L'analisi della ricerca: aspetti trasversali
2.9. La relazione cittadino-sistema socio-assistenziale
2.9.1. La percezione del sistema assistenziale: i vissuti degli
intervistati
I vissuti che le persone esprimono rispetto all'esperienza di rivolgersi al servizio sociale per chiedere aiuto sono unanimi. Tutti gli intervistati ne parlano verbalizzando sentimenti di vergogna, umiliazione. Spesso recarsi al servizio sociale significa ricorrere 'all'ultima spiaggia' dopo aver tentato altre strade ed altre soluzioni, inclusa l'esperienza di contrarre dei debiti con istituti bancari o con istituti finanziari a cui, per gli interessi e le regole che prevedono, le persone, spesso, non riescono a far fronte (si veda I.2.6 e I.2.7).
“E’ stato abbastanza umiliante, questo si! (Si emoziona)” (Giordano) “Il mio convivente e allora vivevamo! perché anche lui era invalido, e allora si univa le due pensioni, due e qualcosa lui, due e qualcosa io e lui faceva il mercatino, non andavo certo a chiedere l'elemosina proprio”
“No, qua ogni volta sembra che vai a chiedere l'elemosina invece là (si riferisce ai servizi sociali tedeschi in quanto per un periodo ha vissuto in Germania) è un diritto del cittadino, ecco! È un diritto del cittadino! Non è ... qua invece e come se ti metti con le mani giunte e poi se ti vesti un po' meglio allora dicono: "questa non ha bisogno!" (Luciana)
“Non so, cerco di arrivare a fare da sola (annuisce) … e proprio per … sì è facile: si fa la domandina …(ridacchia) però, insomma, non mi trovo … tanti lo fanno e anche non si vergogneranno e non avranno bisogno …. non so, io non sono abituata … mi sento ancora più povera di quello che sono”
(Carla)
“veramente guardi ….. io … io … perché io mai fatto, mai pensato di farlo, capito, perché andare da una persona … e dirle di aiutarmi ... trovare un buco e andare sotto! perché è la verità … perché trovare che gente, penso … loro lo sai pensano ad aiutarti invece altra gente … veramente; ci siamo aiutati per il lavoro con i miei amici ma quella cosa, capito, non mi piace questo, capito (la moglie dice qualcosa sotto voce) anche mia moglie, veramente, pensa questa cosa … sono andato per forza, capito, no, veramente, giuro, per forza, perché non mi piace di andare da qualcuno per farmi aiutare … e cosa fare? Andare a rubare, vendere droga, no perché a me non piace dare al mio bambino da mangiare qualcosa di sporco, capito, mi piace crescere il mio bambino con una cosa pulita, capito, tu sai cosa significa” (Mohammed)
“È come andare a domandare la carità, penso che sia vergognoso e dopo pensavo “sì, non riceverò” e i tempi chissà dove, chissà perché proprio a me .. no? ... Chi le crede, cosa è (intende dire come stanno veramente le cose)? (Ugo)
“E lui si è talmente inorgoglito che si vergognava perché non ha mai avuto bisogno di chiedere niente a nessuno! E dopo è andato in depressione! Perché si vergognava anche andare, tramite i miei colleghi siamo andati dalla dottoressa X (l’assistente sociale) e alla Casali a chiedere qualcosa, perché tu (si rivolge al marito) tanto che ti vergognarvi che non volevi chiedere a nessuno! È avevamo più di 400 euro di mutuo al mese! E voleva fare un altro mutuo perché l’INPS aveva detto: "no, i soldi non li diamo!" Un altro mutuo!” (Mg di Ugo)
“io mi vergogno perché è come se chiedessi l'elemosina, capisce?” (Lea) “Sì, mi secca domandare … è come domandare la carità, per me, e dopo ho dovuto domandare, ho domandato, mi hanno dato … quei sussidi straordinari che danno qualche volta, sì, non posso dire che non mi hanno dato un due volte, no? (si rivolge alla moglie per chiedere conferma) dopo non sono andato più a domandare per me ... è una vergogna, mi dica quello che vuole, io sono fatto così ... (omissis) “Eh! ... Per me, non so, è denigrante andare a domandare: “Aiutatemi, non posso più!" (Walter) C'è chi cerca in tutti i modi di salvare la propria immagine:
“È stato umiliante però ho l’impressione che me l’abbia proposto l’assistente sociale, perché quando io le ho detto che c’era una certa situazione, non ricordo molto bene, però l’impressione che la stessa assistente sociale mi abbia chiesto se volevo una mano di aiuto finanziaria. È stato graditissima, ricordo molto, molto vagamente, però ricordo così”
(Giordano)
perché non si vuole perdere la propria dignità, e si desidera sentirsi ancora un soggetto con delle capacità:
“Sono stato indicato dalla gente: "Prova andare! Domanda aiuto" mi vergognavo ... (sospira) maledetto il mio orgoglio che mi ha fatto così! Ma, solo che non si può mangiare l'orgoglio e umilmente sono venuto qua, ho chiesto, sempre con la mia dignità come persona, (omissis)” (Bruno)
Si può rilevare che le locuzioni utilizzate dalle persone per esprimere il vissuto connesso all'esperienza di recarsi al servizio sociale per chiedere aiuto siano per lo più quelle di: umiliazione, vergogna, elemosina, chiedere a mani giunte, sentirsi ancora più povero, andare in un buco, chiedere la carità. Si tratta di espressioni che denotano un'esperienza mortificante, avvilente, che causa disagio ma anche un senso di inferiorità. Di fatto, nella storia della carità era l'umile, 'l'inferiore' che chiedeva aiuto ed al quale si elargiva, sulla base di precisi canoni sociali, l'assistenza. Il termine
umiliazione deriva dal latino humiliare che a sua volta deriva da humìlis cioè umile.
L'umile è colui che si trova in una posizione poco elevata da terra (humìlis deriva da humus, terra, e significa poco elevato da terra), si trova in basso, su una scala sociale inferiore e, pertanto, deve chiedere il soccorso con un atteggiamento conseguente, cioè con umiltà, “riconoscendo i propri limiti e rifuggendo da ogni forma d'orgoglio”142. L'umiltà è una delle virtù cristiane, è un riconoscimento della propria imperfezione ed è un principio che ha accompagnato l'assistenza fino dai suoi albori quando nacque come carità. Umiltà e umiliazione appaiono essere le facce di una medesima medaglia ma, come sottolinea, durante l'intervista, Bruno, è importante conservare sempre la propria dignità, anche se ciò, per alcune persone, può essere molto difficile da mantenere perché la povertà può portare a processi di abbrutimento. Preservare la propria dignità consente di poter ricevere ma anche, come l'humus, di trasformare, di porsi in modo attivo nei confronti della propria situazione.
I vissuti che le persone esprimono rispetto al fatto di essersi recati al servizio sociale a chiedere un aiuto sono fortemente connessi all'immagine che il servizio ha :
“L’assistente sociale? All’assistente sociale posso dare un buon voto e basta non che ho un rapporto, il rapporto è stato iniziale e fine. Da lei si può andare solo per grossi problemi” (Ugo)
Recarsi al Servizio Sociale dei Comuni pare rappresentare per la persona, nonostante l'aiuto ricevuto ed il positivo rapporto stabilito con l'assistente sociale, un riconoscimento della propria incapacità ed inettitudine ed ha un effetto stigmatizzante. Infatti, entrare nel circuito assistenziale segna la persona come utente, appartenente cioè ad una categoria - in questo caso quella del povero - a rappresentanza consolidata e garantita (Pieretti 1991, 182). Consolidata perché si tratta di una collocazione strutturata e che perdura nel tempo; infatti da tale appartenenza è molto difficile uscire perché il circuito assistenziale con il suo intervento, paradossalmente, include le persone, tende cioè a farle permanere nel suo sistema tramite i suoi interventi.
Garantita perché è certa e non pone in dubbio la 'nuova' posizione della persona che
incontra forti difficoltà a scrollarsi tale appartenenza. Come la povertà accompagna pervicacemente la persona e pervade ogni aspetto della sua vita (si veda paragrafo I.1.8.3) così la griffe di assistito-povero sembra aderire in modo persistente. La persona si 'vede' e viene vista secondo questa categoria e ciò la conferma nella sua posizione immobilizzandola in un ruolo che 'dovrà' giocare sulla scena sociale (Goffman 1959/1969, 1961/2003).
“(omissis) probabilmente sopravvengono altri eventi nella vita di queste persone che noi assolutamente non sappiamo, non siamo in grado di controllare, eccetera, e quindi ricadono di nuovo e raggiungono uno scalino più basso ... ritornano sempre peggio" (Focus group – Esperto 3) ”… chi ha tanti soldi bene o male sta sempre a galla ma questa fascia intermedia a cui può succedere anche una separazione o la momentanea perdita del lavoro, chi è abituato a ritmi di vita più elevati rispetto al proprio standard attuale difficilmente riesce a risalire" (Focus group –
Esperto 3)
Come detto nella premessa al presente paragrafo, è interessante notare come le persone, prima di rivolgersi al servizio sociale, abbiano tentato altri percorsi. Come affermato da Ugo, il servizio sociale viene considerato come un servizio “per i casi gravi”, pertanto recarvisi significa anche ricevere conferma del proprio stato di gravità e della propria inadeguatezza a farvi fronte. Sembra vi sia la percezione, da parte del soggetto, che entrare nel contesto dell'assistenza comporti anche perdere una parte di sé per diventare altro: l'assistito, il bisognoso ma anche il perdente, colui che 'non ce l'ha
fatta'. Molte 'povertà invisibili' non emergono in quanto, pur vivendo in una situazione di forte difficoltà, non si rivolgono al servizio sociale per mancanza di informazione ma anche per evitare un processo di etichettamento (Goffman 1959/1969, 1961/1968).
Va operata, allora, una riflessione sulle “soglie comunicative” (Pieretti 1991, 177) dei servizi, cioè quanto sono effettivamente vicini ai cittadini, quanto sono inseriti nel tessuto sociale e quali modalità comunicative e di accoglienza mettono in atto al fine di arginare 'l'effetto alone', l'effetto collaterale del loro intervento.
“… non sono interventi risolutivi servono solo a mantenere un po’ la situazione" (Focus group - Esperto 1)
“(omissis) è anche vero che noi non abbiamo gli strumenti adeguati per affrontare queste nuove povertà. Ci ritroviamo con degli strumenti di tipo economico che fissano i minimi vitali assolutamente inadeguati, molto bassi rispetto alla possibilità poi di elaborare un programma con le persone e, dall'altro lato, ci troviamo con questi minimi per cui se la persona ha reddito zero teoricamente dovrebbe accedere ad un minimo di reddito anche quando, magari, è disfunzionale al programma che stai facendo. Quindi ci vuole una grande assunzione di responsabilità, da parte dei singoli operatori, per dire di no, per dire:‘non sostengo la tua richiesta per questo motivo’ quindi ci si espone molto” (Focus group -Esperto 7)
Il tema qui sviluppato va anche collegato a quello della prestazione economica quale diritto o carità ed ai criteri di accesso alle prestazioni; tali tematiche vengono riprese nei paragrafi successivi ed ulteriormente approfondite in II.4.