• Non ci sono risultati.

Il disegno di legge sul divorzio presentato da Loris Fortuna 227 Si intitolava “Paura del divorzio”

Nel documento Nenni uomo di governo (pagine 165-169)

il reportage pubblicato da “L‟Espresso” nel novembre del 1966, ed era un‟inchiesta sull‟opinione che le donne e gli uomini italiani cominciavano a farsi dopo che Loris Fortuna aveva presentato in proposito un disegno di legge. L‟inchiesta raccoglieva una serie di pareri (favorevoli e contrari) e si chiudeva con una sorta di auspicio che, alla fine, si rivelò fondato: “in fondo, nelle condizioni in cui vivono gli italiani di oggi, la paura del divorzio è meno irragionevole, meno mitica di quanto potrebbe sembrare. Dire che una parte delle donne italiane è contraria al divorzio può significare poco, bisogna portarle al grado di dignità civile e giuridica indispensabile per far loro capire che cosa esso veramente significhi”229. Forse all‟inizio era difficile ipotizzarlo, ma un‟altra delicata partita di confronto-scontro tra le forze politiche era destinata ad aprirsi e a durare per circa un decennio (cioè fino al referendum del 1974230).

C‟erano tanti problemi e tante importanti questioni sul tavolo, ma del progetto di legge sul divorzio comunque se ne parlava diffusamente da alcuni mesi: mentre nel PCI ci si limitò, in sede di Direzione, ad evidenziare i forti contrasti tra i partiti della maggioranza231, già a maggio infatti, Salvatore Lener su “La Civiltà Cattolica” esprimeva chiaramente il suo punto di vista: “La campagna per l‟introduzione del divorzio in Italia in questi ultimi mesi è divenuta troppo massiccia e tambureggiante, per non palesarsi artificiosamente «orchestrata» e politicamente interessata; anzi, come ora suol dirsi, strumentalizzata, in ordine a fini che, con quelli di una socialmente benefica riforma degl‟istituti familiari, hanno un nesso apparente, se non addirittura contrario”232. Posizione netta poi ribadita dallo stesso Lener in

226 Ibidem. 227

M. Degl‟Innocenti: “Il primo ottobre 1965 Fortuna avanzò una proposta di legge sui casi di scioglimento del matrimonio. Tra i paesi del MEC l‟Italia era rimasta l‟unico a sancire l‟indissolubilità del matrimonio. Il fenomeno aveva assunto connotati sociali rilevanti, se, come affermava Fortuna, erano cinque milioni gli italiani che vivevano al di fuori della «legge matrimoniale», e gli «illegittimi» costituivano il 28,6% dei nati vivi e il 33% dei nati morti. Nella storia d‟Italia, delle dieci proposte di leggi divorziste, da quella di Salvatore Morelli del 13 maggio 1878 all‟ultima del socialista Luigi Renato Sansone del 12 giugno 1958, nessuna era giunta alla votazione”, “Storia del PSI dal dopoguerra ad oggi”, Laterza, Roma-Bari 1993, pag. 363.

228

M. Serini, “Paura del divorzio”, L’Espresso 13 novembre 1966. 229

Ibidem.

230 Nel referendum del 12 maggio 1974 sull‟abrogazione della legge sul divorzio i “no” raggiunsero il 59,26% dei suffragi, i “sì” raggiunsero il 40,74%, C. Ghini, “L’Italia che cambia. Il voto degli italiani 1946-1976”, Editori Riuniti, Roma 1976, pag. 452.

231

N. Iotti: “Sul progetto di legge Fortuna vi sono forti contrasti tra la maggioranza: i dorotei vorrebbero arrivare al voto in aula, e se necessario ad una crisi di governo”, Verbale n. 17 della riunione della Direzione del PCI del 27 ottobre 1966, Istituto Gramsci, microfilm 018, fascicolo 4080, vol. III.

232

S. Lener, “Ancora un fermo e consapevole «no» al divorzio”, La Civiltà Cattolica, 7 maggio 1966, anno 117, quaderno 2781, vol. II, n. 3.

altri suoi successivi interventi: “Basta il buon senso a far vedere a tutti come il divorzio non solo snaturerebbe la naturalità e la storica tipicità degli istituti familiari propri del popolo italiano, ma violerebbe pure, direttamente, il diritto dei figli ad avere due veri e due soli genitori, e non tre o quattro, quanti loro largirebbe il divorzio!”233. Nenni chiese un‟opinione a Mauro Ferri, il quale replicò chiarendo il suo personale punto di vista e quello del gruppo parlamentare che presiedeva, evidenziando che il “caso” cominciava a far rumore:

“nessuno di noi pensa a spingere avanti la discussione della proposta in modo tale da far sorgere gravi problemi politici nell‟ambito della maggioranza. Io credo che il problema deve essere sdrammatizzato da parte nostra come da parte della DC: noi non ci poniamo cioè l‟obiettivo di realizzare maggioranze eterogenee, del resto assai ipotetiche, a favore della proposta Fortuna, ma i democristiani non possono pretendere che della proposta sul divorzio non si abbia nemmeno a discutere”234.

C‟era quindi, come ricordato da Ferri235

, anche un problema di tempi: il Ministro Oronzo Reale (PRI) aveva infatti presentato un disegno di legge sulla riforma del diritto familiare236, che però era “fermo” da mesi e che bloccava di fatto la discussione sul disegno di legge Fortuna. Moro, che aveva perfettamente capito il peso di tutta la questione, visto anche il notevole interesse che la stessa aveva suscitato, decise di discuterne in Consiglio dei Ministri nella seduta del 30 settembre 1966

“in fine seduta Moro ha sollevato la questione del divorzio lasciando chiaramente intendere che su questa questione si gioca la sorte non solo del governo ma del centrosinistra. Si è rimesso alla mia saggezza. Ho ripetuto che il divorzio non è un problema del governo ma ho aggiunto che non vedo come si possa bloccare l‟iniziativa parlamentare. E‟ ovvio che non c‟è una maggioranza per votare il divorzio, anche se l‟interesse per questo problema è aumentato, ma le cose non starebbero al punto attuale se il ministro Reale fosse stato autorizzato a presentare la legge sulla riforma dell‟ordinamento familiare. La DC non può volere tutto”237,

233

S. Lener, “Divorzio e Costituzione”: “S‟è detto e scritto da giornalisti e politici «non cattolici» che la società italiana non è ancora matura per una società divorzistica. Ebbene, se e quando una così deprecabile «maturità» dovesse verificarsi, lo Stato potrebbe anche disporre una tale riforma per i soli matrimoni civili. Ma lo dovrebbe con una legge di revisione costituzionale, che prima abrogasse l‟art. 29. La verità è che la stragrande maggioranza degli uomini e, soprattutto, delle donne italiane, anche socialiste (quelle comuniste non hanno pensiero autonomo e costante), è, invece, democraticamente matura nel volere, per sé e per i propri figli, quella democraticissima libertà dal divorzio; la quale, come parte integrante del bene comune, fine del nostro Stato sociale, dimostra anche sotto il profilo della sua costituzione materiale l‟incostituzionalità del divorzio”, La

Civiltà Cattolica, 15 ottobre 1966, anno 117, quaderno 2794, vol. IV, n. 4.

234

Ferri a Nenni (riservata personale) 15 settembre 1966, ACS – Fondazione Nenni, serie carteggio 1944/1979, busta 25, fascicolo 1355.

235

Nenni girò la lettera di Ferri a Moro: “Accludo una lettera di Ferri sulla questione del divorzio. Faccio presente che la commissione è interessata a ricevere la legge sulla riforma del diritto di famiglia. La preoccupazione che la commissione decida l‟abbinamento con il disegno di legge Fortuna non sussiste e comunque non faciliterebbe l‟iter di quest‟ultima. Anzi avverrebbe il contrario (…)., Nenni a Moro, 16 settembre 1967, ACS – Fondazione Nenni, serie carteggio 1944/1979, busta 34, fascicolo 1639.

236

M. Serini, “Paura del divorzio”: “Il progetto di revisione dei codici preparato dal Ministro Oronzo Reale prevede la scomparsa dal nostro ordinamento giudiziario di alcune figure incredibilmente arretrate, come la disparità nelle pene per l‟adulterio dell‟uomo e per quello della donna, e introduce alcuni concetti già attuati da decenni nelle legislazioni di paese più evoluti: la divisibilità dei beni accumulati dopo il matrimonio, una nuova considerazione dei diritti dei figli illegittimi, una visione meno arcaica della patria potestà”, L’Espresso 13 novembre 1966.

237

ma nella stessa seduta l‟elemento nuovo e più interessante lo introdusse Fanfani: “Fanfani ha accennato con discrezione alle preoccupazioni internazionali (cioè Vaticano) che solleva la questione del divorzio”238. Le “preoccupazioni” di cui parlava Fanfani si sostanziarono in una nota ufficiale del Vaticano che, commentò Nenni, “tende a limitare il diritto dello Stato e del Parlamento di legiferare in piena libertà ed autonomia”239

. Saragat si espresse in questi termini: “bisogna far fronte alla insolenza clericale e vaticana anche se i tempi non sono maturi per il divorzio. Dice [Saragat] che se fosse stato agli Esteri avrebbe respinto la nota vaticana”240

.

Il 22 dicembre il Consiglio dei Ministri approvò il disegno di legge Reale di riforma del diritto di famiglia e iniziò quindi l‟iter parlamentare a cui i socialisti tentarono di “abbinare” quello sul disegno Fortuna, visto che il successivo 19 gennaio la Commissione Affari Costituzionali della Camera diede parere favorevole alla costituzionalità del progetto di legge Fortuna sul divorzio, con il voto contrario di DC e MSI (25 sì, 20 no), scatenando la dura reazione de “La Civiltà Cattolica”241

. A questo punto vi fu una corrispondenza tra Nenni e Moro dai toni abbastanza accesi. Moro, a cui Nenni aveva fatto pervenire la lettera di Ferri, ed evidentemente “spinto” dalla parte più conservatrice della DC, non apprezzò molto e decise di “ricordare” a Nenni che gli accordi erano diversi e che lo stesso Ferri non pensava di arrivare ad una conclusione sulla proposta Fortuna nel corso della legislatura:

“(…) Ora invece, dopo che è stato approvato e presentato al Parlamento il disegno di legge governativo sulla revisione del diritto familiare, si è tentato di nuovo il discorso dell‟abbinamento, che ha incontrato opposizioni anche di indole procedurale. E si esprime il proposito – in contraddizione con le intese alle quali mi sono richiamato – di portare avanti, insieme con l‟esame del disegno governativo, la discussione della proposta Fortuna. In questa situazione mi sembra necessario un tuo intervento sulla base delle intese raggiunte anche al fine di non recare pregiudizio alla più intensa attività che occorre promuovere per l‟attuazione del programma di Governo”242.

Ma era intervenuto un “fatto nuovo”: nel corso dell‟udienza del 22 gennaio ai componenti il Tribunale della Sacra Romana Rota, Paolo VI aveva pronunciato un discorso nel quale si

238 Ibidem. 239 Ibidem, pag. 679. 240 Ibidem. 241

S. Lener, “Ultime sul divorzio”: “Nello sforzo di comprensione umana di tale stranissimo «parere», si può forse andare ancora più avanti. Una volta fattosi a tutti chiaro, invero, che per certi partiti, o correnti, o personaggi politici, l‟anzidetta proposta di legge rappresenta soprattutto materia o occasione per «contrattazioni» tra i partiti di governo, o per sperate «combinazioni» tra alcuni di essi e altri partiti, quella «materia» o quella «occasione» si sarebbe senz‟altro vanificata, qualora la Commissione si fosse pronunciata per l‟incostituzionalità. Ciò non toglie, però, che, cedendo a interessi particolaristici e contingenti, ed emettendo una decisione sì poco «seriamente politica», la Commissione non abbia accentuato, come s‟è potuto subito avvertire, il distacco tra paese legale e paese reale. (…) In un moderno Stato democratico e sociale, l‟unica alternativa possibile, anche in sede di revisione della Costituzione, è tra la naturale e storica libertà dal divorzio sempre goduta dagl‟italiani, e l‟illimitata, anzi illimitabile libertà di divorzio, reclamata da una prepotente minoranza”, La Civiltà

Cattolica, 18 febbraio 1967, anno 118, quaderno 2800, vol. I, n. 4.

242

dichiarava “sorpreso e dispiaciuto” per il parere espresso dalla Commissione parlamentare Affari Costituzionali della Camera sulla costituzionalità del progetto di legge sul divorzio243. Alla lettera di Moro, Nenni replicò così:

“Molto da dire sul diritto della Santa Sede di interferire su un atto del nostro Parlamento circa il carattere ed il valore costituzionale di un progetto di legge. La Costituzione ha voluto che Stato e Chiesa cattolica siano, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. La Chiesa è nel suo diritto quando ravvisa nel matrimonio un sacramento indissolubile davanti a Dio ed ai suoi rappresentanti in terra. Lo Stato è nel suo diritto se regola, o si propone di regolare come meglio crede gli effetti civili del matrimonio, ispirandosi al criterio che l‟uomo può dividere ciò che l‟uomo unisce. Sono convinto che non è nell‟interesse di nessuno, né dello Stato né della Santa Sede, sollevare questioni inerenti alla sovranità dei due poteri. Va da sé che come Ministro tengo per lo Stato”244.

Un contrasto duro, quindi, che contrapponeva i due statisti e che andava ben oltre il caso specifico del disegno di legge sul divorzio; toccava direttamente il Concordato ed il rapporto tra Stato e Chiesa. Nell‟ultima lettera, che chiude la corrispondenza sull‟argomento, tutta l‟abilità diplomatica di Moro appare evidente

“Ho appreso – a seguito di un mio riservato intervento per richiamare l‟attenzione della S. Sede sulla questione – che l‟accenno all‟episodio parlamentare è stato fatto al solo scopo di identificare il problema senza chiamare apertamente e direttamente in causa il Concordato per non acuire il contrasto di interpretazione che potrebbe insorgere tra le parti contraenti. Sussiste, invero, il disagio determinato dalla presentazione di una proposta di legge che certamente riguarda i rapporti concordatari, e non può quindi non richiamare l‟attenzione dell‟altro contraente. Il Governo, non potendo assumere la responsabilità di questo atto, si è trovato nell‟impossibilità di svolgere i sondaggi in sede diplomatica che sono necessari quando viene in discussione – più o meno direttamente – l‟applicazione di un accordo internazionale. Mi auguro che la situazione possa essere rasserenata lasciando cadere l‟insistenza sulla prosecuzione dell‟iter parlamentare di una proposta di legge che non potrebbe trovare attuazione in questa legislatura”245

,

e Nenni, chiosò in questo modo sui Diari:

“Moro (…) arzigogola tra Costituzione e Concordato. Né il suo arzigogolare è del tutto arbitrario, questo fu in fondo il regalo di Togliatti alla Repubblica quando votò l‟articolo 7”246.

243

Paolo VI: “Non vogliamo ora entrare nella discussione circa tale pronunciamento, anche se esso ci ha recato sorpresa e dispiacere, ed esige da noi le dovute riserve (…). Noi pensiamo che sia un vantaggio morale e sociale e sia un segno di civiltà superiore per un popolo l‟aver saldo, intatto e sacro l‟istituto familiare; e vogliamo credere che il popolo italiano, a cui non un giogo è stato imposto dalle norme del Concordato relative al matrimonio, ma un presidio e un onore sono stati conferiti, comprenderà quale sia in questo campo fondamentale per le sue fortune morali e civili la scelta buona da fare e da difendere”,

L’Osservatore Romano 23 gennaio 1967 e La Civiltà Cattolica, 4 febbraio 1967, anno 118, quaderno 2799, vol. I, n. 3.

244

Nenni a Moro 23 gennaio 1967, ACS – Fondazione Nenni, serie carteggio 1944/1979, busta 34, fascicolo 1639. 245

Moro a Nenni 26 gennaio 1967, Ibidem. 246

Capitolo 4.

1968 – 1969: Il fallimento del progetto riformista del PSI.

Nel documento Nenni uomo di governo (pagine 165-169)

Outline

Documenti correlati