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6.1 (Segue) La necessità di rileggere il fondamento della retroattività favorevole alla luce della funzione rieducativa

Nel documento Successione di leggi penali e giudicato (pagine 114-119)

della pena

A fronte della dimostrata debolezza del principio di uguaglianza quale fondamento della regola della retroattività favorevole, una parte della dottrina ritiene opportuno far leva su altri principi sistemici che possano meglio esplicarne il valore. Con ciò non si intende dire che sia errato ravvisare un’istanza di necessaria parità di trattamento alla base della retroattività in mitius; ma, piuttosto, che tale nota non sia da sola sufficiente a motivare la rilevanza costituzionale dello stesso e, soprattutto, la legittimità di eventuali deroghe, ancorché da valutare in termini di ragionevolezza.

Punto di partenza di siffatta riflessione non può che essere la filosofia marcatamente oggettivistica che informa il principio in esame265. Come

riconosciuto sia dalla dottrina che dalla Corte Costituzionale, presupposto per il riconoscimento del rango primario della lex mitior è l’abbandono di ogni logica che fondi il disvalore della norma sulla “mera” trasgressione del precetto da parte del reo; diversamente operando, infatti, non sarebbe nemmeno possibile parlare di effettivo trattamento diseguale, potendosi riscontrare una indubbia disparità soggettiva tra chi ha commesso il fatto prima o dopo la sua riconsiderazione da parte dell’ordinamento.

Il significato sistemico della retroattività favorevole sta, invece, proprio nell’affermazione che la rivalutazione degli interessi operata dal legislatore

264 In questo senso, L. DELLI PRISCOLI – F. FIORENTIN, La Corte Costituzionale e il principio di

retroattività della legge più favorevole al reo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, p. 1180 ss.

265 Sotto questo profilo – pur esprimendo entrambi l’idea che la libertà del reo vada favorita rispetto ad altre esigenze collettive ̶ il principio di retroattività si differenzierebbe significativamente dall’opposto canone dell’irretroattività sfavorevole, ispirato, invece, ad istanze marcatamente individual-garantistiche: cfr., V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale. Logiche continentali ed

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prevale sulle logiche del diritto penale d’autore, della disobbedienza e del controllo sociale; con ciò ponendosi in linea rispetto a quel processo di riarticolazione del rapporto tra Stato e cittadino ̶ delineatosi in particolare nel secondo dopo-guerra ̶ che impone di ricondurre l’intervento penalistico alle sole condotte che siano effettivamente idonee a ledere o a porre in pericolo i beni giuridici266. In questo senso, dunque, solo l’adesione ad una concezione

oggettivistica del diritto penale può determinare la prevalenza della nuova disciplina rispetto alla previgente, confermando che «non basta disobbedire per essere (o continuare ad essere) puniti»267.

Già da tale prospettiva, incentrata sul versante dell’offensività, si può cogliere come – a differenza di quanto accade nell’ottica dell’uguaglianza ̶ sia necessario circoscrivere rigorosamente il tema dei possibili limiti e delle possibili deroghe da riconoscere alla retroattività, non potendosi ammettere che colui che ha posto in essere il fatto prima dell’intervento normativo continui a subire conseguenze sfavorevoli non più ancorabili ad una nota lesiva (o più marcatamente lesiva)268.

266 Il riferimento è evidentemente all’assunzione del principio di offensività come canone di politica criminale, costituzionalmente vincolante per il legislatore: sul tema, tra i numerosi contributi, V. MANES, Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterio

ermeneutico, parametro di ragionevolezza, Torino, 2005; G. NEPPI MONDONA, Il lungo cammino

del principio di offensività, in AA.VV., Studi in onore di Marcello Gallo, Torino, 2004, p. 89 ss.; C.

FIORE, Il principio di offensività, in AA.VV., Prospettive di riforma del codice penale e valori

costituzionali, Milano, 1996, p. 61 ss.; F. MANTOVANI, Il principio di offensività nella Costituzione, in AA.VV., Scritti in onore di C. Mortati, IV, Milano, 1977, p. 445 ss.; N. MAZZACUVA, Modello

costituzionale di reato. Le “definizioni” del reato e la struttura dell’illecito penale, in Introduzione al sistema penale, cit., p. 77 ss.; A. VALENTI, Principi di materialità e offensività, ibidem, p. 255 ss.; G. VASSALLI, Considerazioni sul principio di offensività, in AA.VV., Scritti in memoria di U.

Pioletti, 1982, p. 617 ss.; G. ZUCCALÀ, Sul preteso principio di necessaria offensività, in AA.VV.,

Studi in memoria di G. Delitala, Milano, 1984, III, p. 1689 ss.; E. DOLCINI, Il reato come offesa al

bene giuridico: un dogma al servizio della politica criminale, in (a cura di) S. CANESTRARI, Il diritto

penale alla svolta di fine Millennio. Atti al convegno in ricordo di Franco Bricola (Bologna, 18-20 maggio 1995), 1998, p. 211 ss.; M. DONINI, Prospettive europee del principio di offensività, in (a cura di) A. CADOPPI, Verso un codice penale modello per l’Europa. Offensività e colpevolezza, Padova, 2002, p. 121 ss.; ID., Il principio di offensività. Dalla penalistica italiana ai programmi

europei, in Dir. pen. cont. Riv. trim., 2013, 4, p. 4 ss.; F. PALAZZO, Offensività e ragionevolezza nel

controllo di costituzionalità, cit., p. 350 ss.

267 Così, V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, cit., p. 212. 268 In questo senso, S. DEL CORSO, Successione di leggi penali, cit., p. 92.

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D’altra parte, l’insoddisfazione nel ricondurre il canone della retroattività esclusivamente al principio di cui all’art. 3 Cost. emerge anche ove si guardi al profilo – fin qui del tutto trascurato ̶ delle funzioni della pena.

Invero, sebbene vi sia chi afferma che la regola della lex mitior – poiché innescata da eventi normativi non conoscibili ̶ stride con le concezioni general-preventive della sanzione269, sembra potersi condividere la posizione

di chi evidenzia come la pena, e il sistema che su di essa si fonda, esiga, tra i presupposti empirici che ne condizionano la validità e l’efficacia, la valorizzazione dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini di fronte alle istituzioni. In questo senso, un diritto penale che segue programmi condizionali scanditi da «oggettiva, prevedibile ed eguale consequenzialità» fa crescere la percezione di giustizia sociale, predisponendo, per un verso, i cittadini al riconoscimento della validità delle norme e alla loro osservanza, e per l’altro, il reo all’esecuzione collaborativa della pena270. Su queste basi,

risulta sterile dal punto di vista politico-criminale porre a fondamento della retroattività favorevole il principio di uguaglianza in sé considerato, piuttosto che le funzioni del sistema penale ricostruite a partire dagli scopi della pena. L’uguaglianza di trattamento e il controllo di ragionevolezza assumono, infatti, un effettivo valore solo se volti a favorire la realizzazione di quei compiti di orientamento culturale propri degli organi istituzionali nella cornice delle democrazie costituzionali. Pertanto, non possono essere sganciati da un qualsiasi rapporto di strumentalità con una concezione personalistica della sanzione, che sia funzionale all’effettiva promozione dell’autonomia e della libertà del singolo271.

Considerando così il profilo rieducativo sancito dall’art. 27, comma 3, Cost., emerge con chiarezza come sarebbe assolutamente privo di senso continuare a punire qualcuno quando è venuto meno il presupposto obiettivo

269 Così, V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, cit., p. 210.

270 Sul punto, V. MAIELLO, Il rango della retroattività della lex mitior, cit., p. 1629. 271 Così, V. MAIELLO, Il rango della retroattività della lex mitior, cit., p. 1630.

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dell’esigenza di rieducazione, e cioè il disvalore penale del fatto commesso. È evidente che in tali condizioni la pena finirebbe per acquisire una funzione strettamente retributiva; ma, soprattutto, il soggetto che si vedesse condannato per un fatto che, al tempo del giudizio, non costituisce più reato, o comunque è punito con un regime più favorevole, sarebbe inevitabilmente portato a considerare la pena come ingiusta e ad assumere, di conseguenza, un atteggiamento di chiusura, vanificando in questo modo ogni possibile tentativo di riacquisizione dei valori dell’ordinamento272.

D’altra parte, valorizzando quell’impostazione che guarda alla funzione rieducativa come la naturale prosecuzione di un processo di orientamento culturale ai valori essenziali della convivenza civile273, non può non vedersi

come la coesistenza di due differenti regimi di punibilità costituisce un ostacolo alla penetrazione del messaggio persuasivo contenuto nelle norme incriminatrici, poiché rende incerta «la funzione di (promozione e di) consolidamento della fiducia istituzionale»274.

Si tratta, peraltro, di una soluzione in linea con la imprescindibile proporzione che deve possedere la risposta sanzionatoria, la cui importanza è ormai riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale proprio sulla base di una lettura congiunta degli artt. 3 e 27, comma 3, Cost.275.

272 Tale ricostruzione era già stata proposta, prima delle sentenza n. 393 e 394 del 2006 della Corte Costituzionale, da G. DE VERO, Corso di diritto penale, cit., p. 301; ID., Limiti di vincolatività in

ambito penale degli obblighi comunitari di tutela, in (a cura di) G. GRASSO – R. SICURELLA, Per un rilancio del progetto europeo. Esigenze di tutela degli interessi comunitari e nuove strategie di contrasto di integrazione penale, Milano, 2008, p. 310. Nello stesso senso, più recentemente, G.

CASAROLI, Amicus libertatis, etiam pro hosti, in Ai confini del “Favor rei”, cit., p. 139 ss.; L. RISICATO, Gli elementi normativi della fattispecie, cit., p. 281; V. MAIELLO, Il rango della

retroattività della lex mitior, cit., p. 1630; V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, cit., p. 211; G. DE FRANCESCO, Sulle garanzie in materia di disciplina intertemporale della legge penale, in Dir.

pen., proc., 2014, p. 224 ss.

273 In questo senso si esprime, G. DE VERO, L’incerto percorso e le prospettive di approdo dell’idea

di prevenzione generale positiva, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, p. 451; ID., Corso di diritto penale, cit., p. 193 ss.

274 Così, V. MAIELLO, Il rango della retroattività della lex mitior, cit., p. 1630, nonché, G. DE FRANCESCO, Sulle garanzie in materia di disciplina intertemporale, cit., p. 231.

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Appare, infatti, evidente come – già in una prospettiva generale ̶ la sproporzione della pena impedisce alla stessa di svolgere la sua funzione rieducativa, essendo avvertita dal condannato come ingiusta. Tale profilo risulta chiaramente più accentuato ove il giudizio di proporzionalità non sia rimesso alla misurazione della Consulta attraverso il parametro «logicamente scivoloso» della “gravità del reato”, ma provenga in via diretta dal legislatore che, modificando la disciplina stabilita in senso favorevole, riconosce inevitabilmente la sproporzione di quella precedente più severa276.

Ne consegue, anche lungo questa direttrice, la difficoltà di prospettare ammissibili deroghe e limitazioni al principio, dal momento che l’art. 27, comma 3, Cost. – a differenza del principio di uguaglianza ̶ non si presta ad operazioni di bilanciamento con altri interessi di volta in volta emergenti. Difficoltà che – come vedremo nel prossimo capitolo ̶ risulta ancora più marcata ove si guardi alla ricostruzione del principio di retroattività offerta dalle Corti europee, sempre più orientate a consacrarlo nell’ambito dei diritti fondamentali dell’individuo.

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CAPITOLO II

LO STATUTO DELLA RETROATTIVITA’

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