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Il principio della “diretta applicabilità” della normativa europea.

L’AZIONE RISARCITORIA ANTITRUST

3.1. Considerazioni introduttive sulla legittimazione ad agire dei privati.

3.1.1. Il principio della “diretta applicabilità” della normativa europea.

Ciò che ha permesso l’intervento della Corte europea è stato il principio, di origine giurisprudenziale, della “diretta applicabilità” della normativa europea e dei diritti dalla stessa riconosciuti ai singoli.

Sin dagli anni ’70, infatti, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di un diritto sostanziale in capo ai singoli avente ad oggetto il rispetto della normativa comunitaria a tutela della concorrenza231.

Detto in altri termini, gli artt. 101 e 102 TFUE e gli artt. 2 e 3 l. 287/90 costituiscono norme direttamente applicabili ai rapporti tra privati, e come tali idonee a far sorgere in capo ad essi situazioni giuridiche soggettive direttamente invocabili davanti all’organo giurisdizionale232.

Tuttavia, in assenza di apposito organo giurisdizionale cui i cittadini possono proporre le loro domande di risarcimento danni, nei confronti dello Stato e di altri cittadini, esse vanno proposte ai giudici nazionali233.

Il principio dell’efficacia diretta è stato affermato dalla Corte di Giustizia anche con riferimento specifico alla normativa antitrust234.

231 P. IANNUCCELLI, Il private enforcement del diritto della concorrenza in Italia, ovvero può il diritto

antitrust servirsi del codice civile?, in Riv. delle soc., 2006, p. 727.

232 Il principio della diretta applicabilità delle norme del diritto europeo è stata sancita per la prima volta

con la sentenza C. Giust. CE, 30 gennaio 1974, causa C-12/73, BRT c. VS Sabam e NV Fonior, in Racc. 1974, p. 00051.

233 È con la sentenza della C. Giust. CE, 5 febbraio 1963, causa C-26/62, Algemene Transport-en

Expeditie Onderneming van Gend & Loos v. Nederlandse Administratie der Belastingen, in Racc., 1963, p. 1, che la Corte riconosce in modo chiaro ed esplicito il principio dell’autonomia del diritto comunitario, che deve essere considerato totalmente indipendente rispetto a quello degli Stati membri. In quell’occasione aveva affermato che “la Comunità Economica Europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati membri hanno rinunciato, seppure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure i loro cittadini”. Ha, inoltre, sancito il principio della efficacia diretta o diretta applicabilità del diritto europeo negli Stati membri, principio che consente ai singoli di invocare direttamente una norma europea dinanzi a una giurisdizione nazionale o europea, e ciò anche se lo Stato non ha recepito la norma europea nel proprio ordinamento giuridico interno. Pertanto, in caso di violazione del diritto europeo, i giudici nazionali sono tenuti a garantire, ai privati e alle imprese, «tutti i rimedi giuridici previsti dalla legislazione nazionale, alle stesse condizioni che si applicano in caso di violazioni del diritto nazionale corrispondente (…)».

Con la sentenza Simmenthal, C. Giust. CE, 9 marzo 1978, causa C-106/77, in Racc., 1978, p. 629, la Corte enuncia il principio della preminenza del diritto comunitario, in forza del quale «le disposizioni del trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l’effetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso jure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi».

234 Sent. Sabam, cit., relativamente al primo paragrafo dell’art. 101 e all’art. 102 TFUE (gli allora artt. 85

e 86); e successivamente, con C. Giust. CE, 6 febbraio 1973, causa C-48/72, Brasserie de Haecht v. Wilkin II, in Racc., 1973, p. 77, relativamente al secondo paragrafo dell’art. 101.

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Secondo una giurisprudenza ormai consolidata della Corte di Giustizia235, in assenza di una normativa comunitaria in materia, le disposizioni nazionali in tema di legittimazione attiva non devono risultare meno favorevoli di quelle relative alle azioni di risarcimento del danno fondate su una violazione delle regole nazionali (principio di equivalenza), né tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di chiedere il risarcimento del danno subito dalla violazione delle regole di concorrenza (principio di effettività)236.

I giudici nazionali sono «incaricati di applicare, nell’ambito delle rispettive competenze, le norme del diritto comunitario, garantire la piena efficacia di tali norme e tutelare i diritti da esse attribuiti ai singoli»237.

Già con la sentenza BRT v. Sabam del 1974, con cui la Corte di Giustizia riconobbe che «per loro natura i divieti sanciti dagli (attuali artt. 101 e 102 TFUE) sono atti a produrre direttamente degli effetti nei rapporti fra i singoli» e che «detti articoli attribuiscono direttamente (ai singoli) dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare», i giudici nazionali avrebbero potuto concedere ai singoli, oltre all’azione diretta a far valere la nullità dell’accordo lesivo della concorrenza, anche il risarcimento del danno, invece accordato nella pratica solo in una serie sporadica di casi.

È proprio allo scopo di garantire una piena ed effettiva applicazione della normativa antitrust che la Commissione europea ha tentato, con varie iniziative, di incentivare il private antitrust enforcement del diritto antitrust.

Secondo la Corte, infatti, «l’effetto utile dei divieti sarebbe messo in discussione se non fosse garantita a chiunque la possibilità di chiedere il risarcimento del danno

235 C. Giust. CE, 19 novembre 1991, Francovich e a., cause riunite C-6/90 e C-9/90, in Racc., 1991, p. I-

5357: in tale occasione la Corte ha individuato un diritto dei singoli al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di un diritto di derivazione comunitaria, non solo quando a violarlo sia uno Stato membro ma anche un privato; C. Giust. CE, 20 settembre 2001, Courage e Crehan, causa C-453/99, in Racc., 2001, p. I-6297; C. Giust. CE, 13 luglio 2006, Manfredi e a., causa C-295/04 a C-298/04, in Racc., 2006, p. I-6619; C. Giust. CE, 14 giugno 2011, Pfleiderer, causa C-360/09, in Racc., 2011, p. I-5161; C. Giust. CE, 06 giugno 2013, Donau Chemie, causa C-536/11, in Racc., 2013, p. 366; C. Giust. CE, 06 novembre 2012, Otis and Others, causa C-199/11, in Racc., 2012, 00000. Dalla giurisprudenza della Corte si può quindi desumere che il diritto al risarcimento del danno è direttamente collegato all’efficacia diretta di una norma, nel senso che gli Stati membri, in virtù dell’effetto utile, devono mettere a disposizione del singolo le tutele opportune in caso di violazione dei diritti riconosciuti dalla normativa comunitaria direttamente efficace. La diretta applicabilità delle regole di concorrenza nei rapporti tra privati è stata sancita a livello normativo solo con l’art. 6 del Reg. 1/2003.

236 In mancanza di una disciplina uniforme, spetterebbe in definitiva agli Stati membri l’onere di definire

le regole sostanziali e procedurali effettivamente applicabili, compatibili con il sistema comunitario, e soprattutto con i principi di equivalenza e di effettività.

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causato da un contratto o da un comportamento idoneo a restringere o falsare il gioco della concorrenza»238.

Più di recente un tentativo molto più imponente di armonizzazione delle legislazioni nazionali è stato compiuto attraverso la nuova direttiva sulle azioni risarcitorie per violazione della normativa antitrust, n. 104 del 2014239, con la quale l’Unione si è finalmente dotata di un corpo di norme comuni, di carattere sostanziale e procedurale, volte a disciplinare le azioni risarcitorie promosse ai sensi del diritto nazionale per la violazione delle disposizioni in materia antitrust.

È noto, infatti, come l’assenza di una legislazione europea uniforme rappresenti ad oggi uno dei principali ostacoli alla diffusione del rimedio risarcitorio a favore delle vittime dei comportamenti anticoncorrenziali, e comporti con sé un duplice rischio: da un lato, l’ineffettività delle regole di concorrenza, dall’altro, la difformità delle decisioni giudiziarie sul tema.

La mancanza di una legislazione efficace sul risarcimento dei danneggiati da violazioni di norme sulla concorrenza, inoltre, finisce per tradursi in una lesione del diritto a un ricorso effettivo e ad un’efficace tutela giurisdizionale, come stabilito dall’art. 19, 1° e 2° comma, del TUE e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché, nel nostro ordinamento, gli artt. 24 e 111 Cost.

L’obiettivo perseguito consiste, dunque, nell’armonizzare quanto più possibile le legislazioni nazionali.

238 C. Giust. CE, nelle sentenze Donau Chemie, Courage, Manfredi, Otis, cit.

239 La Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio sulle

azioni di risarcimento del danno da violazione delle norme antitrust l’11.06.2013. Lo stesso giorno ha inoltre adottato una comunicazione e una guida pratica sulla quantificazione del danno nelle azioni di risarcimento fondate sulla violazione degli artt. 101 e 102 TFUE, nonché una Raccomandazione sui principi comuni relativi a meccanismi di ricorso collettivo per far valere diritti derivanti da norme UE. La direttiva sul risarcimento del danno da illecito antitrust 2014/104/UE è entrata in vigore il 25.12.2014 e, ai sensi dell’art. 21, è previsto l’obbligo per gli Stati membri di recepirla entro il 27.12.2016.

Un tentativo in tal senso era, peraltro, già stato compiuto nel 2009, fallito prima ancora di essere formalizzato in una semplice bozza, per la mancata condivisione di alcuni aspetti delicati, quali la prospetta introduzione dello strumento delle class actions di impronta nordamericana, ovvero di quelle azioni basate su un sistema c.d. di “opt-out”, della divulgazione predibattimentale e del risarcimento cumulativo dei danni.

89 3.1.2. La direttiva 104/2014.

La direttiva in materia di azioni risarcitorie antitrust ribadisce il diritto di “chiunque” ad ottenere il risarcimento del danno sofferto per la violazione di norme antitrust240, compresi gli acquirenti indiretti, cioè gli acquirenti che non hanno avuto un rapporto commerciale diretto con l’autore dell’infrazione, ma che nondimeno possono aver subito un danno perché su di essi è stato traslato un sovrapprezzo illegale.

Risarcire significa ripristinare il soggetto danneggiato nella posizione in cui si sarebbe trovato in assenza dell’infrazione, quindi il risarcimento deve coprire sia la perdita effettivamente subita (danno emergente), sia il mancato guadagno (lucro cessante), nonché il pagamento degli interessi.

Ciò in linea con la funzione riparatoria-compensativa della responsabilità civile nel nostro ordinamento, la quale richiede che sia risarcito tutto e soltanto il danno effettivamente subito dalla vittima.

Essa ha come base giuridica gli artt. 103 e 114 TFUE, in quanto persegue due scopi notevolmente importanti: da un lato, l’attuazione degli artt. 101 e 102 del TFUE (la cui base giuridica è l’art. 103 TFUE) e, dall’altro, l’adozione di condizioni più uniformi per le imprese che operano nel mercato interno, evitando che un approccio eccessivamente disomogeneo da parte degli Stati membri finisca per tradursi in discriminazioni a danno di alcuni cittadini e imprese per i quali l’esercizio dei diritti che discendono dai Trattati potrebbe risultare meno favorevole (incidendo, così, anche sulle norme nazionali applicabili in caso venga richiesto un risarcimento a seguito di una violazione del diritto nazionale della concorrenza).

240 L’art. 3 della direttiva “diritto a un pieno risarcimento” sancisce appunto che: «gli Stati membri

provvedono a che qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza possa chiedere e ottenere il pieno risarcimento per tale danno», nonché l’art. 12 “trasferimento del sovrapprezzo e diritto al pieno risarcimento prevede che: «(…) il risarcimento possa essere chiesto da chiunque lo abbia subito indipendentemente dal fatto che si tratti di acquirenti diretti o indiretti dell’autore della violazione (…)».

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3.2. Il danno subito dai concorrenti: i principali casi affrontati dalla

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