• Non ci sono risultati.

Le diverse tipologie di danno per i consumatori nei vari tipi di illecito.

L’AZIONE RISARCITORIA ANTITRUST

3.2. Il danno subito dai concorrenti: i principali casi affrontati dalla giurisprudenza.

3.3.1. Le diverse tipologie di danno per i consumatori nei vari tipi di illecito.

I consumatori, diversamente dai concorrenti, normalmente non risultano danneggiati, quantomeno nel breve periodo, da illeciti escludenti, potendo al contrario beneficiare di una riduzione dei prezzi che, nel lungo periodo, comporta un incremento degli stessi, pari o quasi al prezzo monopolistico.

Più frequentemente essi sono invece danneggiati da illeciti di sfruttamento, consistenti, appunto, nel fissare i prezzi al di sopra del loro livello competitivo, così costringendoli a pagare un prezzo più alto per il loro acquisto.

Peraltro, se risulta abbastanza agevole riconoscere il risarcimento a quei consumatori che, a causa dell’infrazione, hanno comprato il bene o il servizio ad un

288 Cass., 2 febbraio 2007, n. 2305, in Danno e resp., 2007, p. 755 ss. con nota di M. CARPAGNANO, Una

pietra sopra. Commento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 2305/07 in tema di private enforcement; R. PARDOLESI, Il Danno Antitrust in cerca di disciplina (e di identità?), in Il Foro it., 2007, p. 1102 ss.; G. AFFERNI, Il risarcimento del danno per violazione del diritto antitrust italiano: nesso di causalità e prova del danno, in Danno e resp., 2007, p. 764 ss.; R. BIANCHI, Tutela aquiliana antitrust: verso un nuovo sottosistema della responsabilità civile?, nota a Cass., 2 febbraio 2007, n. 2305, Fondiaria-Sai assicuraz. C. Nigriello, in Resp. civ. prev., 2007, p. 1616 ss.

289 La vicenda riguardava ancora una volta un cartello assicurativo sanzionato dall’AGCM, sulla base del

quale la ricorrente agiva per il risarcimento dei danni.

290 R. PARDOLESI, Il danno antitrust in cerca di disciplina (e di identità), cit., p. 1104, rileva come «il

diritto a godere dei benefici della competizione commerciale viene “inopinatamente” definito quale “interesse ultraindividuale”, posto che il carattere ultraindividuale sembra il meno consono ad attivare una tutela individuale».

107

prezzo più elevato di quello che avrebbero pagato in assenza dell’illecito antitrust291, lo stesso non può dirsi per i consumatori cd. esclusi, i quali cioè hanno rinunciato ad acquistare il bene a causa dell’aumento illecito del prezzo292, risultando molto meno facilmente tutelabile il danno dagli stessi subito.

In questo caso, il danno risarcibile sarebbe pari alla differenza tra l’utilità che il consumatore avrebbe tratto dal consumo di quel prodotto e l’utilità che effettivamente ha ricavato dal consumo di un prodotto alternativo o dal diverso utilizzo del denaro che sarebbe stato destinato all’acquisto del prodotto interessato dalla violazione antitrust293.

Pur trattandosi di un danno di difficile, se non impossibile dimostrazione, non è possibile escludere a priori l’eventualità che i consumatori che lo hanno subito propongano un’azione risarcitoria, nel momento in cui riescano a fornirne la prova della sua verificazione e della sua derivazione causale dall’illecito anticoncorrenziale294.

Si tratta, invero, di una prova tutt’altro che agevole, appunto, poiché il consumatore dovrà dimostrare che in assenza dell’intesa illecita avrebbe sicuramente acquistato il bene, quindi il nesso di causalità diretta tra l’aumento di prezzo e la propria decisione di non acquistare il bene295.

È verosimile ritenere che tale prova sarà possibile in presenza di trattative precontrattuali tra le parti296.

Egli potrà, inoltre, dare la prova di aver acquistato beni sostitutivi, al fine di far fronte al medesimo bisogno che il bene a cui si è rinunciato avrebbe soddisfatto297.

291 I consumatori vengono danneggiati normalmente da un illecito di sfruttamento, consistente nel fissare

prezzi superiori al costo marginale – in assenza del cartello, il prezzo concorrenziale di un bene è pari al suo costo marginale -.

292 G. AFFERNI, La traslazione del danno nel diritto antitrust nazionale e comunitario, in Concorrenza e

mercato, 2008, a cura di G. Ghidini, B. Libonati e P. Marchetti, Milano, 2009, pp. 494-521; A. TOFFOLETTO, op. cit., p. 347.

293 G. AFFERNI, Class action e danno antitrust: il caso traghetti, in Consumatori, diritti e mercato, 2/2012,

p. 120.

294 L. CASTELLI, Disciplina antitrust e illecito civile, Milano, 2012, p. 147 evidenzia come il consumatore

che ha rinunciato ad acquistare il bene incontri delle difficoltà probatorie, dovendo dimostrare che prima dell’illecito acquistava il bene e che, in seguito ad esso, ha deciso di non acquistarlo più. Le difficoltà probatorie, connesse a tale tipo di danno, portano, invece, altra parte della dottrina ad escludere la risarcibilità, per timore di ristorare un danno inesistente. In tal senso si veda: G. AFFERNI, La traslazione del danno, cit., p. 508 ss.

295 G.T. ELMI, op. cit., p. 260.

296 A. TOFFOLETTO, op. cit., p. 347 ss.

297 L. CASTELLI, op. cit., p. 148, sottolinea come la percorribilità di tale via risulti altamente condizionata

dalla elasticità della domanda rispetto al prezzo. Nel caso di domanda altamente elastica, non vi sarebbero particolari difficoltà nel sostituire il bene oggetto della condotta illecita con uno simile; nel caso, invece, in cui la elasticità della domanda sia molto bassa, questa probabilità si avvicinerebbe allo zero.

108

Per ciò che concerne la quantificazione di tale danno si dovrà, necessariamente, far ricorso ad una valutazione di tipo equitativo, evitando di arrecare un miglioramento alla situazione economica del danneggiato e tenendo conto anche del fatto che, rinunciando ad acquistare il bene, il consumatore ha risparmiato denaro, dunque il danno da lui patito non può essere pari all’intero prezzo del bene non acquistato.

Nel caso in cui, poi, il consumatore cd. escluso abbia acquistato un bene sostitutivo, il danno andrà valutato avendo riguardo alla differenza di prezzo tra il bene acquistato e quello che si acquistava in precedenza o, in alternativa, sempre attraverso una valutazione equitativa298.

Alla base di tale soluzione vi è il principio della compensatio lucri cum damno, per il quale nel calcolo del risarcimento si deve tener conto non solo degli effetti negativi prodotti dall’illecito ma anche degli effetti positivi.

Si tratta di un istituto non del tutto pacifico in dottrina dove, accanto a tesi negazioniste299, se ne ravvisano altre300 che ne riconoscono un fondamento normativo301.

Vi è poi un’impostazione per così dire “intermedia” che, pur ammettendo l’esistenza di un tale principio, ne nega la valenza di principio generale dell’ordinamento giuridico, e lo concepisce come criterio di determinazione del risarcimento del danno, che trova fondamento nell’art. 1223 c.c., secondo cui va risarcito tutto e soltanto il danno sofferto, detratto il vantaggio contemporaneamente e direttamente procurato dalla condotta causativa del danno302, sicché quest’ultimo è dato dalla differenza patrimoniale risultante dalla commissione dell’illecito, al fine di realizzare quella che è la funzione tipica del risarcimento, ossia porre il danneggiato

298 L. PROSPERETTI, E. PANI, I. TOMASI, Il danno antitrust, cit., p. 225.

299 M. FRANZONI, Il danno risarcibile, Milano, 2010, p. 48, U. IZZO, La compensatio lucri cum damno

come “latinismo di ritorno”, in Resp. Civ. prev., 2012, n. 5, p. 1747.

300 P. GALLO, Arricchimento senza causa e quasi contratti, 2008, p. 114 ss.

301 Il suddetto fondamento normativo viene ravvisato, talvolta, nel principio espresso dall’ art. 1592,

comma 2, c.c., in virtù del quale il conduttore il quale non abbia diritto all’indennità per i miglioramenti apportati alla cosa può in ogni caso compensare il valore di questi con i deterioramenti non dovuti a sua colpa grave; o nell’ art. 41 L. 21 giugno 1865, n. 2359, il quale in materia di espropriazioni per pubblica utilità stabilisce che «Qualora dall’esecuzione dell’opera pubblica derivi un vantaggio speciale e immediato alla parte del fondo non espropriata, questo vantaggio sarà estimato e detratto dal calcolo dell’indennità di espropriazione».

302 F. CARINGELLA, Studi di diritto civile, Milano, 2007, p. 281, A. DE CUPIS, Il danno. Teoria generale

della responsabilità civile, Milano, 1946, p. 146; D.R. PERETTI GRIVA, Sulla “Compensatio lucri cum damno”, in Riv. proc. civ., 1957, p. 437.

109

nelle medesime condizioni in cui si sarebbe trovato se non fosse stato commesso l’illecito303.

In dottrina e in giurisprudenza si afferma in modo costante il principio secondo cui la compensatio lucri cum damno può trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito quali suoi effetti contrapposti, per cui se ne esclude l’operatività quando l’illecito sia non già causa ma semplice occasione del vantaggio304.

Viene, poi, in rilievo il danno che possono subire gli acquirenti di prodotti complementari a quello oggetto della pratica illecita, quando la diminuzione della domanda di quest’ultimo, determinata da un innalzamento del prezzo di vendita, comporta, a sua volta, la riduzione della domanda del primo.

Outline

Documenti correlati