• Non ci sono risultati.

Inquadramento generale del problema causale

NESSO DI CAUSALITA’ E ONERE DELLA PROVA

5.1. Inquadramento generale del problema causale

Ai sensi dell’art. 2043 c.c. uno degli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale è il nesso di causalità409.

Infatti, nel giudizio di responsabilità che si svolge in base all’art. 2043 c.c., è necessario accertare l’esistenza di una condotta dolosa o colposa del danneggiante, un danno ingiusto, nonché un collegamento causale tra i suddetti elementi410.

409 Per tutti: A. DE CUPIS, Il danno, Milano, 1979, p. 114; P. FORCHIELLI, Responsabilità civile, Lezioni,

Padova, 1968, p. 45; G. ALPA, La responsabilità civile, (a cura di) Alpa e Bessone, Torino, 1997, p. 322.

410 In dottrina il tema del nesso di causalità è stato approfondito molto meno rispetto agli altri elementi del

fatto illecito. Tra i contributi più importanti, vanno senz’altro segnalati: P. TRIMARCHI, Causalità e danno, Milano, 1967; P. FORCHIELLI, Il rapporto di causalità nella responsabilità civile, Padova, 1960; F. REALMONTE, Il problema del rapporto di causalità nel risarcimento del danno, Milano, 1967; R. SCOGNAMIGLIO, (voce) Responsabilità civile in Noviss. Dig. It., Torino, 1969, XV, p. 649; P. MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 1998; G. VISINTINI, Tratt. breve della resp. civile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile, Padova, 1999; G. VALCAVI, Intorno al rapporto di causalità nel torto civile, in Riv. dir. civ., 1995, p. 481.

153

Il concetto di causalità rimanda a quello di probabilità, cui sono connesse due diverse questioni: da un lato, stabilire un criterio di misurazione della proposizione probabilistica411; dall’altro, valutare la credibilità della stessa412.

411 M. CAPECCHI, Il nesso di causalità, Padova, 2005, p. 272 il quale distingue due tipi di probabilità: la

probabilità statistica e quella logica o induttiva. Osserva, al riguardo, come «La distinzione tra i due generi di probabilità sarebbe essenzialmente rappresentata dal fatto che la probabilità statistica si svilupperebbe intorno a una relazione quantitativa tra generi di eventi ripetibili (ossia potremmo avere una probabilità statistica solo per quegli eventi che si presentano con una certa frequenza) e quindi sarebbe un concetto empirico; la probabilità logica, che dovrebbe servire per spiegare i casi meno frequenti, è semplicemente il grado di probabilità che una determinata ipotesi causale può avere. Ritengo che si debbano tenere distinte queste due forme di probabilità, in quanto differente può essere il criterio di valutazione: solo per la probabilità statistica è astrattamente possibile una valutazione numerica, mentre per la probabilità logica dovrebbero potersi impiegare solo criteri logici e quindi si avrebbe un giudizio che non può che essere rimesso alla decisione del caso singolo».

412 In taluni ordinamenti la responsabilità civile viene definita cd. stocastica in quanto, in assenza di un

nesso causale certo tra il fatto e l’evento dannoso, questa viene fondata sul mero stato di pericolo, prescindendo dal nesso causale, il cui accertamento può essere basato anche su valutazioni probabilistiche, come ad es. lo svolgimento di alcune attività che comportino un elevato rischio di produrre danni del tipo di quelli che si è verificato. Un ordinamento di questo tipo è quello tedesco (§ 830 BGB) dove, per l’ipotesi di causalità alternativa, ossia che fra più partecipanti ad un’azione vietata sia certo che uno ha cagionato l’evento dannoso, ma non è possibile identificarlo, viene disposta la responsabilità solidale di tutti i coautori del reato, indipendentemente dall’accertamento del nesso causale tra la condotta ed il danno. In senso contrario P. TRIMARCHI, Causalità e danno, cit., p. 11, il quale richiama quella dottrina tedesca che propone di ritenere responsabile colui che abbia colpevolmente creato un pericolo del verificarsi del concreto evento dannoso qualora sia possibile ritenere esistente il nesso di causalità tra l’uno e l’altro. Per comprendere le ragioni per le quali nel nostro ordinamento non possa essere accolta la tesi della responsabilità stocastica si può riprendere l’esempio fatto dal Trimarchi di un automobilista che procede a forte velocità nel centro abitato e di un altro automobilista che, nella via adiacente, investe un pedone. Se fosse sufficiente a fondare la responsabilità la creazione di uno stato di pericolo, arriveremmo all’assurda conseguenza di addebitare l’investimento tanto all’uno quanto all’altro automobilista, in quanto entrambi hanno dato luogo ad una situazione di pericolo, inoltre una norma che prevedesse tale tipo di responsabilità, da un lato, sarebbe idonea ad assolvere sia alla funzione reintegrativa, mediante il risarcimento del danno subito dalla vittima nonché a quella preventiva, scoraggiando dal tenere comportamenti imprudenti. Nel nostro sistema giuridico, tuttavia, non è possibile prescindere dall’accertamento del nesso di causalità nell’ambito della responsabilità civile.

154

Il primo quesito non ha una risposta univoca, in quanto il criterio varia a seconda del contesto in cui viene utilizzato413.

Nelle ipotesi in cui l’utilizzo delle valutazioni probabilistiche possa essere condizionato da parametri di riferimento in qualche modo oggettivizzabili, quale la frequenza con cui un certo evento si ripete nel tempo, ossia il rapporto tra casi favorevoli e casi possibili, la stima della forza dell’asserzione probabilistica può essere espressa con una valutazione numerica, matematica, che ne condiziona anche la credibilità414.

È diffusa nella dottrina la presa di coscienza per cui non esiste un’unica nozione di causalità415.

Ancora più complesso appare il problema se lo si osserva dalla prospettiva del tema di prova.

Il problema ha senz’altro assunto un significato più intenso nell’ambito del diritto penale, ove un fondamentale principio di certezza vuole che l’accertamento della responsabilità del reo sia garantita “oltre ogni ragionevole dubbio”416.

Nel contesto della responsabilità civile, invece, opera un principio di antica origine e ad oggi applicato di fatto da numerosi operatori del diritto, per cui la misura della probabilità con cui si reputa un certo fatto causato da un altro, porta il giudice a

413 P. TRIMARCHI, op. cit., p. 2, il quale rileva come la dottrina più recente ha preso atto del fatto che il

problema della causalità non è risolubile con una formula rigida e unitaria, e che in particolari ipotesi operano anche speciali limiti, connessi con lo scopo della singola norma da cui deriva la responsabilità.

414 M. CAPECCHI, op. cit., p. 260, il quale precisa quelli che sono due aspetti rilevanti al fine di affrontare

correttamente il problema della individuazione di un criterio oggettivo di accertamento del nesso causale: «a) la probabilità è un dato meramente quantitativo, in quanto anche un fatto rarissimo è probabile, nel senso che esso ha un basso grado di probabilità. È indispensabile individuare successivi livelli di possibilità statistica. Vi è una grossa differenza tra un fenomeno che si realizza 99 volte su 100 e un altro che si verifica 1 volta su 1000 tentativi. Entrambi gli eventi sono probabili e nessuno dei due è certo. b) il concetto di prevedibilità non può essere di alcun aiuto perché neppure in esso si rinvengono limiti: è prevedibile tutto ciò che è possibile, ed è possibile tanto che il fatto si realizzi una volta su un milione quanto 99 su cento».

415 M. CAPECCHI, op. cit., p. 8, rileva come «il nesso causale non è un dato unitario per ogni ipotesi di

responsabilità civile, bensì si atteggia diversamente in funzione del criterio di imputazione. In altre parole, nel diritto civile non si richiede sempre l’accertamento del medesimo nesso di causalità come, invece, avviene nel diritto penale dove, stante il principio di personalità, il giudice può essere chiamato solo ad accertare il rapporto tra il comportamento tenuto dal responsabile e l’evento: per il sorgere della responsabilità civile, è necessario che sussista il nesso causale richiesto nella fattispecie legale, che indica, di volta in volta, la diversa causa in relazione alla quale deve compiersi la valutazione eziologica».

155

ritenere, alternativamente, come dimostrato o negato l’apporto causale nella produzione dell’effetto417.

Si fa riferimento convenzionalmente alla soglia del 50%, sicché quando la probabilità a favore dell’esistenza della relazione causale sia superiore alla probabilità contraria, il nesso eziologico si dà per esistente, secondo una regola che negli ordinamenti di common law prende il nome di “preponderance of evidence”418.

L’incertezza può certamente permanere dal punto di vista naturalistico, ma sul piano giuridico viene applicata la regola del “tutto o niente”, nel senso che la responsabilità viene riconosciuta per intero quando la prova della sua esistenza sia maggiore di quella contraria, mentre viene esclusa, all’opposto, se sul piano del balance of probabilities, prevale la soluzione opposta.

Anche in ambito risarcitorio, pertanto, è richiesta la certezza del nesso di causa, intesa in modo relativo come prevalenza delle probabilità favorevoli su quelle contrarie.

La nostra giurisprudenza ha in più occasioni rifiutato un approccio matematico alla probabilità del nesso causale, applicando al suo posto altri criteri quali, a titolo meramente esemplificativo, la “ragionevole certezza”419 o la “ragionevole certezza dell’esistenza di una non trascurabile probabilità”420.

Emerge, già da queste brevi considerazioni, come si tratti di un tema alquanto complesso che, nonostante i numerosi sforzi compiuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, non si può dire abbia ancora raggiunto risultati soddisfacenti nel sistema della responsabilità civile421.

417 P. TRIMARCHI, op. cit., p. 12, individua due diverse motivazioni della rilevanza del requisito del nesso

di causa: «la prima è che il rapporto di causalità di fatto costituisce il criterio più semplice di collegamento tra danno da risarcire e soggetto responsabile; la seconda è che nella responsabilità per colpa la rinuncia al requisito del nesso di causalità imporrebbe di colpire imprudenze non causative di danno e azioni rimaste allo stadio di tentativo solo se sussista il sospetto che esse abbiano causato il danno in questione».

418 Il principio risalirebbe al 1571 (Newis v. Lark) così REECE, Losses of Chances in the Law (1996), 59

The Modern Law Review, p. 204.

419 Così ad es., Cass. Civ., 5 aprile 1984, n. 2222, in Dir. e prat. ass., 1985, p. 306 con riguardo alla

responsabilità del legale per mancata impugnazione della sentenza di primo grado.

420 Cass. Civ., 22 aprile 1993, n. 4725, in Rep. Foro it., 1993, voce Lavoro (rapporto), n. 750.

421 Nella dottrina civilistica, dopo un intenso interesse manifestato negli anni ’60, interesse che ha portato

all’elaborazione di tre importanti monografie, quali P. FORCHIELLI, Il rapporto di causalità nell’illecito civile, Padova 1960; P. TRIMARCHI, Causalità e danno, Milano, 1967; F. REALMONTE, Il problema del rapporto di causalità nel risarcimento del danno, Milano, 1967, nonché numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità, il dibattito si è per lungo tempo sopito, nella convinzione che esso dovesse ispirarsi alle fondamentali elaborazioni penalistiche. Di regola non è stato attribuito al problema del nesso causale quell’importanza che invece avrebbe meritato, nel convincimento errato che esso riguardi questioni di fatto, e non questioni di diritto, da lasciare alla discrezionalità del giudice.

156

Si tratta, peraltro, di un tema non solo giuridico ma, per così dire, multidisciplinare, distinguendosi il concetto giuridico di causalità da quello proprio delle scienze naturali422.

In questo secondo caso, si tratta, infatti, di individuare rapporti di regolarità tra fenomeni concepiti come eventi ripetibili, al fine di acquisire conoscenze che consentano previsioni sullo svolgersi degli accadimenti; l’altro, invece, è interessato alla causalità come presupposto della possibilità di imputare eventi singoli o concreti già accaduti alla condotta umana, posto che quello condotto dal giudice è un giudizio di responsabilità, diretto a valutare l’incidenza della condotta umana su determinati accadimenti423.

Alla scienza giuridica interessa solo stabilire se e come attribuire rilevanza giuridica a un determinato nesso causale, la cui presenza venga preliminarmente accertata mediante autonomi criteri di conoscenza424.

In presenza di una pluralità di cause, poi, si pone il problema fondamentale di individuare precisi criteri di selezione per realizzare la scelta a favore di quelle cause meritevoli di rilevanza giuridica425.

422 Rileva, a tal proposito, P. FORCHIELLI, op. cit., p. 10 che «la scienza giuridica non ha assolutamente la

pretesa né la necessità di spiegare e di interpretare il fenomeno causale dal punto di vista naturalistico al fine di stabilire quando e come un determinato evento possa essere causalmente materialmente imputato a determinati soggetti. Il giurista non tenta di rispondere autonomamente al quesito se un determinato soggetto abbia «causato» un determinato fatto. Rispetto a questo interrogativo (squisitamente causale) la conoscenza giuridica è assolutamente tributaria delle altre scienze e, in particolar modo, delle scienze sperimentali». Il giurista accetta le risposte date dalle altre scienze circa la presenza o l’assenza del nesso di causa e ne fa derivare conseguenze giuridiche. La distinzione tra la nozione di causa dal punto di vista giuridico e da quello naturalistico è rilevata anche da M. CAPECCHI, op. cit., p. 12, secondo il quale nelle scienze naturali si ricercano normalmente tutte le cause di un evento, mentre nel diritto «non abbiamo fenomeni di fronte ai quali ci domandiamo quale sia la causa: ma soltanto ci domandiamo se un determinato antecedente ne sia stato elemento causale».

423 S. ROSSI, Brevi note a margine in materia di causalità, in Persona e danno, 2009. 424 P. FORCHIELLI, op. cit., p. 12.

425 P. FORCHIELLI, op. cit., p. 15, evidenzia le varie ipotesi di causalità multipla, distinguendo tra la serie

causale unica o causalità a catena, che si verifica quando una prima causa ne abbia prodotto una seconda, che impone al giurista di non arrestarsi alla causa prossima ma di risalire alla causa più remota, ossia la causa originaria. In presenza di una pluralità di cause, quelle giuridicamente rilevanti sono solo quelle umane, prossime o remote, e l’ipotesi di pluralità di cause umane, tutte condicione sine quibus non, dove si rende necessaria una selezione tra le stesse, in base al criterio temporale. «In presenza di un’unica causa umana imputabile, a prescindere dal fatto che sia più prossima o più remota, prevale sempre sulle cause umane non imputabili e sulle cause naturali o fortuite. Poiché la causa umana può trovarsi in posizione intermedia tra la causa originaria e il danno, per stabilire la esclusiva rilevanza della causa originaria o della causa umana intermedia si deve aver riguardo alla presenza o assenza di un altro elemento, estraneo al fenomeno causale, caratterizzato dall’attribuibilità psicologica del danno all’autore della causa umana».

157

Outline

Documenti correlati