• Non ci sono risultati.

L’entità del danno negli illeciti escludenti e in quelli di sfruttamento.

L’AZIONE RISARCITORIA ANTITRUST

3.2. Il danno subito dai concorrenti: i principali casi affrontati dalla giurisprudenza.

3.2.3. L’entità del danno negli illeciti escludenti e in quelli di sfruttamento.

Nella pratica escludente, tipici i casi sopra richiamati di Telecom o di Bluvacanze, il danno patrimoniale subito dal concorrente escluso dal mercato consiste nella perdita di profitti che avrebbe ragionevolmente potuto percepire in assenza della pratica anticoncorrenziale272.

I concorrenti, quindi, patiscono un danno economico immediato, consistente sia nel danno emergente, ossia nella perdita degli investimenti effettuati, dei costi per entrare nel mercato ecc., che nel lucro cessante, dato dalla perdita dei profitti che avrebbero conseguito rimanendo sul mercato e, talvolta, anche un danno da perdita di chance, nel caso in cui l’esclusione dal mercato impedisca di acquisire titoli o competenze utili in futuro per aumentare la produzione, e quindi i profitti, o per entrare su nuovi mercati273.

Se da un lato è innegabile che essi rappresentino le vittime designate dalle imprese autrici della violazione della normativa sulla concorrenza, e pertanto i loro interessi siano allineati a quelli che la normativa antitrust è diretta a tutelare, dall’altro occorre valutare attentamente se l’esclusione o il mancato ingresso al mercato di riferimento dipenda dall’illecito commesso dalle imprese concorrenti o, piuttosto, sia imputabile alla mancanza di efficienza della stessa impresa danneggiata.

Nella prima ipotesi, il danno che il concorrente può rivendicare consiste sia nei costi inutilmente sostenuti (danno emergente), sia nei profitti che non ha potuto conseguire, avendo riguardo ai guadagni normalmente percepiti e che si può ragionevolmente ritenere che sarebbero continuati in assenza dell’illecito (lucro cessante).

272 G.A. BENACCHIO – M. CARPAGNANO, L’azione di risarcimento del danno per violazione delle regole

comunitarie sulla concorrenza, in Quaderni di dipartimento di Scienze giuridiche, Università di Trento, 2007, p. 82 ss.

273 L. PROSPERETTI, E. PANI, I. TOMASI, Il danno antitrust. Una prospettiva economica, Recensione di

101

Nel secondo caso, invece, va escluso il risarcimento quando la fuoriuscita o il mancato ingresso nel mercato sia dipeso dal comportamento del medesimo imprenditore, e si sarebbe comunque verificato anche in assenza della condotta antitrust. Il principio si ricollega al concetto del rischio nel senso che la vittima non ha diritto ad essere garantita contro i rischi ai quali sostanzialmente sarebbe stata esposta anche se l’atto illecito non fosse stato commesso274.

In caso contrario, risulterebbe sconfessata la funzione reintegrativa della responsabilità civile, la quale mira a compensare il danneggiato per la perdita ed è diretta a porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito275.

Ne consegue, quindi, che il danneggiato non può venirsi a trovare in una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato in mancanza dell’atto illecito, conseguendo un arricchimento non giustificato, che non rientra nella funzione del sistema di responsabilità civile.

Quanto al concorrente il cui ingresso sul mercato è stato impedito, occorre anche in questo caso valutare se esso sia dipeso da mancanza di efficienza dell’imprenditore o dall’illecito concorrenziale.

Solo in questo secondo caso, infatti, sarà risarcibile il danno da esso subito, configurabile in termini di perdita di chance, poiché non si tratta di risarcire un danno per un profitto ordinariamente conseguito prima dell’illecito e che presumibilmente sarebbe continuato in assenza di esso, ma una chance, ossia una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non una mera aspettativa di fatto.

Problemi in merito alla risarcibilità del danno possono sorgere a seconda di come venga inteso tale istituto.

Dottrina e giurisprudenza hanno, infatti, seguito due strade antitetiche per ammettere la risarcibilità del danno da perdita di chance.

La prima tende a ricostruire la chance come ipotesi di danno emergente, ossia come bene attuale, già presente nel patrimonio del soggetto, “posta attiva” del

274 L. CASTELLI, La causalità giuridica nel campo degli illeciti anticoncorrenziali, in Danno e resp., 2013,

p. 1052; P. TRIMARCHI, Causalità e danno, Milano, 1967, p. 117 ss.

275 G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile: fatti illeciti, inadempimento, danno risarcibile,

102

medesimo, consistente nella perdita “attuale” della possibilità (ormai definitivamente compromessa) di raggiungere il risultato favorevole sperato276.

La seconda, invece, concepisce la chance in termini di lucro cessante, consistente nella mancata realizzazione del “risultato finale favorevole” che, in assenza dell’evento lesivo, sarebbe stato raggiunto277.

La giurisprudenza prevalente278 tende ad aderire alla tesi dottrinale che qualifica la perdita di chance in termini di danno emergente, poiché si ritiene che la chance costituisca un autonomo bene già presente nel patrimonio del danneggiato279.

Concepire la chance come lucro cessante, ossia come danno futuro, legato alla ragionevole probabilità di un evento, pone a carico del danneggiato una prova eccessivamente gravosa posto che richiede al creditore di dimostrare che al momento del fatto, egli godeva di una percentuale di possibilità favorevoli superiore rispetto a quella di possibilità sfavorevoli, nel senso che vi erano almeno il 50%+1 di chances (favorevoli) che l’evento favorevole si sarebbe verificato.

Risulta, viceversa, più agevole la prova del quantum debeatur, poiché il danno sarà liquidato nella misura pari al valore economico complessivo del risultato finale mancato.

La tesi della chance come danno emergente comporta, invece, una semplificazione dell’onere della prova gravante sul danneggiato quanto all’an debeatur, il quale dovrà dimostrare non la certezza del conseguimento del risultato favorevole, ma solo la sua possibilità, se pur seria, pari ad almeno il 10%280.

Dunque si dovrà, in primo luogo, dimostrare la sussistenza di un collegamento causale tra la condotta del danneggiante e la lesione dell’opportunità presente nel proprio patrimonio. In un momento successivo, invece, verrà determinato l’ammontare

276 Tra gli altri, si veda in dottrina, C. M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in Comm. cod.

civ., Scialoja-Branca, proseguito da F. Galgano, Roma-Bologna, 1979, 229 ss.; A. DE CUPIS, Il risarcimento della perdita di una chance, in Giur. it., 1986, I, 1, p. 1181 ss. nonché M. FRANZONI, Il danno risarcibile, in Tratt. della resp. civ. diretto da M. Franzoni, Milano, 2004, 83 ss.

277 Tra gli altri, si veda in dottrina, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, in Riv. giur. circ. trasp.,

2000, p. 676; M. PACCES, Alla ricerca delle chances perdute: vizi e (virtù) di una costruzione giurisprudenziale, in Danno e resp., 6/2000, p. 658 ss.

278 Tra le tante pronunce si veda, in particolare, Cass. 21 luglio 2003, n. 11322, in Danno e resp., 2004, p.

567.

279 Si è dovuto, tuttavia, attendere Cass. 4 marzo 2004, n. 4400, in Foro it., 2004, p. 1403.

280 Dal punto di vista del quantum debeatur, il danno non viene più fatto coincidere con il valore

economico del risultato finale mancato, ma si deve quantificare il vantaggio economico che il soggetto leso avrebbe conseguito se non si fosse verificato l’evento dannoso e poi si deve ridurre percentualmente, in funzione della possibilità (percentuale, appunto) di realizzarlo (10%, 15%, 20% etc.).

103

del danno risarcibile, il quale, dovendo riguardare ex art. 1223 c.c. solo le conseguenze immediate e dirette della condotta, non potrà avere ad oggetto l’intera utilità futura mancata, bensì la sola chance281.

Nello specifico contesto dell’illecito antitrust, il soggetto danneggiato da un abuso escludente sarà tenuto a provare con quale grado di probabilità si sarebbe verificato il proprio ingresso (o la propria permanenza) nel mercato, qualora non si fosse verificata la condotta anticompetitiva, nonché le stime del guadagno futuro correlato all’esercizio dell’attività282.

Quanto agli illeciti di sfruttamento o di prezzo, ossia i comportamenti diretti a ridurre la produzione al fine di innalzare i prezzi al di sopra del livello competitivo essi possono cagionare un danno a diverse categorie di soggetti; in particolare ciò dipende dal livello di elasticità della domanda del bene, il cui prezzo viene aumentato.

Quindi, se la domanda del suddetto bene è perfettamente rigida rispetto al prezzo, i suoi produttori riusciranno a traslare sui consumatori l’aumento del proprio costo di produzione, attraverso un innalzamento del prezzo del bene finale, non subendo in concreto alcun danno.

Nel caso contrario, invece, di domanda elastica, di fronte ad un aumento del prezzo del prodotto finale, i consumatori tenderanno a ridurre la quantità di beni consumati, e vi sarà quindi un danno maggiore per gli acquirenti diretti, consistente nel lucro cessante, pari alla differenza tra i profitti che avrebbero ricavato in assenza del cartello e quelli effettivamente conseguiti.

Si produrranno, così, tre tipologie di danno: i produttori del bene finale, per la cui realizzazione utilizzano il bene intermedio il cui prezzo è stato aumentato, subiranno sia un danno emergente, consistente nell’aumento dei costi di produzione che non sono in grado di traslare sulla propria clientela, sia un lucro cessante, per i profitti che si sarebbero potuti conseguire, nonché un danno emergente in capo ai consumatori, conseguente all’aumento del prezzo del bene finale.

281 La peculiarità del pregiudizio in esame sta proprio nella determinazione dell’ammontare del

risarcimento che sarà pari all’ “attualizzazione” del valore dell’utilità futura non percepita.

Detto altrimenti, sarà necessario moltiplicare il valore del vantaggio economico mancato per il grado di probabilità di conseguirlo. In dottrina si veda C.M. BIANCA, Diritto civile, La responsabilità, 1994, p.161.

282 La prima vicenda in cui la giurisprudenza ha fatto ricorso alla figura del danno da perdita di chance è

104 3.3. Il danno subito dai consumatori.

Il problema del diritto di agire in giudizio dei consumatori per il risarcimento del danno da violazione antitrust si presenta sicuramente più complesso rispetto a quello relativo ai concorrenti, appena esaminato.

Si è già avuto modo di notare come, in un primo tempo, la giurisprudenza nazionale si è concentrata quasi esclusivamente sulla sorte dei contratti «a valle», riproduttivi delle clausole contenute nelle NBU mentre, solo in un momento successivo, si è iniziata ad occupare più specificatamente del rimedio risarcitorio, in occasione della nota vicenda del cartello assicurativo sanzionato dall’Autorità Antitrust283.

L’intervento della Corte di Giustizia in tal senso è stato pionieristico.

Il diritto ad ottenere il risarcimento del danno antitrust riconosciuto espressamente dalla Corte di Giustizia nella sentenza Courage del 2001, è stato poi confermato nel caso Manfredi del 2006284, relativo a soggetti terzi rispetto all’intesa (gli

assicurati) lesi dall’illecita distorsione della concorrenza, diversamente dal primo caso che aveva riconosciuto il diritto di chiedere il risarcimento del danno patrimoniale subito in seguito alla violazione delle regole di concorrenza anche a chi è parte di un contratto idoneo a restringere o falsare la concorrenza.

Secondo l’ampia impostazione accolta dalla Corte europea, nessuna categoria di potenziali attori del mercato è esclusa dalla legittimazione all’azione risarcitoria antitrust; ad essere potenzialmente esclusa è solo la parte del contratto illecito che abbia avuto una responsabilità significativa nella distorsione della concorrenza.

Nel caso Manfredi, quindi, la domanda di risarcimento proveniva dal consumatore diretto285.

In quell’occasione la Corte, consolidando i principi espressi nella precedente Courage, ha ribadito che «dall’applicazione del principio di effettività, deriva che i danneggiati devono poter chiedere in giudizio il risarcimento sia del danno effettivamente subito (danno emergente), sia del mancato guadagno (lucro cessante),

283 AGCM, 28 luglio 2000, n. 8546, in Boll. 30/2000.

284 C. Giust. CE, 13 luglio 2006, Manfredi c. Llyod Adriatico Assicurazioni S.p.a., C-295/04, riunita poi

con altre cause da C-295/04 a C-298/04, in Racc., 2006, p. I-06619.

La sentenza della Corte di Lussemburgo origina da un rinvio pregiudiziale compiuto dal Giudice di Pace di Bitonto a seguito delle numerose richieste di risarcimento danni avanzate dai clienti di varie compagnie assicurative dopo che l’AGCM aveva sanzionato il cartello da queste posto in essere.

285 Il caso Manfredi deciso dalla Corte di Giustizia rappresenta, al momento, l’unico caso di applicazione

nei riguardi dei terzi della normativa antimonopolistica comunitaria in un’azione di risarcimento danni promossa da un consumatore finale.

105

oltre al pagamento degli interessi, che rappresentano una componente essenziale dell’indennizzo»286.

Ha inoltre riaffermato che per poter chiedere il risarcimento del danno occorre che sia provata una condotta anticoncorrenziale, un pregiudizio, nonché un nesso di causalità tra la pratica illecita e il danno subito.

La controversia riguardava, peraltro, i consumatori diretti, ossia soggetti terzi rispetto all’intesa illecita che, quindi, non sono entrati in contatto con gli autori della violazione, in ciò differenziandosi dal caso Courage, relativo alla parte economicamente più debole del rapporto contrattuale.

Il principio della risarcibilità dei danni patiti dai consumatori a causa della violazione del diritto antitrust, nazionale o comunitario, è stato poi affermato anche dalla Corte di Cassazione, che ha operato un revirement con la più volte citata sentenza delle Sezioni Unite del 2005, mediante l’esplicito riconoscimento della legittimazione ad attivare le tutele di cui all’art. 33 della legge antitrust «a chiunque (quindi anche ai consumatori) abbia interesse alla conservazione del carattere competitivo del mercato e sia in grado di allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere».

Tale affermazione implica il riconoscimento che tutti i soggetti del mercato sono portatori, almeno sul piano astratto, di un interesse al mantenimento della concorrenza sul mercato e che, per l’ipotesi in cui tale lesione produca un danno, i soggetti danneggiati possono attivare le tutele previste dall’art. 33.

Dunque nel caso in cui il comportamento anticoncorrenziale si concretizzi in un atto negoziale, si può ipotizzare che il risarcimento sia a titolo di responsabilità precontrattuale o che si abbia la nullità di protezione del contratto.

La giurisprudenza successiva ha consolidato l’indirizzo espresso dalle S.U. del 2005287.

286 Tale principio è sempre stato affermato dalla Corte di Giustizia, si veda ad es. C. Giust. CE, 2 agosto

1993, causa C-271/91, Marshall, in Racc., p. I-4367.

287 Tra queste si veda: Cass., 27 ottobre 2005, n. 20923, in Giur. comm., 2006, II, p. 253 ss., con nota di L.

DELLI PRISCOLI, Equilibrio del mercato ed equilibrio del contratto; Cass., 10 maggio 2011, n. 10211, Allianz v. D.C.M., in Persona e Danno, p. 105; Cass., 14 marzo 2011, n. 5941, Allianz v. A.E., in Diritto e Fiscalità dell’Assicurazione, 2012, I, p. 192 ss., con nota di D. BONACCORSI DI PATTI, Ancora sulla prova del nesso di causalità e del danno, nell’azione di risarcimento derivante da illecito antitrust, nota a Cass., in Dir. e fisc. dell’ass., 2012, I, p. 192.

106

Con la sentenza 2305/2007288 la Cassazione, confermando nelle sue linee essenziali la sentenza delle Sezioni Unite, ha ulteriormente sviluppato la tematica della tutela risarcitoria per violazione della normativa antitrust289, tralasciando il diverso tema degli effetti dell’invalidità dell’intesa sui contratti «a valle».

In quell’occasione la Corte si è preoccupata di individuare la situazione giuridica tutelata nella fattispecie davanti ad essa dedotta, consistente nell’interesse alla libertà contrattuale, inteso come diritto di scelta effettiva tra i prodotti offerti sul mercato, quindi come diritto a godere dei benefici della concorrenza, direttamente pregiudicato dal comportamento anticoncorrenziale tenute dalle imprese «a monte», la cui lesione integra il danno ingiusto, risarcibile ex art. 2043 c.c.290

3.3.1. Le diverse tipologie di danno per i consumatori nei vari tipi di

Outline

Documenti correlati