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Il sistema assistenziale e la rappresentazione del povero

L'analisi della ricerca: aspetti trasversali

2.9. La relazione cittadino-sistema socio-assistenziale

2.9.2. Il sistema assistenziale e la rappresentazione del povero

“(omissis) è anche vero che noi non abbiamo gli strumenti adeguati per affrontare queste nuove povertà. Ci ritroviamo con degli strumenti di tipo economico che fissano i minimi vitali assolutamente inadeguati, molto bassi rispetto alla possibilità poi di elaborare un programma con le persone e, dall'altro lato, ci troviamo con questi minimi per cui se la persona ha reddito zero teoricamente dovrebbe accedere ad un minimo di reddito anche quando, magari, è disfunzionale al programma che stai facendo. Quindi ci vuole una grande assunzione di responsabilità, da parte dei singoli operatori, per dire di no, per dire:‘non sostengo la tua richiesta per questo motivo’ quindi ci si espone molto” (Focus group -Esperto 7)

Il tema qui sviluppato va anche collegato a quello della prestazione economica quale diritto o carità ed ai criteri di accesso alle prestazioni; tali tematiche vengono riprese nei paragrafi successivi ed ulteriormente approfondite in II.4.

2.9.2. Il sistema assistenziale e la rappresentazione del povero

Oltre alle narrazioni degli intervistati, sono state raccolte, tramite il focus group, le opinioni degli assistenti sociali sul tema della rappresentazione del povero144. Ne è emerso un quadro composito ed una rappresentazione del povero articolata e poliedrica. La povertà viene considerata come un fenomeno polisemico che tocca ampie fasce di popolazione

“ la povertà può interessare tutti”(Focus group - Esperto 3)

Tuttavia, all'interno di questa larga fetta di popolazione vi sono molteplici e differenti tipologie di povertà. Esiste infatti una povertà ‘tradizionale’, ‘storica’ che riguarda quelle persone che sono in un rapporto assistenziale da tempo, se non addirittura da

generazioni

“Secondo me, c’è il povero storico perché comunque abbiamo tanti storici e ce li gestiamo da generazioni, ovviamente non è pura povertà ma ci sono sempre altri problemi vicino che impediscono l'autonomia della persona...”

(Focus group – Esperto 8)

Esiste anche una povertà assoluta che riguarda persone con bisogni primari di sussistenza quali il cibo, la casa.

”... la povertà è questa! E’ non avere da mangiare, da dormire e da vestirsi!”(Focus group - Esperto 4)

“vi sono tante richieste di buoni viveri e questo è un po’ ritornare indietro”(Focus group - Esperto 3)

Ciò che viene segnalato, e che conferma quanto finora affermato, riguarda la presenza e l'aumento di nuove forme ed espressioni di povertà, è il fatto che la povertà riguarda persone che non hanno sufficienti mezzi, o non hanno i mezzi necessari, per fare una vita socialmente riconosciuta come dignitosa. E’ una dimensione di povertà che sembra più fare riferimento a quelle situazioni in cui ci sono delle risorse di base ma la persona non riesce a svolgere, in modo stabile e continuativo, il proprio ruolo sociale in quanto gli strumenti a disposizione sono insufficienti (ad esempio: avere rapporti di lavoro intermittenti) o costituiscono un problema (ad esempio: il canone di locazione oneroso).

“E’ comunque povera la persona che ha entrate perché con le entrate che ha in quel momento non riesce ad affrontare i bisogni primari!" (Focus

group - Esperto 3)

Si tratta di quell'espressione di povertà che Bourdieu (1993) definisce come

povertà di posizione. La persona incontra difficoltà crescenti a mantenere la ‘posizione’ del proprio ruolo sociale. Tale condizione comprende le situazioni più diversificate: pensionati che percepiscono un basso trattamento di quiescenza, persone che, per diversi motivi (morte di un congiunto, separazione) si trovano prive di un supporto affettivo ed economico, lavoratori precari o che svolgono attività sotto-remunerate, donne sole con figli che non riescono ad immettersi nel mercato del lavoro anche per la carenza di servizi che le possano supportare nella cura dei figli, ecc.

Un fenomeno che viene segnalato è quello relativo al riaffacciarsi del problema della

povertà culturale. Tale problema appare connesso alla presenza di un basso grado di

strumenti conoscitivi utili ad accedere ad una serie di risorse.

“Secondo me, sicuramente c’è un aspetto che ha che fare con la povertà materiale, con la mancanza di risorse puramente economiche (omissis) per il soddisfacimento dei bisogni primari, comunque, purtroppo, c’è anche questo ma è una parte limitata; c’è poi tutta quella parte di mancanza di mezzi per fare una vita che possa essere riconosciuta socialmente come dignitosa e quindi al di là del mangiare, del vestirsi (non posso andare in giro nudo!) ma invece vorrei avere un casa più carina e riuscire a stare dietro alle varie spese e le spese per la vita domestica sono il problema grossissimo, per cui anche uno che ha uno stipendio e si trova a pagare un affitto di quelli che il mercato propone sicuramente rischia di non poter soddisfare altro però, quello che più mi colpisce è il discorso della mancanza di mezzi per accedere al mondo in senso ampio cioè la povertà culturale, la mancanza di strumenti che ti consentono poi anche di migliorare la tua situazione; povertà culturale che riguarda in parte le persone straniere che si aggiunge alla difficoltà di inserimento dovuta alla cultura diversa ma tantissime sono persone non straniere!” (Focus group -

Esperto 1)

“questa è una riflessione che ho fatto anch’io perché anch’io ho delle persone che seguo che sono analfabete …”(Focus group - Esperto 6)

Questo aspetto emerge anche dalle interviste. Diversi intervistati riconoscono di avere un basso livello di scolarità e ciò indipendentemente dal titolo di studio formalmente conseguito (si vedano ad esempio le interviste con Carla, Lea e Bruno). La formazione scolastica, come già detto nel paragrafo 5.5,può influire sulle possibilità di inserimento lavorativo e ciò trova conferma anche dal focus group. Tuttavia, la povertà cosiddetta culturale non riguarda solo un livello di scolarità insufficiente ma comprende anche una situazione di più generale disinformazione, di carenza di strumenti conoscitivi utili per fronteggiare la condizione di difficoltà che si sta vivendo. Si veda ad esempio l'esperienza di un intervistato che ha, improvvisamente, avuto dei gravi problemi di salute per i quali ha ottenuto l'invalidità ma era all'oscuro di avere diritto, in quanto invalido, ad usufruire di altri 'benefici':

“Io ho saputo, come invalido, mi ci sono voluti … passati due anni, se non tre, che esiste un’esenzione del ticket che è la sigla S51 che mi fa, pur avendo l’esenzione per il diabete, l’esenzione per l’ipertensione che mi passano i farmaci, quello che non fa parte di queste malattie viene tutto pagato come uno sano; io, avendo più di due terzi di invalidità c'è un’esenzione è la sigla S51 che mi fa esente da tutti i ticket e io mi posso fare tutti i raggi, tutte le cose che devo, senza pagare niente; ho dovuto aspettare due anni … ma a spese mie, per aver sentito parlare in tram che esiste: "e come lei non sa" e lì degli invalidi non sono capaci di dirmelo? ... Sta roba? Ho dovuto aspettare due anni che esistono degli aiuti, che vengono dati degli aiuti per le medicazioni, le bende, i medicinali e robe

così e con i problemi che ho! Quattro, cinque mesi sono andato avanti che devo curarmi, medicarmi, e l’ospedale non mi ha detto nulla! E non so, anche questo l’ho sentito camminando qua per il giardino pubblico due che parlavano. E come l’ospedale non sa queste cose? E il mio il medico curante non sa queste cose? Cascano tutti dalle nuvole! E così è per i servizi sociali che possono aiutare qualcosa e tutto, e tutte storie … e qui veramente è tutto silenzio, che nessuno deve sapere niente (omissis)” (Ugo)

Un altro intervistato ha raccontato di aver saputo da poco di avere diritto di percepire gli assegni familiari per la moglie che è casalinga:

“io, adesso a mezzogiorno, ho fatto la domanda per gli assegni familiari e non sapevo che mi aspettano gli assegni familiari su di lei! E non sapevo neppure che mi spettano gli sgravi fiscale su di lei! Ho consegnato l'altro giorno, siamo sposati quattro anni, non è un giorno!... “ (Walter)

Gli scarsi strumenti di conoscenza condizionano sia l’accesso alle risorse che la loro piena fruibilità. Gli assistenti sociali rilevano che questo problema investe in particolare modo i cittadini italiani.

“Mi sono trovata come utenti persone italiane che sono analfabete! E questo oggi! Mi sembra inquietante! E persone non di etnia Rom! Una persona mi ha detto: ‘io mi faccio accompagnare da mia moglie perché non so né leggere né scrivere’ (omissis); credo che questo impedisca di accedere a tutta una serie di cose o di capire tutta una serie di cose e tante volte capita che la persona ad esempio si rivolga all’INPS per chiedere delle cose, la persona va e ritorna senza aver capito nulla di quello che le è stato spiegato e quindi in autonomia non è capace! Avrebbe bisogno che qualcuno lo accompagni e che gli spieghi le cose; secondo me questa è povertà! Oggi se non sai un minimo usufruire di quello che esiste penso che non riesci ad uscire dalla tua situazione” (Focus group - Esperto 1)

Viene inoltre rilevato che la situazione delle persone straniere è, sotto un certo punto di vista, migliore, in quanto possono fare riferimento ad una comunità di appartenenza anche “informale”. Oltre alla presenza storica di comunità quali quella greca e quella serba, nella città di Trieste sono presenti associazioni riconosciute di stranieri sorte a seguito dei fenomeni migratori che hanno interessato la città. È anche presente una rete informale di solidarietà e di mutuo-aiuto

“per me la realtà degli stranieri non è una realtà così drammatica come invece viene visto, perché gli stranieri hanno maggiori risorse anche nel saper vivere in condizioni al limite, hanno la loro rete”(Focus group -

Esperto 3)

“… con gli stranieri è più facile, perché con gli stranieri, comunque, c’è la possibilità di attivare il mediatore culturale, quindi c’è una persona che

può seguirli e può dare indicazioni, ecc. il problema sono proprio gli italiani. Non sono tanto pochi!” (Focus group - Esperto 6)

“ per quanto riguarda gli stranieri e, nello specifico i cinesi, nella nostra zona, almeno a me, non è mai capitato che qualcuno venisse a chiedere un sussidio economico o qualcosa del genere però, se tu guardi i beneficiari del bando affitti, che quindi non passano dall'assistenza, ci sono tantissimi cinesi e allora mi viene da pensare che i cinesi, evidentemente, a livello di documentazione possono produrre una documentazione di reddito molto basso però, mi sembra che ci sia una contraddizione! C'è un discorso di comunità ben strutturata nel suo interno per cui hanno i loro canali. (omissis)" (Focus group - Esperto 10)

La stessa esperienza migratoria sembra costituire, per il forte impatto esperenziale che ha per la persona, una risorsa nel mettere in atto strategie volte a superare la situazione di difficoltà di vita:

“hanno risorse proprie ma anche capacità personali, sono intraprendenti!”

(Focus group - Esperto 1)

“già per il fatto che sono andati via di casa hanno imparato ad arrangiarsi, hanno gli strumenti” (Focus group - Esperto 4)

E' già stata evidenziato nei paragrafi I.2.6 e I.2.7., nei quali si è trattato il significato del denaro, il problema della 'dipendenza da shopping'. Si assiste quindi ad una povertà che si potrebbe definire da consumo in quanto è connessa all'attrazione verso l'acquisto di beni voluttuari e ciò a scapito della gestione della vita quotidiana. Viene anche rilevato un problema connesso all'incapacità di gestire il denaro correttamente, a comprenderne l'effettivo valore.

“… c'è questa incapacità nella gestione del denaro, nel dare un significato al denaro, quindi il denaro e ciò che soddisfa i bisogni, bisogni che non sono assolutamente materiali ma sono anche bisogni in qualche modo di affermazione sociale, di apparenza (omissis)”(Focus group - Esperto 3)

Un aspetto fortemente critico che nella discussione durante il focus group è emerso riguarda la rete relazionale, aspetto sul quale si è già trattato nel paragrafo 4, e che, se debole può facilitare l'ingresso nel circuito assistenziale.

”Quando ti viene meno la rete familiare arrivi al servizio” (Focus group -

Esperto 7)

indicare un ulteriore forma di povertà, di privazione di un bene prezioso, fondamentale per la vita di una persona. Si tratta di un bene relazionale (Donati 1991) indispensabile per 'nutrire' la vita della persona, per farla sentire capace di ricevere ma anche di dare. Affinché la relazione sia effettivamente un bene generativo è necessario che si realizzi in una dimensione di reciprocità. Reciprocità deriva dal latino reciprocĭtas che a sua volta deriva da reciprǒcus che significa “che va avanti e indietro”145e richiama alla mente un movimento continuo, dinamico, di parità, un dare e un ricevere, uno scambio e presuppone un legame sociale, una relazione bi-univoca e circolare: dare, che assume il significato del donare146, - ricevere - restituire; è la persona è ‘in debito’ non secondo uno schema economico o moralista ma secondo un modo di intendere il rapporto con gli altri, con la società civile, la comunità (Bruni 2006, a; 2006, b).

Come già segnalato nel paragrafo 4.3, la famiglia, inoltre, può stabilire un rapporto di 'dipendenza relazionale', mantenuto nel tempo attraverso l'aiuto economico. Attraverso tale modalità relazionale non solo non si creano le condizioni utili per la persona di sviluppare un processo di crescita ma si trasmette un uso incongruo del denaro con il forte rischio di far perpetuare, nel soggetto, una condotta di consumo errata che non è utile per la persona in quanto non le consente di assumere un ruolo attivo e di essere autonoma.

“ (omissis) si tratta di persone adulte sui 45-50 anni che hanno vissuto in famiglia con genitori che man mano sono diventati anziani, che magari hanno un titolo di studio e quindi moltissimi hanno fatto le scuole superiori e vivevano con i genitori che, magari, avevano delle buone pensioni e una bellissima casa in affitto. Accade che muore il padre, muore poi la madre e questi si ritrovano a rimanere lì a mangiarsi il pezzo di mobile, il televisore, il piatto, il quadro, i gioielli e poi, magari, dopo un anno, un anno e mezzo, sono sfrattati, sono in strada! Io ho diverse situazioni di questo tipo! Ovviamente a quell'età non hai più possibilità di rientrare in un circuito lavorativo perché questi non hanno mai raggiunto una attività professionale, non hanno un esperienza professionale e a cinquant'anni sappiamo benissimo che il mercato del lavoro ti chiude tutte le porte; si tratta di persone che poi vanno in dormitorio…” (Focus group - Esperto 9) ” sicuramente c'è una dipendenza! " (Focus group - Esperto 3, Esperto 8) " Sì! Perché ci si affida molto alla famiglia come punto di riferimento per i pagamenti. Anche nel caso di, ad esempio, famiglie con minori, magari donne dopo il divorzio che vanno ad abitare da sole e magari stipulano un mutuo che per noi sarebbe inammissibile e si basano su uno stipendio solo,

145 Devoto, Oli 2006.

146 Sul tema del dono elaborato da Marcel Mauss (1924-25) si rinvia alla letteratura in materia ed in particolare a: Godbout 1996/1998; Caillé. 2000; tale tema verrà ripreso in II.4.10.

magari anche precario, non da gennaio a dicembre magari soltanto due mesi dell'anno scolastico, ti viene da chiedere: ‘ma signora come mai? Ci ha pensato un attimo?’ e dopo ti senti rispondere: ‘ma sono i miei genitori che assicurano il pagamento, finché non avrò il tempo fisso, finché non sarò a tempo indeterminato’ (omissis)” (Focus group - Esperto 10)

Il modo in cui viene realizzato il sistema assistenziale dà visibilità a come quel determinato contesto sociale si rappresenta e definisce 'il povero'. Nel paragrafo I.2.6. si è parlato del significato del denaro, oltre che come funzione, come simbolo; tale riflessione può essere traslata anche per la prestazione economica. Quest'ultima è portatrice di una potente connotazione simbolica e veicola un messaggio forte con cui definisce l'Altro e la sua posizione nel contesto sociale. Oltre a ciò, l'insieme di regole (esplicite ed implicite) che il sistema assistenziale utilizza per realizzarsi definisce il tipi di interazione, di scambio, di relazione tra il soggetto ed il sistema stesso. Rivolgersi al servizio sociale, come rilevato nel paragrafo I.2.9, e chiedere aiuto può rappresentare per le persone un'esperienza negativa che segna ancor di più la loro condizione di povero e, in tal modo, connota la persona come perdente e la posiziona nel ruolo di assistito (Goffman 1959/1969, 1961/2003). Dall'altra parte, si evidenzia la forte preoccupazione del sistema assistenziale che le persone diventino dipendenti dal sistema stesso. Tale timore spesso sottintende un altro pensiero, quello cioè che la persona si possa ‘approfittare’ del sistema assistenziale e che perduri in un rapporto di dare-ricevere che blocca ogni possibilità di cambiamento. Va evidenziato che il 'problema della dipendenza assistenziale' è anche connesso allo stesso sistema che, per come è 'pensato' e realizzato può provocare un rapporto di dipendenza (si veda anche quanto detto nel paragrafo precedente). Infatti, sembra persistere, ancora, nel nostro Paese, un sistema assistenziale di tipo erogativo, riparativo, spesso emergenziale, implicitamente ma fortemente basato sulla carità. Alcuni Autori quali ad esempio Corbisiero 2005; Ranci, C. (2002, 2004) sostengono che il sistema di protezione sociale italiano è caratterizzato da frammentazione dei programmi, incertezza dei diritti soggettivi e debolezza del settore. Oltre a ciò, nei confronti delle persone assistite, vi è il forte rischio di un atteggiamento di giudizio implicito, in quanto possono essere, inconsapevolmente o consapevolmente, ritenute in qualche misura responsabili della loro condizione, Turnaturi nell’introduzione al testo di Sennett (2004, 12) afferma che, ancora oggi, i soggetti che afferiscono al welfare sono “considerati ‘figli di un Dio minore’ e quindi privati di ogni rispetto e dignità (...) ricevere aiuto, essere dipendenti diviene il loro stigma”.

Nella relazione di aiuto appare, pertanto, essere molto delicato e cruciale il processo di attribuzione che il professionista opera nei confronti della persona in quanto può condizionare favorevolmente o, viceversa, ostacolare l'instaurarsi di un positivo rapporto di collaborazione con la persona che può percepire l’effettivo atteggiamento di aiuto oppure, nell'altro caso, un atteggiamento colpevolizzante nei suoi confronti. Se l'operatore mette in atto un'attribuzione di responsabilità personale, cioè di colpa, tale atteggiamento può condizionare la relazione di aiuto con un atteggiamento di giudizio negativo nei confronti della persona ritenuta, implicitamente, responsabile della sua sorte (Weiner 1992). Uscire dal circuito della responsabilità consente di co-costruire con la persona una relazione che venga percepita come un'effettiva opportunità per iniziare un percorso di promozione e come un supporto in tale impegnativo processo. Ciò, peraltro, consente di aiutare la persona a cogliere le sue effettive capacità. A tale proposito Sen (1999/2000) rileva che non si può intendere la povertà esclusivamente come mancanza di reddito ma che la povertà è anche connessa alle capacitazioni del soggetto. Le capacitazioni vanno, quindi, sostenute, implementate per aiutare la persona a fronteggiare la sua condizione di deprivazione.