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La definizione di falsus creditor in D 47.2.43.pr.: una preziosa parentesi.

diritto romano.

3. Il creditore apparente nelle fonti giuridiche romane: un caso isolato di falsus creditor.

3.1. La definizione di falsus creditor in D 47.2.43.pr.: una preziosa parentesi.

Ciò rilevato in generale circa la ritenuta impossibilità di rinvenire di un antecedente storico del moderno creditore apparente nel diritto romano, occorre però domandarsi se sia davvero il caso di arrendersi di fronte al dato della pressoché totale assenza di tale figura nelle fonti romane per concludere in favore della totale irrilevanza giuridica dell’istituto, o se questo, pur con le dovute precauzioni, possa trovare cittadinanza anche nell’alveo del pensiero giuridico di Roma antica. Per fare ciò e proporre un ripensamento o un nuovo studio della figura del creditore apparente nelle fonti romane occorre naturalmente, come sempre, partire proprio da queste ultime: dovremo, quindi, valutare se sulla base delle parole dei giuristi romani sia possibile ipotizzare la sussistenza di fattispecie rispetto alle quali potesse venire in rilievo, direttamente o indirettamente, una figura simile o analoga a quella del nostro creditore apparente, eventualmente anche per finalità e con effetti diversi da quelli per cui l’istituto è contemplato nel nostro ordinamento.

Come anticipato, se nelle fonti romane sono numerosi i passi che prendono in considerazione ed esaminano fattispecie relative al falsus

procurator, al contrario gli stessi sembrano disinteressarsi alla figura del falsus creditor. Proprio in virtù di tale esiguità – o forse sarebbe più corretto dire

pressoché totale assenza – di dati, è opportuno partire proprio dall’unico brano che, in controtendenza rispetto a quanto appena affermato, menziona espressamente la figura del falsus creditor. Occorre subito avvisare che si tratta, per la verità, di un brano che introduce un discorso che poi si concentrerà ed avrà ad oggetto la diversa figura del falso rappresentante e che, dunque, inevitabilmente tornerà nel nostro discorso anche in futuro, allorquando ci occuperemo nel dettaglio di quest’ultima figura. Il passo in questione è, infatti, il principium del frammento 43 del secondo titolo del libro

47 del Digesto, i cui brani successivi saranno presi in considerazione successivamente37, quando affronteremo la parte relativa al falsus procurator.

Tale testimonianza, per quanto breve e isolata, non trovando infatti seguito e ulteriore specificazione nei brani seguenti, rappresenta per noi un imprescindibile punto di partenza: anzi, quest’apparente debolezza costituisce il suo elemento di forza, poiché l’estrema scarsezza di fonti sul tema non fa altro che accrescere il suo valore, rendendo questa solitaria testimonianza per noi ancora più preziosa.

D. 47.2.43.pr. (Ulp. 41 ad Sab.)

Falsus creditor (hoc est is, qui se simulat creditorem) si quid acceperit, furtum facit nec nummi eius fient.

Il brano in questione è inserito nel secondo titolo del libro 47, titolo contenente una selezione di brani aventi ad oggetto il delitto di furto – come agevolmente desumibile dalla sua rubrica: «De Furtis» – e, infatti, prende in considerazione la figura del falsus creditor – nonché, nel paragrafo successivo (D. 47.2.43.1), quella del falsus procurator – proprio in relazione a tale illecito. Non a caso il brano in questione, assieme a quelli che lo seguono, sono stati particolarmente analizzati e approfonditi da parte degli autori che si sono dedicati allo studio di tale delictum38. Addirittura, a parere della dottrina

37 Per la trattazione relativa al falsus procurator si rinvia al contenuto del cap. 5.

38 Nell’ambito dei numerosi studi di dottrina dedicati al furtum si ricordano, partendo dai più

recenti e senza pretesa di completezza: M.PENNITZ, Acria et severa iudicia de furtis habita esse apud veteres … (Gellius 6,15,1). Überlegungen zum furtum usus*), in ZRG, 134/1 (2017),

pp. 147-187; L. PARENTI,Brevi considerazioni su due passi di Pomponio in tema di furtum usus: D. 13.1.16 e D. 47.2.77(76)pr., in TSDP, 7 (2014); F. BATTAGLIA, Furtum est contrectatio. La definizione romana del furto e la sua elaborazione moderna, Padova:

CEDAM, 2012; M. A. FENOCCHIO, Sulle tracce del delitto di ‘furtum’. Genesi sviluppi vicende, Napoli: Jovene, 2008, con recensione di A.BURDESE, Rec., Sulle tracce del delitto di ‘furtum’. Genesi sviluppi vicende (M. A. Fenocchio), in SDHI, 78 (2012), 753-757; I.

FARGNOLI, Ricerche in tema di furtum: qui sciens indebitum accipit, Milano: Giuffrè, 2006; P.

FERRETTI, Complicità e furto nel diritto romano, Milano: Giuffrè, 2005; R. LA ROSA, La repressione del «furtum» in età arcaica. Manus iniectio e duplione damnum decidere, Reggio

Calabria: ESI, 1990; con recensione di L.PEPPE,Rec. La repressione del «furtum» in età arcaica. Manus iniectio e duplione damnum decidere (R. La Rosa), in Iura, 41 (1990), pp. 173-

179; J. GAUDEMET, À propos du “furtum” à l’époque classique, in Labeo, 7 (1961), pp. 7-19

(= Études de droit romain, 1: Sources et théorie générale du droit, Napoli: Jovene, 1979, pp. 113-127); nonché il contributo, specificamente riferito al furtum di cose ereditarie, di J.A.C. THOMAS,Rei hereditariae furtum non fit, in TvR, 36/4 (1968), pp. 489-508. Con riferimento

specifico alla rapina, invece, si veda lo studio di M.BALZARINI,Ricerche in tema di danno violento e rapina nel diritto romano, Padova: CEDAM, 1969, con recensione di P.

l’importanza di tale brano è tale, da essere considerato alla stregua di «un cardine fondamentale dello studio del furto del falso procuratore»39, nonché, potremmo aggiungere, del falsus creditor, col quale viene infatti messo puntualmente a confronto40.

La volontà di instaurare un paragone tra le due figure, pur non esplicitata da Ulpiano, emerge tuttavia in maniera chiara dalla costruzione dei primi due brani del titolo 47.2, il principium e il paragrafo 1, riferiti rispettivamente, il primo, al falsus creditor e, il secondo, al falsus procurator. Essi presentano, infatti, una struttura simmetrica e speculare, che coniuga all’aspetto giuridico anche quello definitorio: in particolare, in entrambi i brani il giurista, oltre a descrivere una specifica fattispecie di furto, si premura anche di fornire la definizione del soggetto attivo del delitto in questione, occupandosi del falsus

procurator nel paragrafo primo e del falsus creditor nel principium.

Prima di analizzare la specifica fattispecie presa in esame da Ulpiano nel

principium – che, peraltro, in questa sede non interessa particolarmente se non

nei limiti in cui essa, come già rilevato, rappresenta l’unica ipotesi a noi segnalata dai giuristi romani in cui compare un ‘apparente creditore’ – occorre, dunque, soffermarci sull’inciso in esso contenuto, il quale racchiude la definizione, fondamentale ai nostri fini, della figura del falsus creditor.

Peraltro, come premessa a tale analisi, occorre fin d’ora avvisare, salvo poi approfondire la questione nel proseguo della trattazione, che è proprio in Balzarini), in Labeo, 20/2 (1974), pp. 276-288. Inoltre, per l’analisi manualistica del furtum si

vedano: V. ARANGIO-RUIZ, Istituzioni di diritto romano cit., pp. 368 ss.; P. BONFANTE, Istituzioni di diritto romano cit., pp. 420 ss.; A.BURDESE, Manuale di diritto privato romano

cit., pp. 517 ss.; G. FRANCIOSI, Corso istituzionale di diritto romano cit., pp. 364 ss.; A. GUARINO, Diritto privato romano cit., pp. 981 ss.; M.MARRONE, Istituzioni di diritto romano

cit., pp. 522 ss.; G.NICOSIA, Nuovi profili istituzionali di diritto privato romano cit., pp. 400

ss.; G.PUGLIESE, Istituzioni di diritto romano cit., pp. 669 ss.; G.PUGLIESE –F.SITZIA –L.

VACCA, Istituzioni di diritto romano cit., pp. 354 ss.; G. SCHERILLO – F. GNOLI, Diritto romano: lezioni istituzionali cit., pp. 436 ss.; M.TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano cit.,

1990, pp. 621 ss., pp. 306 ss.; E.VOLTERRA, Istituzioni di diritto privato romano cit., pp. 556

ss.

39 I.FARGNOLI, Ricerche in tema di furtum cit.,p. 27. Di questo avviso anche A. MILAZZO,

Falsus procurator: ricerche sull’evoluzione del concetto di falso rappresentante, Bari:

Cacucci, 2012, p. 139, il quale ritiene che il brano ulpianeo costituisca «un’interessante applicazione dei principi in materia di falsus procurator, oltre tutto messa a confronto con la figura del falsus creditor [...]».

40 A. MILAZZO, Falsus procurator cit., p. 139, il quale mette in rilievo la comparazione

effettuata da Ulpiano tra la figura del falsus procurator e «la figura del falsus creditor, che qui trova la sua unica menzione all’interno dei Digesta».

ordine a tale inciso si sono concentrati i principali dubbi e discussioni degli studiosi. Infatti, se il principium del frammento è stato tendenzialmente riconosciuto genuino dalla dottrina41, la stessa ha tuttavia sollevato questioni proprio in ordine alla parentetica («hoc est is, qui se simulat creditorem»), sospettata di essere frutto di interventi interpolatori da parte dei compilatori. Tale dubbio probabilmente è stato alimentato anche dalla struttura e dalla costruzione della frase, nell’ambito della quale la definizione contenuta fra parentesi si inserisce come accessorio rispetto al contenuto principale, rappresentato dalla descrizione dell’ipotesi di furtum presa in esame dal giurista. Ulpiano, infatti, dopo aver introdotto il soggetto della fattispecie – appunto il nostro falsus creditor – che si accinge a descrivere ed analizzare, inserisce una parentesi, volta a chiarire la nozione della figura citata.

Ora, a ben vedere, la circostanza che Ulpiano abbia reputato necessario affiancare all’espressione falsus creditor la specificazione del suo significato potrebbe prestarsi a più di una interpretazione. In particolare, da un lato, essa potrebbe essere spia dell’opportunità di chiarire un concetto privo di una propria individualità giuridica, o quantomeno di utilizzo poco frequente nel panorama giurisprudenziale romano. Aspetto, quest’ultimo, che in effetti parrebbe confermato dall’assenza di ulteriori fonti dedicate al falsus creditor, che, come rilevato, trova nel brano qui in esame la sua unica menzione42.

Dall’altro lato, però, se così fosse, probabilmente la sua spiegazione avrebbe richiesto ben più che un semplice inciso e non avrebbe potuto esaurirsi in una definizione affidata a poche e concise parole. In presenza di un concetto nuovo e da chiarire, infatti, il giurista avrebbe verosimilmente sentito l’esigenza di diffondersi nella illustrazione del suo significato, probabilmente anche ricorrendo alla tecnica dell’esemplificazione, arricchendo magari la

41 Il principium del frammento D. 47.2.43 e il richiamo al falsus creditor hanno destato

l’interesse anche degli autori che, in via prioritaria, si sono dedicati allo studio del diverso fenomeno della falsa rappresentanza. Infatti, nel momento in cui, studiando il mandato e la procura, ci si confronta con il passo di Ulpiano D. 47.2.43.1, contenente la nota definizione di

falsus procurator, è impossibile non estendere l’analisi anche al passo immediatamente

precedente, che, per diversi motivi – identità di autore, analogia di struttura sintattica e affinità di materia – si presta ad un’analisi e ad uno studio congiunto, resi in certo modo quasi imprescindibili. Conferma di ciò sono i contributi più recenti dedicati al falsus procurator e alla rappresentanza apparente in diritto romano, nell’ambito dei quali si rinviene sempre una parte dedicata, in maniera più o meno diffusa, al passo relativo al furto del falsus creditor. Per una lettura diretta dei riferimenti, si veda anche A.MILAZZO, Falsus procurator cit., pp. 138 ss.

definizione fornita mediante il riferimento ad una casistica concreta. Invece l’atteggiamento di Ulpiano, che liquida con una breve paretesi la definizione di

falsus creditor, per poi passare immediatamente all’esame della fattispecie,

pare piuttosto sintomatico di un concetto noto e pacifico, non necessitante di spiegazioni che vadano oltre un breve e sintetico richiamo della nozione base. Ciò potrebbe avvenire o perché trattasi di una figura conosciuta dai giuristi, agli occhi dei quali qualsivoglia ulteriore chiarimento sarebbe apparso ridondante. Ma una simile conclusione appare poco verosimile, poiché, se così fosse, probabilmente Ulpiano avrebbe inserito nell’inciso anche un avverbio quale «plane» o «clare», proprio per sottolineare la superfluità di ogni spiegazione aggiuntiva. Oppure, la sinteticità della definizione potrebbe essere dovuta alla scarsa rilevanza ricoperta dal concetto di falsus creditor per i giuristi romani, per i quali il ‘falso creditore’ non rappresenterebbe una figura caratterizzata da una propria individualità, idonea ad articolarsi in molteplici fattispecie e ad originare svariate questioni giuridiche, ma semplicemente un modo sintetico per indicare la persona che ‘si finge’(«se simulat») creditore. Se si accoglie quest’ultima impostazione, allora si dovrebbe trarre, come ulteriore conseguenza, che ad Ulpiano e ai giuristi del suo tempo il falsus creditor non sarebbe interessato tanto come istituto in sé, ma sarebbe piuttosto venuto in rilievo come uno dei potenziali soggetti attivi della condotta delittuosa in relazione alla quale lo stesso è analizzato (che, come accennato e come a breve vedremo meglio, è il delictum furti). Ma, del resto, tale conclusione non risulta troppo eccentrica, essendo in linea con il pensiero giuridico romano, che, attraverso lo studio e l’esposizione dei casi concreti, ha consentito il nascere della maggior parte degli istituti giuridici, i quali, in alcuni casi, sono giunti e si sono mantenuti nella loro accezione originaria – o quasi – fino al nostro tempo43.

Ciò rilevato in ordine alla brevità della definizione ulpianea, possiamo adesso soffermarci più diffusamente sulla portata del suo sintetico contenuto.

43 Al tema dei fondamenti romanistici del moderno diritto civile è dedicato il lavoro di R.

ZIMMERMANN, The law of obligations: Roman foundations of the civilian tradition, Cape Town: Juta & Co., 1990, che non a caso prende in considerazione anche le ipotesi, qui esaminate, del falsus creditor e del falsus procurator.

Quanto alla struttura del periodo in cui si inserisce, abbiamo già rilevato come la nozione di ‘falso creditore’ non costituisca l’oggetto prioritario dell’affermazione, ma sia piuttosto affidata da Ulpiano ad un inciso. Il giurista, infatti, dopo aver introdotto il soggetto della frase, appunto il falsus creditor, specifica tra parentesi chi fosse il creditore da qualificarsi ‘falsus’, chiarendo che tale è («hoc est») «is, qui se simulat creditorem».

Come è stato rilevato, la definizione ulpianea di falso creditore rinvia dunque all’idea della simulazione44 e della finzione: è falso creditore chi si finge creditore, ossia, volendo sciogliere la definizione, colui che simula la titolarità della qualifica di soggetto attivo del rapporto obbligatorio.

Da tale definizione trapela, dunque, un’accezione negativa del falso creditore, che pare doversi trovare in uno stato di necessaria mala fede. Ulpiano, infatti, non pare lasciare spazio per un ipotetico ‘falso creditore colposo’, ma sembra tratteggiare un’ipotesi esclusivamente dolosa. Per meglio dire, nell’affermare che il falso creditore è chi si simula creditore, Ulpiano rappresenta il falso creditore come un soggetto che simula una qualifica che sa di non avere. Dunque, agendo nella piena consapevolezza circa la carenza del requisito richiesto, il soggetto verte in uno stato di mala fede e, pertanto, l’elemento soggettivo che connota la condotta non può che essere il dolo. Se Ulpiano avesse voluto lasciare spazio anche all’ipotesi colposa, infatti, avrebbe affiancato alla simulazione della qualifica di creditore, anche la falsa rappresentazione o l’erroneo convincimento circa il possesso della medesima. In tal caso, accanto all’ipotesi dolosa si sarebbe potuta configurare un’ipotesi di errore e di colpa. Ma così non è, perché la breve definizione ulpianea non lascia spazio a casi diversi da quella della simulazione della qualifica di creditore: dal che pare doversi ricavare che il falso creditore di cui parla la fonte è un soggetto che agisce con dolo e la cui condotta è, dunque, necessariamente connotata da mala fede.

Ora, ciò rilevato in via generale, occorre tuttavia avvisare, come anticipato, che il brano in esame, pur attualmente ritenuto genuino della

44 Sul punto si vedano le osservazioni di A.MILAZZO, Falsus procurator cit., p. 141, il quale

dopo aver ribadito che «del falso creditore [...] si fornisce una definizione in un inciso», rileva che tale inciso «rimanda all’idea del falso creditore come simulatore, salvo poi comprendere come vada inteso “qui se simulat creditorem”», aprendo dunque agli interrogativi in ordine alla corretta interpretazione della definizione ulpianea.

prevalente dottrina, è stato in passato contestato da alcuni autori, che avanzarono dubbi proprio in ordine alla originalità dell’inciso de quo e del relativo riferimento alla condotta simulatoria che connoterebbe il creditore ‘apparente’ (rectius ‘falso’)45.

In relazione a tale parentetica è, dunque, possibile individuare fondamentalmente due tesi interpretative: la prima, più risalente, che sostiene che il frammento in esame sia stato oggetto di un intervento interpolazionistico, che ne avrebbe mutato il contenuto attraverso l’aggiunta di un glossema postclassico; la seconda prospettiva, accolta dalla dottrina più recente, che, rigettando la precedente impostazione, si pronuncia invece a favore della genuinità dell’inciso46.

In particolare, le considerazioni della tesi interpolazionistica originano dalla lettura congiunta del principium e del frammento primo e, dunque, dal confronto tra le due figure del falsus creditor e del falsus procurator. Infatti, avendo tale dottrina escluso la genuinità del frammento relativo al falsus

procurator, da essa discende con effetto ‘a cascata’ la contestazione in ordine

alla originalità della definizione di falsus creditor47. Secondo tale teoria, quindi, l’aggettivo ‘falsus’ non avrebbe niente a che vedere con il concetto di simulazione e, tanto meno, con le condotte dolose quali l’inganno o il raggiro. Al contrario, nella dottrina prevalente si era radicata la convinzione che, attraverso la definizione di falsus creditor contenuta nel principium del frammento, Ulpiano avrebbe voluto indicare semplicemente un soggetto «non creditore». I sostenitori di tale teoria, come accennato, giungevano a tale conclusione rinviando alle analoghe conclusioni in tema di falsus procurator, locuzione che a loro avviso avrebbe dovuto indicare il ‘non procuratore’, ossia

45 In quest’ultimo indirizzo si colloca A.MILAZZO, Falsus procurator cit., il quale sostiene la

«originalità della frase chiusa tra parentesi, nel contesto della quale ciò che rileva è l’elemento della simulazione».

46 Cfr. A.MILAZZO, Falsus procurator cit., pp. 141-142.

47 Sul punto merita citare direttamente le parole di A.MILAZZO, Falsus procurator cit., p. 41, il

quale rileva che: «il frammento nel suo principium è stato oggetto di particolare attenzione in dottrina, e nella sostanza riconosciuto genuino, salvo proprio l’inciso in discussione (hoc est is,

qui se simulat creditorem), il quale è stato sospettato di essere frutto di intervento

interpolatorio dei compilatori: in particolare, il sospetto nasce dal confronto della figura del falso creditore con quella del falso procuratore, di modo che, inteso sostanzialmente dalla dottrina consolidata come non genuino il falsus procurator, di conseguenza anche il falsus

colui che, essendo sfornito di mandato, non avrebbe potuto vantare la qualifica, il titolo e i poteri di rappresentante e, pertanto, non avrebbe potuto agire per conto del reale titolare del negozio, dal quale non aveva, infatti, ricevuto alcun incarico in tal senso. Secondo questa risalente ma fortunata teoria, quindi, il qualificare il creditore o il procuratore come ‘falsus’ non implicherebbe un rinvio alla mala fede come atteggiamento soggettivo necessariamente connotante la condotta, ma semplicemente attesterebbe l’assenza nel soggetto del relativo titolo. Il vocabolo falsus, dunque, avrebbe semplicemente valore privativo e servirebbe a distinguere e a porre in contrapposizione il

creditor/procurator ‘falsus’ dal creditor/procurator ‘verus’, inteso quale

effettivo titolare della qualifica soggettiva in questione48.

In antitesi rispetto alla tesi interpolazionistica si è posta, invece, la dottrina più recente, la quale ha negato che l’inciso sia frutto dell’aggiunta di un glossema postclassico, mirando piuttosto a riconoscere genuinità all’inciso49. I sostenitori di questa diversa opinione fondano la propria argomentazione sul termine ‘simulare’, del quale ritengono doveroso precisare la corretta accezione: in particolare, suggerendo l’opportunità di ricollegare il suo significato alla malafede. Secondo questa ricostruzione, il creditore (o il procuratore) falsus sarebbe, quindi, un creditore (procuratore) simulato, ossia un soggetto che finge – con necessaria mala fede – di possedere una qualifica che in realtà non ha.

Quanto, poi, alla questione relativa alla origine e alla diffusione dell’utilizzo del termine falsus, tale dottrina ritiene plausibile la sua riconduzione già all’epoca classica, nell’ambito della quale veniva probabilmente indicato per individuare il ‘simulatore’, ossia un soggetto che appunto afferma falsamente di essere titolare di una certa posizione, creditoria

48Di nuovo riteniamo opportuno citareA.MILAZZO, Falsus procurator cit., p. 141, secondo cui

«l’idea del glossema postclassico riflette l’idea che il falsus creditor debba essere un non creditore, alla stregua del falsus procurator che andrebbe inteso come non procuratore: l’aggettivo falsus, quindi con valore privativo, aggettivo dal quale esulerebbe qualunque idea di inganno o raggiro.».

49 Sul punto si vedano, ancora, i rilievi di A.MILAZZO, Falsus procurator cit., pp. 141-142, il

quale ripercorre le posizioni della più recente dottrina sul punto. Come afferma l’autore, la prima intuizione nel solco della revisione della tesi interpolazionistica è dovuta a Dieter Medicus [cfr. D. MEDICUS, Zur Leistungsannahme durch den «falsus procurator», in Synteleia: Vincenzo Arangio-Ruiz, A.GUARINO –L.LABRUNA (a cura di), 1, Napoli: Jovene,

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