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Godimento e sesso: la disarmonia strutturale e il malinteso dell’amore

5.1 Il problema dell’amore in Lacan

«Non faccio altro, dai miei vent’anni, che esplorare i filosofi sul soggetto dell’amore», ci dice Lacan in Ancora, il Seminario XX, interamente consacrato a questo tema1. «Parlar d’amore infatti, non si fa che questo nel discorso analitico. […] parlar d’amore è in sé un godimento», conclude significativamente2.

L’esperienza amorosa – come ci insegna la psicoanalisi – è tra le più significative dell’esistenza umana, forse quella maggiormente capace di metterci in rapporto con il nostro inconscio. «Amare veramente qualcuno è credere che, amandolo, si può accedere a una verità su di sé. Si ama colui o colei che custodisce la risposta, o una risposta, alla nostra domanda: “chi sono?”», sostiene Jacques- Alain Miller3, affermazione cui fanno eco ancora una volta alcuni frammenti amorosi di Barthes, quando afferma: «Nella mia vita, io incontro milioni di corpi; di questi milioni io posso desiderarne delle centinaia; ma, di queste centinaia, io ne amo uno solo. L’altro di cui io sono innamorato mi designa la specialità del mio desiderio»4.

La vicenda amorosa è inoltre l’unica che ci permette di fare esperienza dell’infinito psichico – sappiamo benissimo che gli amori finiscono, eppure li viviamo come se durassero per sempre5 – avvicinandosi vertiginosamente in questo al godimento: ricordiamo ancora una volta la logica simmetrica di Matte Blanco, che varrebbe tanto nell’innamoramento quanto nell’esperienza orgasmica (oltre che negli stati psicotici, nell’estasi mistica e, talvolta, nell’esperienza estetica),

1 J. Lacan, Il seminario. Libro XX, cit., pp. 74-75. 2 Ivi, p. 82.

3 Intervista comparsa su «Psychologies Magazine», 278, 2008. Tra le opere più recenti sul tema dell’amore in

psicoanalisi e in Lacan segnaliamo J. Allouch, L’amour Lacan, Epel, Parigi 2009; D. Monnier, Le réel de l’amour. Trois modèles lacaniens, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2011; J.-P. Lucchelli, Le malentendu des sexes. Freud, Lacan et l’amour, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2011 (in particolare la seconda parte del libro, “Variations sur la jouissance”); P. Avrane, Les chagrins d’amour, Seuil, Parigi 2012.

4 R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, cit., p. 18. Il corsivo è nostro.

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tenendo conto del fatto che per Freud l’amore sessuale – l’amore genitale – procura all’essere umano le più forti sensazioni della sua esistenza e costituisce il prototipo stesso della felicità6. Il problema dell’amore in Lacan, come emerge dal seminario Ancora, non è mai disgiunto da quello del godimento. La domanda d’amore e quella di godimento però – come ha ricordato recentemente Miguel Bassols – sono incompatibili, non possono cioè essere soddisfatte contemporaneamente7. Questa disgiunzione di ordine strutturale risiede in un equivoco di fondo, e cioè il malinteso radicale che esiste tra il sesso maschile e quello femminile, dove la presenza del significante fallico costituisce una vera e propria barriera all’amore, ostruendo letteralmente ogni accesso diretto al godimento dell’altro.

Sarebbe proprio il fallo, in altre parole, a impedire il godimento tra i sessi, a sbarrargli la porta: «Dirò che il godimento fallico è l’ostacolo grazie al quale l’uomo non arriva a godere del corpo della donna, precisamente perché ciò di cui gode è il godimento dell’organo», del proprio organo, conclude Lacan8. Insomma non si gode mai dell’altro, ma sempre e unicamente del proprio corpo. La questione della disgiunzione tra godimento e amore – sempre seguendo le suggestive osservazioni di Bassols – potrebbe arrivare addirittura a coincidere con un problema puramente lessicale: come amare ciò di cui si gode, e come godere di colui che si ama? È di un oggetto, infatti, che si gode, mentre l’amore è rivolto ad un soggetto (si pensi ad esempio all’amore di transfert, cioè quello tra psicoanalista e analizzante) e prevede una reciprocità che nel godimento, come abbiamo tentato a lungo di mettere in luce, è del tutto assente: il godimento è Uno, cioè godimento senza

6 Il rapporto specifico del godimento con il sesso e con l’orgasmo è innegabile ma complesso: le due cose coincidono

molto meno di quanto si possa immaginare. Si rimane stupiti ad esempio – come fa notare Nestor Braunstein – da quante poche volte compaia il termine “orgasmo” in tutta l’opera di Freud. Nei Tre saggi, addirittura, esso viene utilizzato una sola volta, e non a proposito della copulazione o dell’attività genitale, bensì con riferimento al bambino che allatta beato al seno della madre, godendo di una reazione muscolare paragonabile a una sorta d’orgasmo; o ancora, Freud parla di orgasmo rispetto alle situazioni di attacchi epilettici o isterici, se non addirittura allo stato di irritabilità delle bambine che hanno subito un clistere. Si pensi infine al caso delle emissioni di sperma durante situazioni particolarmente angosciose. In Freud l’utilizzo del termine “orgasmo” appare insomma come sostanzialmente slegato dalla soddisfazione genitale (N. A. Braunstein, La jouissance, un concept lacanien, cit., p. 118).

7 M. Bassols, Amore e godimento vanno assieme?, conferenza tenuta all’Istituto Freudiano di Roma, 16 dicembre 2011. 8

J. Lacan, Il seminario. Libro XX, cit., p. 8. Del resto, come ci ricorda Umberto Veronesi, «per oltre due miliardi di anni la riproduzione è avvenuta sul nostro pianeta per via asessuata, e ancora oggi, in molti esseri viventi, avviene per duplicazione. Il bisogno di diversificazione, da cui nasce la sessualità, compare solo nell’ultimo miliardo di anni e, per la scienza evoluzionistica, è un fenomeno recente»; U. Veronesi, Dell’amore e del dolore delle donne, Einaudi, Torino 2010, p. 41. L’atto sessuale peraltro, da Freud in poi, è irriducibile al paradigma naturale della riproduzione: le cosiddette zone erogene (orale, anale, fallica), sorta di vere e proprie localizzazioni speciali di godimento, mostrano esattamente che «ciò di cui il corpo gode non è il corpo dell’altro sesso, ma una parte del proprio» (M. Recalcati, Elogio dell’inconscio, cit., p. 48). C’è dunque nella pulsione sessuale una forte componente autoerotica, del tutto sganciata dal piacere derivante dallo scambio tra i sessi. La psicoanalisi si occupa esattamente di indagare e accogliere il carattere particolare e irriducibile a norme universali del modo di godere e di desiderare di ciascuno.

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l’Altro. Nel godimento la pulsione fa il suo giro arrivando all’altro, prendendo da lui qualcosa, e ritornando indietro, ecco perché è impossibile impadronirsi del godimento dell’altro, sia perché io non posso vivere nel suo corpo, sia perché non posso appropriarmi, dall’esterno, di ciò che egli prova. «È sempre il proprio corpo che gode, con qualsiasi mezzo», insiste a sua volta Miller9. Il godimento, dunque, non passa in alcun modo per l’altro dell’amore. L’amore consisterebbe allora proprio nel tentativo di rimediare a questa mancanza di reciprocità implicata dal rapporto sessuale e dal godimento («ciò che supplisce al rapporto sessuale, è precisamente l’amore», afferma in maniera piuttosto chiara Lacan)10. La scena di Mamma Roma in cui Anna Magnani si rivolge alla giovane prostituta Biancofiore per chiederle di far dimenticare al figlio Ettore “il suo primo amore”, è un ottimo esempio cinematografico per capire quanto le due questioni dell’amore e del godimento marcino su binari differenti.

L’unica situazione in cui la dissimmetria tra godimento e amore pare annullarsi, non a caso, è un delirio: l’erotomania. Il delirio erotomane infatti – descritto da de Clérambault come la certezza inattaccabile (e fuori dimostrazione) di essere amati da qualcuno e di vedere con chiarezza inequivocabile i segni di questo amore (esempio cinematografico supremo è la storia di Adele H.) – è strutturale nel soggetto psicotico11. Sarebbe questa la sola eccezione a quello che è il punto di partenza (e di approdo) di Lacan in Ancora, e cioè che «il godimento dell’Altro […] non è il segno dell’amore»12. Il fatto che l’altro goda non è affatto garanzia d’amore, poichè l’Uno a cui aspira l’amore – un Uno fusionale, che mira a fare la somma di due unità – non è affatto l’Uno del godimento, che è invece disgiuntivo, cumulativo, puramente contabile. In nessun caso due corpi, secondo Lacan, possono “fare uno”, per quanto ci sforziamo di avvicinarli. L’atto sessuale non sarebbe altro che l’intersezione di due mancanze, e «l’amore è impotente benché sia reciproco, perché ignora di non essere altro che il desiderio di essere Uno, il che ci impedisce di stabilire la loro, d’eux, di relazione: d’eux chi? – loro due, due sessi»13.

Di questa illusoria fusione che l’amore promette, allora, io posso goderne soltanto in quanto parola, come illustra superbamente Barthes a proposito del lemma “unione”, consistente nell’appropriazione assoluta dell’altro, quindi nella più compiuta e piena fruizione dell’amore: «con

9 J.-A. Miller, I paradigmi del godimento, cit., p. 38. 10 Ivi, p. 45.

11 Cfr. G. G. de Clérambault, Les psychoses passionnelles [1921], tr. it. Le psicosi passionali: l’erotomania (a cura di G.

e P. Kantzas), ETS, Pisa 1993. Accanto al film di Truffaut – per il quale rimandiamo ancora una volta a R. Salvatore, La distanza amorosa, cit., pp. 17-53 – sul delirio erotomane ricordiamo i più recenti e modestissimi M’ama non mama (À la folie… pas du tout, Laetitia Colombani, 2002) e Obsessed (Steve Shill, 2009).

12

Lacan lo ribadisce significativamente in apertura e in chiusura del seminario; cfr. J. Lacan, Il seminario. Libro XX, cit., p. 5 e p. 137.

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la sua fricazione iniziale e il suo scorrere di vocali acute, il godimento di cui essa parla s’accresce di una voluttà orale; dicendola, io godo di questa unione nella bocca»14.

In altre parole il rapporto fra i sessi, secondo Lacan, esiste solo come malinteso, poiché la sessualità consiste esattamente «nel mettere in rapporto cose che non hanno alcun rapporto»15. Per Lacan infatti un rapporto esiste solo se può essere scritto, calcolato, formalizzato, se cioè uno dei due termini che lo costituiscono può essere applicato sull’altro tramite una formula.

Nel rapporto tra i due sessi il fallo – che non ha alcuna funzione di mediazione o di congiunzione tra essi (se è collegato ad uno, sarà scollegato dall’altro) – impedisce radicalmente e definitivamente tale bipolarità, facendo sì che i due partner seguano ciascuno il proprio cammino in direzione del godimento senza mai incontrarsi16. «Così Medusa e Narciso vissero ancora insieme per molti anni felici e contenti, guardando altrove», scrive Giuseppe Bertolucci a proposito della personalità di Pasolini, immaginando la reciproca posizione di due figure in una statua bifronte in cui una faccia nega l'altra17.

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