• Non ci sono risultati.

Le forme mol 'mulo' e ova 'uva' del dialetto romagnolo non possono es- es-sere situate in nessuna delle accennate categorie, eppure quella loro

par-ticolaritàfoneticasarà statacondizionataanche inquestocaso

da un

ab-breviamento.

-

L'anticosenese

ono

'uno',ogniuono'ognuno' avrà subito l'influssodi

omo, uomo. —

Sulla

u>

oinSicilia,cfr. § 37.

39.Dittongazionedi ù.

E degno

dinotailfattochenel dialetto bo-lognese

non

siverifichiilpassaggiodi

ù

ad ou davantianasale,

come

ci siaspetterebbe (inparallelismoconi >ei); alcontrario,

ou

si

può

incon-trare in qualche dialetto delle

Marche

(San Martino, Patrignone, Tri-sunco): louma,fousa, poura. Più asudla dittongazioneinsillabalibera èmoltodiffusanei dialettiabruzzesi epugliesida Chietifinonei dintor-ni diTaranto. Ilrisultatovariatra da,au, eu, zaed ou: cfr. fóusa (Bar-letta), fàusa(Martina FrancaeVico Garganico), féusa (Ruvo, Palinoli, Tocco), fiusa (Vasto,

Agnone,

Pescasseroli), fóusa (Trani e Canosa)1.

La

tuchesiincontraaVasto(fiuma,m'tura,liuma,Uupa)

e

aPescasseroli

1La011comearticoloindeterminativo vienein realtàpronuncialaunnel dialettomilanese iper esempio undénl'un dente'];datocheinmilanese oèl'espressione ortografica di u,mentreu

corri-spondeadti. !

iCertamente devegiudicarsi inmaniera analogalosviluppodellavocegallicaduno nei topo-nimi lombardi Caslronno(Castrodunum), Saranno,Riandranno, Nibionno(e dall'altra parte Chiu-dano, Verduno): parechequestinomi presupponganoun

Munno,

comeanchenel gallicosipuò presumere *brukko afianco di bruko, *rikka afianco di rika.

1 Daquesto sviluppoèeccettuatalaadeiproparossitoni,laquale, acagione dell'abbreviamen-to,è equivalenteallaudiunasillabachiusa: cfr,aTrani fòuss'fuso',làués,maumsts 'umido',

/ri-msm

'fumano',comefrulli,fusls(Sarno, 14).

§ 40. Particolaricasi dialettali dellosviluppodi« 63

(kiula, fiuma) avrà rappresentato,

come

giàpoc'anzi

abbiamo

supposto 36),il

primo

stadiodelpassaggiodi

a

adi{lina,fisa, kila),che si

ha

nell'Italiameridionale(Acquaviva,Bellante, Matera).

- Lungo

lacosta

occidentaleladittongazionesiincontradi

nuovo (come

nelcasodi t) sol-tantoin

forma

del tutto sporadica.

Nel

dialetto diPozzuoli (ad occidente dìNapoli) laa inposizionelibera si cambia in éu: féus,méula, méuta, kéula, léuna, éuva.

A

Belvedere, sulla costa calabrese, la

a

diventa

gu

nellalinguadegliuomini,

oppure

aunellalinguadelle

donne

edei

bam-bini, tanto in sillaba libera

quanto

in sillaba chiusa:

mgulu

{màutu),

f$umu

{fàumu), vindgutu {vìndautu), frguttu {fràuttu).

Ad Antona

(in Lunigiana, adoccidentediMassa), al passaggiodiì >eidavanti anasale corrisponde l'analogo passaggio di

ù>gu:

cfr.

fguma

'fumo', Iguna, guna, fguna 'fune'. Infine, anche i dialettidell'Istriapresentano il

dit-tongo(ancorain parallelismo

con

eiproveniente da ì): cfr. a

Rovigno

móulo,misóura,salóute, lóuna,

lóume(lve

12); a

Dignano

lóuna,lóupo, króudo,tóus,sóuda (AIS,p. 398).

'40. Particolari casi dialettali dello sviluppo di ù.

Le forme

nivol (pav.),

nhu

(piem.),

mvóla

(mil.)'nuvola',chesiincontranonei dialetti

dell'Alta Italia,sibasano su

una

trasposizionevocalica

(nùbilus

> *nl-bulus).

-

L'accentazioneproparossitonaprovoca l'abbreviamento della aoriginariain

u

nell'area dialettaledel pugliese, del

campano,

del

luca-no

edell'abruzzese: cfr.in

campano

pólaca, inabruzzese poca,ed ancora nel Lazio meridionalepose 'pulce' (AIS,474).

Lo

stesso esitosi

ha

an-cheperlaflessionenominaleneiplurali in-ora: cfr.ilpugliese feus'fuso'

conilplurale fósara (Ruvo),il

campano

fusa colplurale fósara(Gallo),

ilbrindisino/aracon ilpluralefòsuri,illucano(Matera)fis'fuso'

con

il

plurale fgsara.

Quando

siincontrala

medesima

differenziazione vocalica anchenelle desinenzeplurali in-a, peresempio aNapoli fuso: pi.fósa, questa0 è sicuramentecondizionata

da una

piùantica formaplurale fó-sara.Cfr. aquestopropositol'abbreviamentodi ìnelle stessecondizioni (§ 33).

-

Nella forma siciliana grgi, calabrese grgi, napoletana gruoja 'grue'

sembra

chelap sianatadallaposizione iniato(cfr. § 33).

Nei

parlari lombardi

ed

emiliani

unus come

articolo indeterminati-vo

non

prendeparteallo sviluppodi

a

>u: cfr.il milanese

un

dént'un dente',

um

bus 'un buco'.

A

Poschiavo e in alcuni dialetti del

Canton

Ticinorestainvariataanchelaaditu,per

esempio

aPoschiavotufumas,

64 i. Vocalismo

neldialetto-ticineseHi

Osco

tu

dòrmat

'tudormi': questa

forma

è pro-vocata dall'abbreviamento della vocaleinposizioneproclitica.

41. Sviluppo di au nella lingua nazionale. Vale per la

Toscana

la

medesima

riduzione di au>o che si conosce in altre lingue neolatine (frane, or, spagn. toro): poco,oro, toro, cosa,povero,ode,gode,tesoro.

La au

sviluppatasi secondariamentepartecipaanch'essaaquesto svilup-po: parola, fola, (ola, cantò, topo,soma, mota, oca, gota. Talesviluppo è cronologicamenteindipendentedalpassaggiodi

au

ad o nel latino an-tico:

cauda>coda, Plotus,

torus,

tesorus

(cfr. Richter, § 12; J.

Bruch, Glotta 26, 1938,

145

sgg.). Si tratta di

una

tendenza che si è potuta ripetere in epoche differenti.

Nei

casi in cui è rimasta conser-vata au, si tratta diparolediorigineletteraria; così

abbiamo

nell'antica 'poesia aulica'tesauro,auro,auso, laudo, gaudo,laude, diaulo,paraula, taula; nellalingualetterariaodiernacausa,rauco,pausa, laude,lauro.

A

voltesitrovala

forma

volgarea fianco della

forma

latineggiante; cosa e causa,alloroe lauro; a fianco dell'italiano letterario (nonpopolare) rau-co, si

ha

in alcuni dialetti dellaToscana (prov. Siena e Grosseto) roco (oppure roba).

Anche

favolae tavola

provengono

dallalingua del ceto colto, a fianco delle

forme

con sviluppo volgarefola (inToscana)eloia (nei dialettidell'AltaItalia). Perquelcheconcernecavolo,siritieneche

tale

forma

derividal latinotardo

caulus

(xccajXóc;)eprovengaforse dal-l'Italiameridionale{cfr. ilcalabrese tàvuru'toro',càvuce<canee'calce';

§ 43).

La forma

normalecòloèattestata in

Umbria

(AIS, 1366). Paolo

(>Pavolo)saràdelparioriginatodallalingua delcetocolto,dìcontroalla

forma

volgare Polo,chesitrovainmoltitoponimi

come San

Polo

(Lom-bardia, Veneto,Istria, Toscana),e anche

come San Poro

nell'antico dia-lettomilanese(inBarsegapè, 868). Ilrapportofrachiavica(dellalingua letteraria) e cbigea (del dialetto senese) si spiega cosi: chiavica si basa sull'antica

forma clavaca (CGL4,434,

26),cheèdocumentataafianco di

clovaca

e dicloaca,

mentre

chiòca è

una

continuazionedella

forma

volgarepiù recente

*clauca

>eloca

(CIL

6, 7882).

- Su mota

e topa [topo), cfr. § 17.

Come

qualità, lao che provienedalle paroledi sviluppo volgare

ha

pronunziaaperta (tgro, poco, oro)'.

Questa

o

non

ha subito

dittonga-1 La-0provenientedalladesinenza-avitoscillainToscanatrap ed o: quelJa valeperFirenze, questa peresempioper Pisa(cfr.AIS,220).

S 42. Sviluppodiauin Italia settentrionale 65

'pone

inToscana, e ciòsignificache au è diventato o

dopo

cheil

feno-P meno

della dittongazione della

p

primaria si era ormai già concluso*;

.' ^ualogamente si

può

in francese riconosceredalla

forma

chose che au è

' passato

ad

o soltanto

quando

lapalatalizzazione di

k

davanti ada

(car-rus

>cbar) eragià avvenuta.

42

. SviluppodiauinItaliasettentrionale. L'anticodittongoèstato conservatosoltantonell'estremonorddell'Italiasettentrionale,per esem-pioin certe partidelFriuli(taur)einalcunidialetti arcaicidelTrentino,

come

quellidi Rabbi (tpuru) e

Tuenno

(tguro) (AIS, 1041); altrimenti l'Alta Italiamostrain generale lo stessosviluppo che

abbiamo

visto in Toscana: anchequilaitaèdiventata g (piùraramenteo),e anchequiin

un

periodoin cuila g primitiva sitrovavagiàin

uno

stadio di ulteriore ÌÉE. sviluppo.

In

tal

modo non abbiamo

quinéuo,

l'odiernafase,

da

essa proveniente, ò: cfr.neldialettogenovesefòla<*f

aula

<

fabula,

tòra<

tgp, *taula,

tòru<tauTu

a fianco di /óra<foras,

mòra< moriat.

In

U-^i. guccionedaLodiildialettoantico

lombardo

sipresentanelle

forme

cosa,

iti. pover, poqi,parole; e a fianco diquestesi

hanno

anchele

forme

latineg-gjantiauro, causa,taole.

Per

quantoriguarda ìdialettimoderni,cfr.tgr perilpiemontese,illombardo,l'emilianoeilromagnolo; tgroperil ve-neziano;

pgk

perl'emiliano;

pgk

per ilpiemontese eillombardo;

poko

perilveneziano;pgverperilpiemontese;

pgvu

perilligure; pgveroper

ilveneziano;poer perilmilanese;pòveroperilpadovano;

gka

per

l'in-

<-: teraItalia settentrionale. Cfr. inoltrel'emilianoe piemontesefrgla 'fra-gola', il veneziano tgla (tgja), il ligure tpa 'tavola'.

A

queste

forme

si

aggiungano(con

au

secondaria) ilpiemontesefròla'fragola',il

venezia-no

lòia,il ligure tòa 'tavola', e la

forma

pora 'paura' di Bologna e del bergamasco.

- Su

ausecondariain fagus(>/o),caput(>eò), -atu(>-ò),

cfr. § 16.

La Romagna

occupa

una

posizioneparticolare.

Qui

ausiè monotton-gato in

g

prima checominciasse l'ulteriore sviluppo della g primitiva:

.perciò qui au presenta lostesso risultato di quest'ultima (cfr. § 114);

cfr. a

Lugo

au>g>»o{?)>g: or,pok, okd,

parph

(Schiirr II, 22 sgg.).

:.

Anche

indialettiveneti siha puoco, puovro; inIstria(Rovigno) si

tro-va la

forma

tuóla 'tavola'.

Per

il dialetto di

Rovegno

(Liguria) valgono

leforme (secondol'AIS) ùaru,puaku, tuaru,cùaru (caulus).

1Cfr.però a Cortona cuoia enell'anticopisanouogbe'oche'(Monaci,357).

66 I. Vocalismo

Lo

sviluppodi aunitaad/seguita

da

consonante

non

èunitario(cfr.

§ 17):

da una

parte

abbiamo

lo sviluppo

normale

attraverso au>

o

nel

lombardo

tgpa, nell'emiliano tgpa 'talpa' e nel milanese tròs 'tralcio';

dall'altra, si sviluppa

una

o,senzaperò chela/vadaperduta.

Abbiamo

datola spiegazione di questo

fenomeno

al § 17. Si

hanno

cosi l'antico milanesecòlio,olirò,solto; ilbergamascoplt,fole,kglts'calze';il

topo-nimo

Rivolta (sull'Adda); e inoltrele

forme

-oldo, -oidiinveceche-aldo, -aldinei

cognomi

dell'Italiasettentrionale(Airoldo,Bertoldi,Gariboldi, Maìnoldi). Perulteriori esempi,cfr. § 17.

Ora

bisognaperò notareche anchela au primariaè passata ad al

oppure

ad ol (senza che vi fosse la l): nel 'Tristano' (scrittoin anticoveneziano) si trovanole

forme

aldi, alde, olde, loldo

<laudo

, golia 'gota'<gauta

(SR

4, 78); nei testi in dialetto antico

lombardo

colse 'cause', nei testi in anticoemilianoIoide 'laude'. Iparlari lombardiconoscono ancora oggi golia(AIS, 113);

au-diroant.

mil. oldire. Il dialetto milanese ha vòlsa<&us&t, l'emiliano éold(cfr. l'anticoveneziano clold) 'chiodo', che presuppone

un *clau-du. La forma

longobarda

auja

'prato'

compare

piùvoltenei toponimi dell'Alta Italia

come

Olgia; nelT*

Orlando Innamorato»

stesso viene usatogolia(II, 9,

n,

4), Oltrealle

forme

letterarie calma esalmadelle quali

abbiamo

giàdiscorsosopra($ 17), nellalingualetteraria deiprimi secolisitrovanoanchelaide 'laude'(per

esempio

nel«

Morgante

»),

fral-de

(Wiese, 21),galdio 'gaudio'(inGuinizelli)'.L'introduzionedella/ si

deve

ad

una

reazione ipercorretta della classecolta.

-

Il

medesimo

svi-luppovaleanche perla

au

inposizioneprotonica(cfr.§ 134).

Alla

forma

latineggiarne audellalingualetteraria {causa,lauro) cor-rispondeneldialettomilaneseav: cfr.làvor'lauro',San

Màver

(Mauro), restàver 'restauro', plàves 'plauso', càved 'cauto' (Salvioni, 85). Nel-l'Emilia è

molto

diffusalaformaflaft

da

flavi'flauto'(AIS,756).

43.Sviluppodiaunell'Italiameridionale. Ildittongo

au

èrimasto in Italia meridionale nelle parole di origine popolare: cfr. il siciliano tauru, ilcalabrese tauru, il lucano laura, il pugliese tauru, il

campano

taurs, l'abruzzeselaura,ilpugliese (Molfetta) aura; laconservazionedi

au

siestende verso

nord

fino alla

Campania

settentrionale eall'Abruzzo.

1 IIgrammaticaSalvialiconferma ancorane] xvisecololapronuncialaida,sebbene peròegli raccomandi perlalingua nobilelagrafialauda(Labande-Jeantoyi,243).

§ 43. Sviluppodiaunell'Italiameridionale 67

degno

di nota ilfatto che anche

cauda,

in luogo della quale già in tino volgare subentrò

ben

prestola

forma coda, ha

conservato fino J oggilasuaantica au in certezone d'Abruzzo, per

esempio

a Palmoli l(prov. Chieti)kauda, a

Scanno

(prov.L'Aquila) kaula'coda'(AIS,1058).

Bell'Italiameridionaleè rimasta conservataanchelaausecondaria: per

'

esempio

nel sicilianofauci'falce',kauci'calce';nel calabresefauce,

kau-ée

tautu, <?«««<

agnus;

nelpugliese kauca; nel

campano

kauéa; nel sa-lentino auca 'oca'. In queste zone au è diventato a volte agu, avu, per l'interpolazione di

una

fricativa: cfr. ilcalabrese tàguru, tàvuru,àgunu, avunu,àgutu,àvutu,

Pàgulu

'Paolo', kàvuce 'calce'.

A

voltelaasi è ve-larizzatain0,perinflussodella u: cfr.nellapenisola salentina

(Capo

di Leuca, Salve) tóuru, óunu, óutu, óutru, kóuce, fóuce,

oppure

(con

l'in-serzionedi

una

v) tóvuru, óvunu, óvutu, óvutru.

In un

ulteriore svilup-po,avolte l'elemento velareè andatoperduto: cfr.koce 'calce'(Salve), otre'altre',fosu 'falso'

(Mordano). La

a chesiincontra neldialetto gal-lo-italianodi

San

Fratello(Sicilia)

-

per esempiotar'toro',ar'oro',

pak

'poco'

- non

è originata direttamente da un'antica au (Meyer-Lùbke,

$ 98),bensì è

uno

sviluppo secondario di

una

0 breve: cfr. proprio in quella località gras 'grosso',

darma

'dormo'.

Al

contrario,

sembra

che

esìstailpassaggio

da

au ada, a noinoto dai dialettidellaSardegna, in

una

parlata dellaCalabria settentrionale,invero assai isolata(Morano):

pàvuru'povero'.NellaCalabriameridionale simanifesta

un

influsso gre-conellosviluppodiretto di

au>av:

cfr.tavru(e anchetarvu,travu) 'to-ro', avru 'alloro', d'accordo col greco calabrese rnàvro*uttùpo?, àvri<

afipiov. Circa il calabrese meridionale carza<causa, cfr. § 267.

-

Nelle altre zone dell'estremo

Sud dove

si incontra o (invece deU'au che ci

a-spetteremmo), trattasidiparole prese in prestitodallalingualetteraria:

questo vale soprattutto per 'poco', 'roba' e 'povero' (sic. e cai. pocu, rrobba, póviru),che

non

sonoindigenedinessunapartedellaBassa Ita-lia; cfr.inoltreilsicilianooru,oca,cosa, trisoru,rrobba,ilcalabreseoru, cosa, trisoru. Per questo

motivo

taliparole

prendono

parte, perlo più, anchealladittongazionecaratteristicadellaBassaItalia: cfr.ilcalabrese puoco, uoru, irisuoru. Nella maggior parte deidialetti meridionaliil

ri-sultato di 'poco'coincideconquellodi 'fuoco': cfr.ilnapoletano

(Monte

diProcida) poka, foka; nelLazio meridionale (Sonnino) poko,foko; il

campano

settentrionale(Gallo)pùoka,fùoka.

Nelle zone situate più a nord, si manifesta in Italia meridionale la

monottongazionediau>o, laqualeosi

comporta

avolte

come

in

Tosca-68 i. Vocalismo

na,vale adire

rimane

p e

non

prendeparteall'ulteriore sviluppodellap primitiva: cfr. a Sotatgr$, gra,

mgra

(Merlo, 152). In altri dialetti in-vece, taleo

compie

ilsuosviluppoinsieme conlao primitiva: cfr.a Su-biaco

pgku (femm.

pgka)

(SR

5,244); aCastrodeiVolsci tuors; a Subia-co tors; a Lanciano torà;

ad

Arcevia tuoro; a

Nemi

pgko.

Lo

sviluppo di cui siparla giunge fino all'Umbria e all'Abruzzo settentrionale; per esempio aNorciatugru {afiancodifuggu); a Trevi toru(afianco di /o-gu); a Bellante (prov.

Teramo)

tur(a fiancodifuka).

La forma

chiuotp 'lento',chesiincontranell'Abruzzomeridionale,presupponegià proba-bilmenteillatino

*plòtus

(invecedi plautus).

-

Peraltridettaglicfr.

Meyer-Lubke, «Geschkhte

des betonten lateinischen

au» (ZRPh

40, 64-67).

Per

ilbrindisinoquaci

=

cauri'calce',v. §327.

44. Ilrisultato diae

ed

oe, equello di

eu ed

ie.

La

riduzionediae

ad

enellalingualatinavolgareè

documentata

giàfindal

tempo

diPlauto

e

l'impulso per

un

simile sviluppo

sembra

che provenisse dall'umbro.

Forme come

Felicule,prime, viatorie,Ptolemei sonodocumentatenelle iscrizioni di

Pompei.

Girne timbro equalità, talee era

una

e breve,

ed

essa

in italiano il

medesimo

risultato di

una

è antica: cfr. chiede, cielo, lieto, greco, mesto, e nell'italiano meridionale prètta 'gravida'.

Alquanto

più tardi rispetto aldittongo ae, anche oe

sembra

che si sia ridotto

ad

e: cfr. la

forma Vhebus

inun'iscrizionepompeiana.

La

qua-litàdiquestaefutaledaconfondersi

con

lae lunga,

ed

ilrisultato nelle lingue neolatineè

una

e chiusa: cfr. il toscano cena, pena.

Per quanto

riguardail toscanofieno (inluogo di*feno, che

dovrebbe

esserela

for-ma

normale), cfr. $ 51.

Ildittongo eusiincontrain paroleche

non

sonodiorigine latina,le qualiparole si sono conservatesolo isolatamente. Ilgreco Xeùxri 'gatti-ce', nel latino regionale della Calabria settentrionale

sembra

sia stato preso nella forma

*Ieuca>

*levica, da cui si è formato Uèvica>liè-quia; cfr. ancheLèvike quale pronuncia dialettaledel

toponimo

Leuca, nella penisola salentina. Nellazona dialettale lucano-pugliese il

ditton-go

éu, siaprimitivochesecondario,èpassatoa ió,con spostamento del-l'accento: cfr.ilcalabresesettentrionalepiòca 'pino marittimo'(rceùxn);

illucano, pugliese, tarantino liòna 'legna'<

Héuna

<Iigna; ilcalabrese settentrionale

fròma

'schiuma', il tarantino fiòma 'muco'<

*fleuma<

tpXéytia; ilsalentinochiòsu 'gelso'<

*keusu<celsus;

ilpugliesefibra<

$ 45. Sviluppodiy 69

*niora<*néura<

nigra

'. InSiciliaaccantoa fceusu(Messina),'éeusu (Si-racusa)'gelso', siincontraanchela

forma

'&gsu

(Rometta

e Ali).

Va

qui anche il

toponimo

]òppolo (prov. Catanzaro)

da un sanctus

(&y«><;)

Uiiplus- Perle

forme deus

>dio,

meus

>mio,

ego

>*eo>io,cfr. § 88.

Ildittongoie,chein latinositrovain

poche

parole,sièridotto

ad

e.

Il

punto

dipartenzadi

un

similesviluppoè daricercarsi nellaposizione protonica della /:

arietibus

>

*aretibus, abietibus

>

*abetibus, morientem

>

*morentem, serviendo> *servendo;

soltanto più tardi sisaranno avutele

forme

ares,

queta. È

daosservare,però,che la

prima

diqueste

due forme

è già attestata in

Varrone

perlalingua la-tina del contado, e

queta

è tramandata dal 11 secolo d.C. (Richter, S 25).

La

e che si trovainposizionelibera è stata trattata

come

un'an-ticaè(cfr. il toscanoparéte, abéte, chéto)', lae inposizione chiusa ha avutolo stesso trattamento della ebrevedi

sedentem, sedendo.

45. Sviluppo di y.

La y

delle parole prese in prestitodal greco è stata,in verità,

molto

spesso conservatanell'ortografia dellatino, però

almeno

lalingua delvolgo

ha

adattatoilsuonostranieroalproprio

siste-ma

fonetico.Negliimprestitipiùantichilayè stataresa

con

u,se trat-tavadi

una y

breve: cfr.

buxus

(nùljos),

burrus

(ituppó?),

murra

([iOp-po),

muraena

(u-ùpoava),

murta

(u-tip-cc*;),

thunnus

(ìWwo?),

cum-ba

(xùpPt)),

cuminum

(xtifjrjov); il

nome

della cittàdi Kùui] veniva pronunciato

Cumae

dai

Romani.

In epoca piùtarda,

quando

laynella pronunciagrecasieraandata avvicinandoad

una

i,questosuono

venne

sostituito

normalmente da

/: cfr. grillus(rpiìXXtx;)afiancodella grafia gryllus, più frequente. Nelle iscrizionidi

Pompei

si scambia

a

con ì,

per esempio Dionusus, Polucarpus, Prunicus (

Phrynìcus),

Lampuri-dis, Polubius, Murtilus, e d'altra parte Amarìllis, Protimio, Staphìlus, Thirsus (Vaananen, 53 sgg.).

Come

sviluppo, nel

primo

caso, esso è equivalente a quello della

«

latina (>o): cfr. borsa (byrsa),

tomba (tymba),

tonno

(thynnus),

torso (thyrsus), grotta (crypta),

comba (cymba),

lonza (*lyncea).

La

i formatasi sulla

y

era,

come

qualità,

o

lunga

o

breve:

abbiamo

cosf,

da una

partecima (cyma),giro (gyrus),

' Cfr.aquesto propositolosviluppodi ego>eo>yo inspagnolo.Altroesempioperil pas-saggio dìeu>ìóèitsalentino kiòina 'corrente d'acqua',ilquale deriva daun "pleuraa, incrocio di icVriiOT) 'piena difiume'confEuu.ii.

*Degnadinotalaformacòrsaorgétu(argbjetu)'ariete',chepresupponeunantico arietem.

70 I. Vocalismo

grillo (gryllus), butirro

(butyrum),

dall'altra gesso (gypsus), ghez-xo (aegyptius), gheppio (aegypius), antico italiano cecino

(cyc-nus)

'.

Le forme

toscane timo, cignoe mirto, chesibasano suun'antica y breve, saranno state voci dotte. Nei dialetti dell'Italia meridionale, i

continuatori delleparole greche a volte lasciano riconoscerela

pronun-cia («) dello stadio foneticoprecedente, a volte si

fondano

su

una

pro-nunciagrecadiepoca piùtarda: cfr.ilcalabresetulùpa'mazzo1(toXùttti), kullùra 'pagnotta' (xoXXiipa),fuska 'loppa'(tpùffxa); ilcalabrese setten-trionale grupu 'buco' (-rpùnTi); il salentino fusca 'pula', tursu (Supero*;),

tumu

'timo' (dùu.o<;); e dall'altraparteil calabrese scifu 'trogolo'

(trxù-<p°s), sirtu 'tirabrace' (crup-rnc;) e il calabrese meridionale tripu 'buco' {tpùtiti),lissa'sdegno'{X\iaaa.)\

Quando

inBassaItalialevocalitoscane o

ed

e

compaiono

sottola

forma

di u-ed i,anchenelleparolegreche

ab-biamo

lostessorisultato: cfr.ilsicilianovurza'borsa', vutti'botte', tun-nu,jissu; ilcalabresejizzu; ilnapoletano fésso'gesso'; ilcalabresejizzu 'gheppio'(aegyptius).Nella

forma

salentinavìturo (cfr. ancheil sene-sebiturro)'burro'c'èstatasicuramente

una

trasposizionevocalica\

46.Il risultatonormaledieinToscana.

La

e latina(corrispondente alle vocali classiche è, i) resta conservata in Toscana,

come

regola, in ogni posizione(edelparisiconservanellapartesettentrionale delLazio e nel territorio diconfine dell'Umbria): tela, moneta, vena,cera, pera, nero,pelo,mese,mesi, paese, vede,legno,messo,capello, orecchia,

46.Il risultatonormaledieinToscana.

La

e latina(corrispondente alle vocali classiche è, i) resta conservata in Toscana,

come

regola, in ogni posizione(edelparisiconservanellapartesettentrionale delLazio e nel territorio diconfine dell'Umbria): tela, moneta, vena,cera, pera, nero,pelo,mese,mesi, paese, vede,legno,messo,capello, orecchia,

Outline

Documenti correlati