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Il sistema americano di private antitrust enforcement Le origini storiche.

ESPERIENZE A CONFRONTO

4.1. Il sistema americano di private antitrust enforcement Le origini storiche.

L’esperienza statunitense rappresenta un punto di partenza essenziale per studiare ed approfondire il diritto della concorrenza anche in un sistema giuridico del tutto diverso come il nostro, stante l’ampia casistica e i numerosi contributi dottrinari che ne hanno accompagnato lo svolgimento373.

La necessità di analizzare lo sviluppo del diritto antitrust in ambito statunitense nasce dalla constatazione di fondo che lo sviluppo delle azioni risarcitorie antitrust sta vivendo in ambito nazionale e comunitario una fase di sviluppo ed espansione pressoché assimilabile a quella che ha attraversato il diritto americano nei primi anni della sua applicazione, quando il ricorso alla tutela risarcitoria risultava estremamente limitato, nonostante fosse riconosciuta, sul piano soggettivo, un’ampia legittimazione a ricorrere a tale strumento di tutela.

È evidente, quindi, la valenza anticipatoria rivestita dall’esperienza statunitense rispetto alle cause di risarcimento del danno causate dalla violazione di norme antitrust.

L’origine del diritto antitrust viene fatta risalire allo Sherman Act del 1890 che, oltre a vietare i monopoli e le intese restrittive della concorrenza, stabilisce le sanzioni, e riconosce espressamente alle vittime di tali condotte il potere di agire in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno subito374.

373 Si veda al proposito: A. GENOVESE, Il risarcimento del danno per violazione di norme antitrust:

l’esperienza americana, in Riv. soc., 1992, 1, p. 681 ss.

374 G. TADDEI ELMI, Il risarcimento dei danni antitrust tra compensazione e deterrenza. Il modello

americano e la proposta di direttiva Ue del 2013, in Concorrenza e mercato, 2014, p. 187; M.R. MAUGERI, Violazione della disciplina antitrust e rimedi civilistici, Catania, 2006, p. 17; C. OSTI, Diritto della concorrenza, Bologna, 2007, pp. 13-14.

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È interessante notare come il sistema americano conosca, accanto all’azione risarcitoria civile, anche sanzioni di natura penale al fine di reagire contro condotte anticoncorrenziali, sanzioni invece del tutto sconosciute non solo in Italia, ma anche in gran parte degli altri Stati europei375.

Le ragioni che hanno portato all’emanazione delle norme di diritto antitrust sono rinvenibili nella necessità di combattere il fenomeno dei trusts e dei monopoli376.

Nel sistema statunitense, quindi, il private antitrust enforcement è stato, sin dall’inizio, componente essenziale del sistema di antitrust enforcement, al contrario di quanto è accaduto in ambito europeo dove, fino a poco tempo fa, esso è stato sostanzialmente estraneo al diritto antitrust mentre si è sviluppata quasi esclusivamente una tutela pubblica di natura amministrativa.

Caratteristica fondamentale del sistema antitrust statunitense è proprio l’elevato coinvolgimento dei privati nell’applicazione delle regole di concorrenza, ragion per cui la normativa riconosce la più ampia legittimazione ad agire in capo ai soggetti danneggiati, i quali possono ottenere il risarcimento del danno subito, alla sola condizione che provino una violazione della normativa antitrust, un danno nonché un adeguato nesso di causalità tra la violazione ed il danno.

Oltreoceano si è, infatti, sempre ritenuto che incentivando i privati ad incardinare azioni risarcitorie in materia antitrust, si potesse ottenere un maggiore rispetto delle regole di concorrenza da parte delle imprese, con un importante effetto deterrente che va ad aggiungersi a quello realizzato con la sanzione pubblica.

Nei primi cinquant’anni di applicazione dello Sherman Act le azioni private erano scarsamente utilizzate dai potenziali legittimati, ragion per cui sono stati introdotti

375 G. TADDEI ELMI, op. cit., p. 189.

376 Negli ultimi decenni del 1800 si consolidarono i grandi trusts, intesi come accordi tra imprese dediti a

monopolizzare intere macro-aree dell’economia, ed in particolare si andava consolidando un vero e proprio cartello petrolifero, avente come guida l'impresa “Standard Oil”, appartenente al grande capitalista J.D. Rockefeller.

Molte imprese, inoltre, tendevano a strutturare dei cartelli, cd. pools, al fine di ridurre la concorrenza attraverso il controllo dei prezzi o della produzione, o la spartizione dei mercati., i quali si distinguono dai trusts per il carattere temporaneo dell’accordo. I trusts, invece, rappresentano una coalizione molto più vincolante in cui le singole imprese partecipanti si assoggettano ad un apposito organismo di direzione unitaria che mantiene il controllo sulle stesse.

Obiettivo della legislazione antitrust era appunto quello di limitare il potere economico di questi trusts e di proteggere, in primo luogo, la libertà di iniziativa economica dei piccoli imprenditori, nonché i consumatori nei confronti dello strapotere delle grandi imprese, contro i prezzi monopolistici da questi applicati.

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alcuni incentivi, quali la triplicazione del danno risarcibile e la class action, al fine di incoraggiarne il ricorso377.

Ne seguì un enorme incremento delle azioni private per il risarcimento dei danni antitrust tale da ingenerare una tendenza esattamente opposta a quella che si era verificata alcuni decenni prima tesa ad introdurre regole più rigide per riconoscere la legittimazione giudiziale alle azioni risarcitorie nonché per l’accertamento della sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito antitrust.

Tutto ciò nella consapevolezza che il rischio cui erano esposte le imprese di vedersi condannare a risarcire il triplo dei danni subiti dall’attore costituiva un forte disincentivo dall’adottare comportamenti che, pur efficienti ed in grado di incrementare la concorrenza, risultavano lesivi per alcuni soggetti del mercato, con ulteriori effetti negativi legati ai costi e all’efficienza della giustizia.

Nell’ordinamento statunitense, la legittimazione dei privati a promuovere l’azione risarcitoria antitrust è riconosciuta espressamente dalla Section 4 del Clayton Act che attribuisce a chiunque “any person” abbia subito un danno nella sua attività commerciale o nella sua proprietà, a causa di un comportamento contrario alla legge antitrust, la legittimazione ad agire giudizialmente per ottenere il risarcimento del triplo del danno lamentato, oltre al rimborso delle spese legali, nonché degli onorari dell’avvocato.

È evidente il parallelismo con la formulazione, altrettanto ampia, adottata dalla Corte di Giustizia nel caso Courage, e dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la nota sentenza del 2005, nonché dalla Commissione europea nel Libro Bianco e dalla recente Direttiva sulle azioni risarcitorie antitrust.

Chiunque voglia agire in giudizio per il risarcimento del danno antitrust deve dare la prova, oltre che della sussistenza della legittimazione in generale378, anche dei requisiti della legittimazione antitrust.

È necessario, infatti, che sussistano contestualmente tre elementi: 1) injury in fact, ossia la ricorrenza di un danno reale e personale subito dall’attore, riferito alla sua

377 F. GHEZZI, Verso un antitrust comune? Il processo di convergenza delle discipline statunitense e

comunitaria in materia di intese, in Riv. soc., 2002, p. 499 il quale rileva che nei primi cinquant’anni di applicazione della normativa antitrust erano limitate le azioni private e pochissime quelle conclusesi in modo favorevole agli attori

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attività commerciale o proprietà379; 2) causation, ossia un nesso di causalità tra la condotta e il danno, nel senso che il danno sia causalmente riconducibile alla condotta anticoncorrenziale del convenuto; 3) redressability, ossia che la decisione favorevole possa effettivamente rimediare al danno subito dall’attore, di cui quest’ultimo deve dare la prova380.

Dunque, al fine di valutare la legittimazione dell’attore occorre accertare, innanzitutto, se la violazione della normativa antitrust abbia cagionato un danno attuale all’attività commerciale o alla proprietà dell’attore; si deve poi verificare che tale danno non sia troppo remoto o duplicativo di quello sofferto dal soggetto danneggiato in modo più diretto; va quindi accertato che il danno sia un “antitrust injury” e infine che il risarcimento richiesto dall’attore rifletta tale danno in maniera quantificabile e ragionevole381.

Va poi considerata anche la Section 16 del Clayton Act che prevede, in presenza del pericolo di perdite o danni, la possibilità di ottenere misure cautelari “injunctions” a favore della vittima di un comportamento anticoncorrenziale perpetrato da un altro soggetto.

Sulla base delle suddette disposizioni, fino agli anni ’50 del secolo scorso, la giurisprudenza americana riconosceva la più ampia legittimazione ad agire a chiunque avesse dato la prova di aver subito un danno antitrust nonché di un nesso di causalità tra la violazione e il danno stesso.

Le azioni risarcitorie antitrust erano allora scarsamente utilizzate, quindi si cercò di incrementare il ricorso ad esse attraverso non solo il riconoscimento di un’ampia legittimazione ad agire, ma anche attraverso una serie di incentivi, quali principalmente la triplicazione dei danni risarcibili, i treble damages, e i punitive damages, la class action, a cui si aggiunge la relativa semplicità di soddisfare l’onere probatorio gravante sul ricorrente grazie alla discovery rule, ossia l’obbligo, gravante sul convenuto, di divulgare la propria documentazione interna382.

379 I danni subiti dai consumatori, consistenti nel dover pagare un sovrapprezzo anticoncorrenziale,

costituiscono danni alla proprietà dei consumatori, dunque rientrano nella formulazione della norma. Restano esclusi dalla Section 4 del Clayton Act solo i danni alla persona.

380 D. BERGER – R. BERNSTEIN, An Analytical framework for Antitrust Standing, The Yale Law Journal,

1977, p. 809 ss.; C. DEFFENSE, A Farewell to Arms: The Implementation of a Policy-Based Standing Analysis in Antitrust Treble Damages Actions, California Law Review, 1984, p. 437 ss.

381 AREEDA & HOVEMKAMP, An analysis of antitrust principles and their application, 2014, pp. 286-287. 382 G. TADDEI ELMI, op. cit., p. 191 ss.

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Nel giro di pochi anni si è sviluppato così un fenomeno del tutto inverso, e segnatamente all’inizio degli anni settanta, le azioni di risarcimento danni antitrust sono aumentate a dismisura al punto che la giurisprudenza statunitense ha introdotto dei criteri al fine di limitare la legittimazione antitrust.

Nella casistica giurisprudenziale americana si rinviene l’elaborazione di numerosi test, al fine di verificare preliminarmente la procedibilità dell’azione, con riferimento alla legittimazione ad agire383, in particolare il direct injury test – derivato dalle tradizioni di common law in tema di torts – riconosce il risarcimento del danno solo quando esso sia conseguenza immediata e diretta della condotta illecita, escludendolo, invece, nel caso di danno derivato da quello subito da un altro soggetto, vittima diretta dell’illecito; ed il target area test, che considera risarcibili solo i danni che siano voluti e prevedibili effetti dell’illecito384.

Di fronte all’insufficienza di questi criteri a selezionare le conseguenze dannose risarcibili, la giurisprudenza della Corte Suprema Usa ha elaborato ulteriori requisiti di antitrust standing (legittimazione ad agire), quali l’antitrust injury e l’indirect purchaser rule, il primo applicabile a tutte le controversie antitrust e a tutte le classi di potenziali attori, il secondo, invece, solo ai consumatori finali e solo in ipotesi di traslazione del danno.

Ci occuperemo ora del solo requisito dell’antitrust injury, come regola di legittimazione antitrust elaborata negli Stati Uniti, al fine di selezionare tra i danni prodotti da un illecito antitrust quelli che meritano di essere risarciti.

La giurisprudenza statunitense, infatti, non si limita a riconoscere il risarcimento del danno a chiunque abbia subito un danno causalmente collegato alla pratica anticoncorrenziale, ma richiede la sussistenza di ulteriori requisiti, funzionali a selezionare i danni risarcibili.

Perché sussista il requisito dell’antitrust injury occorre non solo che vi sia un rapporto di causalità tra il comportamento concorrenziale e il danno che ne è scaturito,

383 A. GENOVESE, op. cit., p. 694.

384 A. GENOVESE, op. cit., p. 697. Tale requisito è stato interpretato in modo diverso da altri Circuiti, ossia

come coincidenza tra il settore economico in cui è stata posta in essere la condotta illecita e l’attività o la proprietà della vittima. Come già rilevato nel cap. 3, la Corte Suprema degli Stati Uniti, con due importanti pronunce, ossia Brunswick e Illinois Brick, ha introdotto un primo limite alla legittimazione attiva antitrust, ossia la “indirect purchaser rule”, che esclude la sussistenza del requisito di legittimazione in capo agli acquirenti indiretti, ai quali è precluso invocare la traslazione del danno su di essi, al fine di aver accesso alla tutela risarcitoria.

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ma altresì che sussista una relazione causale tra i danni che l’attore lamenta di aver subito e gli effetti anticompetitivi tipici che la norma che si ritiene violata mira ad impedire.

Il requisito in parola mira, infatti, a garantire che siano instaurate azioni risarcitorie solo rispetto a condotte che la normativa antitrust è finalizzata a prevenire, «assicurando che un attore possa ottenere un risarcimento soltanto nel caso in cui il danno derivi da un aspetto o effetto riduttivo della concorrenza ascrivibile al comportamento del convenuto»385.

Altra regola elaborata dalla giurisprudenza americana è quella della remoteness o proximate rule, la quale tende a selezionare ulteriormente, nell’ambito dei soggetti che hanno sofferto un antitrust injury, le vittime che hanno diritto al risarcimento del danno, in quanto danneggiati in via diretta dall’infrazione antitrust386.

L’attore che agisce in giudizio per il risarcimento dei danni è tenuto a dimostrare quindi: 1) la sussistenza di un nesso di causalità materiale tra la condotta antimonopolistica e il danno lamentato, 2) che il danno in questione rientra tra quelli che la normativa antitrust mirava a prevenire (cd. antitrust injury), 3) che tra l’infrazione antitrust e il danno patito dall’attore sussista un nesso diretto ed immediato (cd. remoteness o proximate rule) e, infine, 4) l’ammontare del danno subito387.

Ciò posto, è opportuno sottolineare come la presente indagine non sia diretta a valutare la possibilità di trasporre integralmente istituti propri di un dato ordinamento, nel nostro; tuttavia può risultare utile nella misura in cui è finalizzata a trarre degli spunti cui ispirarsi nel nostro ordinamento, al fine di individuare dei criteri per selezionare i danni antitrust meritevoli di essere risarciti.

4.2. Riflessioni sulla giurisprudenza americana: un’analisi comparata.

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