strettamente costituzionale. Rispetto a quest’ultimo profilo, infatti, erano emersi in seno all’Assemblea orientamenti opposti, avvicendandosi proposte favorevoli all’estensione del principio anche rispetto alle ipotesi contemplate nel penultimo capoverso dell’art. 2 c.p. e soluzioni che preferivano riconoscere l’applicazione del tempus regit

actum189.

Preso atto del mancato accordo sul punto, nella seduta del 15 aprile 1947, l’Assemblea approvò la modifica soppressiva escludendo, per un verso, l’espressa costituzionalizzazione del principio di retroattività favorevole e, per l’altro, rimettendo al legislatore ordinario la risoluzione delle questioni sottostanti l’art. 2 c.p.

Orbene, è evidente come questa scelta sia stata determinata più che da dubbi in ordine al valore della regola – la cui rilevanza per l’ordinamento era stata ormai placidamente riconosciuta ̶ , da incertezze sull’ampiezza delle eccezioni da riconoscersi alla stessa190.

Ciò nonostante, l’assenza di un esplicito riferimento costituzionale ha lasciato spazio a diverse perplessità.

Invero, ove il carattere assoluto del canone dell’irretroattività sfavorevole fosse preso alla lettera, si potrebbe giungere a sostenere la generale

189 Più specificamente, l’On. Crispo proponeva l’espressa deroga al principio di retroattività favorevole, in considerazione del fatto che le leggi eccezionali e temporanee puniscono un fatto in base a particolari condizioni «sì che la legge successiva più favorevole non può trovare applicazione in rapporto al fatto previsto e punito con la legge precedente, intesa a provvedere a una situazione anormale della quale non tennero conto coloro che la legge violarono»; a tale proposta si oppose l’On. Cifaldi rilevando che «la legge eccezionale, creata per un periodo così detto di emergenza e per una visione particolaristica di date circostanze, non può mantenere la sua forza quando si celebra il dibattimento in altro momento e in altre circostanze, e quando non vi è più quel rapporto tra la coscienza sociale e giuridica e il fatto che viene giudicato». Sul punto cfr. V. FALZONE - F. PALERMO - F. COSENTINO, La Costituzione della Repubblica italiana, cit., p. 60.

190 Così, G.L. GATTA, Abolitio criminis, cit., p. 123. Nello stesso senso si è espressa la Consulta: cfr. Corte Cost., 23 maggio 1990, n. 277, in Giur. cost., 1990, p. 1673 ss.

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incompatibilità dei casi di applicazione retroattiva della legge più favorevole con l’art. 25, comma 2, Cost.: a ben vedere, infatti, in virtù dei disposti contenuti all’art. 2, commi 2 e 4, c.p. si è punibili – sia pure meno severamente ̶ in forza di leggi entrate in vigore dopo la commissione del fatto191.

D’altro canto, proprio la circostanza che il principio sia riconosciuto – almeno a una prima lettura ̶ solo a livello di legge ordinaria, consentirebbe al legislatore di intervenire, in via generale o per situazioni specifiche, negando la sua valenza. Si tratta di un’ipotesi considerata dai più come assolutamente remota, o addirittura scolastica ̶ stante il radicamento che il principio presenta nella cultura giuridica italiana ̶ , e, tuttavia, non per questo trascurabile192.

Nelle pagine che seguono si cercherà, dunque, di approfondire le soluzioni proposte nel tentativo di travalicare gli evidenziati limiti della disciplina contemplata dalla Costituzione.

Si può fin da ora anticipare che, ad oggi, entrambe le obiezioni sono state superate. Quanto al reclamato contrasto tra la disciplina costituzionale e quella codicistica, basti in questo momento osservare che una lettura effettivamente rispettosa della ratio del principio sancito dall’art. 25, comma 2, Cost. determina inevitabilmente la compatibilità delle due normative193.

E, d’altra parte, superata una così rigida impostazione del dettato costituzionale, la dottrina maggioritaria – e successivamente anche la Corte Costituzionale ̶ ha finito per riconoscere pacificamente lo status

191 Sul punto, C. ESPOSITO, Irretroattività e “legalità”, cit., p. 90; F. BRICOLA, Art. 25, comma 2 e

3, in (a cura di) G. BRANCA, Commentario della Costituzione. Rapporti civili, Bologna 1988, p. 285; A. CADOPPI, Il principio di irretroattività, cit. p. 248; M. GALLO, Appunti di diritto penale, cit., p. 114. Più specificamente, secondo quest’ultimo Autore un eventuale contrasto tra la disciplina costituzionale e quella contenuta all’art. 2 c.p. si porrebbe solo rispetto alla previsione dell’attuale 4° comma: «l’art. 25, II comma, Cost. esclude l’applicazione retroattiva della legge in forza della quale taluno è punito. Fuor di dubbio, allora, la legittimità del II comma dell’art. 2, che dispone l’efficacia retroattiva di una regola che non punisce, ma, al contrario, assicura la non punibilità del fatto».

192 Così, M. GALLO, Appunti di diritto penale, cit., p. 116-117. 193 V., infra, questo capitolo, § 3.

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costituzionale della retroattività della legge più favorevole al reo; non è, tuttavia, ancora unanime la valutazione rispetto a quale debba essere la disposizione o il principio a cui occorre guardare per individuarne il fondamento e, di conseguenza, l’ammissibilità di eventuali deroghe, nonché la loro portata anche in rapporto ad altri parametri costituzionali.

2. La ricerca di un fondamento unitario della disciplina

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 83-88)

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