('me-senterio') c'è
un fenomeno
didissimilazione conesito v; nell'antico na-poletano bespolo<mespilus
c'èun
passaggio a b-; cfr. il passaggio inversodi v>m,
§ 167.-
Nell'Italiameridionale indeterminateparolem-
inizialevienepronunciatacon maggiore energia; peresempio nell'a-bruzzesemmalva, mmosta
'mosto',mmiéca
'miccio',mmolh,
mmalati'p,mmalamenda
(Finamore, Lanciano, 220); nelnapoletanommerda,
mmi-ra 'mira',
mmorra;
nel sicilianommerda, mmorsa, mmìnari
'lanciare', mmalidittu; cfr. ancheilnapoletanoammènnola,
calabreseammèndula, romanesco mmàndola
'mandorla',mmerda.
161.
n
iniziale.Questo
suono rimane generalmente inalterato {na-so, nero, nido, nodo, nullo) e raramente si verifica l'allungamento in nn: cfr. ilcalabrese nnicu (sic. nìcu) 'piccolo',annuoda
'nodo', annasia 'nausea'; nel Lazio settentrionale (Tarquinia e Marsigliani) nnido; nel Laziomeridionale (Paliano) annito 'nido', annuto'nodo'(Navone, 16);nel salentino
nnutu
'nodo',nnu
'un'. Nellaforma
milanese gnero 'ner-vo'<nervius
e forseancheingnocco(<nocchio?) simanifestaun
feno-meno
di palatalizzazione provocatodall'anticipazione diuna
iposterio-re; cfr. anche ilveneziano gnente 'niente'. Iltoscano ignudo (ant. aret.
ennudo)
saràdovuto
al verbo ignudare: isnudare(*exnudare). Sono
invece straneleforme
del milanese gnùca 'nuca', del rovigotto gnisón 'nessuno', mentre l'abruzzese (Tagliacozzo) nói 'nuovi', nòe 'nuove' siriconduce facilmente a
forme
anterioriniói,niòe(dr. § 123,nota). Nel-l'anticonapoletanomasturce,nel sicilianomastrozzuenel calabresema-22o ir. Consonantismo
struzzu<
nasturcium, n
èdiventatam. — Nel
dialettotoscanoilsuonon
(gn)iniziale ha avutola tendenza aprendereuna
icome
vocaledi ap-poggio: cfr.ignudo pergnudo
(cfr.sopra), intestidisecolipassatianche ignocco,/gnucca, ignuno 'niuno',ìgnòmmero
pergnommero
'gomitolo';cfr. ancheil toscano volgareignkosa da
un
precedente gnicosa'ogni co-sa' (cfr. § 500).162.
p
iniziale.Anche
questo suono rimane generalmente conser-vato: cfr. iltoscanopalo, petto,pino, porto,pulce.Del
tuttosporadica-mente
invece dip
si incontra b: per esempio in bottegaiapotheca,
Ì>£/tfH^<epiphania, bacio<*opacivus,
bùbbola<upupa,
nel vene-ziano b'éo, anticopadovano
biselo 'pisello'.Non
è sicuro che le primedue
paroledebbano
laloro b direttamente allap
greca,come
alcuni vor-rebberosupporre.Per
bottegasipuò
pensareall'influssodibotte(ma
ab-biamo bodega
anche in spagnolo), mentre befanìa (befana) al pari del provenzale brefania, calabrese bofania saràuna
semplice deformazione del termine della chiesa. In baciosi indovinaun
incrocio convaclvus
'vuoto', mentre
bùbbola non
è cheuna
delle tante arbitrarie trasforma-zioni che sonooriginatedaupupa
per deformazione giocosao
vezzeg-giativa (pùpula, pùpita,pùpuza, bùba, bubù, cfr.REW,
9076). Il pas-saggio a b, eccezion fattaper la Corsica (peresempio a bècura,u
béde'il piede', cfr. § 149), è normale in posizione intervocalica nella zona
lazialesoggetta a lenizione
-
cfr. (Palombara)u
bébé 'ilpepe', a bòria'la porta', abègora'lapecora', i bédi 'ipiedi' (AIS) -, nonchéall'isola d'Elba,
dove
anchesimanifestauna
lenizionesimile,peresempio
ibiedi a Rio d'Elba.Anche
ilSalento presenta alcuni casi: biunu=
piunu'pu-gno',
burpu
'polpo', baserai=
puscrai (postcras). Nell'emiliano fiòpa 'pioppo' siha un
caso di dissimilazione.Nei
dialetti centro-meridionali p,quando
è precedutada
nasale, passaallacorrispondente sonora: peresempio
in napoletano'm
bèda 'inpiedi'; in abruzzesenam
bióva 'non piove',Som Bétra,Sam
Basquala; inpuglieseSam
Pietra (come,in napo-letano,camba
'campo',s'etnba'sempre'); nel sicilianoppienel calabreseppe
<per abbiamo un
allungamentodelsuono
iniziale.163.
qu
iniziale. Davanti a vocale velare si è ridotta ak
già inla-tinovolgare,cfr. secolo
v
inSicilia(iscrizione) xofiouXSéous= quod
vult§ 163. quiniziale 221 Deus. Davanti ada,invece, rimane generalmenteintatta: cfr.iltoscano quando, quale,quattro; ilmilanesequader'quadro',quant, quart; il ca-labresequannu, quartu, quattru.Davanti avocalepalatale, invece, l'an-tico suonoè rimastoconservato soltanto incasidel tutto sporadici: cfr.
nellaValsesiapiemontese
kuè
<quid (quando
èforma
accentata); a Vi-co Canavese parkuè 'perché'; nei monti dellaCampania
settentrionale (Gallo) quèdara 'mendicare',qué
'che'(come pronome
interrogativo);nel salentino (Manduria) quèscere 'saziare il corpo' (quiescere).
Per
ilresto,
qu
davantiad eo
a ìha perdutol'elementovelare: cfr. iltosca-no
chiedere, cheto, che, chi; il siciliano chinnici; il calabrese chiudici;stranamente però si
hanno
quercia, quindici, napoletano quinnaca'. Ilqu
secondario(<co-)conservailsuoelementovelare nel fiorentino (que-sto, quello, qui), viceversacompare
senzau
nel senese (chesto, chello, chi'qui')e neidialettidelMezzogiorno: napoletanochisto,chesta, chìl-lo, chella; calabrese chìstu, chillu; antico napoletano chi.Anche
il dia-lettopopolare diMilano
usachèli,chèlla, chef'quei',chèstinvecedelleforme
piùraffinatequèll, quella,qui),quèst;cfr.pureilmilanesequèrc<coèré'coperchio'.Nelle
forme
dialettaliusiperdequa
elàanchedavanti ada,quando
questa vocalenon
è accentata: per esempio nel fiorentino popolare carèsima (in Zannoni); nel ligure carugtu,lombardo
carobi<quadruvium;
nei toponimi Carobbi, Carobbio, Carrobbio inLom-bardiae nelVeneto; nell'abruzzesecalungha 'qualunque'; nel
napoleta-no
carcàuto 'qualchealtro',carcosa'qualchecosa',carcuno'qualcuno',ca-conca 'qualunque'; nel calabrese carcuno 'qualcuno', carchidunu 'qual-cheduno',eanchenelsemplice'qualche',datochesitrovasemprein po-sizione proclitica: abruzzese cacche,napoletano carche,calabresecarchi.
La
perdita di a è più rara dinanzi a sillaba tonica: fiorentino volgare casi, cande 'quando', canti 'quanti' (Zannoni); salentino scarna 'cispa'(squama). Degno
dinota dal punto dì vistafoneticoè il salentino for-che'qualche',mentreiltoscanocaglio (dicontroallaforma
regolare del-l'italiano meridionale quaglio)<coaguìum
sarà stato influenzato dal verbocagliare.Nel
calabresemeridionale coranta'quaranta', corafisìma, cotraru 'ragazzo'(quartarius)
la riduzione di qua- a ko- è dovuta ad influssi greci, cfr. xóSpa=
quadra(CGL
2, 351).Nel
toscano dunque, ovunque, chiunque, quantunque, qualunque,dove
si presenta questo1 La forma toscana guercia sembrache sia derivata da una precedente cetqw. cfr. l'umbro tenuta(REW,
6971)-222 ii. Consonantismo
strano-que,citroviamodavantiadincrocifra
dunche
edunqua, chìunche echiunqua,valea dire in latino-cumque
eunquam
: c£r.ilfiorentinovolgare donche, l'antico italiano chìunche, l'abruzzese calunghd, e dal-l'altra parteil napoletano donca, calabrese e siciliano dunca, il napole-tanoconca 'chiunque',
dove qu
è del pari passata ak
davanti ad anon
accentata.
La
congiunzione ca, diffusanell'Italiameridionale, risale aduna forma qua(<
quia)del latino volgare,che èdocumentatainalcune iscrizioni (cfr. § 786).Nei
dialetti sud-orientali (penisola salentina, Taranto, provincia di Bari)qu
davantia vocalepalatalesiè palatalizzata in tattraversolosta-dio
k (come
nel romeno): cfr.il salentinoce'che',ci 'chi', tinca 'chiun-que', citu(quetus); ilbareseracèts 'frugare'(requaerere);
cfr. ancheilcalabresecitu 'cheto' (quetus)'.NelSalentoque-{qui-}si
può
ridurreaku:
cfr.custione, cùtt3C3 'quindici',cuddu
'quello',custu 'questo'.-
In Toscanailprimo
elementodel nessoqu-inposizioneintervocalicapren-de
parte all'aspirazione {la basa)—
cfr. il fiorentino di buésta basa, di buélla bulina, vienihu'i, lahualla 'la quaglia' -, e ancheil suonok
ori-ginatoda qu
segue lastessastrada: peresempio ilfiorentinovoglio he('che')tu vadavia. Ilpassaggiodi
qu
av,chesiè verificatonellucchese, sarà in relazionecon lacaduta completa dell'anticak
condizionata dal-l'aspirazione(cfr.inprovinciadiLuccalaasa)-
peresempiovanto, van-do,vello,vesto,varani'anni, vale, vi,trentavattro—,mentre
leforme
chesi incontranonel livornese
-
tuttie 'uadrini,hono
vesto 'acciucco ('cac-ciucco')-
e aTagliacozzo (prov.L'Aquila)-
vésto, vélo'quello'- hanno
subito l'indebolimento della consonante occlusiva. Allo sviluppo della c- inizialein g- {gattivo, gostare),che si incontra particolarmente nella
Toscana
occidentale, si aggiunge anche qu: cfr. illucchese guasi,guèr-cia,guatto,guerceto
(AGI
12, 121); l'anticopisanoguasi, guercia, guer-ceto(AGI
12, 150); l'anticoluccheseguando,guaderno(AGI
16,408);ilcortoneseguaderno, guadrìno (Nicchiargli, 157), ilromanescoguasi;
ilmarchigiano(Jesi)guadri'quattrino'. InCorsica
qu
inposizione inter-vocalica passa a gu: peresempio u
guaréu 'la quercia', i guadri. Il to-scano cinque(nap. ciuco)el'italiano meridionale (calabrese e siciliano) cèrza 'quercia' risalgono a forme originateda
dissimilazione(cinque,
*cercea
invecedi quercea).-
Percome,cfr. §945.-i
4
-' AnchenellaBrianzaciviene usatonel significalo di'chi'(Salvioni,246).
S 164. r iniziale 223
164. r iniziale.
La
rinizialein italiano èmoltoresistente egeneral-mente
parlandonon
va soggettaad alcunaalterazione {larana, ilremo,ilriso, laruota).Invecedellarlingualecompariscervelareper esempio nella zona di
Bormio
e di Livigno: cfr. per quest'ultima località fona, tèt 'topo',Us
'radice'. InvastezonedelMezzogiorno
la rinizialeviene pronunciataconun
forteappoggiodellavoce(come
rr-),come
nella peni-sola iberica(spagn.larrana, elrrey, rrojo): cfr.ilsicilianonoma,
rrosa, rrobba,tre,rrami,tròta; ilcalabrese (particolarmentenellaprovinciadi Reggio)rracina, rrizzu,rribba, rrunca,dìRriggiu'diReggio'; ilsalenti-no
rruina, rrimori, rriumarì<rigumare
(Ribezzo, § 99). Versonord
questofenomeno
si va affievolendoman mano
che ci si allontana dal-la Sicilia, tuttaviaper certeparole (per esempio rré e rrobba)lo sipuò
riscontrare fino in Abruzzo.La
r rinforzata viene spesso pronunciatacon una
vocale di appoggio anteposta: cfr. il sicilianoarresta 'resta di cipolle', arraggiu 'raggio', arrigordu 'ricordo', arriposu 'riposo', arrtsi-cu 'rischio', arrugna'rogna', arrènniri 'rendere',arrìriri'ridere'; il cala-brese (particolarmente nellazonameridionale)arramu
'ramo', arre 're', arrèjari 'reggere', arrisi 'risata', arruina 'rovina',arrumbu
'rombo', ar-ruffianu 'ruffiano". Per il napoletano,D'Ambra,
nel suo «Vocabola-rio»,dà come
esempi sicuriarrissa'rissa', arrobba'roba',arroina, arré-quìa 'requie',arrecietto 'ricetto', arraggia'rabbia', e inoltremolti verbi presentano ilmedesimo
fenomeno, arrèjere 'reggere', arresentire, arre-sorvere, arresponnere, arrezzare 'rizzare', arrompere; per la penisola salentina citiamo arrptira, arrpcama 'ricamare', arrecurdare, arrafraddà 'raffreddare', arramsdià, arrapusà. Alcuni esempi possono registrarsi anche inAbruzzo -
cfr. arraggìona, arrissa 'rissa', arruvinp (Bielli,37
sgg.) -, nellaCiociaria (Lazio meridionale) n'arré 'un re'; dalla Sicilia fino a
Roma
e ai dialetti abruzzesi si sente arrubbarì, arrobba 'rubare' (cfr. AIS, 724).Di un fenomeno
del genere vi sono tracceanche nell'I-talia centrale, tant'è veroche gli antichimanoscritti toscani recanofor-me come
lo rree, peresempio
nel«Romanzo
dt Tristano» (Monaci, 115, 42),mentre
per illucchese Nieri registra (256) arrata 'rata' e al-l'isolad'Elbaioho
sentitouna
rrama,un
rremo; perlaCorsicameridio-1 Cfr.nellaCalabriameridionale Sant'Arròccu.Sihainoltreungrannumerodi verbi: arrica-niari,arricriari, arrifiUri,atrifriddati,arrifriscari,artìnnigarì; inquesticasipuòdarsieffettivamente chesf trattidel prefissoad-,tuttavia èstranocheilfenomenosimanifesticonparticolarefrequenza proprioinunazonadovepossiamoregistrareunrafforzamentodella tiniziale.
224 ii- Consonantismo
naieilBottiglionicitanelsuoatlante linguisticoirroti'leruote',arréta 'la rete',
unu rrèmu
(ancheun
irrèmu) 'un remo', unn'irridaragu 'non riderò'. In alcuni dialetti della provincia di Lucca alla r iniziale viene prepostauna
/ e questa vocalecostituisceuna
certa testimonianza del-l'esistenza diuna
precedente rr: peresempio ho
trotto, diventa irosso, dateiretta (Pieri,AGI
14, 124),non
irende, iragion (Nieri, 95).Nei ver-bi anche in lucchese ar- èmolto
frequente: cfr. araddoppiare,araffer-mare, arallentare, arampicare, arassomigliare,arattopare (Nieri,
i6z)\
Nel
territorio diArezzo
questo ar- s'incontraconuna
certa regolarità:cfr. a
Cortona
arcavi 'ricavare',arcapitè 'ricapitare',arcòglie 'raccoglie-re', arcupri 'ricoprire',armane
'rimanere'; lo stesso dicasiper l'umbro per esempio ardunà 'radunare',ardusse 'ridursi',armane
'rimanere', ar-tìrà 'ritirare', armette'rimettere'; e per il romanesco: arrovinà, arègge 'reggere', aripone 'riporre', ariscallà 'riscaldare', ariccontà 'racconta-re'-;come
pureperleMarche
(Ancona): arcava'ricavare',arfà'rifare', ardi 'ridire', argalà 'regalare',Questa
a potrebbe essersi prodotta nei parlari aretini edumbri
in seguito alla caduta della vocale protonica,come
vocaledi appoggiodavanti allaconsonanterafforzata(cfr. § 338), cosicchéi casi cheabbiamo
oraenumerato
sarebberoda
tenere distinti dalfenomeno
fonetico dell'Italiameridionale.165.siniziale.
Questo
suonoègeneralmente sordo{la sala,ilsole) e soltanto nellaprovinciadi Cosenza vi sono alcune zone (Aprigliano, Parenti, Celico, San Giovanni inFiore, 1 casalidi Cosenza) nelle quali j si presenta informa
sonoradopo una
precedente vocalecome
in Cor-sica (per esempio u saccu,u
sale): cfr. u sale 'il sale', a s'irà'la sera', u iacciu'loso',nu
saccu 'unsacco',due
soru 'due sorelle' (lostesso dicasi all'interno della parola:a
casa,nu
mise'un mese').Anche
nell'estrema zona meridionaledella Lucaniala s inizialedopo
vocale(come
anche al-l'interno dellaparola) tendea sonorizzarsi,percui inquestazona incon-triamoun suono
che ali'incircasi trovaametà
strada frassorda e /so-nora(Lausberg, § 186); cfr. § 211.
InToscana sottol'influsso di
una
io
diuna
e seguentispassafacil-mente
as: cfr. iltoscanoscimmia<simia,
sciringa(di frontea siringa),scempio<
simplus, scemo* semus;
l'antico toscano sciguro 'sicuro';1 In luccheselarrrafforzatasi scempiain r(rfr,S J38).
§ 165. s iniziale 225
sceverare potrebbe risalire a
*exseparare, come
anche il toscano me-ridionale sciuscià 'soffiare' deriva da*exsufflare.
Altri esempiven-gono
offerti dai dialetti toscani volgari: scépe (luccheseed
elbano), scèpre(livornese) 'siepe', scecco (Versilia)'secco', sceccare(ibid.).Tale passaggio è molto diffuso nelleMarche, inAbruzzo
ed anche nel Lazio meridionale: cfr. ilmarchigianosi 'si', si'tu sei',sicuru,sinnicu 'sinda-co',scemmia, serpe; l'abruzzese si 'tu sei', s'maka; illazialeUna
'scim-mia', Si'tu sei'; dalla
Campania
settentrionale,Merlo
registra per Sora fji<sic, ssinna<simia,
e anche il calabreseconosceuna forma
scigna (di fronte a signa); nelbrindisino e tarantino siha
scèggia 'sedia'. Perl'Italia settentrionale
un
confronto sipuò
fare col milanese scerpa 'ser-pe',consjor 'signore',Sindik'sindaco'esiik'sugo'nellaValsesia(Spoer-ri, 687), con si<sic a Poschiavo; per l'antico
romagnolo
deusci 'Diosi"era considerata
una
forma caratteristica(Dante, Vulg. el., i, 14).Nel
dialetto
romagnolo
s>S anchedavantia 0 e ada-
peresempio sak 'sac-co',sankw
'sangue', sona 'suona', sòn 'sonno', sufrir-
e lo stesso av-viene nelle Marche:-
sugo 'sugo', suro 'sughero' (Spotti, 174)-,men-tre sono strane le
forme
del napoletano sciorta, calabrese sciòrte,sici-liano Sòrti 'sorte' e quella usata
comunemente
fra Taranto e Brindisi Sorge'sorcio'; cfr.ancheiltarantino sàrcsna'fasciodi legna' (sarcina).Ilgenovese conosce anch'esso il tipo sorte e inquesto caso S_potrebbe provenire dal verbo: cfr. ilcalabrese sciortire, genovese Sorti 'uscire'
<
*exsortire. L'antico italiano Cicilia e ciciliano si spiegano
come
casi di assimilazione a distanza; nel romanesco ssediaabbiamo un
caso di pronunciaenfatica.Incerticasiinvecedissi haz: cfr. iltoscanozolfo,
zampogna (sym-phonia),
zavorra, zufolare (sibilare> *sufilare); il toscano volgare (Barberino di Mugello)zambuho
'sambuco'; il senese edumbro
zinale 'grembiale' ('sinale'); illazialezammuco
'sambuco',zinale; ilnapoleta-no
zuco 'sugo', zucare 'succhiare', zoffocare, zoffritto, zoffeziente, zof-fejone'soffione'; ilsalentinozambucu;
ilcalabresezappinu'pino'<sap-pinus,
zaccurafa'agoda
sacchi' (o-axxopàcpa); ilsicilianozòrba'sorba'.Sulle cause di questopassaggio si sa ancora
ben
poco; cfr.Hubschmid,
RLR
27, 380.Dove
l'articolo maschile è costituito da ilo
da el,spuò
esserediventataz
dopo
peresempio intoscanoilsinale>ilzinale(cfr.Longa,
ID
12, 27); inpisano ilzole,un
zacco; in marchigianoelzole, el zighero; inromanesco
er zenato,er zipario. Nelle suddettezonespassa con facilitàa zanchedopo
n: cfr.ilromanesco un
zacco,un
zignore,co-226 il. Consonantismo
me
pureilcampano
(Avellino)non
zo 'non sono',non
zapenno 'non sa-pendo'.Ma
in questomodo
sipuò
spiegare solamenteuna
parte delleforme
citate sopra. Alle volteperscompare
c {ts)invecedi z {ts), per esempio nel Lazio meridionale (Paliano)canea'sansa',éammuco
'sam-buco'(Navone, 18).Nel
dialetto bergamasco s- si presentacome una
aspirata (anche se si tratta dis intervocalicao
finale); la hera, hebanta,hak
'sacco',hank
'sangue',bui 'sole', helér 'sellaio', hotrà 'sotterrare'; nel dialetto
istria-no
di Pirano s passa alla fricativa interdentale; fiera, fiordo, decanta, die 'sei', Séte 'sette', fsavé 'sapere' (Ive, 78); la s enfatica delle parole arabeè passata a z(di')nell'Italia meridionale: cfr. ilsicilianozabbara,il calabrese
zambara
'agave'<sabbàra,
il salentino zinèfra 'cornice'*sanìfa.
166. t iniziale.
La
t iniziale rimane generalmente conservata: la terra,latela, latorre;come
quellaintervocalica, anche latinizialepuò
essere colpita dall'aspirazioneneidialettidellaToscana,qualorasi trovi in
mezzo
a vocali: cfr.ilfiorentinolaftèrra, aSan Godenzo
e&abambini
'i tuoi bambini', a
Dicomano andò
vahù
'dove vai (tu)?'; cfr. § 200.Davanti al susseguente dittongo ie, t soggiace facilmente nel toscano volgare alla palatalizzazione in kì (c): cfr. il pisano cbièpito, lucchese cbièbbito'tiepido' (AIS, 1040),illuccheseobietto<tietto 'tetto'; anche
il
nome
della cittàdi Chìetì(Teate)
avrà un'origine di questo genere.Talune
parole germaniche, pervenute all'italiano attraverso i Longo-bardi,mostrano
glieffetti dellamutazioneconsonantica di t>ts: cfr. iltoscano zolla(incòrsoenell'elbano tolla,dalgotico)<tolla; il marchi-giano zoppa,venezianosopa(nelLazio toppa, dalgotico)'zolla'<
toppa
(cfr. Rohlfs, Archiv 179, 35); il toscano zaffo (viceversatappo, dal go-tico)<
tappu
'.Sullasingolarepresenzadizinzio,zia, cfr.§ 193.-
L'an-tico triestino duto(AGI
4, 365), istriano ditto, friulano e ladino dut'tutto', il
lombardo
duri, ticinesedurt,lazialedurào
e valsesianodordu
(Spoerri,
401)
'tordo',sembra
che derivinoda
dissimilazione2; l'antico italiano carcasso (di fronte a turcasso) dal persiano tirkas, è provocato1 Circal'italiano zàzzera, zàttera,tàtlera, cfr.Gamillscheg,Rem.Germ.2,173.
3 NormalmentesihadinposizioneintervocalicanellaCorsicasettentrionale-peresempiou dètu'iltetto",fl/icadu'anchetu'-,inoltreintalunezone dell'Umbria edelLaziosettentrionale, peresempio(Palombara) adèrni,adigna (punto 645dell'AIS), cfr.S 149.
§ 167. v iniziale 227 da assimilazione a distanza; il siciliano e calabrese
dèda
'tedadi pino'ha
conservatoil suonoinizialedelgreco 5<y<;(>lat. taeda), di fronte al-l'italiano teda.167.
v
iniziale.La v
in posizione iniziale in Italia restageneral-mente
inalterata: lavacca, ilverro,la vite, la voce; sitrattadiregoladiun suono
labiodentale.Soltanto isolatamente,inalcune zone, vcompare
(almeno in posizioneintervocalica)come suono
bilabiale: peresempio nella Lucania meridionale(Nova
Siri,Noepoli, Colobraro, ecc.) u §in, a $it (Lausberg,94), aTrasacco (Abruzzo)la$ina,la $ita.La
pronuncia bilabiale è statacertamente il punto dipartenzaperlau
chesi incontra nellaCampania
settentrionale-
peresempioaSorauóc3,uóhpa
'volpe', uèspa, uèrma, usni 'venire' (Merlo, Sora, 185) -,come
pure per law
che si incontra nelle Marche, per esempio a Petritoli wacca,
wé
'vino',wèspa
(Neumann-Spallart, 40); cfr. anche il calabrese (Melissa) wacca, wìta, e il valsesiano (Rossa) a wacca, alwéf
'vedovo' (Spoerri, 687)'.Peril resto, nell'Italiameridionale v iniziale si è confusacon b iniziale nella pronunciav [vàttere, vastone, vocca); forse si
può
presumere che questa v nei primi secoli siastatauna
v bilabiale (@).E
in talmodo
ver-rebbe anche datauna buona
spiegazione allagrafiab per v nei più anti-chi testi meridionali: cfr. nella«Carta Capuana»
dell'anno960
superipsa bilia, bolendo, ante nos benire fecimus; nel «
Ritmo
Cassinese» lo bostru audire, de questa bita, lo bollo ('voglio'), bengo, de ssa bostra dignitate, de bedere (Monaci, 580)'. In talmodo
inoltre si comprende-rebbe perché v diventabb dopo
quelle parole che provocano ilraddop-piamento
della consonante iniziale: cfr. il sicilianotribbakki 'tre vac-ce'; il calabrese a bbèspara 'nel pomeriggio', è bbestutu 'è vestito', a bbògghia 'a voglia',pe
bbia 'pervia'; ilcampano
meridionale chi bbiri 'che vedi'; ilnapoletano abbecino 'da vicino', che bbuoje 'che vuoi',le bbècebie'levecchie'; il salentinonu
bbisciu'nonvedo';ilcalabrese set-tentrionale(Morano)
si bbènisi 'se tu vieni'. Nell'estrema punta meri-dionale della Calabria,dove
b (o meglio bb) èpiù frequente di quanto1 Anchenei dialetti dellaCorsicavinposizioneintervocalicapassa a u: cfr.unauèna, aaòlpe, bèllauòge'bellavoce'(AC,n, 136 e1364); perònellaCorsicasettentrionale, inposizioneiniziale assoluta diparolaedoponasale,v passaa b: cfr. bai&i'vacci', bòi cantale, bengu damatane, um ber'ammìgu(AC,401).
! Cfr.in un'iscrizione antica(Koma): sebibtiscomparavit(CIL6,34390).
2^8 ii. Consonantismo
non
sia v originata dab, incerti casi sièprodotto ilsuonodib anche in luogodell'antica v: peresempio
aReggioe neidintornibuci'voce',bu-lari 'volare',bacati 'avertempo' (vacare),
badu
'passaggio'(vadum),
biveri 'vasca d'acqua' (frane, vivier), buscìca 'vescica'; cfr. col suono rafforzato nelnapoletano abbocabolo 'vocabolo', abbafuogna 'favonio'.
InSicilia èmoltodiffusala
forma
buscica 'vescica'.Alcuni esempi di
b
(invecedi v)si incontrano anche nell'Italia cen-trale: cfr. il toscano boce (nel «Tesoretto», nella «VitaNuova»,
nelAlcuni esempi di