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La scelta dello strumento: l’intervista come ascolto attivo

2. la seconda dimensione riguarda gli assistenti sociali del SSC, ente che

1.9. La scelta dello strumento: l’intervista come ascolto attivo

Cercare di cogliere il vissuto di una persona è un’impresa complessa che richiede lenti di osservazione raffinate. Infatti, il mondo interno di ognuno di noi è ‘compositamente disordinato’ in quanto è un insieme, una mescolanza di esperienze, emozioni, sentimenti, rielaborazioni in parte sistematizzate ed in parte non sistematizzate.

Rispetto agli obiettivi della ricerca ed in relazione alla scelta metodologica operata si è scelto di utilizzare uno strumento qualitativo che consentisse di andare in profondità42 per poter raccogliere la voce di coloro che vivono un’esperienza particolare: quella della povertà e dell’essere a rischio di povertà. In particolare si è voluto rilevare come le persone percepiscono la povertà e come si percepiscono in rapporto ad essa. Si è ritenuto fondamentale che fossero gli stessi protagonisti della storia a raccontarla, in prima persona, direttamente, senza mediazioni di sorta. Tale approccio dà rilievo alle persone in quanto le considera soggetti attivi e riconosce loro un ruolo sociale importante. Infatti, attraverso il loro narrare e l’auto-rappresentazione che le persone offrono, possono essere individuati dei percorsi di lettura importanti per esplorare una realtà così difficile come quella della povertà o del vivere la propria esistenza sul confine della povertà. E’ una modalità per dare valore alle persone, alle loro potenzialità ed è anche un modo di rispettarle. Lo strumento che si è ritenuto più adatto è stato quello dell’intervista intesa come un dialogo, avente finalità conoscitive, promosso e condotto dall'intervistatore in modo flessibile con persone scelte sulla base di un piano di rilevazione (Corbetta 1999). L’intervista, in quanto scambio tra due soggetti, è un’interazione sociale condotta da un intervistatore che si avvale di una griglia di interrogazione strutturata (Bichi 2007). L’intervista in profondità, in quanto intervista non direttiva, possiede un basso grado di standardizzazione, un limitata direttività; inoltre, lo schema di interrogazione rispecchia, in sintesi, le aree di esplorazione della ricerca (Bichi 2007).

42 Sull’espressione intervista in profondità Gianturco sostiene che “sembra aver vinto la battaglia dell’uso all’interno di una serie di termini affini con diverse origini nella letteratura…” (Gianturco 2004, 59).

Si tratta della narrazione di un’esperienza sociale (Bichi 2002), esperienza che, attraverso il racconto, viene rielaborata in ‘corso d’opera’ ed è il prodotto della riflessione che la persona fa in quel momento. Il racconto stesso dell’esperienza diventa, perciò, un’esperienza in sé. La costruzione di senso della persona, infatti, passa attraverso un’operazione di rielaborazione, di interpretazione soggettiva della propria esperienza che ha inizio con il suo attingere nella memoria e si costruisce mentre la offre, per mezzo della comunicazione, a chi ascolta.

Partendo da tali presupposti e dal fatto che la narrazione della persona, con il suo ‘corpo’ emotivo ed esperenziale, è fortemente informativa, è stato necessario individuare uno strumento che consentisse di offrire uno spazio comunicativo adeguato su un tema specifico quale quello della povertà. Si è ritenuto che l’intervista biografica fosse lo strumento più adeguato per andare in profondità su uno specifico argomento in quanto coglie la profondità temporale e lascia che emerga il mondo sociale, le categorie di situazione della persona (Bichi 2002) e la ricomposizione da lei operata.

Secondo Bertaux (1998/2005, 37), che si rifà alla scuola di Chicago e agli interazionisti simbolici, il “mondo sociale si costruisce intorno ad un tipo di attività specifica. [omissis] Ma i mondi sociali si sviluppano anche intorno alle attività non remunerate, che siano culturali, sportive, associative o altro.” Si tratta di una prospettiva etnosociologica che parte dall’idea che le logiche che legano il mondo sociale siano uguali in tutti i ‘micro mondi’ che lo compongono. Per categoria di situazione l’Autore intende l’appartenere del soggetto a gruppi che condividono la stessa situazione e ciò produce logiche d’azione che presentano punti comuni. Per questo si ritiene che l’intervista in profondità possa cogliere, dall’interno e nella propria dimensione temporale, le analogie e gli aspetti differenti.

Sorge immediato un problema terminologico: intervista biografica, intervista in profondità, intervista ermeneutica, intervista non standard… tutte specificazioni che rientrano nell’alveo dell’intervista qualitativa (Gianturco 2004)43. Non è oggetto di questo studio la differenziazione tra ricerca standard e non standard ma si desidera evidenziare come sia proprio della ricerca non standard l’adozione di strumenti di rilevazione flessibili, variabili, adattabili al singolo soggetto (Cardano 2003; Diana, Montesperelli 2005).

43 A tale proposito l’Autrice definisce l’intervista qualitativa “come un processo di comunicazione interpersonale (tra due o più soggetti, esistono infatti anche interviste di gruppo o focus group), inscritto (inserito) in un contesto storico, sociale e culturale più ampio.” (Gianturco 2004, 69).

Per Bichi l’intervista biografica è un terzo tipo di intervista, dopo il questionario e l’intervista semistrutturata, ed è “l’intervista non standardizzata per eccellenza” (Bichi 2007, 51). Secondo l’Autrice “quando l'intervista è condotta non attraverso domande puntuali, ma rilanci che portino alla luce il mondo dell'intervistato, nel rispetto cioè del suo universo di senso, allora standardizzazione e direttività tendono - pur non scomparendo mai - a decrescere, anche se la strutturazione può essere molto forte per quanto riguarda la traccia di intervista che non funziona però attivamente e dunque non influenza, se non secondariamente, la direttività stessa. Solo in questo caso si può parlare di intervista biografica: “un'intervista discorsiva, tenta di essere un'intervista in profondità, può essere un racconto o una storia di vita, può essere o può non essere un'intervista focalizzata, non è un’intervista libera - perché risponde [omissis] a una sistematizzazione metodologica e tecnica - è senz'altro un’intervista ermeneutica - nessuna intervista può prescindere dall'atto interpretativo - ed è anche un’intervista motivazionale perché le motivazioni, come è ovvio, sono tra le dimensioni conoscitive di un qualsiasi strumento di rilevazione. Un'intervista è biografica, dunque, quando, a partire da una traccia di intervista strutturata ma non direttamente somministrata, si svolge all'interno di una situazione sociale particolare, la situazione di intervista, intesa come atto di ricerca, ossia l'insieme degli avvenimenti che consentono lo sviluppo di una azione sociale complessa, costruita dialogicamente da due (o più) attori durante la quale viene prodotta l'intervista stessa, con l'apporto di un grado basso di ricettività e dunque a basso grado di standardizzazione” (Bichi 2002, 29). Ci sono due tipi di interviste biografiche: il racconto di vita e le storie di vita che si differenziano tra loro solo per ciò che concerne la direttività: il racconto di vita ha una direttività superiore alla storia di vita in quanto il racconto di vita focalizza l'attenzione su un argomento specifico, su un particolare aspetto della vita dell'intervistato.

Diana, Montesperelli (2005) considerano fra le diverse tecniche non standard le interviste e fra i numerosi tipi di intervista (storie di vita, focalizzate, interviste a persone particolari) citano anche le interviste in profondità. Si tratta di tecniche che gli Autori considerano facenti parte delle interviste ermeneutiche in quanto si basano sull’interpretazione e sul rapporto tra interpretazione e testo, sono non direttive in quanto è centrale la persona intervistata.

Nel presente lavoro si utilizzerà il termine di intervista in profondità in quanto l'obiettivo dell'intervista è rilevare atteggiamenti o bisogni impliciti (Diana, Montesperelli 2005).

L’intervista è una comunicazione complessa per i diversi livelli che comprende (contenuti, codici, segni, linguaggio) e per il contesto in cui si realizza. È dialogica perché avviene tra due soggetti con esperienze, culture ed aspettative diverse che si incontrano sulla base di un implicito patto di sincerità e si realizza tra due soggetti in un rapporto di estraneità/familiarità (Montesperelli 2001). Il rapporto di estraneità/familiarità accompagna tutta l'intervista in una ricerca continua di un corretto equilibrio tra i due aspetti, equilibrio che consenta da una parte il coinvolgimento dei soggetti nell’intervista e, dall'altra parte, il riuscire a mantenere le giuste distanze dall'oggetto stesso. Ciò vale, per motivi diversi, sia per l'intervistato che per l'intervistatore.