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La rappresentanza apparente e il falsus procurator nel diritto civile italiano.

L’APPARENZA DEL DIRITTO NELLA RAPPRESENTANZA E NEL MANDATO:

1. La rappresentanza apparente e il falsus procurator nel diritto civile italiano.

Concluso l’esame relativo alla figura del creditore apparente e alle conseguenze giuridiche di un pagamento eseguito nei suoi confronti, occorre adesso prendere in considerazione la diversa ipotesi in cui l’apparenza connoti non la titolarità del diritto soggettivo, ma il potere di agire per conto del relativo titolare. Ci accingiamo, dunque, a trattare il fenomeno della rappresentanza apparente1.

1 In tema di rappresentanza apparente e di falsus procurator sono numerosi i contributi,

provenienti sia dalla dottrina, sia, stante la matrice prettamente giurisprudenziale dell’istituto, dagli altri operatori del diritto, come dimostrano le varie note alle sentenze che si occupano dell’argomento. Fra i molti studi, ci limitiamo, senza pretesa di esaustività, ad indicarne alcuni: F. ACCETTELLA, Pagamento di assegno non trasferibile a persona qualificatasi come

rappresentante del prenditore (nota a Cass. Civ., sez. I, 13 maggio 2005, n. 10118), in Banca borsa, 59/6 (2006), pp. 686-698; G. BALLARANI, s.v. Rappresentanza, in Il diritto: enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, (diretta da Salvatore Patti), 12, Milano: Il Sole 24 ore:

2007, pp. 640-648; F.BILE, Rappresentanza e mandato, in Enc. for., 6, Milano: Vallardi, 1961,

Tale ipotesi, come accennato nel capitolo introduttivo, non è espressamente contemplata dal nostro codice civile, a differenza degli istituti dell’erede e del creditore apparente, su cui ci siamo appena soffermati. Al contrario, la figura della rappresentanza apparente e, parimenti, il suo protagonista, ancora oggi definito quale falsus procurator, hanno matrice giurisprudenziale. Anzi, oggi sempre più spesso questioni afferenti a tali problematiche giungono davanti al giudice, anche di legittimità, dovendo dunque considerarsi a tutti gli effetti diritto vivente.

Volendo provare a descrivere tale fenomeno, occorre anzitutto partire dalle fattispecie contemplate dal nostro legislatore, che, pur non prendendo espressamente in considerazione il falsus procurator, disciplina il fenomeno della ‘rappresentanza senza potere’. Questa, in particolare, può astrattamente configurarsi in due diverse ipotesi: in primis, laddove il soggetto abbia agito

Milano: Giuffrè, 1968; P.L.CARBONE, Pagamento al rappresentante apparente del creditore: apparenza obiettiva o colpevole? (nota a Cass. Civ., sez. II, 7 maggio 1992, n. 5436), in Corr. giur., 7 (1992), pp. 759-766; G. CASSANO, L’apparenza del diritto fra dottrina e giurisprudenza: la rappresentanza apparente, in Contr., 11/1 (2003), pp. 72-77; G.

CECCHERINI, Apparenza di rappresentanza e responsabilità del dominus (nota a Cass. Civ.,

sez. I, 29 aprile 1999, n. 4299), in Corr. giur., 12 (1999), pp. 1501-1510; G.COMINELLI, s.v. Ratifica, in Dig. It., 20/1, Torino: UTET, 1915, pp. 158-168; P.D’AMICO, s.v. Rappresentanza (diritto civile), in Enc. giur. Treccani, 29, Roma, 1993; W.D’AVANZO, s.v. Rappresentanza

(diritto civile), in Noviss. Dig. It., 14, Torino: UTET, 1968, pp. 800-832; G. FRÈ, s.v. Rappresentanza (diritto privato), in N. Dig. It., 10, Torino: UTET, 1937, pp. 1096-1100; M.

GRAZIADEI, s.v. Ratifica, in Dig. disc. priv., sez. civ., 16, Torino: UTET, 1996, pp. 303-310; A.

GRAZIANI, La rappresentanza senza procura, in Studi di diritto civile e commerciale, Napoli:

Jovene, 1953, pp. 1-60; G.MINERVINI, Eccesso di procura del rappresentante e responsabilità del “dominus” (nota a Cass. Civ., sez. III, 28 giugno 1946, n. 766), in Foro it., 1 (1947), pp.

380-383; G.MIRABELLI, s.v. Ratifica (diritto civile), in Noviss. Dig. It., Torino: UTET, 1937,

pp. 879-894; U.NATOLI, s.v. Rappresentanza (dir. priv.), in Enc. dir., 38, Milano: Giuffrè,

1987, pp. 463-485; R.NICOLÒ, La c.d. procura apparente, in Raccolta di scritti, 1, Milano:

Giuffrè, 1980, pp. 357-380; A. ORESTANO, Apparenza “colposa”: riaffermazione di un

principio in materia di rappresentanza di S.p.A. (nota a Cass. Civ., sez. II, 19 settembre 1995, n. 9902), in Corr. giur., 6 (1996), pp. 671-680; F.ROMANO, La ratifica nel diritto privato,

Napoli: Morano, 1964; F.ROMANO, La ratifica nel diritto privato, (con introduzione di G. Furgiuele), Napoli: ESI, 2015; E.ROPPO, Apparenza di procura e imputazione al “dominus” degli effetti del contratto stipulato dal “mandataire apparent” (nota a Cass. Francia, sez. I, 29 aprile 1969), in Foro it., 4 (1971), pp. 375-388; N.SAPONE, Il falso rappresentante. Principi acquisiti e questioni aperte, Milano: Giuffrè, 2011; M.TAMMARO, Apparenza del diritto e contratto concluso dal falsus procurator, in Obbl. e contr., 8/3 (2012), pp. 191-207; C.

TOMASETTI, Rappresentanza senza potere, in P.CENDON, La responsabilità civile, 1. La colpa nella responsabilità civile, Torino: UTET, 2006; A.TORRENTE, In tema di procura apparente (nota a Cass. Civ., sez. I, 14 dicembre 1957, n. 4703), in Foro it., 1 (1958), pp. 391-392; S.

TRANIELLO, Preposizione institoria ed apparenza: brevi note su orientamenti giurisprudenziali vecchi e nuovi (nota a Cass. Civ., sez. II, 19 febbraio 1993, n. 2020), in Giur. it., 1/1 (1993),

pp. 2087-2092; H.L. E. VERHAGEN, The liability of the falsus procurator, in ERPL, 17/6

(2009), pp. 1003-1010; nonché, sempre in tema di falsus procurator, la recente nota a sentenza di V.ZIRAFA, L’apparenza del diritto: una recente applicazione del principio nell’ambito delle

associazioni dilettantistiche sportive (nota a Cass. Civ., 27 gennaio 2015, n. 1451), in www.ildirittoamministrativo.it.

senza aver ricevuto dal dominus alcun conferimento del potere rappresentativo (cosiddetto ‘difetto di rappresentanza’); in secondo luogo, laddove, pur disponendo di tale potere, abbia agito eccedendone i limiti (cosiddetto ‘eccesso di rappresentanza’). In tali casi, dunque, stando al regime ordinario del codice, il negozio eventualmente concluso dal rappresentante in assenza del relativo potere, sarà del tutto inefficace2: infatti, non potrà produrre effetti né nella sfera giuridica del rappresentato, essendo il rappresentante privo del necessario potere rappresentativo; né tantomeno potrà produrli nella sfera giuridica del rappresentante, il quale ha agito spendendo il nome altrui. Il negozio posto in essere dunque, secondo l’opinione prevalente, si trova in uno stato di quiescenza: una sorta di ‘limbo’ dantino, nel quale rimarrà confinato fintantoché non intervenga un’eventuale ratifica da parte del dominus. L’atto di ratifica, infatti, costituisce una sorta di sanatoria del difetto di legittimazione del rappresentante, con cui il dominus sceglie di autorizzare ex post l’affare concluso dal falsus procurator, assumendone in proprio gli effetti.

Laddove, invece, il dominus non intenda ratificare l’operato del rappresentante apparente, in capo a quest’ultimo sorgerà una responsabilità nei confronti dei terzi. In particolare, il falsus procurator sarà chiamato a rispondere del danno che il terzo contraente abbia eventualmente sofferto per aver confidato nella validità del contratto.

Il risarcimento, in particolare, in base al modello indicato all’articolo 1398 c.c.3, è limitato al solo interesse negativo, cioè all’interesse del terzo a non essere coinvolto in stipulazioni invalide o inefficaci. L’affidamento del terzo, però, per legittimare la richiesta di risarcimento dovrà essere incolpevole e, dunque, scusabile. Al contrario, il risarcimento sarà escluso in caso di errore

2 Per la verità, in dottrina (come rilevato da A.MILAZZO, Falsus procurator cit., pp. 10 ss.) si

discute in ordine alla sorte del contratto concluso dal falsus procurator, essendosi sostenute la tesi della nullità, del negozio a formazione progressiva e dell’inefficacia. Nettamente prevalente è quest’ultima tesi: il negozio posto in essere dal falso rappresentante in realtà è già completo e come tale vincola le parti.

3 Art. 1398 c.c.: «Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o

eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.»

inescusabile, cioè evitabile mediante l’ordinaria diligenza o, addirittura, frutto del concorso colposo del terzo stesso4.

Quanto alla natura della responsabilità del falsus procurator nei confronti del terzo contraente, questa, per come è configurata dall’art. 1398 c.c., pare inquadrabile nell’ambito della responsabilità extracontrattuale. Tale responsabilità, infatti, non deriva da un inadempimento contrattuale del falso rappresentante, che, non avendo agito in nome proprio, non ha assunto alcuna obbligazione. La sua responsabilità, piuttosto, deriva dalla lesione della libertà negoziale del terzo, che è stato indotto, dolosamente o quantomeno colposamente, a stipulare un contratto invalido. Per questo motivo, la giurisprudenza maggioritaria è, dunque, propensa ad includere la responsabilità del falsus procurator nell’ambito della responsabilità aquiliana5, e, nello specifico, della responsabilità precontrattuale sub specie di culpa in

contrahendo6. Il danno risarcibile è, di conseguenza, limitato al cosiddetto interesse negativo, declinato nella duplice componente del danno emergente (ossia le spese vive sostenute dal danneggiato e le perdite strettamente dipendenti dalle trattative) e del lucro cessante (cioè il mancato vantaggio che sarebbe potuto derivare da ulteriori trattative, non intrattenute a causa dell’affare in corso); il risarcimento non si estende, invece, all’interesse positivo all’adempimento del contratto non concluso.

Posta, dunque, la responsabilità del falsus procurator per i danni eventualmente arrecati ai terzi attraverso la propria attività negoziale non

4 Sussiste ‘colpa inescusabile’ laddove il terzo avrebbe potuto evitare di incorrere in errore

mediante l’impiego della normale prudenza nella conduzione degli affari, ossia attraverso un’adeguata utilizzazione degli strumenti legali di pubblicità. Si ritiene, inoltre, che l’errore non sia scusabile qualora il conferimento dei poteri rappresentativi debba avvenire mediante l’impiego della forma scritta ad substantiam.

5 Sull’inquadramento della responsabilità precontrattuale all’interno di quella aquiliana, in

verità, non tutti concordano. Pur essendo la tesi della responsabilità extracontrattuale indubbiamente maggioritaria sia in dottrina che in giurisprudenza, taluno sostiene che sia preferibile inquadrare il fenomeno come responsabilità contrattuale, nella peculiare accezione di responsabilità ‘da contatto sociale’. Trattasi di questione complessa, che in questa sede non è possibile approfondire. Ai fini della presente esposizione, sarà sufficiente prospettare il problema, rinviando per i necessari approfondimenti ai manuali e ai trattati di diritto civile.

6 L’espressione «culpa in contrahendo» viene utilizzata nel moderno linguaggio giuridico

come sinonimo della cosiddetta responsabilità precontrattuale (disciplinata dagli artt. 1337- 1338 c.c.). Essa identifica, in particolare, la responsabilità che sorge a causa di tutti quei comportamenti scorretti, lesivi dell’obbligo di buona fede, che siano stati posti in essere da una delle parti, o anche da entrambe, durante la fase delle trattative che precedono la conclusione del contratto.

autorizzata, nessuna conseguenza dovrebbe invece prodursi nella sfera giuridica del falso rappresentato che non proceda alla ratifica. La soluzione però potrebbe essere diversa, laddove, si configuri la fattispecie che la giurisprudenza definisce appunto come ‘rappresentanza apparente’, in presenza della quale il contratto concluso dal falsus procurator sarà, in deroga alla regola generale, produttivo di effetti nei confronti del rappresentato apparente. Un effetto dirompente, che ribalta l’ordinario regime, comportando «una traslazione del rischio del vincolo contrattuale dal terzo contraente al falso rappresentato»7. Proprio in ragione della rilevanza di tali effetti, l’operatività della rappresentanza apparente esige dei requisiti stringenti, che la giurisprudenza ha individuato sia sul piano oggettivo che soggettivo. In particolare, sotto il primo profilo è necessaria, come di consueto, una situazione di oggettiva apparenza tale da indurre in errore il terzo; ciò tuttavia non è sufficiente per l’integrazione della fattispecie, che richiede altresì uno stato quantomeno colposo del rappresentante che deve aver contribuito a determinare nel terzo il legittimo affidamento di negoziare con un soggetto a ciò titolato8.

Da quanto rilevato, quindi, risulta chiaro quello che già avevamo anticipato nel capitolo precedente, ossia che la rappresentanza apparente configura un’ipotesi di apparenza non ‘pura’, bensì ‘colposa’9. Infatti, rispetto alla rappresentanza negoziale, l’apparenza pura, fondata unicamente su circostanze obiettive, non assume rilievo e, pertanto, non può prevalere sull’assenza del potere rappresentativo. In questo caso, dunque, opererà l’ordinario regime descritto agli articoli 1398 e 1399 c.c. per le ipotesi di rappresentanza senza potere. Al contrario, le conseguenze potranno essere

7 A.MILAZZO, Falsus procurator cit., p. 19.

8 Peraltro, a riguardo la dottrina sottolinea come la ratio dell’estensione della responsabilità in

capo al rappresentante apparente non risieda nel conferimento di una sorta di procura tacita, ma piuttosto nel principio di affidamento e di quello, spesso invocato quale suo fondamento, di autoresponsabilità. Infatti, alla base dell’elaborazione giurisprudenziale della figura della rappresentanza apparente vi è l’esigenza di individuare una forma di tutela integrativa o alternativa rispetto a quella prevista dall’art. 1398 c.c. nei confronti del terzo che abbia incolpevolmente confidato nell’efficacia del negozio concluso con chi credeva essere l’effettivo rappresentante. Ciò tuttavia, purché questi abbia col proprio comportamento, doloso o colposo8, contribuito ad ingenerare o alimentare lo stato di apparenza, determinando l’errore

altrui.

9 Sulla distinzione tra apparenza ‘pura’ e apparenza ‘colposa’ si rinvia alla spiegazione

diverse nel caso in cui l’apparenza sia ‘colposa’, ossia qualora alla determinazione della stessa abbia contribuito anche il comportamento del rappresentato apparente, che abbia per negligenza o addirittura in via preordinata determinato l’altrui convinzione – purché naturalmente frutto di errore scusabile – di aver a che fare col vero rappresentante.

2. La ricerca di un antecedente storico: il falsus procurator

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