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la'<maenianum, vammana (di fronte a mammana) 'levatrice', vérve- vérve-ru (a fianco di mérmeru) 'pensiero molesto' e visintieru 'diarrea'

('me-senterio') c'è

un fenomeno

didissimilazione conesito v; nell'antico na-poletano bespolo<

mespilus

c'è

un

passaggio a b-; cfr. il passaggio inversodi v>

m,

§ 167.

-

Nell'Italiameridionale indeterminateparole

m-

inizialevienepronunciatacon maggiore energia; peresempio nell'a-bruzzese

mmalva, mmosta

'mosto',

mmiéca

'miccio',

mmolh,

mmalati'p,

mmalamenda

(Finamore, Lanciano, 220); nelnapoletano

mmerda,

mmi-ra 'mira',

mmorra;

nel siciliano

mmerda, mmorsa, mmìnari

'lanciare', mmalidittu; cfr. ancheilnapoletano

ammènnola,

calabrese

ammèndula, romanesco mmàndola

'mandorla',

mmerda.

161.

n

iniziale.

Questo

suono rimane generalmente inalterato {na-so, nero, nido, nodo, nullo) e raramente si verifica l'allungamento in nn: cfr. ilcalabrese nnicu (sic. nìcu) 'piccolo',

annuoda

'nodo', annasia 'nausea'; nel Lazio settentrionale (Tarquinia e Marsigliani) nnido; nel Laziomeridionale (Paliano) annito 'nido', annuto'nodo'(Navone, 16);

nel salentino

nnutu

'nodo',

nnu

'un'. Nella

forma

milanese gnero 'ner-vo'<

nervius

e forseancheingnocco(<nocchio?) simanifesta

un

feno-meno

di palatalizzazione provocatodall'anticipazione di

una

i

posterio-re; cfr. anche ilveneziano gnente 'niente'. Iltoscano ignudo (ant. aret.

ennudo)

sarà

dovuto

al verbo ignudare: isnudare

(*exnudare). Sono

invece stranele

forme

del milanese gnùca 'nuca', del rovigotto gnisón 'nessuno', mentre l'abruzzese (Tagliacozzo) nói 'nuovi', nòe 'nuove' si

riconduce facilmente a

forme

anterioriniói,niòe(dr. § 123,nota). Nel-l'anticonapoletanomasturce,nel sicilianomastrozzuenel calabrese

ma-22o ir. Consonantismo

struzzu<

nasturcium, n

èdiventata

m. — Nel

dialettotoscanoilsuono

n

(gn)iniziale ha avutola tendenza aprendere

una

i

come

vocaledi ap-poggio: cfr.ignudo per

gnudo

(cfr.sopra), intestidisecolipassatianche ignocco,/gnucca, ignuno 'niuno',

ìgnòmmero

per

gnommero

'gomitolo';

cfr. ancheil toscano volgareignkosa da

un

precedente gnicosa'ogni co-sa' (cfr. § 500).

162.

p

iniziale.

Anche

questo suono rimane generalmente conser-vato: cfr. iltoscanopalo, petto,pino, porto,pulce.

Del

tutto

sporadica-mente

invece di

p

si incontra b: per esempio in bottegai

apotheca,

Ì>£/tfH^<epiphania, bacio<

*opacivus,

bùbbola<

upupa,

nel vene-ziano b'éo, antico

padovano

biselo 'pisello'.

Non

è sicuro che le prime

due

parole

debbano

laloro b direttamente alla

p

greca,

come

alcuni vor-rebberosupporre.

Per

bottegasi

può

pensareall'influssodibotte

(ma

ab-biamo bodega

anche in spagnolo), mentre befanìa (befana) al pari del provenzale brefania, calabrese bofania sarà

una

semplice deformazione del termine della chiesa. In baciosi indovina

un

incrocio con

vaclvus

'vuoto', mentre

bùbbola non

è che

una

delle tante arbitrarie trasforma-zioni che sonooriginateda

upupa

per deformazione giocosa

o

vezzeg-giativa (pùpula, pùpita,pùpuza, bùba, bubù, cfr.

REW,

9076). Il pas-saggio a b, eccezion fattaper la Corsica (peresempio a bècura,

u

béde

'il piede', cfr. § 149), è normale in posizione intervocalica nella zona

lazialesoggetta a lenizione

-

cfr. (Palombara)

u

bébé 'ilpepe', a bòria

'la porta', abègora'lapecora', i bédi 'ipiedi' (AIS) -, nonchéall'isola d'Elba,

dove

anchesimanifesta

una

lenizionesimile,per

esempio

ibiedi a Rio d'Elba.

Anche

ilSalento presenta alcuni casi: biunu

=

piunu

'pu-gno',

burpu

'polpo', baserai

=

puscrai (postcras). Nell'emiliano fiòpa 'pioppo' si

ha un

caso di dissimilazione.

Nei

dialetti centro-meridionali p,

quando

è preceduta

da

nasale, passaallacorrispondente sonora: per

esempio

in napoletano

'm

bèda 'inpiedi'; in abruzzese

nam

bióva 'non piove',

Som Bétra,Sam

Basquala; inpugliese

Sam

Pietra (come,in napo-letano,

camba

'campo',s'etnba'sempre'); nel sicilianoppienel calabrese

ppe

<

per abbiamo un

allungamentodel

suono

iniziale.

163.

qu

iniziale. Davanti a vocale velare si è ridotta a

k

già in

la-tinovolgare,cfr. secolo

v

inSicilia(iscrizione) xofiouXSéous

= quod

vult

§ 163. quiniziale 221 Deus. Davanti ada,invece, rimane generalmenteintatta: cfr.iltoscano quando, quale,quattro; ilmilanesequader'quadro',quant, quart; il ca-labresequannu, quartu, quattru.Davanti avocalepalatale, invece, l'an-tico suonoè rimastoconservato soltanto incasidel tutto sporadici: cfr.

nellaValsesiapiemontese

kuè

<

quid (quando

è

forma

accentata); a Vi-co Canavese parkuè 'perché'; nei monti della

Campania

settentrionale (Gallo) quèdara 'mendicare',

qué

'che'

(come pronome

interrogativo);

nel salentino (Manduria) quèscere 'saziare il corpo' (quiescere).

Per

ilresto,

qu

davantiad e

o

a ìha perdutol'elementovelare: cfr. il

tosca-no

chiedere, cheto, che, chi; il siciliano chinnici; il calabrese chiudici;

stranamente però si

hanno

quercia, quindici, napoletano quinnaca'. Il

qu

secondario(<co-)conservailsuoelementovelare nel fiorentino (que-sto, quello, qui), viceversa

compare

senza

u

nel senese (chesto, chello, chi'qui')e neidialettidelMezzogiorno: napoletanochisto,chesta, chìl-lo, chella; calabrese chìstu, chillu; antico napoletano chi.

Anche

il dia-lettopopolare di

Milano

usachèli,chèlla, chef'quei',chèstinvecedelle

forme

piùraffinatequèll, quella,qui),quèst;cfr.pureilmilanesequèrc<

coèré'coperchio'.Nelle

forme

dialettaliusiperde

qua

eanchedavanti ada,

quando

questa vocale

non

è accentata: per esempio nel fiorentino popolare carèsima (in Zannoni); nel ligure carugtu,

lombardo

carobi<

quadruvium;

nei toponimi Carobbi, Carobbio, Carrobbio in

Lom-bardiae nelVeneto; nell'abruzzesecalungha 'qualunque'; nel

napoleta-no

carcàuto 'qualchealtro',carcosa'qualchecosa',carcuno'qualcuno',

ca-conca 'qualunque'; nel calabrese carcuno 'qualcuno', carchidunu 'qual-cheduno',eanchenelsemplice'qualche',datochesitrovasemprein po-sizione proclitica: abruzzese cacche,napoletano carche,calabresecarchi.

La

perdita di a è più rara dinanzi a sillaba tonica: fiorentino volgare casi, cande 'quando', canti 'quanti' (Zannoni); salentino scarna 'cispa'

(squama). Degno

dinota dal punto dì vistafoneticoè il salentino for-che'qualche',mentreiltoscanocaglio (dicontroalla

forma

regolare del-l'italiano meridionale quaglio)<

coaguìum

sarà stato influenzato dal verbocagliare.

Nel

calabresemeridionale coranta'quaranta', corafisìma, cotraru 'ragazzo'

(quartarius)

la riduzione di qua- a ko- è dovuta ad influssi greci, cfr. xóSpa

=

quadra

(CGL

2, 351).

Nel

toscano dunque, ovunque, chiunque, quantunque, qualunque,

dove

si presenta questo

1 La forma toscana guercia sembrache sia derivata da una precedente cetqw. cfr. l'umbro tenuta(REW,

6971)-222 ii. Consonantismo

strano-que,citroviamodavantiadincrocifra

dunche

edunqua, chìunche echiunqua,valea dire in latino

-cumque

e

unquam

: c£r.ilfiorentino

volgare donche, l'antico italiano chìunche, l'abruzzese calunghd, e dal-l'altra parteil napoletano donca, calabrese e siciliano dunca, il napole-tanoconca 'chiunque',

dove qu

è del pari passata a

k

davanti ad a

non

accentata.

La

congiunzione ca, diffusanell'Italiameridionale, risale ad

una forma qua(<

quia)del latino volgare,che èdocumentatainalcune iscrizioni (cfr. § 786).

Nei

dialetti sud-orientali (penisola salentina, Taranto, provincia di Bari)

qu

davantia vocalepalatalesiè palatalizzata in tattraversolo

sta-dio

k (come

nel romeno): cfr.il salentinoce'che',ci 'chi', tinca 'chiun-que', citu(quetus); ilbareseracèts 'frugare'

(requaerere);

cfr. anche

ilcalabresecitu 'cheto' (quetus)'.NelSalentoque-{qui-}si

può

ridurre

aku:

cfr.custione, cùtt3C3 'quindici',

cuddu

'quello',custu 'questo'.

-

In Toscanail

primo

elementodel nessoqu-inposizioneintervocalica

pren-de

parte all'aspirazione {la basa)

cfr. il fiorentino di buésta basa, di buélla bulina, vienihu'i, lahualla 'la quaglia' -, e ancheil suono

k

ori-ginato

da qu

segue lastessastrada: peresempio ilfiorentinovoglio he

('che')tu vadavia. Ilpassaggiodi

qu

av,chesiè verificatonellucchese, sarà in relazionecon lacaduta completa dell'antica

k

condizionata dal-l'aspirazione(cfr.inprovinciadiLuccalaasa)

-

peresempiovanto, van-do,vello,vesto,varani'anni, vale, vi,trentavattro—,

mentre

le

forme

che

si incontranonel livornese

-

tuttie 'uadrini,

hono

vesto 'acciucco ('cac-ciucco')

-

e aTagliacozzo (prov.L'Aquila)

-

vésto, vélo'quello'

- hanno

subito l'indebolimento della consonante occlusiva. Allo sviluppo della c- inizialein g- {gattivo, gostare),che si incontra particolarmente nella

Toscana

occidentale, si aggiunge anche qu: cfr. illucchese guasi,

guèr-cia,guatto,guerceto

(AGI

12, 121); l'anticopisanoguasi, guercia, guer-ceto

(AGI

12, 150); l'anticoluccheseguando,guaderno

(AGI

16,408);

ilcortoneseguaderno, guadrìno (Nicchiargli, 157), ilromanescoguasi;

ilmarchigiano(Jesi)guadri'quattrino'. InCorsica

qu

inposizione inter-vocalica passa a gu: per

esempio u

guaréu 'la quercia', i guadri. Il to-scano cinque(nap. ciuco)el'italiano meridionale (calabrese e siciliano) cèrza 'quercia' risalgono a forme originate

da

dissimilazione

(cinque,

*cercea

invecedi quercea).

-

Percome,cfr. §945.

-i

4

-' AnchenellaBrianzaciviene usatonel significalo di'chi'(Salvioni,246).

S 164. r iniziale 223

164. r iniziale.

La

rinizialein italiano èmoltoresistente e

general-mente

parlando

non

va soggettaad alcunaalterazione {larana, ilremo,

ilriso, laruota).Invecedellarlingualecompariscervelareper esempio nella zona di

Bormio

e di Livigno: cfr. per quest'ultima località fona, tèt 'topo',

Us

'radice'. Invastezonedel

Mezzogiorno

la rinizialeviene pronunciatacon

un

forteappoggiodellavoce

(come

rr-),

come

nella peni-sola iberica(spagn.larrana, elrrey, rrojo): cfr.ilsiciliano

noma,

rrosa, rrobba,tre,rrami,tròta; ilcalabrese (particolarmentenellaprovinciadi Reggio)rracina, rrizzu,rribba, rrunca,dìRriggiu'diReggio'; il

salenti-no

rruina, rrimori, rriumarì

<rigumare

(Ribezzo, § 99). Verso

nord

questo

fenomeno

si va affievolendo

man mano

che ci si allontana dal-la Sicilia, tuttaviaper certeparole (per esempio rré e rrobba)lo si

può

riscontrare fino in Abruzzo.

La

r rinforzata viene spesso pronunciata

con una

vocale di appoggio anteposta: cfr. il sicilianoarresta 'resta di cipolle', arraggiu 'raggio', arrigordu 'ricordo', arriposu 'riposo', arrtsi-cu 'rischio', arrugna'rogna', arrènniri 'rendere',arrìriri'ridere'; il cala-brese (particolarmente nellazonameridionale)

arramu

'ramo', arre 're', arrèjari 'reggere', arrisi 'risata', arruina 'rovina',

arrumbu

'rombo', ar-ruffianu 'ruffiano". Per il napoletano,

D'Ambra,

nel suo «Vocabola-rio»,

dà come

esempi sicuriarrissa'rissa', arrobba'roba',arroina, arré-quìa 'requie',arrecietto 'ricetto', arraggia'rabbia', e inoltremolti verbi presentano il

medesimo

fenomeno, arrèjere 'reggere', arresentire, arre-sorvere, arresponnere, arrezzare 'rizzare', arrompere; per la penisola salentina citiamo arrptira, arrpcama 'ricamare', arrecurdare, arrafraddà 'raffreddare', arramsdià, arrapusà. Alcuni esempi possono registrarsi anche in

Abruzzo -

cfr. arraggìona, arrissa 'rissa', arruvinp (Bielli,

37

sgg.) -, nellaCiociaria (Lazio meridionale) n'arré 'un re'; dalla Sicilia fino a

Roma

e ai dialetti abruzzesi si sente arrubbarì, arrobba 'rubare' (cfr. AIS, 724).

Di un fenomeno

del genere vi sono tracceanche nell'I-talia centrale, tant'è veroche gli antichimanoscritti toscani recano

for-me come

lo rree, per

esempio

nel

«Romanzo

dt Tristano» (Monaci, 115, 42),

mentre

per illucchese Nieri registra (256) arrata 'rata' e al-l'isolad'Elbaio

ho

sentito

una

rrama,

un

rremo; perlaCorsica

meridio-1 Cfr.nellaCalabriameridionale Sant'Arròccu.Sihainoltreungrannumerodi verbi: arrica-niari,arricriari, arrifiUri,atrifriddati,arrifriscari,artìnnigarì; inquesticasipuòdarsieffettivamente chesf trattidel prefissoad-,tuttavia èstranocheilfenomenosimanifesticonparticolarefrequenza proprioinunazonadovepossiamoregistrareunrafforzamentodella tiniziale.

224 ii- Consonantismo

naieilBottiglionicitanelsuoatlante linguisticoirroti'leruote',arréta 'la rete',

unu rrèmu

(anche

un

irrèmu) 'un remo', unn'irridaragu 'non riderò'. In alcuni dialetti della provincia di Lucca alla r iniziale viene preposta

una

/ e questa vocalecostituisce

una

certa testimonianza del-l'esistenza di

una

precedente rr: per

esempio ho

trotto, diventa irosso, dateiretta (Pieri,

AGI

14, 124),

non

irende, iragion (Nieri, 95).Nei ver-bi anche in lucchese ar- è

molto

frequente: cfr. araddoppiare,

araffer-mare, arallentare, arampicare, arassomigliare,arattopare (Nieri,

i6z)\

Nel

territorio di

Arezzo

questo ar- s'incontracon

una

certa regolarità:

cfr. a

Cortona

arcavi 'ricavare',arcapitè 'ricapitare',arcòglie 'raccoglie-re', arcupri 'ricoprire',

armane

'rimanere'; lo stesso dicasiper l'umbro per esempio ardunà 'radunare',ardusse 'ridursi',

armane

'rimanere', ar-tìrà 'ritirare', armette'rimettere'; e per il romanesco: arrovinà, arègge 'reggere', aripone 'riporre', ariscallà 'riscaldare', ariccontà 'racconta-re'-;

come

pureperle

Marche

(Ancona): arcava'ricavare',arfà'rifare', ardi 'ridire', argalà 'regalare',

Questa

a potrebbe essersi prodotta nei parlari aretini ed

umbri

in seguito alla caduta della vocale protonica,

come

vocaledi appoggiodavanti allaconsonanterafforzata(cfr. § 338), cosicchéi casi che

abbiamo

ora

enumerato

sarebbero

da

tenere distinti dal

fenomeno

fonetico dell'Italiameridionale.

165.siniziale.

Questo

suonoègeneralmente sordo{la sala,ilsole) e soltanto nellaprovinciadi Cosenza vi sono alcune zone (Aprigliano, Parenti, Celico, San Giovanni inFiore, 1 casalidi Cosenza) nelle quali j si presenta in

forma

sonora

dopo una

precedente vocale

come

in Cor-sica (per esempio u saccu,

u

sale): cfr. u sale 'il sale', a s'irà'la sera', u iacciu'loso',

nu

saccu 'unsacco',

due

soru 'due sorelle' (lostesso dicasi all'interno della parola:

a

casa,

nu

mise'un mese').

Anche

nell'estrema zona meridionaledella Lucaniala s iniziale

dopo

vocale

(come

anche al-l'interno dellaparola) tendea sonorizzarsi,percui inquestazona incon-triamo

un suono

che ali'incircasi trovaa

metà

strada frassorda e /

so-nora(Lausberg, § 186); cfr. § 211.

InToscana sottol'influsso di

una

i

o

di

una

e seguentispassa

facil-mente

as: cfr. iltoscanoscimmia<

simia,

sciringa(di frontea siringa),

scempio<

simplus, scemo* semus;

l'antico toscano sciguro 'sicuro';

1 In luccheselarrrafforzatasi scempiain r(rfr,S J38).

§ 165. s iniziale 225

sceverare potrebbe risalire a

*exseparare, come

anche il toscano me-ridionale sciuscià 'soffiare' deriva da

*exsufflare.

Altri esempi

ven-gono

offerti dai dialetti toscani volgari: scépe (lucchese

ed

elbano), scèpre(livornese) 'siepe', scecco (Versilia)'secco', sceccare(ibid.).Tale passaggio è molto diffuso nelleMarche, in

Abruzzo

ed anche nel Lazio meridionale: cfr. ilmarchigianosi 'si', si'tu sei',sicuru,sinnicu 'sinda-co',scemmia, serpe; l'abruzzese si 'tu sei', s'maka; illaziale

Una

'scim-mia', Si'tu sei'; dalla

Campania

settentrionale,

Merlo

registra per Sora fji<sic, ssinna

<simia,

e anche il calabreseconosce

una forma

scigna (di fronte a signa); nelbrindisino e tarantino si

ha

scèggia 'sedia'. Per

l'Italia settentrionale

un

confronto si

può

fare col milanese scerpa 'ser-pe',consjor 'signore',Sindik'sindaco'esiik'sugo'nellaValsesia

(Spoer-ri, 687), con si<sic a Poschiavo; per l'antico

romagnolo

deusci 'Dio

si"era considerata

una

forma caratteristica(Dante, Vulg. el., i, 14).

Nel

dialetto

romagnolo

s>S anchedavantia 0 e ada

-

peresempio sak 'sac-co',

sankw

'sangue', sona 'suona', sòn 'sonno', sufrir

-

e lo stesso av-viene nelle Marche:

-

sugo 'sugo', suro 'sughero' (Spotti, 174)-,

men-tre sono strane le

forme

del napoletano sciorta, calabrese sciòrte,

sici-liano Sòrti 'sorte' e quella usata

comunemente

fra Taranto e Brindisi Sorge'sorcio'; cfr.ancheiltarantino sàrcsna'fasciodi legna' (sarcina).

Ilgenovese conosce anch'esso il tipo sorte e inquesto caso S_potrebbe provenire dal verbo: cfr. ilcalabrese sciortire, genovese Sorti 'uscire'

<

*exsortire. L'antico italiano Cicilia e ciciliano si spiegano

come

casi di assimilazione a distanza; nel romanesco ssedia

abbiamo un

caso di pronunciaenfatica.

Incerticasiinvecedissi haz: cfr. iltoscanozolfo,

zampogna (sym-phonia),

zavorra, zufolare (sibilare> *sufilare); il toscano volgare (Barberino di Mugello)

zambuho

'sambuco'; il senese ed

umbro

zinale 'grembiale' ('sinale'); illaziale

zammuco

'sambuco',zinale; il

napoleta-no

zuco 'sugo', zucare 'succhiare', zoffocare, zoffritto, zoffeziente, zof-fejone'soffione'; ilsalentino

zambucu;

ilcalabresezappinu'pino'<

sap-pinus,

zaccurafa

'agoda

sacchi' (o-axxopàcpa); ilsicilianozòrba'sorba'.

Sulle cause di questopassaggio si sa ancora

ben

poco; cfr.

Hubschmid,

RLR

27, 380.

Dove

l'articolo maschile è costituito da il

o

da el,s

può

esserediventataz

dopo

peresempio intoscanoilsinale>ilzinale(cfr.

Longa,

ID

12, 27); inpisano ilzole,

un

zacco; in marchigianoelzole, el zighero; in

romanesco

er zenato,er zipario. Nelle suddettezonespassa con facilitàa zanche

dopo

n: cfr.il

romanesco un

zacco,

un

zignore,

co-226 il. Consonantismo

me

pureil

campano

(Avellino)

non

zo 'non sono',

non

zapenno 'non sa-pendo'.

Ma

in questo

modo

si

può

spiegare solamente

una

parte delle

forme

citate sopra. Alle voltepers

compare

c {ts)invecedi z {ts), per esempio nel Lazio meridionale (Paliano)canea'sansa',

éammuco

'sam-buco'(Navone, 18).

Nel

dialetto bergamasco s- si presenta

come una

aspirata (anche se si tratta dis intervocalica

o

finale); la hera, hebanta,

hak

'sacco',

hank

'sangue',bui 'sole', helér 'sellaio', hotrà 'sotterrare'; nel dialetto

istria-no

di Pirano s passa alla fricativa interdentale; fiera, fiordo, decanta, die 'sei', Séte 'sette', fsavé 'sapere' (Ive, 78); la s enfatica delle parole arabeè passata a z(di')nell'Italia meridionale: cfr. ilsicilianozabbara,

il calabrese

zambara

'agave'<

sabbàra,

il salentino zinèfra 'cornice'*

sanìfa.

166. t iniziale.

La

t iniziale rimane generalmente conservata: la terra,latela, latorre;

come

quellaintervocalica, anche latiniziale

può

essere colpita dall'aspirazioneneidialettidellaToscana,qualorasi trovi in

mezzo

a vocali: cfr.ilfiorentinolaftèrra, a

San Godenzo

e&a

bambini

'i tuoi bambini', a

Dicomano andò

va

'dove vai (tu)?'; cfr. § 200.

Davanti al susseguente dittongo ie, t soggiace facilmente nel toscano volgare alla palatalizzazione in kì (c): cfr. il pisano cbièpito, lucchese cbièbbito'tiepido' (AIS, 1040),illuccheseobietto<tietto 'tetto'; anche

il

nome

della cittàdi Chìetì

(Teate)

avrà un'origine di questo genere.

Talune

parole germaniche, pervenute all'italiano attraverso i Longo-bardi,

mostrano

glieffetti dellamutazioneconsonantica di t>ts: cfr. il

toscano zolla(incòrsoenell'elbano tolla,dalgotico)<tolla; il marchi-giano zoppa,venezianosopa(nelLazio toppa, dalgotico)'zolla'<

toppa

(cfr. Rohlfs, Archiv 179, 35); il toscano zaffo (viceversatappo, dal go-tico)<

tappu

'.Sullasingolarepresenzadizinzio,zia, cfr.§ 193.

-

L'an-tico triestino duto

(AGI

4, 365), istriano ditto, friulano e ladino dut

'tutto', il

lombardo

duri, ticinesedurt,laziale

durào

e valsesiano

dordu

(Spoerri,

401)

'tordo',

sembra

che derivino

da

dissimilazione2; l'antico italiano carcasso (di fronte a turcasso) dal persiano tirkas, è provocato

1 Circal'italiano zàzzera, zàttera,tàtlera, cfr.Gamillscheg,Rem.Germ.2,173.

3 NormalmentesihadinposizioneintervocalicanellaCorsicasettentrionale-peresempiou dètu'iltetto",fl/icadu'anchetu'-,inoltreintalunezone dell'Umbria edelLaziosettentrionale, peresempio(Palombara) adèrni,adigna (punto 645dell'AIS), cfr.S 149.

§ 167. v iniziale 227 da assimilazione a distanza; il siciliano e calabrese

dèda

'tedadi pino'

ha

conservatoil suonoinizialedelgreco 5<y<;(>lat. taeda), di fronte al-l'italiano teda.

167.

v

iniziale.

La v

in posizione iniziale in Italia resta

general-mente

inalterata: lavacca, ilverro,la vite, la voce; sitrattadiregoladi

un suono

labiodentale.Soltanto isolatamente,inalcune zone, v

compare

(almeno in posizioneintervocalica)

come suono

bilabiale: peresempio nella Lucania meridionale

(Nova

Siri,Noepoli, Colobraro, ecc.) u §in, a $it (Lausberg,94), aTrasacco (Abruzzo)la$ina,la $ita.

La

pronuncia bilabiale è statacertamente il punto dipartenzaperla

u

chesi incontra nella

Campania

settentrionale

-

peresempioaSorauóc3,

uóhpa

'volpe', uèspa, uèrma, usni 'venire' (Merlo, Sora, 185) -,

come

pure per la

w

che si incontra nelle Marche, per esempio a Petritoli wacca,

'vino',

wèspa

(Neumann-Spallart, 40); cfr. anche il calabrese (Melissa) wacca, wìta, e il valsesiano (Rossa) a wacca, al

wéf

'vedovo' (Spoerri, 687)'.

Peril resto, nell'Italiameridionale v iniziale si è confusacon b iniziale nella pronunciav [vàttere, vastone, vocca); forse si

può

presumere che questa v nei primi secoli siastata

una

v bilabiale (@).

E

in tal

modo

ver-rebbe anche data

una buona

spiegazione allagrafiab per v nei più anti-chi testi meridionali: cfr. nella

«Carta Capuana»

dell'anno

960

super

ipsa bilia, bolendo, ante nos benire fecimus; nel «

Ritmo

Cassinese» lo bostru audire, de questa bita, lo bollo ('voglio'), bengo, de ssa bostra dignitate, de bedere (Monaci, 580)'. In tal

modo

inoltre si comprende-rebbe perché v diventa

bb dopo

quelle parole che provocano il

raddop-piamento

della consonante iniziale: cfr. il sicilianotribbakki 'tre vac-ce'; il calabrese a bbèspara 'nel pomeriggio', è bbestutu vestito', a bbògghia 'a voglia',

pe

bbia 'pervia'; il

campano

meridionale chi bbiri 'che vedi'; ilnapoletano abbecino 'da vicino', che bbuoje 'che vuoi',le bbècebie'levecchie'; il salentino

nu

bbisciu'nonvedo';ilcalabrese set-tentrionale

(Morano)

si bbènisi 'se tu vieni'. Nell'estrema punta meri-dionale della Calabria,

dove

b (o meglio bb) èpiù frequente di quanto

1 Anchenei dialetti dellaCorsicavinposizioneintervocalicapassa a u: cfr.unauèna, aaòlpe, bèllauòge'bellavoce'(AC,n, 136 e1364); perònellaCorsicasettentrionale, inposizioneiniziale assoluta diparolaedoponasale,v passaa b: cfr. bai&i'vacci', bòi cantale, bengu damatane, um ber'ammìgu(AC,401).

! Cfr.in un'iscrizione antica(Koma): sebibtiscomparavit(CIL6,34390).

2^8 ii. Consonantismo

non

sia v originata dab, incerti casi sièprodotto ilsuonodib anche in luogodell'antica v: per

esempio

aReggioe neidintornibuci'voce',

bu-lari 'volare',bacati 'avertempo' (vacare),

badu

'passaggio'

(vadum),

biveri 'vasca d'acqua' (frane, vivier), buscìca 'vescica'; cfr. col suono rafforzato nelnapoletano abbocabolo 'vocabolo', abbafuogna 'favonio'.

InSicilia èmoltodiffusala

forma

buscica 'vescica'.

Alcuni esempi di

b

(invecedi v)si incontrano anche nell'Italia cen-trale: cfr. il toscano boce (nel «Tesoretto», nella «Vita

Nuova»,

nel

Alcuni esempi di

b

(invecedi v)si incontrano anche nell'Italia cen-trale: cfr. il toscano boce (nel «Tesoretto», nella «Vita

Nuova»,

nel

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