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Dire l’amore I Comizi di Pasolini o la coscienza erotica del logos

Sua Maestà il Linguaggio: il godimento nei dispositivi di visione e nel discorso d’amore

2.4 Dire l’amore I Comizi di Pasolini o la coscienza erotica del logos

Il film che maggiormente si avvicina alle intenzioni di questo capitolo è probabilmente Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini, documentario girato nel 1964 con lo scopo di indagare – attraverso una lunga inchiesta che vede il regista stesso armato di cinepresa e microfono – le opinioni degli italiani sulle questioni della sessualità, del senso morale e dell’amore59

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Georges Didi-Huberman fa notare che se il 1974 è stato l’anno in cui Lyotard pubblicava l’Économie libidinale e Foucault iniziava la sua grande ricerca sulla Storia della sessualità in Occidente, «Pasolini, da parte sua, aveva già capito da molto tempo, ad esempio nel suo documentario Comizi d’amore […] che le forme accettate o marginali della sessualità implicano o suppongono una certa posizione politica mai disgiunta – come l’amore – da una certa dialettica del desiderio». Ecco perché si potrebbe parlare, a proposito di questo film, di una storia politica della sessualità o, meglio ancora, di una storia sessualizzata della politica60.

Nell’idea iniziale, Pasolini aveva in mente un film didattico-educativo sul tema della sessualità in Italia, che prevedeva l’alternanza di sequenze dedicate alle interviste vere e proprie ed altre composte da esempi illustrativi, materiale di repertorio e commenti approfonditi da parte di personaggi illustri come Moravia e Musatti61. In seguito però, deluso dalle risposte ipocrite e conformiste che riceveva, l’autore cambiò il suo progetto e il film si trasformò in un’altra cosa: fu messa a tacere la parola dei “dotti” – cioè di coloro che conoscevano e dovevano spiegare la vita sessuale – e rimase la voce del pubblico, delle decine di uomini e donne interrogati sulle cose dell’amore e del sesso. La loro fisicità spettacolare, la loro vividezza, la loro “italianità”, erano talmente forti da far sì che si impossessassero naturalmente e con prepotenza del film. Il discorso del sesso ha avuto così la meglio sul discorso sul sesso62.

Come trattare i problemi sessuali? Quali sarebbero le implicazioni morali, e quali quelle estetiche, di una simile trattazione? Esiste una “norma” sessuale? E quanto peso riveste il problema del sesso nella vita degli italiani di oggi? È da questi interrogativi che parte Pasolini, per scoprire che si tratta di argomenti dei quali alcuni si rifiutano di parlare, molti li tollerano, qualcuno li approva.

59 Al film si è ispirato, più recentemente, il documentario di Antonio Scurati La stagione dell’amore (2007). 60 G. Didi-Huberman, Survivance des lucioles, cit., p. 45.

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Cesare Musatti racconta la sua collaborazione ai Comizi in C. L. Musatti, Riflessioni sul pensiero psicoanalitico e incursioni nel mondo delle immagini, cit.. L’autore ricorda che il film riuscì male e fu proiettato solo per poco tempo in qualche sala di periferia (ivi, pp. 266-267).

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L’autore interroga giovani, soldati, famiglie, bambini, studentesse e studenti universitari, operai e operaie in uscita dalle fabbriche, sportivi, contadini: il tentativo è quello di sondare il livello di autenticità, ipocrisia o conformismo delle varie dichiarazioni sul tema. Pasolini si domanda che cosa pensano le donne della prostituzione, intervista alcuni bagnanti in spiaggia sulle questioni di matrimonio, coppia e divorzio, entra in contatto con la lettura che gli uomini meridionali danno della gelosia, dell’onore, del tradimento: una lettura “dialettale”, integerrima, ottusa.

Chiede alla gente cosa ne pensa dell’omosessualità, e se sa cosa siano il sadismo e il masochismo. Scoprirà ribrezzo, disgusto, ripugnanza; nel migliore dei casi, compassione, ma, in tutti i casi, scandalo. E, ci dice Moravia, lo scandalo è conformista, integralmente conformista, è sinonimo di paura e di incertezza, mentre le credenze fondamentali di un popolo andrebbero acquisite in maniera più critica e complessa, non ereditate e accettate a occhi chiusi.

Il discorso del sesso è destinato dunque a problemattizzarsi, e a fare corpo con la sua stessa necessaria problematizzazione.

Dove si trova esattamente – si chiede il regista – la verità del sesso? Nell’Italia che si è lasciata intervistare, o in quella che ha deciso di non rispondere? Ed è a questo punto che il film – come accennavamo – tende a trasformarsi esso stesso in discorso, quando Pasolini, in uno dei capitoli finali di cui la struttura è composta, si rende conto che la sua ricerca sta attraversando un’impasse, e si vede costretto a riformulare le domande, concentrandosi su un piano più pratico e meno generale. E allora le risposte agli interrogativi posti ai suoi interlocutori si intrecceranno con le proprie riflessioni sul film, nonché sulle risposte e sulle domande stesse. Godimento di discorso, tutto incentrato su di sé.

Delineando differenti tematizzazioni del sesso (come hobby, come piacere, come dovere) Pasolini – una volta preso atto dell’ipocrisia borghese e della sua non volontà di compromettersi nel discorso sulla sessualità – si chiede se il suo film restituisca un’immagine reale o parziale dell’Italia, concludendo che questa inchiesta ha in realtà valore negativo, demistificatorio: al miracolo economico italiano – cioè all’Italia del benessere materiale – non corrisponderebbe alcun miracolo culturale e spirituale.

Al breve racconto finale delle nozze di due giovani sposi, Tonino e Graziella, che del loro amore sanno soltanto «che è amore», seguono le parole conclusive che il regista rivolge ai due: «e al vostro amore, si aggiunga la coscienza del vostro amore». Ancora, è attraverso un’operazione di scrittura – atto che possiamo idealmente porre alla base di ogni presa di coscienza – che l’amore può esistere in quanto amore, e in quanto discorso.

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