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^ pronuncia italiana della lingua latina legge tutte le e come e, anche

quando

vi sia allabase

una

e: di conseguenza, nella pronuncia toscana (fiorentina) si dice estremo, completo, crudele, sede, mistero, sincero, primavera,eco,tetro,lene, feto,mensa, sovente'.

Non

èraroilcasoche

una

paroladi originedotta si incontri con

una

popolare

-

per esempio arena 'teatro' con rena 'sabbia', ilfreno dellapassione

con

ilfreno del cavallo -, il che

sembra

abbia condotto all'altro fatto: che anche altre parole, nellequali originariamentesitrovavaallabase

una

ì,

hanno

aper-to laloroe

quando

esprimevanodei concettiche

non

erano molto

popo-lari: per esempioletteranelsignificato disegnodell'alfabeto,

ma

lettera nel significato diepistola; cfr.anche maestrodi retorica dicontroa mae-stro d'ascia.

Le

personecoltepronunzianoinToscana perlo piùtrenta,

ilpopolopiuttosto trenta (in

romanesco

trenta).

48. Altre anomalie fé invecedie) neidialettitoscani. Per effetto didiverse circostanze(influssiregionali,pronunziadel latino nelle

scuo-le) si sono prodotte certe oscillazioni nell'uso.

Nei

principali centri si

manifestano

non

pochealternanzefrasuonichiusi e suoniaperti.

A

Pisa

(contrariamente alla e fiorentina)sipronunziano cone leseguenti

paro-le: temo, lesina, feltro, mette, vendo, scendo, vendica

(AGI

12, 143);

aLuccasi pronunzianocone(invececheconlae fiorentina)baleno, cer-chio, desto, fedele,fermo,freno,stella,

temo

(Giannini-Nieri,6-8). Nel-lalinguadi

Roma

simanifestanoparecchie deviazionidall'uso fiorentino:

a

Roma

si trovainfatti einvece della fiorentina e nelleseguenti parole:

bestia, chierico, cicerchia, cometa, cresta, erpice, esca, fedele, mestola, pentola, trenta (Bertoni-Ugolini,

34

sgg.). Nella maggior parte dei casi sembrasitrattidiparoleappresedailibri.

Una

serie di irregolarità della pronuncia toscanasi spiega mediante

gliincroci

o

gli influssi analogici.

In

certe parole, l'anticosuffisso -Illus è stato sostituito con -éllus, per esempio pestello (Iat. pistìllum), puntello(Iat.

punctillum). La forma

ressa (rixa)

sembra

essersi pro-dotta sottol'influssodi pressa; lettera

può

aver derivatolasuaedaletto (leggere); allostesso

modo

ergeresitrova sottol'influsso di pergere.

Su

' Per l'importanzadella cultura latina attraversolatradizione scolastica medievalesulla pro-nunziadelle vocalieedoinToscanaenella lingua nazionale,cfr.ora Franceschi,«Sullapronuncia die,0,1,z nelle parole dinondiretta tradizione» (Torino 1965)nel capitolo 'Vocalismo dotto' (pp. j-i6|.

74 *• Vocalismo

minatoneiparagrafiprecedenti.

Forme come

cibo,sito,vìzio,rigido, mi-sto, pigro, disco, tranquillo, ditta, firma, sono voci letterarie; cfr. an-cheilveneto,

lombardo

e ligure intima 'federa interna' di fronte all'an-ticoveneto intimaealbolognese endma.

Qualora non

sipensicheesista un'analogia con frlctus, afflictus, *flctus (Merlo, Sora, 158), la

forma dèrìctus, ottenutapertrasposizione

da

dìrèctus,

ha

originato

i

due

tipi diritto, dritto (Meyer-Lubke, § 56}; mentre l'antico toscano miso, ilpisano elucchesemisso 'messo'

hanno

laloro/

da

misi. L'antico toscano priso (chesi incontranellapoesia lirica), sorpriso (Purg. I,97) e riprìso (ibid. IV, 126), entrambi in rima, potrebbero provenire dal franceseoppuredai parlari dellaBassaItalia.L'anticotoscanoditto

pre-suppone una forma *dìctus

cheè rifatta su vìctus, nìctus.

Poco

si

comprende

iltoscano ritmo 'nessuno' (che viveancorogginelleprovince di Lucca, Pistoia, Pisa e Livorno), in quanto

non

è molto convincente

l'ipotesi {Meyer-Liibke, % 56} chela i provenga da ninno: piuttosto si

potrebbe presupporre

una forma

dellatinovolgare

*nimo

(inluogodi

nèmo),

chesiastatainfluenzata

da

nil 'niente'.

Le

forme

Messina{Mes-séna)e alice

(alécem)

si spiegheranno da

una

isicilianaperè;la stessa cosasaràper vio ecrio(accantoaveoecreo)'vedo'e'credo'inGuittone.

La forma

issa'adesso' dell'anticoluccheseè inspiegabile: tale

forma

vive ancora oggi

come

isanella valle diPoscbiavo,

mentre

laValtellina supe-riore(Bormio, Livigno) presentala

forma

regolare esa<ìpsa(hora),cfr.

Archiv 177, 36.

La

idivia, sia, dia, stia,pria, criaèprovocatadalla po-sizione iniato,eanchel'anticotoscano die'devi','deve' sarà

da

spiegare allostesso

modo.

L'avverbioquindisi è formato sicuramente sotto l'in-flusso di

#a/s«<eccuhlnce

{D'Ovidio,

AGI

9, 95) edè statoluia pro-durreindi'dilà',

puramente

letterario.

Nell'estrema parte nord-ovest della

Toscana

visonoinflussi dell'Ita-liasettentrionale: la

forma

kapigi'capelli',cheè usualenella Garfagna-na superiore, è da porrein relazione conl'emilianokav'i (cfr. § 53), la cuiiè stataprovocatadallametafonia; ed esattamente

come

questainel dialettoemilianosièintrodottanella

forma

delsingolare{kav't'capello'), così ancheinGarfagnanailplurale kapi%i

ha

prodotto

un

singolare ana-logico kapigo.

La

i che stranamente

compare

nell'Italia settentrionale inluogodi

una

e, aldi fuori dell'effettoprodottodallametafonia

-

per esempioeira, sira, tìla, munida, nigar, pi<

plenu

(cfr. § 56)-, trovale sue avanguardie nel garfagnino f'tltca,filila, nel lunigiano filila 'felce',

nelpistoiese (Sambuca)eira'cera',nellunigiano (Licciana) fidags

'fega-§ 51. teinvece di e inToscana 75

' nel versiliese

Udo

'elee' (cfr. anche la

forma

Ilici

come toponimo

J una

localitàdella Versilia), nellunigiano (Licciana) éist 'cesta', nel

"^agnino

(VaglidiSotto)pino 'pieno'.

\

51. ie invece di e in Toscana. I casi che stiamo per esaminare in auesto paragrafo

non

sono soltantovalidiperiltoscano,

ma

siestendono

Jle volte, nel loro particolare aspetto fonetico, al di fuori dei confini dellaToscana.

La forma

dell'antico senese, lucchesee pistoiesenieve(in pistoiese, lucchese

ed

elbanoa volteanche neve), dellivornese, pisano, grossetano, pistoiese, còrso ed elbano neve, è difficilmente spiegabile:

essa corrispondeesattamente allospagnolo nieve, all'aragonese nieu,al

provenzalerieu,eforse

sembra

presupporre

una forma

del latinovolgare

*néve':

cfr.nelparlaredell'Elbaritévica 'nevica'. IIcaso ricordail pas-saggio di

óvum

alla

forma

del latinovolgare

*óvum,

peròquila dissimi-lazione di o >o,

una

volta che si

ammette

la

forma

volgare

*oum,

è più comprensibile di quelloche

non

sia nel caso di nìve>neve.

Del

pari è stranala

forma

toscana vietro 'vetro' (vltrum), che si incontrain pro-vincia diLuccaeall'isolad'Elba. Iltoscanofierapresuppone

un

*féria inluogodi feria, ilquale *fèria èanche da presupporreperl'italiano meridionalefera,perildolomiticofiera,perilcatalanofira;peròquesta forma deveessere stata presa a prestito fuori di

Toscana

(a causa della

-r-);cosipureperlo stesso

motivo

ancheghiera(viera)<viria

non può

essereformaindigenadellaToscana.

La

formatietto,documentata perla Versilia (cfr. Pieri, 162),che allevolteappare anchenella

forma

kietto 'tetto' (cfr. § 116)

-per esempio

a ViareggioeaCorzanico-, presuppo-ne

una

precedentee aperta(cfr. tegere),laquale

deve

assumersianche perilsiciliano tiettu

oppure

tettu(cfr.

AIS,

221), per ilgallo-siciliano tìét(SanFratello), tiettu (Aidone), per l'anticofriulanotiet.

Lo

strano vocalismodiquesta parola avràdelle radicinei parlaridell'Italia setten-trionale(cfr.ilpiemontesee

lombardo

tee),

come

delresto ancheil luc-chese(Garfagnana, Lunigiana)teca{te'à'co)e illunigiano (Sarzana, Car-rara)tecostannoinrelazione

con

illigure tecu,tecueconl'emilianoteca (AIS, 864).

La formale

'felce'dell'anticolucchese(SalvÌonÌ,

AGI

16, 397) presuppone

ugualmente una

precedentee aperta,laqualepareche

1 Sipotrebbe pensare aduninflusso concettuale di gSlu. SecondoCorotninas (IH, 513)

sideve aduninflusso di nébula.

76 I. Vocalismo

dipenda

da

influssiprovenientidall'Italiasettentrionale(cfr. il

lombar-do

felssel'emilianofelici) (cfr.§ 57).

Di

frontealfrancesefoin,spagnolo

heno

(Iat. f

ènum),

la

forma

fieno si basasu

una

pronunzia rustica f

aenum>fènum,

presupposta anche peridialettidell'Italiameridionale: calabrese fienu

o

fenu, salentino

fie-nu,siciliano fenu.

- Le

stranissimeforme mieco, tieco,sieconelle

anti-che laude

umbre vanno

coll'anticovenezianosiego,anticobolognese tie-co(cfr. § 86,94).Perinsieme bisogneràpresupporre

come

base

un *Ìn-sémel,

cioè

sKmuI

incrociatocon

sèmel.

52. Dittongazionedi e in einell'estremazonanord-occidentale della Toscana.

La

dittongazionedi e>ei,caratteristicadell'Italia settentrio-nale,sièspintatalvoltaaldi

qua

degli

Appennini

eprecisamenteinzone che distano alquanto dal confine tosco-emiliano. Si incontra infatti il

passaggiodi e>einella

Garfagnana

superiore, in localitàGorfigliano(a sud-ovestdiPiazzaalSerchio): peresempiokreiào, ueido.seita 'seta'e 'sete', aéeito, peipo 'pepe', leingua, someìnta 'semente', kampeitto; e nellaLunigiana meridionale, nel piccolo villaggio di

Antona completa-mente

isolato(adestdiMassa): per

esempio

peipd, mette,peira,

sam$in-t3,freisfo,seilva,kapreitB'capretto',meinta, steidds'stella'.

È da

nota-reche talepassaggio siverifica anchein sillaba chiusa e che

ad Antona

lae secondariaproveniente da ì (davanti anasale) prendeparte

ugual-mente

alpassaggiostesso(peresempio feima'lima'),

come

purea Gorfi-gliano partecipaa taledittongazione anche dies attraverso

una

fase

de

(cfr. § 30): deì,lunadei.

53. Metafoniadie nell'Italia settentrionale. Nell'Italia settentrio-nale invastiterritorisi

ha

lametafoniadi echediventaisottol'influsso di

una

-/finale.I testi dell'antico dialetto ligure la

mostrano

soltantoin

un ambito

ristretto

-

per

esempio

ordenaminti,nelladesinenza avverbia-le primeraminti, saviaminti, nella seconda persona del passato

remoto

faisti,ofendistì,fisti,caisti

(AGI

15, 14)

-

eancorapiùristrettaessa

ap-parenei dialetti liguriodierni,per

esempio

aNolivi 'vedi'(AIS,52). In

Piemonte

si trova soltanto nell'estremo nord: cfr. l'ossolanomis 'mesi'

come

pluraledi

mes

'mese'; ilvalsesiano kwil, kwist,isquali pluralidei

pronomi

kwèl, kwèst,ei (Spoerri,

407

).Gliantichitestilombardiinvece la presentano in maniera alquantoregolare: pisci, nigri (plurale di

ne-f m

m

":>r

S 53. Metafonia dienell'Italia settentrionale 77 grò),d'igni,vedisti, credisti,ili(plurale dielo),vigni'venni', tigni'tenni', dischi (plurale di desco), tu di devi',critu'credi tu', poveriti(plurale di povereto}.

Al

giornod'oggi,a causa del livellamento fonetico

intervenu-to,la metafonia in

Lombardia non

si trovapiù altrocheinpochicasi:

l'abbiamo ancora nel milanese qui} (plurale di quèll), quist (plurale di quèst), avi 'avete', vorì 'volete',podi'potete',kavij 'capelli' (plurale di kavel), nella

forma

pluraledelsuffisso -èt {-etto)

-

peresempioom'tt,

uie-lit,porselit (Salvioni, 63}-,

ma

parole

come

'pesci','mesi','neri'

non

co-nosconopiù metafonia.

Al

contrario essa è ancora moltoresistente nel

Canton

Ticino: cfr.invai

Maggia

verd: vird,stess:Stiss,len : Un, det:

dit, kest:kilt,ferm ;firm,veàru: vidri,frec 'freddo' :frìé; ein vai Le-ventinaper:pir'peli',negru : nigri,milanés: milanis(cfr.aquesto pro-posito Salvioni,

AGI

9,241; Merlo,

ID

11, 8; Sganzini,

ID2,

109).

In testi antichiemiliani si trovano leforme itti, quitti, volisti, pren-disti(Monaci, 563),mentreilBertoni (73)citaperl'odierno dialettodi

Modena

quist, quiquali plurali di 'questo' e 'quello', cavi'capelli', -i<

-etis, tri<tres; per

Parma

citiamo noi tri 'tre', vài'vedete', savi 'sa-pete',diri 'direte',avis'avessi'.

La

metafonia

ha

diffusionemaggiorein

Romagna.

Moltiesempi si trovanogià nel

« Pulon Matt

» (xvi secolo), per

esempio

mis'mesi',critu 'credi tu',ui'vedi', uslitt 'uccelletti', rasu-namint 'ragionamenti' (Schiirr I, 65). Perilbolognese odiernocitiamo viri 'verdi', pais 'paesi', tri mis 'tre mesi', / milanis, vài 'vedete', savi 'sapete',

amo

'avete voi'; per

Lugo

mis quale plurale di mes,pir quale plurale di per, izis'iceci', krid'credi'(Schiirr II,

150

sgg.).Incerti ca-si,nei dialetti

romagnolo

e bolognese la flessione nominalesi è andata

adeguando

alplurale: per esempiol'emiliano

(Modena)

kavi, il piacen-tinokavi'capelli' e'capello', il

romagnolo

(Lugo,Faenza,Forli, Raven-na)zis 'cece'(SchùrrII, 26).

La

metafoniasiriscontraanchenell'antico dialettoveronese

-per

esempioin

Giacomino

ptssi'pesci',quìgi'quelli', digni

come

plurale di 'degno', /g/<ìlli, missi

come

pluraledi

messo

-,

come

pure nell'antico dialetto

padovano -

cfr. inRuzzante iggi, quisti, quiggi, caviggi 'capelli', dischi, pili, bivi, mitti, pinzi 'spingi'.

Ed

infi-ne,essaè stataalquanto produttivainperiodo anticoanchenel dialetto veneziano, cfr. i seguenti esempi, tratti da

documenti

del

Medioevo:

(//('(elio),quitti(quello),striti(streto),misi,cavili,maistri,pissi,pili,

di-schi, virdi, nigri,maleitì,plini,digni,misi 'messi', prisi'presi'.

Al

gior-no

d'oggilametafoniaè ancorariconoscibilenei parlariveneti solonelle zone più arcaiche: per

esempio

aCavarzere vidi 'vedi', misi'mesi', e a

78 i. Vocalismo

Fratta Polesine vidi 'vedi'. Nei dialetti della provincia di Vicenza e di

Verona

sitrovano

forme come

kaviji 'capelli' e vendij 'vendeteli' (AIS, 833}; a Crespadoro (prov. Vicenza)nigri

come

plurale di negro (AIS,

punto 362

).

La

metafoniaè inoltre moltoresistente a

Grado:

misi

{me-te),kavili (kavelo),ili(eh),pili(pelo), todischi (tedesco), nigri (negro), virdi (verde), v'indi 'vendi', crìi 'credi', miti 'metti' (Ascoli,

AGI

14, 329).

La

metafoniadie sottol'influssodi

una

-/finalesi manifestaanche nellecoloniegallo-italianedell'Italiameridionale: peresempionel

grup-po

di Potenzasikki,jriddi, nigri quali plurali disekku, freddu, negru;

nell'isolaetnicapressoilgolfodiPolicastrojriddi,iddi, friskiquali plu-ralidifreddu,eddu,fresku (Rohlfs,

ZRPh

6i, 86 sg.); etale

fenomeno

starebbe a dimostrare che

un tempo

la metafonia

non

era sconosciuta neanchenellezonemeridionali delPiemonte,cioè nellapresumibile pa-triadiquestecoloniegallo-italiane.

54. Labializzazione die. Indiverse zonedelPiemonte,nella

Lom-bardia orientale e nel dialetto di Verona, la

forma

feminaè passata a fomna,

fùmna, fumra

(Schadel, 19)acausadellavicinanzadi

una

doppia

labiale;

mentre

nella Valtellinasuperioreea Livignolaeacontattocon

una

labiale passa

ad

ò: per esempio dizò<

dicebat,

for<.febre, bór<

bibere, ró><sapere,

òr<

habere

(Rohlfs, Arcbfv 177, 33; Blauer-Ri-ni, 101).

- La forma

ghipva'zolla', appartenente all'italiano letterario,

non

èladiretta risultante di

glèba,

bensf mostra chiaramente

una

me-scolanzacon

glSmus

'gomitolo'ocon

glòbus

'globo': ilrisultato di

un

taleincrociosiritrova neidintornidiTarantoe Brindisi,

dove

vivono nel-l'uso popolare jgfa (Avetrana, Massafra e Manduria), chigfa (Carovi-gno), iigfa(Francavilla)nelsignificato di'zolla'.

La

forma dopo, svilup-patasida

de-post, ha come

stadiintermedi

depò

>dopò,nel quale

ulti-mo

laprima 0 dipende

da

assimilazioneadistanza.

Dittongazione di e nell'Italiasettentrionale. Nella parte occi-dentaledell'AltaItaliasièsviluppata meglio chealtrovela

dittongazio-ne

di e>ei, caratteristica della faseprimitivadell'antico francese(meis, treis, fei,peire). Gli Statuti medievalidi Chieri (prov. Torino) presen-tano

forme come

meis, aveyr,peina, veira,poeyr,

méin

(Meyer-Liìbke,

§ 23); intestidianticogenovesesileggeceira,peina, peigro, neigro,

of-§ 55. Dittongazione di enell'Italia settentrionale 79

fasi, savei,dexeiver, convenetver'conveniente',peize'pece',conseigo<

c

um secum. A

queste

forme

corrispondonoquelle dell'odierno dialet-topiemontesecandeila,peis'pece', steila'stella',neìr 'nero',peir'pera', tnuneida,peiver, teila, meis,parhreiva 'parlerei'

(*parabularebam),

pureiva 'potrebbe'; e dell'odierno ligure kandeira (oppure kandeja) 'candela', peiie'pece', neigru,

pfz<pirum,

n§ive, pfive, tfira (oppure

teja), meise, katreivan 'comprerebbero'. Versooriente l'area di ditton-gazionecontinuanellazonadeldialettopiacentino

-

neigro,teira,neiva 'neve'

-

edeldialetto emiliano: peir, neiva,pgil, teila-;

ma

diventadi

epoca

sempre

più recente,

man mano

che siprocede piliverso oriente.

I testiantichiromagnolidelxvi edel

xvn

secolo

non

presentano ancora alcunindizio diun'incipientedittongazione(SchiirrI, 26).

Oggi

si trova

ei (oppure e*) a Forlf, Cesena, Cesenatico,

Loiano

e

Comacchìo -

per esempiopeir, kandeila, neif,muneìda, kadeina, teila-,

mentre

iparlari diBolognae di

Minerbio

(AIS)

aprono

ildittongoeifino adai(più esat-tamenteài)

-

kadaina,taila,pail,savair-,etale

fenomeno

siverifica per-sino davanti

ad n

seguita

da

consonante, per

esempio

dainter 'dentro';

alcontrario,si trovanoaltrezone(Imola,Lugo, Faenza,

Ravenna)

nelle quali lostadiofonetico

non

èancoraandatoaldidie.

La

dittongazione

in ei

oppure

in aivaleanche perlecoloniegallo-italianedellaSicilia: per ! esempio aNicosiasitrovatseira 'cera',peira; a

San

Fratelloavair,satra, >

canaila, naiv, plazair,trai,tsaira.

Nel

gradooi

abbiamo un

altro risultato delladissimilazionediei (cfr.infranceseilpassaggioditreisatrois,teile

atoile,meisamois, peirea poire).

Questo

stadioècaratteristicodel

dia-j

letto

romagnolo

diSerravalle(San Marino), per

esempio

sòira,pòir,vlòi- I

va'voleva', savòiva, toila,

dove

il

fenomeno

si manifesta anchedavanti ì

ad «seguitada consonante, per esempiodròinta'dentro',ointra'entra',

kmòinza

'comincia'(Anderson, 23sgg.); infinela

forma

oisitrovain

Pie-monte

nella valleAnzasca(regionedell'Ossola): per

esempio

ppis'peso', mgis, ngiv,pgivar'pepe'(Gysling, 131).

Nei

parlarilombardi, trentini,veronesi, veneziani,

nonché

nel

Canton

Ticino, algiorno d'oggisi

ha

soprattuttoe,avolteperò anchee: cfr.ad esempioil

lombardo

telae tela,stelaestela,venae vena,

muneda

e

mu-neda; il veneziano tela, vena; illigure sea 'seta''.

In

questo

fenomeno

si

deve

certamente vedere

uno

stadiodi riduzione

da un

precedente et

1 La( apertadavantianasale è caratteristica dellazonaoccidentaledell'Italia settentrionale;

cfr. illiguree piemontesevfiia'vena',kad$na,illigureav?mu'abbiamo'.

80 i. Vocalismo

ovveroet,

come

purelap subentrata nellazonadiAntronapiana (Osso-la) proviene certamente

da un

piùanticopi,per

esempio

spra,tgla, stp-te,"?/,parp,trp,vp'vedere'(Nicolet, 17).

56. Sviluppo die in i nell'Italia settentrionale. Diverse zone del-l'Italia settentrionalepresentano l'esito / in luogo dell'antica e oppure deldittongo originato

da

questae. Tale/ è alquantodiffusain

Lombar-dia,per

esempio

mis,pir, pil, sida, tila,

munida;

nellazonadi

Milano

il

dialetto della città presenta e (sera, candela, mes), mentre il contado

lapreferenza a /(sira,candìla, mis): cfr. già nell'anticomilanese ve-nin'veleno',marci'mercè' in Barsegapè,

w. 108 6352.

IIdialetto

berga-masco

costituisce

un

particolare centrodidiffusione dellai,per esempio

avi,sida,sit, bif, nif,stf, pil, tila,pir, sira,mis, tis,p'ter'pepe',munida, vidre, irga 'verga', sirca 'cerca',

Bìrghem

'Bergamo', nigher (Salvioni,

RJ

1, 121). Se prescindiamodal territorioesaminato,

dove

lavocale si

manifesta con grande regolarità,

vediamo

che la sua presenzanelle sin-gole parole

ha una

diffusione piuttosto disuguale. In alcuni casi (per

esempio

munida, candita) questa i si trova solo di rado, in altri invece

ha una

diffusione locale piuttosto vasta: sira 'sera' e sira 'cera', per esempio, si estendono dalla

Romagna

attraverso l'Emilia, la zona di Piacenza ela

Lombardia

finoal

Canton

Ticino, esira 'cera' si incontra in quasi tutto il

Piemonte

oltre che nell'intero territorio che

abbiamo

citato (cfr. AIS,

340

e 909); per il dialetto bolognese ricordiamo

mik

e tik'meco' e 'teco'; per ilparmigianof'tdek 'fegato'; per

Rovigo

piro 'pera'.

Da plenu

si è avuto pi,pin, che si estende dalla

Romagna

fino alPiemonte,e inoltresiaggiungalaformacin chesiincontrainLiguria (AIS, 1335).

Da

nlfgru si sonoavuti delparidei continuatoricon /, la cui diffusione meravigliapervastità: cfr.il

romagnolo

n'tgar, ilreggiano nigar,ilparmigianonigor,il

lombardo

ni&er(AIS, 1574). Neicasi

cera

e

plenu

>ptenu

- come

anche nel

romagnolo

sida<

acetu

(Riccione), pi&a 'piega',pi 'pieve' (Forlì, Imola, Faenza,Lugo); nelpiemontese

me-ridionale glva<

gleba;

nel dialetto della Valsesia piali 'piacere', pats (Spoerri, 398); ed infine nel

toponimo

piemontese Castagnito, si po-trebbepensaread

un

influsso della palataleantecedente (SchurrII,185), cosf

come

anche nel francese

dove

cera

non

è divenuto coire, bensì ciré (cfr.pais<

pagese); ma

neglialtriesempiche

abbiamo

citato la pos-sibilitàdi

una

tale ipotesimanca. In Istria si

ha un

altrofocolaiodello

S 57. Trattamentoeinposizione chiusa 81 dluppodi e>i: cfr.specialmente a

Dignano

e a

Rovigno

munida, mis,

mg™,

pti>vulir,tila, sivo,sira, ptvero,line,stila,nivo,

con

esempi

persinoinposizione chiusa

come

sista 'cesta',quisto, virdo, friddo, vispa, frisco, sico (Ascoli,

AGI

1, 443). Nei riguardi di questo sviluppo in Istria,ilMeyer-Liibke

(§25) suppone

chelaisiaoriginata

da un

prece-denteei,

ma una

provadimostrativaditaleipotesi

non

siè ancorapotuta otteneredallostudiodegli antichitesti.

La forma

stria 'strega', largamente diffusa nell'Italia settentrionale (dalla Liguria fino al Veneto),

non

presuppone striga, bensì striga

La forma

stria 'strega', largamente diffusa nell'Italia settentrionale (dalla Liguria fino al Veneto),

non

presuppone striga, bensì striga

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