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Tipologie di illecito: gli abusi escludenti e gli abusi di sfruttamento.

L’AZIONE RISARCITORIA ANTITRUST

3.2. Il danno subito dai concorrenti: i principali casi affrontati dalla giurisprudenza.

3.2.1. Tipologie di illecito: gli abusi escludenti e gli abusi di sfruttamento.

Il danno che deriva da una condotta anticoncorrenziale varia a seconda che venga posto in essere un illecito escludente o un illecito di sfruttamento.

Si parla di condotte escludenti rispetto a quegli illeciti finalizzati a realizzare l’esclusione di un concorrente dal mercato o ad impedirgli di farvi ingresso (es. boicottaggio, prezzi predatori, pratiche discriminatorie); sono considerati illeciti di sfruttamento, invece, quelle condotte dirette ad imporre condizioni abusive ai consumatori (consistenti, ad es., nel fissare prezzi eccessivamente gravosi, nel ridurre la produzione ecc.)254.

Il danno subito dal concorrente deriva normalmente da condotte escludenti, poste in essere, appunto, per impedirgli di entrare ad operare in un determinato mercato o per determinarne la fuoriuscita.

In tal caso il concorrente, per ottenere il risarcimento del danno, dovrà dimostrare che in assenza della condotta escludente avrebbe avuto accesso al mercato o vi sarebbe rimasto.

E il danno risarcibile consisterà tanto nel danno emergente, pari alle spese e ai costi inutilmente sostenuti per accedere al mercato, quanto nel lucro cessante, pari alla perdita dei profitti che non ha potuto conseguire, avendo riguardo ai guadagni normalmente percepiti e che si può ragionevolmente ritenere che sarebbero continuati in assenza dell’illecito (per l’ipotesi in cui il concorrente sia stato escluso da un mercato in

252 G. SENA, Il boicottaggio, Milano, 1970, p. 13 ss.; R. PARDOLESI, Intese restrittive della libertà di

concorrenza, in Diritto antitrust italiano, a cura di A. Frignani, R. Pardolesi, A. Patroni Griffi, L.C. Ubertazzi, Bologna, 1993, p. 291 ss.

253 Nell’ambito del boicottaggio individuale, la dottrina tende a distinguere tra boicottaggio primario e

secondario. Nel primo, l’autore rifiuta egli stesso di trattare con il boicottato; nel secondo, invece, il boicottaggio non consiste nell’omissione, ma nell’atto commissivo di indurre altri a tale comportamento. Così G. SENA, Il boicottaggio, cit., p. 33 ss.

254 L. PROSPERETTI, E. PANI, I. TOMASI, Il danno antitrust. Una prospettiva economica, Recensione di T.

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cui già operava), o a quelli che presumibilmente avrebbe conseguito se avesse avuto accesso al mercato o vi fosse rimasto ad operare255.

Dai danni così computati, vanno sottratti quelli che l’imprenditore avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza, così come disposto dall’art. 1227, comma 2, c.c., ritenuto applicabile anche all’illecito extracontrattuale, in virtù del richiamo ad esso operato dall’art. 2056 c.c.

Spetterà all’attività interpretativa della giurisprudenza individuare quali condotte colpose del danneggiato da un’intesa illecita restrittiva della concorrenza o da un abuso di posizione dominante possano aver concorso a cagionare il danno256.

Non risulta, peraltro, agevole valutare fino a che punto l’imprenditore danneggiato avrebbe dovuto attivarsi per limitare le conseguenze dannose del fatto illecito.

Presumibilmente, si deve ritenere che è possibile pretendere dal danneggiato solo quelle condotte che non si rivelino per lui eccessivamente gravose o eccezionali, tali da richiedergli uno sforzo o un sacrificio eccessivo, dovendosi verificare se, ad esempio, avrebbe avuto la possibilità di intraprendere un’attività imprenditoriale sostitutiva e, in quel caso, i danni vanno limitati al lucro cessante, ossia alla differenza tra il guadagno percepito con la suddetta attività, o che avrebbe potuto percepire laddove l’avesse intrapresa, e quanto avrebbe potuto guadagnare in assenza della condotta escludente.

Le pratiche escludenti hanno come finalità ultima, analogamente agli illeciti di sfruttamento, quella di comportare un innalzamento dei prezzi rispetto a quelli concorrenziali mediante l’acquisizione di un potere di mercato sufficientemente rilevante a consentire all’impresa o alle imprese che lo detengono di incrementare i prezzi, attuata attraverso la temporanea fissazione di prezzi predatori o che, comunque, non superano il costo marginale del bene o servizio offerto257.

255 L. PROSPERETTI, Prova e valutazione del danno antitrust. Una prospettiva economica, in Merc. Conc.

Reg., 2008, p. 527.

256 La ratio della disposizione è evidentemente quello di impedire che possano gravare sul debitore

conseguenze dannose che non sono a lui imputabili, perché determinati dalla condotta del creditore o perché questi ha contribuito ad aggravarle.

257 A. TOFFOLETTO, Il risarcimento del danno nel sistema delle sanzioni per la violazione della normativa

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In tale fattispecie, la tutela delle imprese escluse discende direttamente dal principio fondamentale della libertà di iniziativa economica, oltre che dalle finalità del diritto antitrust258.

Accanto agli abusi escludenti, le imprese possono porre in essere anche abusi di sfruttamento o di prezzo, ossia comportamenti diretti a ridurre la produzione al fine di innalzare i prezzi al di sopra del livello competitivo259. In simili fattispecie, gli aumenti di prezzo dipendono, nella generalità dei casi, da intese restrittive poste in essere da imprese concorrenti, ma possono dipendere anche dalla imposizione di prezzi ingiustificatamente gravosi da parte dell’impresa dominante.

Nell’ipotesi più frequente di intesa tra concorrenti, che si accordano per ridurre la produzione al fine di innalzare i prezzi, la pratica illecita viene realizzata da soggetti che non entrano in contatto con i soggetti danneggiati.

Si ipotizzi, ad es., un cartello sul prezzo della farina.

In tal caso, il bene interessato dalla pratica illecita è un bene intermedio, in quanto la farina viene utilizzata dall’impresa per la produzione di un altro bene (il pane): è evidente che ad essere danneggiata dall’aumento del prezzo della farina è in primo luogo l’impresa che produce il pane, in quanto acquirente diretto della farina.

Pertanto, se la domanda del bene pane è perfettamente rigida rispetto al prezzo260, i suoi produttori riusciranno a traslare sui consumatori l’aumento del proprio costo di produzione, attraverso un innalzamento del prezzo del bene finale261, non subendo in concreto alcun danno.

258 A. TOFFOLETTO, op. cit., p. 263.

259 L. PROSPERETTI, Il risarcimento del danno nel sistema delle sanzioni per violazione della normativa

antitrust, relazione presentata al Workshop “Le pratiche commerciali scorrette e la tutela del consumatore”, AFGE, Milano, 26 giugno 2013, p. 21.

Si tratta, in sostanza, di condotte finalizzate ad ottenere profitti sovracompetitivi o altri benefici non realizzabili in una situazione competitiva

260 L’elasticità della domanda rappresenta la variazione percentuale della quantità acquistata di un certo

bene in corrispondenza di una variazione del prezzo. Ciò significa che, se la domanda è elastica rispetto al prezzo, la quantità domandata si ridurrà all’aumentare del prezzo, se invece è rigida non vi sarà una variazione della quantità domandata al variare del prezzo. In tal caso l’intero sovrapprezzo sarebbe trasferito sui consumatori, dato che la quantità da questi acquistata non varia in funzione del prezzo. P. KOTLER, Marketing Management, ed. it., a cura di W.G. Scott, Torino, 1993, p. 693 afferma che «i fattori che determinano la rigidità della domanda sono i seguenti: 1. Vi sono pochi o nessun prodotto sostitutivo o concorrente; 2. Gli acquirenti non si accorgono prontamente del cambiamento di prezzo; 3. Gli acquirenti sono lenti a modificare le loro abitudini d’acquisto e a ricercare prezzi inferiori; 4. Gli acquirenti ritengono che i prezzi più alti siano dovuti a miglioramenti qualitativi, inflazione e così via».

261 Viceversa, maggiore è l’elasticità della domanda, minore è la percentuale di sovrapprezzo che verrà

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Nel caso contrario, invece, di domanda elastica, di fronte ad un aumento del prezzo del prodotto finale, i consumatori tenderanno a ridurre la quantità di beni consumati, e vi sarà quindi un danno maggiore per gli acquirenti diretti, consistente nel lucro cessante, pari alla differenza tra i profitti che avrebbe ricavato in assenza del cartello e quelli effettivamente conseguiti262.

Si producono così tre tipologie di danno: i produttori di pane subiranno sia un danno emergente, consistente nell’aumento dei costi di produzione che non sono in grado di traslare sulla propria clientela, sia un lucro cessante, per i profitti che si sarebbero potuti conseguire, nonché un danno emergente in capo ai consumatori, conseguente all’aumento del prezzo del pane.

3.2.2. Il danno subito dall’impresa che ha partecipato alla pratica

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