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pàmpana e pampina, stòmacu e stòmucu, cànnamu e cànnìmu 'canapa', sàbbatu e sàbbitu, f'tcatu, fichitu e ficutu; nella Sicilia orientale si può

osservare

una

maggiorepredilezioneperu: cfr. aMascalucia(prov. Ca-tania) ficutu,

zimmuru

'caprone' (xttxapocj, ùsunu, vòlunu 'vogliono',

dùnunu

'donano',

forme

nelle quali senza dubbio la

«

è stata favorita dallapresenzadi

u

nella sillabafinale; nelSalernosipreferiscea:

ómma-ni 'uomini', duminaca,

fimmana,

crànnana 'grandine' (Panareo, 15).

Non

possono stabilirsi delle leggi precise per

un

tipo fonetico ovvero per

un

altro.Ciòvaleanche perl'Italiasettentrionale: nel dialetto mila-nesea viene spessosostituitacone

-

per

esempio

stòmeg,sàbet,fòndeg, cànef 'canapa',f'tdeg 'fegato',sileba,Steven 'Stefano' (Salvioni, 96),in

lombardo Bèrghem

'Bergamo'-; lo stesso dicasiperil triestino(ràveno 'ravano',singheno 'zingaro',

stòmego

'stomaco').

A

Cortona si osserva

un fenomeno

di armonizzazione della vocale

mediana

con quella dellasillaba finale: per esempiocàvolo:cavigli,

àn-nama

'anima' :

ànnomo

'animo', sòlloto 'solito' :sòlliti:sòllata (Meyer-Lubke, § 121).

Lo

stesso

fenomeno

si incontra anche nelle

Marche

-per

esempio mèducu

: medichi, garòjulu: garòfili,

vermene

: vèrmini (Mengel, 25sg.),àrburu: àrbirì,càvulu: cavili,pèrsaca:pèrseche,

man-naia:

mànnele

'mandale' (Neumann-Spallart, 31)

-

e si trovaancorain Sicilia

-

per esempioa

Noto

èrutu'tueri',fùssutu'tu fossi'

(De

Grego-rio,

RLR

5, 177) e in diverse parti dell'isola: f'ikutu 'fegato', sàbbutu 'sabato'

-

enelSalente

-

peresempiofikutu,sàbbutu; aLatianolassimi 'lasciami'; a Gallipoli strafa 'tuopadre' ('tuo sire'), lasseme 'lasciami', se òlene bene 'si vogliono bene', passàvene 'passavano',

guardàveme

$ 140. Vocale atonatraaccentoprincipaleeaccento secondario 175 'guardavamo, gràttete e rèttiti 'gràttati', mèrata 'merita', ippara 'ebbe-ro'.Ilpluraledi

mònaco

innapoletanofa

muónzcz,

valea direcheè pre-supposto

un

precedentemànici,

ed

anchel'abruzzese

(Campobasso)

mò-ndks con il pluralein

muónsca

riconduce al tipo

mònaco

: mànici (cfr.

§8).

140. Vocaleatonatraaccento principaleeaccento secondario. Per

laToscana vigein generale laregolache e ovvero/

tendono

a cadere

-cfr. lontano<

Mongitanu,

vergogna, vantare, bontà, alcuno, cervello, facilmente, comprare, potrai, vedrò, antico toscanomisurrebbe (Purg., X, 24)-,però in molti altricasi queste

due

vocalirimangono: cfr.

tes-sitore, feritoia, venditore, martedì, venerdì, meritare, cameretta, spe-rimento. Taluni dialetti toscani

vanno

però più in del fiorentino:

cfr. l'antico lucchese testore 'tessitore'; il cortonese merle 'meritare".

Viceversa, levocali o

ed u

restanoperlopiù conservate: cfr. secolare, regolare, raffrontare,pecoraio,mormorare,rotolare,misurare.

Per

quan-toriguardaa,in fiorentinodavantiadrquesta vocale passadiregola ad

e: cfr. guiderdone,lazzeretto (e lazzaretto), zafferano,Margherita, com-perare, parlerò, troverai,

mentre

il dialetto senese

non

si limitaa con-servare a (parlarò),bensì trasformainaanche e davantiadr: cfr, pova-rìno, polvario, delìbarare, vendarò,ostaria, vennardi. Parimentila Cor-sica davanti ad rpreferisce a, cfr. ginarale, numarosu, ginarosu, avaria 'avrei', puarettu. L'Italia settentrionale è invecepiùradicale nella sop-pressionediquesta vocale: cfr. ilpiemontese smana,

lombardo

ed emi-liano stmana,

romagnolo

ìtmèna, rovigottostemana 'settimana'; il mi-lanese

masnà

'macinare', biasmà; il

romagnolo mdor

'mietitore'; i topo-nimi Casletto e Caslino (entrambi in

Lombardia)

di contro ai toscani Casaletto e Casalino, Casnigo (Lombardia) di contro a Cassanigo nel-l'Italia centrale, Frasnedo (Lombardia)dicontroa Frassineto in Tosca-na.

-

Nell'estremosuddellapenisolalavocale dellasillabainquestione resta per Iopiù conservata, mentre di regola si

ha

il passaggio di e>i,

dio>a: cfr.in sicilianocantaturi,povireddu,tavuledda. Inalcunezone del Salento si incontraa in luogo delle vocali e oppure i che invece ci

aspetteremmo: cfr. a Gallipoli povarieddi, caracava 'caricava', ntussa-catu 'intossicato'.

1 Lombardiè certamentelatormadisviluppo seltemrionale per Longobardi.

176 i. Vocalismo

141. a

come

vocale atona nella sillaba finale. Fra tutte le vocali atonedellasillaba finalea è quella che piùfortemente resiste allacaduta e infatti essarimane conservata in

Toscana

{ala, lana, canta, vacca), in

Umbria

e nel Lazio, inoltre nell'estremo sud, cioè in Calabria (esclusa lazonapiùsettentrionale, a

nord

della lineaCetraro-Bisignano-Melissa), inSiciliae nellapenisolasalentina.

Ed

èparimenti conservataanche nel-l'Italia settentrionale

-

cfr. il ligure, piemontese ed emiliano buka, il

lombardo

e veneziano bóka,il

romagnolo bòka - dove

aresiste alla ca-duta inLiguria e nel

Veneto

piùchein ognialtrazona.

La

stessa vocale

si indebolisce fortemente in tutta laparte superiore dell'Italia meridio-nale, vale a dire inLucania,in

Campania

senzalaparte meridionaledel Cilento, nella zona più settentrionale della Calabria, in Puglia a

nord

della linea Taranto-Brindisi e in Abruzzo: il risultato è talvolta lan", talaltralana.

Una

caduta completa di -anel dialetto toscano si verifica solo isolatamente. Gli avverbi seguentisi spiegano

con

l'abbreviazione dovutaallaposizioneproclitica: or,ancor, tuttor,attor, talor{ormai, or vedi,ancor domani, tuttorsi vede, attor

mi

disse).

A

questi si

aggiun-gano

alcunialtri casi, in cui delparila

mancanza

di accentodovutaalla posizione proclitica

ha

favorito Io sviluppo in questione:

Porsantama-rìa(Porta),

una

sol volta, in fiorentino, pistoiesee lucchese ordi notte;

ulteriori esempi

vengono

offerti dal dialetto di Lucca: l'ordi andarea letto, la

Tor

(torre) delle ore,

ho

paur' che (Giannini-Nieri, 14); nella Lunigiana anche il

pronome

interrogativo cosa si è indebolito in cos' (per esempio

ad

Aulla cos' ta porti 'cosa porti?')1. Il

fenomeno non

è sconosciutoneanche al romanesco: per

esempio

nelle poesie del Belli aun'or'

de

notte,

una

sor'(sola) vorta,

una

coron

de

spine, la

Madon'

de

laPietà,la

Madon' de

laPusterla,

Funtan de

Trevi.

Nell'alto

Mezzogiorno non

è poi raro il casodella cadutacompleta

dopo

la sillaba tonica in posizione chiusa: per esempio in napoletano a att 'lagatta', a face 'la faccia'; in ischitanolènk 'lingua', brutt 'brut-ta'; intarantinoe inpugliese settentrionale céètt'accetta',

vakk

'vacca';

in lucano vizi 'veccia'. In

Abruzzo

a

può

cadere del tutto anche

do-po

sillaba libera

-

per esempio sòis 'poppa' ('sesa'), sét 'seta', cir 'ce-ra'-,

e

lo stesso dicasiperlaPugliasettentrionale(Vico Garganico: sét

' In questo tiposonopresemiinflussi emiliani: cfr. il parmigianocoivedili'cosa vedeva'; e ancheilmilanese colel'èlalippa'cosa ilalippa'(Pavia, J89).

§ 141. acomevocaleatonanellasillabafinale 177

'seta'),per

Matera

{sét)e perildialettotarantino {set).Nellazona supe-rioredell'Italiameridionale,

dove

aatonapassaa a

oppure

cade comple-tamente, restainvece conservata nel

primo membro

di

un

nesso sintat-tico, per cui in abruzzese si dice per esempio

fèmmana,

bèlla, trenda

'trenta', crapa 'capra', appéna, nata 'nata',

bbòna

'buona', però si dice

ria

fèmmana

bèlla, na bèlla

fèmmana,

trenda crapa,

appéna

nata,

bbòna

rròbba 'buona roba'; lo stessoa Ischia: brutt 'brutta',

ma

nel rafforza-tivo èbruttabrutt; e ancorainPuglia(prov. Bari)

mamma

maja

'mam-ma

mia',

bona bbauna

'buonabuona', akanatanova 'lacognatanuova', ngindagròssa 'incinta grossa',

bèdda

Sirena,a

nonna

so'suanonna', na coppaia rossa 'un berrettorosso', èralanda

cundenda

'eratanto

conten-ta'.

Da

talicasiasiè introdottacongeneralizzazionemeccanicaanche dove

non

trova giustificazione etimologica: cfr. il pugliese landa bra-ganda 'tantibriganti',

quanda Hemba

'quanto tempo',raitastretta 'rete stretta', vesta verda; l'abruzzese la corna freska,

na

nòtta sola, n'arta bbona; l'ischitano

na

vòlta vakant 'una botte vacante', landa tiemba 'tantotempo', l'upinionami',a mugliera nova 'la

nuova

moglie',landa breganda'tanti briganti'.

Le forme

toscane chiunque, qualunque, ovunque,

dunque debbono

laloro strana e (invece della-a,

come

ci

saremmo

aspettati)certamente

all'influsso di

-cumque;

oltre e contro

-

invece delle forme che

do-vremmo

avere: oliràe contra

-

sono impropriamente derivate

da

oltr'a ciò,contr'atutti; l'antico

umbro

poscio invecediposcia si spiega

come

ilfrancese puis

da *postius

(sotto l'Ìn0ussodi prius). In

padovano

e inveneziano la -aatonadella sillabafinaledei verbi siindeboliscein e davanti ad

una

parola enclitica: cfr. in Ruzzante laghe-me 'lasciami', lasse-la, porte-ghe 'portagli', tire-te 'tirati', insegne-me,

magnélo

'lo mangia', haeve-lo 'l'aveva';in

Goldoni come

pàrlela?'comeparlaella?', perché

no

la maride-la 'perché

non

la dà in moglie?', con chi criavela 'con chi gridava lei?',

no me

gierela capitada 'non

mi

era capitata'. In

modo

diversobisogna invece spiegare (cfr. § 550) tein luogodi ìanei testiantichi toscani,per

esempio movìeno

(Purg.,X,81),fuggiemi{l'ai.,

XXXI,

39), convenìesi (Par.,

XIV,

90), moviensì {Ini., XII, 29).

- Le

singolari terminazioni in -edi Firenze (Florentìa), dell'antico italiano

Ancone

e del calabreseCusenze

(Consentia)

è dubbiose

debbano

rite-nersidesinenze di

un

anticogenitivo

o

locativo.

-

L'opinione sostenuta da Meyer-Liibke (§ 106) e recentemente ancora

una

voltadifesa

- con

argomenti

poco

convincenti

-

dalReichenkron(2 sgg.)cheledesinenze

178 I. Vocalismo

-as si trasformino nel toscanoin cfr. amas><?«/, gallinas>gattini

- mi

sembraprivadi

fondamento

(cfr. §

362

e 528).

142.

Le

vocali e

ed

i alone di sillaba finale in Italia centrale. I

n Toscana

le vocali della sillaba finale restano generalmente conservate tuttaviaè,èedisi

confondono

nell'unica

forma

-e,mentre1-/siconserva

come

/: cfr.capre, ove,sette,bene, ape, anticoitalianoconte<

cantem

;

anticoitaliano diece,avante, vinte'venti',forse, edall'altraparteimuli

egli,questi

(come pronome

personalesingolare),ieri,portai,finii,venni, vidi'. Ora, è certamente strano chein

una

serie di casiin cui, secondo l'andamentodello sviluppoche

abbiamo

detto,ci

saremmo

aspettati-e, e invero si trova -e ilpiù delle volte nell'anticoitaliano, la lingua più

moderna

presenti invece -/. Si tratta dei casi seguenti: avanti, davanti, dieci,dodici, fuori,forst,quasi, quinci,quindi,ogni, oggi,domani,tardi, lungi, anzi, altrimenti, parimenti.

D'Ovidio

hanotato conalquanta ve-rosimiglianza

(AGI

9, 82 sgg.) che questa isi è sviluppatapervia ana-logica

da

certicasi,

come una

specie diliavverbiale': per

esempio

oggie

domani

{stamani)daieri,dieci

da

venti; tuttavia alcunidubbi

non

sono affatto risolti interamente. Sta di fatto, in ogni caso, che lalingua dei primi secoli(in parte ancorain Boccaccio e inBoiardo) usavale

forme

in-e: peresempioavante, davante,diece, fore,

domane,

longe, epersino vinte(Ori. Inn., I, 1, 2, 8). Nell'uno

o

nell'altrocasopotrebbero aver contribuito a questo sviluppo influssi latineggiami (per

esempio

ivi, quasi); bisogna inoltre tenere nel debito conto la diffusione di

forme

foneticheregionali,dato chein

una

partedella

Toscana

enellezone con-finanticonessa fuori della

Toscana

stessala -e finalepassa

normalmente

ad -i, ovvero vipassava

un tempo

(cfr. sotto). Inapi

e

cani

non

c'è -es allabase, bensfla-/èstatapresadal tipo dideclinazione dimulie galli;

anche intu perdila-iè stataintrodotta per analogia (da tuparti);e nep-pure è primitiva la -i del congiuntivo che io canti (cfr. § 555), che io fossi, che io cantassi(cfr. $ 560). Per quanto riguarda i

cognomi

in -i

(Agostini,Rombaldi, Mainardi,Orsi),citroviamoinpresenzadella-idi lupi e orsi. Più difficoltosa è invece la valutazione dei toponimi (Ac-qui, Bari,Capri,Velletri, Alatri, Assisi,Rimini,Brindisi, Chieti,Napoli,

' L'opinione espressa dal Meyer-Liibke (S lofi), che -é finale passi ad-i, non pub sostenersi dubbi

eSemt" aVVal0tarla

W

°">flw/

'ames- vedi<vidé. "ggi,Giovanni) sonoassai

§ 142. Levocalieediatonedi sillaba finaleinItaliacentrale 179 Amalfi, Vercelli, Sutri): talvolta la -i

può

risalire all'etimologia (lat.

Alatrium, Asisium, Bartum, Brundisium), talvolta possono aver contri-buito alla sua formazione anche qui degli influssi analogici, e talaltra saràproprio ilcasodiprendereinconsiderazione gliinflussi dialettali\ L'antico italiano

Adi

(Inf. IX, 1 r2)è sicuramente

una forma

analogica rifattasuAsti,Acqui,Nervi,Sestri). Solo

un esame

particolare,dafarsi caso percaso, delle

forme

antiche dei

nomi

propri

può

condurre a chia-rificazioniconclusive. Bisognaosservare, aquestoproposito, chele

for-me

regionali

o

dialettali di tali

nomi

differiscono spesso

da

quelle

uffi-ciali, cfr. l'antico napoletano Napole,

Amarfe

e Pezzuto (Pozzuoli); i

nomi

Velletri e Veroli (Lazio meridionale)

suonano

Vellétre e Vèrole

nellapronuncialocale(Crocioni,

SR

5,38).

In

Toscana

il passaggio generaledi-ead-iè

un

fatto assolutamente isolato: cfr. nella regola di san Benedetto,che risale al

xm

secolo, dici 'dice', fari 'fare', utili 'utile', conueni'conviene', esseri

(LN

3, io)5.

-La

-efinale(epiùraramentela-i)

può

venire eliminata nel toscano

quan-do

siainun'espressione strettamentelegatadal

punto

di vista sintattico,

dopo

l, r, n

ed m

davanti ad altraparola che comincia per consonante:

cfr. signor dottore,

pan

bianco, vien qui, salnitro, talvolta, antico ita-liano

com

ti piace; a questo tipo appartengono anche gran bene, gran bestia,granduca,

dove

l'abbreviazioneproclitica

ha

colpitoanchela con-sonante precedente {cfr.

San

Pietro).

-

Per

Giovanni (Johannes),

cfr.

Castellani,

ZRPh

72, 65.

In

una

zona che si estende dalle

Marche

(Arcevia, Fabriano) attra-versol'Umbriafino alLazio settentrionale (intorno a Viterboe ad Ac-quapendente), la finale del toscano

compare come

-e: cfr. nelle

Mar-che (ad Arcevia) puorte 'porti', pire 'peri', mitte 'metti'; in

Umbria

i

cane, icugnate 'i cognati', amice'amici', liparente, e già inantico

um-bro molte barone, gli arbore,

buone

cane, pesete cotte, venne 'venni', vidde'vidi',farebbe'farei',cavaglie'cavalli', vitelglie'vitelli', cento

an-gne

'anni', elglìe 'egli' (Schiaffini,

ID

4,

90

e 93): la palatalizzazione negliesempi citati

da

ultimo mostrache -e risale ad

una

precedente -1.

2 Comesiafacileche neitoponimilavocalefinalesoggiacciaadalterazioni arbitrarieè dimo-stratodaidue nomidelle località calabresiSiderno eRasano,che originariamente appartenevanoa!

gruppodei toponimi terminanti in -oni {Conidom, Comètconi, Mando-ràdom), e di conseguenza suonavano SUérosi e Rosàrom (Rohlfs, Scavi, 205). Cfr. anche l'antico napoletano Pezzato Poz-zuoli' el'anticotoscanoMimino'Rimini'(Ariminum).

>Laregola disanBenedetto(cfr.p.179), contari 'fare', utili 'utile',nonelesto toscano;dr.

LNXVI,97(Contini).

i8o i. Vocalismo

Anche

i

nomi

dicittàsipresentanodiconseguenzainquestazona conla finale -e, tanto negli antichi

documenti

umbri, quanto in parte anche nella pronuncia popolare odierna: per

esempio

Riete (ancora oggiRiè

te) Tode, Nargnie,

Nepe

(Merlo,

ID

5, 180}.

Al

confine settentriona-le dell'Umbria, il

fenomeno

di cui discorriamo giunge sino alla zona marginale del dialettotoscano: cfr.a

Cortona

lìnxuole'lenzuoli', kaltso-ne 'calzoni'; inoltre in antico aretino maste 'mastri', auìre fratelle ly dettare(Monaci, 571).

A

suddi

Roma

la -esiincontrainpropaggini iso-late: per

esempio

a

Sonnino

(punto

682

dell'AIS) vinde 'venti', anne

^anm',fòrte 'forti',

morte

'morti', capiglie'capelli'.

-

I

nomi

dell'antico italiano.Creti,

Opri e Rodi -

che si dice ancoroggi

-

si riallacceranno allapronunciagreca(KpìVci]

=

Kriti).

143 e

ed

i atonedella sìllabafinale in Italia settentrionale. L'in-debolimentodelle vocalifinaliinalcunezonedell'Italiasettentrionalesi

èmanifestatoin diverse tappe,

prendendo

l'avvioda determinate condi-zioni sintattiche, e primadi tutto dal trovarsi levocali inposizione

se-guente

una

delleconsonanti/, r,n- cfr. in BonvesinEufitnian

da Roma

fonobelcavaler, lo grandcalor te fere; e viceversa: lacortedivina, da lonze

me

resplende, entre spin ponzente,le belledone,in iorti etentre spine. Sul destinodella-e finaleneidialetti

moderni

riteniamoche pos-sa megliodi tutto orientarela seguente tabella:

neve noce fiume

Liguria nèive nuze sciiime

Piemonte

nef nus

fiùm

Lombardia

nef nus fiùm

Emilia néva nuza fium

Veneto

neve noza

fiume

La

-e rimane

dunque

conservata nei dialetti ligure e veneto; cade nel piemontese(cfr. Ast 'Asti'),

lombardo

ed emiliano(circal'emiliano névae

nuza

cfr.oltre).

Questa

regolagenerale

ammette

peròdiverse ec-cezioni: prima di tutto, la conservazione di -e nel veneto

non

è affat-to generale, perché essa cade

dopo

le consonanti «, r, l semplici (per esempio sai, sol,

doman,

can, saver, cantar; però pète<pellem). Inol-tre, levocali finali sono state talvolta reintegrate per ragioni

morfolo-§ 143. eed/atonedellasillaba finaleinItalia settentrionale 181 giche, allo scopo di distinguere più chiaramente certe

forme

verbali e nominali, sulla base di

un

conguaglio analogico, cfr, il piemontese

gambe o gambi

'gambe',

lombardo gambe;

ilparmigiano donni'donne', paroli, rani'rane',volti 'volte'; ilpiemonteset'porte

o

t'porti'tuporti' (per distinguerela seconda persona dalla terza).

A

questa innovazione tuttavia molti dialetti

non hanno

partecipato: cfr. l'ossolano

gamp,

il

ticinese

gamp o gamb,

il milanese/

gamp,

ilcremasco i

gamp,

il roma-gnolo

gamp

oppure

gam

(AIS, 159). Ildialetto milanese, chedi regola perde la-i(roti'rotti', gross'grossi'), la conservainvece

dopo un

forte

nesso consonantico, per esempio corni, inferni; nel piemontese si

tro-va usata spesso la vocale -i invece di -e, la qual cosa si verifica anche inparecchiezonedelVeneto,

dove

sidice,peresempio, gambi: questai

non può

essersi generalizzatache peranalogia.

Per

quanto riguardalacorrispondenza

con

la toscana(zpali), que-stavocalerimaneconservata

dove

rimane anchelae,quindinel ligure (piati, mòrti, nòvi,gali)e nelveneziano{piati,mòrti, nòvi,gai), mentre cade nelpiemontese, nel

lombardo

e nell'emiliano (mòrt,piai, piemon-tese nou,

lombardo

e emiliano nòf); gai 'galli' (piem., lomb., ven.) si spiega

da una

precedentefasegai<gali.

Un'altra eccezioneallaregola generaleconsiste nel fattoche

dopo un gruppo

consonantico in posizione finale

compare una

vocale di

appog-gio, cfr. lecorrispondenze settentrionali di 'padre': ligurepàe (oppure puè),piemontesepare,

lombardo

pader,venezianopare (AIS, 5).

Come

vocalediappoggioilpiemontesesiservegeneralmentedella

«

(in

modo

particolare nel caso di paroleche

un tempo

eranoproparossitone e che

hanno

perdutolaconsonantedella sillabafinale): cfr.ilpiemontese

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