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Il danno subito dall’impresa che ha partecipato alla pratica illecita: la sentenza Courage.

L’AZIONE RISARCITORIA ANTITRUST

3.2. Il danno subito dai concorrenti: i principali casi affrontati dalla giurisprudenza.

3.2.2. Il danno subito dall’impresa che ha partecipato alla pratica illecita: la sentenza Courage.

Nell’ordinamento comunitario, inoltre, non è neppure esclusa la possibilità che a chiedere il risarcimento siano le stesse imprese che hanno partecipato all’illecito: di questo profilo si è occupata direttamente la sentenza Courage263.

Anche nell’ordinamento italiano non sussistono ragioni sufficientemente valide per non applicare alle imprese che hanno partecipato all’intesa la stessa disciplina applicabile ai concorrenti.

Nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte europea, si trattava di determinare se una parte di un contratto, vietato ed illecito ai sensi delle regole di concorrenza, potesse legittimamente far valere in giudizio nei confronti dell’altra parte la nullità del contratto e chiedere il risarcimento del danno subito.

La Corte di Giustizia non si è, peraltro, limitata a ravvisare l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza nel contratto di locazione, stipulato tra il sig. Crehan, esercente di un pub, e la IEL, società che metteva in locazione i pub, contenente la clausola di esclusiva, per cui tutti i locatari della prima dovevano necessariamente acquistare la birra da Courage, fabbrica di birra operante nel Regno Unito, ma si è spinta ben oltre, giungendo a riconoscere la legittimazione ad esercitare

AFFERNI, Il risarcimento del danno per violazione del diritto antitrust italiano: nesso di causalità e prova del danno, in Danno e resp., 2007, p. 514.

262 L. PROSPERETTI, op. cit., p. 3 ss.

263 P. IANNUCCELLI, Il private enforcement del diritto della concorrenza in Italia, ovvero può il diritto

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le azioni di risarcimento del danno antitrust a qualunque categoria di potenziali attori, dettando così un principio basilare, destinato necessariamente ad influenzare anche le legislazioni dei paesi membri.

Sebbene il caso concreto riguardasse direttamente il concorrente, la Corte europea riconobbe a chiunque il diritto di agire in giudizio per chiedere il risarcimento del danno subito a causa di una violazione antitrust, compreso il professionista, parte debole del contratto illecito.

La Corte ritenne, infatti, che anche chi è parte di un accordo anticoncorrenziale possa avanzare una pretesa risarcitoria nei confronti della controparte che abbia posto in essere un’intesa anticoncorrenziale, a condizione di trovarsi in una posizione di “inferiorità economica grave” rispetto ad essa.

La pronuncia della Corte di Lussemburgo ha suscitato, tuttavia, alcuni dubbi interpretativi in dottrina, in primo luogo sulla sussistenza, nel caso di specie, di un’intesa restrittiva della concorrenza.

Se, infatti, per ”intesa” si intende un convergere delle intenzioni delle imprese partecipanti verso un progetto comune, diretto a restringere la concorrenza, nel caso in questione riesce davvero difficile ipotizzare l’esistenza di un’intesa, nel senso poc’anzi accennato, poiché ci troviamo al cospetto di un contratto di locazione rispetto al quale il sig. Crehan è stato costretto a subire le clausole unilateralmente imposte dalla controparte, senza avere la benché minima possibilità di negoziarle, a causa della posizione di notevole inferiorità economica nella quale versava264.

Ciò sposterebbe il discorso dalla fattispecie di intesa restrittiva della concorrenza all’abuso di posizione dominante.

Senza approfondire il dibattito dottrinario sulla configurabilità nel caso di specie di un’intesa restrittiva della concorrenza o di un abuso di posizione economica, va rilevato che la stessa pronuncia ha suscitato un’ulteriore perplessità riguardo al tipo e al titolo di responsabilità ravvisabile, sulla base della quale chiedere il risarcimento dei danni. Avendo alla base un contratto stipulato tra le parti si potrebbe ipotizzare una

264 S. BASTIANON, Intesa illecita e risarcimento del danno a favore della parte debole, in Danno e resp.,

2001, p. 1153 ss., secondo il quale, nel caso di specie, «(…) è difficile, se non impossibile, ravvisare una comune linea d’azione volta a restringere la concorrenza».

Nello stesso senso, si veda anche: G. ROSSI, “Take Courage”! La Corte di Giustizia apre nuove frontiere per la risarcibilità del danno da illeciti antitrust, in Foro it., 2002, pp. 90-100; A. PALMIERI – R. PARDOLESI, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: “chi è causa del suo mal… si lagni e chieda i danni”, in Foro it., 2002, pp. 76-84.

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responsabilità contrattuale, la quale, come noto, si configura o in presenza di un inadempimento o per l’invalidità del contratto.

A creare problemi in concreto si pone la circostanza per cui nel caso in questione non vi è stato alcun inadempimento contrattuale, posto che Courage ha sempre fornito il quantitativo di birra indicato nel contratto265, sicché la prima ipotesi va senz’altro esclusa. La responsabilità dovrebbe allora discendere dal contratto nullo, come del resto è stato prospettato dalla Corte europea266.

A seguire, invece, la strada della responsabilità extracontrattuale, emerge come ad essere illecito non è tanto il contratto stipulato tra le parti, quanto il comportamento unilaterale tenuto dalla Courage che, approfittando della propria forza contrattuale, ha imposto alla controparte la clausola di esclusiva, contenente l’obbligo di approvvigionamento per un quantitativo ed un prezzo imposti.

Seguendo tale impostazione, tuttavia, ci si imbatte nell’obiezione per cui il comportamento tenuto dalla fabbrica di birra non può assumere alcun rilievo dal punto di vista antitrust posto che, non detenendo la Courage una posizione di dominanza sul mercato, non può configurarsi un abuso di posizione dominante ex art. 82 (oggi 102 TFUE)267.

Vi sono, poi, altri autori che hanno letto la vicenda in questione in chiave di responsabilità precontrattuale ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c.268, per la difficoltà di concepire come danneggiato di una fattispecie di illecito extracontrattuale proprio chi sia stato parte della stessa269.

Secondo questa impostazione, il soggetto, anche se non riveste una posizione dominante sul mercato ma si trova comunque in una situazione di supremazia

265 Secondo A. DI MAIO, Il risarcimento da adempimento del contratto, in Eur. dir. priv., 2002, pp. 791-

796, si tratterebbe di una responsabilità da pieno adempimento delle prescrizioni contrattuali.

266 Tale impostazione è stata criticata da A. PALMIERI – R. PARDOLESI, Intesa illecita e risarcimento, cit.,

p. 80, secondo i quali «ci si imbatterebbe inevitabilmente nel paradosso di una responsabilità ex contractu da pieno adempimento delle sue prescrizioni».

267 In tal senso A. PALMIERI – R. PARDOLESI, op. cit., p. 76 ss.

268 E. SCODITTI, Danno da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell’accordo: il punto di vista del

giudice italiano, in Foro it., 2002, p. 1121 ss.

269 Questa ricostruzione, tuttavia, non può essere applicata ai casi di intese non integrano un negozio

giuridico. Inoltre si impone un obbligo accessorio e diverso in capo all’impresa che si trova in posizione dominante, ulteriore rispetto a quelli che già gli incombono in virtù della posizione dominante che detiene. Si avverte, in questo modo, il rischio di applicare al diritto antitrust categorie che difficilmente sono adattabili ad esso, il cui obiettivo non è quello di tutelare i concorrenti, e ciò a prescindere dal fatto che essi siano forti o deboli, ma il mercato, al fine di mantenerne l’assetto competitivo, nonché i consumatori.

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economica, è tenuto a comportarsi secondo buona fede e ha degli obblighi di protezione e conservazione della sfera giuridica del soggetto con cui contratta e che si trova in una condizione di dipendenza economica270.

Del resto è la stessa Corte di Giustizia che, nell’indicare al giudice del rinvio i criteri da prendere in considerazione per valutare la fondatezza della domanda di risarcimento danni, fa riferimento a “(…) il contesto economico e giuridico nel quale le parti si trovano ad operare”, come a dire che la legittimazione del sig. Crehan dipende dallo specifico contesto di mercato in cui si è sviluppata la relazione commerciale con la Courage.

Di conseguenza, l’illiceità dell’accordo, da cui la Corte desume la nullità del negozio e il diritto del sig. Crehan al risarcimento del danno, deriva sostanzialmente dall’insieme di negozi, dal contenuto uniforme, tra i gestori dei pub ed altri produttori di birra, che impedisce ad altri distributori di birra di avere accesso al relativo mercato271.

Dalla sentenza si evince altresì che la tutela risarcitoria antitrust serve non solo per compensare la vittima delle perdite subite ma altresì per potenziare l’effettività del private enforcement del diritto antitrust, in quanto l’ampliamento delle azioni risarcitorie private può contribuire ad aumentare il rispetto della normativa concorrenziale attraverso la repressione delle sue violazioni, così affiancandosi all’attività svolta sul piano pubblicistico.

Dall’insieme delle considerazioni che precedono si desume che non tutte le violazioni delle regole di concorrenza danno luogo allo stesso tipo di danno, il quale può variare anche in funzione della struttura del mercato all’interno del quale l’illecito antitrust si è verificato.

270 S. BASTIANON, Intesa illecita e risarcimento del danno a favore della parte debole, cit., pp. 1153-1160,

il quale afferma che: «Il diritto al risarcimento del danno non deriva dal contratto asseritamene nullo o da un torto di cui lo stesso danneggiato sarebbe artefice in concorso con il danneggiante. Deriva dalla violazione dell’obbligo, precedente alla stipulazione dell’intesa, di protezione dell’altrui sfera giuridica all’interno di una relazione di dipendenza economica. L’inadempimento è precedente all’esecuzione dell’intesa anticoncorrenziale, in quanto è integrato dall’infrazione al dovere di protezione»; nonché E. SCODITTI, op. cit., p. 88.

271 Ragiona in questi termini M. SCHININA’, La nullità delle intese, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, p. 411

ss., secondo la quale: «il fondamento della declaratoria di nullità dell’intesa anticoncorrenziale non sembra potersi ravvisare in un vizio intrinseco all’atto, inerente alla sua struttura o al suo contenuto, ma nel fatto che l’atto collocato in un determinato contesto di mercato e unitamente ad un insieme di elementi ad esso esterni, è idoneo a determinare la situazione distorsiva della concorrenza, producendo in tal modo, il risultato vietato dall’art. 81».

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Il danno sofferto dall’impresa concorrente è completamente diverso rispetto a quello sofferto dal consumatore finale, e diversi sono i criteri per la sua quantificazione in giudizio.

3.2.3. L’entità del danno negli illeciti escludenti e in quelli di

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