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I ’tenaci’: il tempo e lo spazio quali risorse

Tenaci-smarriti-rassegnati: diversi approcci esistenziali alla povertà

3.3.1. I ’tenaci’: il tempo e lo spazio quali risorse

Un elemento che differenzia i tre gruppi riguarda la dimensione della stabilità, in particolare rispetto al futuro. Nel gruppo dei tenaci le persone tendono ad avere una visione di sé positiva, vedono (o intravedono) la possibilità di cambiamento, vedono in sé risorse spendibili. Pertanto vedono in sé (locus interno) delle competenze stabili e tale dimensione di stabilità viene proiettata anche nel futuro, che viene percepito come aperto, foriero di positivi sviluppi. Il passato, pur influenzando con la sua ombra, non è ostacolo ma esperienza di apprendimento e quindi, in qualche misura, risorsa. Oltre a ciò, queste persone tendono a valutare l’aiuto ricevuto (locus esterno) come investimento ed il rapporto con il servizio sociale non è solo basato sulla prestazione ma è anche, almeno in nuce, basato sulla costruzione di una relazione e quindi cercano di trasformarlo da una condizione non controllabile ed instabile ad una stabile e 'co-determinata' .

Rispetto all’immagine di sé si presentano qui di seguito alcuni stralci delle interviste che si ritiene essere esemplificativi:

“ho una buona stima di me stessa, quella non mi manca, sono molto presuntuosa (ride)” (Maria )

“(omissis) Io, comunque, ho un carattere positivo, penso sempre in positivo "domani è un altro giorno e le cose devono migliorare non può andare sempre male", quindi ho cercato di mettere le mie energie primo per non perdermi e, quindi, stando male il problema si complica ancora di più, e cercando in tutte le maniere di venirne fuori da questa situazione il prima possibile, nel modo migliore (omissis)” (Ines)

“io sono molto positiva anche nelle difficoltà trovo un altro sistema per ... cioè devo trovare il sistema per risolvere il mio problema, (omissis) se il problema è di natura economica allora dico: “devo rimboccarmi le maniche” (Luisa)

E’ interessante osservare quali attribuzioni operano le persone intervistate rispetto agli eventi che possono aver costituito il punto di svolta nella povertà. Le narrazioni esprimono vicende complesse, dolorose, con storie personali e familiari connotate da diverse e pesanti problematiche: gravi difficoltà relazionali, eventi traumatici nell’infanzia, abbandoni, disabilità personale o di un congiunto, esperienza di tossicodipendenza, storie di immigrazione, difficoltà di inserimento in un contesto sociale differente, scarso reddito, perdita dell’occupazione in un'età difficilmente attrattiva sul mercato del lavoro, problemi di salute, ecc.

Le esperienze, i fatti, i problemi che le persone percepiscono aver costituito ‘il punto di svolta'172 e l’ingresso nella povertà vengono valutati secondo un processo di attribuzione causale esterna che può essere:

a) la casa:

“L’origine dei nostri problemi è la casa” (Maria)

b) il lavoro:

“(omissis) lavoravo dentro le navi, facevo il punteggiatore, quella roba là, dopo il nostro padrone ci ha detto che c’è poco lavoro e ha buttato via cinque persone, così e tra quelle cinque io ero in mezzo … da quel giorno cerco ma non ho trovato niente… (omissis)” (Mohamed)

c) i mutamenti nell'ambito familiare:

“perché io fino adesso stavo con il mio compagno, non avevo questo genere di problema, adesso...“ (Luisa)

“(omissis) avevo un lavoro molto pesante! (omissis) E, una altra cosa, praticamente questo del divorzio sono arrivata in un momento particolare quando stavo male, avevo un problema grossissimo! (omissis)” (Ines) d) perdita di relazioni:

“L’elemento è stato=il primo giro di boa (parla con fatica)... quando ho

172 A tale proposito Gui, L. (cur. 1995, 29) parla di “punti di rottura“ intendendo con questa espressione “eventi talvolta gravi, ma non per di per sé decisivi nell'innescare meccanismi di degradazione. In condizioni di normalità, infatti, esiste comunque la possibilità di farvi fronte. Ma è solo quando questo evento viene a sommarsi ad altri fattori già esistenti che il rischio di superare la soglia del non ritorno diventa massimo”.

preso un locale con un socio... che ‘el me ga fiscià’173 40 milioni, parliamo di milioni quella volta, di debito in tempo di quattro mesi ... e si è defilato via, e io li ho pagati ... (omissis)e non sono mai arrivato a tornare su bene” (omissis) (Walter)

Oppure possono essere attribuiti a cause, oltre che esterne, anche interne:

“Perché (omissis) ho sbagliato un giro, per 300 euro ho sbagliato e quella volta là non avevo neppure cosa mangiare e sono andato in protesto, e sa benissimo come funziona (omissis) “ (Walter)

“Perché ho combinato tanti sbagli, non posso dire che è colpa della società che mi trovo così, un poco la società ha cambiato sistema e cose e trovo porte chiuse ma è tanta colpa mia! Perché non ho mai controllato, mi andava bene e, mi andava bene anche il sistema di mia moglie con i figli, mi andava bene tutto, ero accomodante” (Bruno)

Analizzando i racconti biografici delle persone intervistate si evidenzia come la svolta nella povertà, pur essendo solitamente attribuita ad un evento specifico (quale la perdita del lavoro, lo stato di salute, la perdita di congiunti, ecc.) si verifica quando tale evento diventa esplosivo perché va ad aggravare una situazione già fragile (Gui, L. 1995). Tuttavia, ciò che sembra contraddistinguere le interviste dei 'tenaci' da quelle degli 'smarriti' e dei 'rassegnati' non sono le storie difficili o le esperienze che hanno portato ad un radicale cambiamento di vita, bensì la modalità di reagire rispetto a queste vicende.

A titolo esemplificativo si ripropone la tabella inerente le risorse personali considerate da Irene e rielaborate secondo le dimensioni del locus della causalità, stabilità e controllabilità.

173 Letteralmente: mi ha fischiato; significa: mi ha lasciato. L’intervistato intende dire che il socio gli ha lasciato debiti che aveva contratto.

Tab. 9 - Risorse individuate da Irene che vengono utilizzate per contrastare la situazione di difficoltà utilizzando il modello tridimensionale del locus della causalità interno ed esterno, della stabilità e della controllabilità

Controllabilità Interna Esterna

Stabile Instabile Stabile Instabile

Motivazione ‘Zii’ affidatari Impegno Avere un alloggio con contratto regolare Informarsi Grinta Ottimismo Voglia di vivere Positività Controllabile Fiducia

Incontrollabile Affettività padre

Lavoro

Sembra influire quanto le persone riescono ad individuare delle risorse, in particolare interne; queste ultime infatti rappresentano un elemento di forza nel mettere in moto dei meccanismi di reazione agli eventi che le stanno sopraffacendo.

“non potrei starmene lì seduta, a guardare tutto che mi frana addosso … (omissis) più il problema è grosso più mi viene la forza di affrontarlo e poi, comunque, ho anche i ragazzi, per il loro futuro ... che ne so, per qualsiasi cosa! Non riesco a star lì a deprimermi, mi capita ma me lo faccio passare subito. Poi c’è sempre qualcosa da fare, no, uno si distrae immediatamente!” (omissis) … quelle volte che ci penso mi dico che sono stata bravissima perché, comunque, sono un genitore solo e sono anche brava perché comunque cerco anche di fare il possibile per non far mancare niente a loro, sono una grande lavoratrice, lavoro tanto, mi trovo anche a lavorare 15/16 ore al giorno delle volte, (omissis) e … mi ritengo una persona anche intelligente. (omissis)” (Maria)

“No, no, ad aspettare che la cosa cada dal cielo, no! Dal cielo cade la pioggia!” (omissis)” (Mohammed)

“So fare tante cose (tono di voce un po' triste come di una persona che ha dovuto faticare molto) ... (omissis) “Cosa devo fare? Indietro non si può tornare! Si deve sempre andare avanti! È così! La vita è dura o sei più duro... andare avanti! O se sei morbido … no!” (Zoran)

“ (omissis) stando male il problema si complica ancora di più, e cercando in tutte le maniere di venirne fuori da questa situazione il prima possibile, nel modo migliore quindi, anche, cercando non so, vendendo delle cose della X, cercando, arrabattandomi un poco, con delle cose alternative che però non ti danno uno stipendio … Quindi, in quella maniera là ... proprio per riuscire ad andare avanti sapendo, comunque, che le cose dovevano cambiare (omissis) Il mio carattere è sempre di combattere e di non arrendersi di fronte alle difficoltà” (Ines)

Tale modalità di rapportarsi verso le esperienze e verso se stessi può essere spiegata con la tendenza delle persone al self-serving bias cioè all’attribuzione al servizio di sé (Heider 1958/1972; Arcuri 1995; Emiliani, Zani 1998), ma tale spiegazione non sembra essere sufficiente perché dovrebbe valere anche per coloro che invece hanno adottato una modalità di reazione differente rispetto agli eventi della vita. Il comportamento di una persona è l’esito di un intreccio di fattori (disposizioni personali e situazionali) che si intersecano in modo non predittivo. Ciò avviene perché vi è una costante interazione tra mondo interno e mondo esterno e tale interazione costituisce un fertile spazio in cui le disposizioni personali, influenzate dal mondo esterno, possono esprimersi. Oltre a questi aspetti è presente anche un’altra dimensione da non sottovalutare: quella inerente la sfera della creatività. La dimensione dell’Io, così come elaborata da Mead, rappresenta le capacità creative del soggetto e svolge una funzione ‘critica’ nei confronti del Me. Se il Me è “l’insieme organizzato di atteggiamenti degli altri che un individuo assume” (Mead 1934/1966, 189), esso rappresenta il modo in cui il soggetto 'fa proprio il mondo' (regole, valori, ecc.) e tale modalità influisce sulla sua condotta. L’Io, in quanto “risposta dell’organismo agli atteggiamenti degli altri”(ibidem, 189) e reazione individuale al Me, è la parte consapevole, in grado di metter in atto iniziative nei confronti della realtà esterna e di riflettere su di sé. Attraverso l'Io la persona influenza l'ambiente e, a sua volta, ne viene influenzato. Il Sé, che scaturisce dall'esperienza sociale, dai rapporti che il soggetto ha con gli altri, rappresenta l'unità della personalità, ed è 'l'esito' di un’interazione tra esterno ed interno (dove l’esterno è rappresentato dalle relazioni con gli altri) da cui si forma l'immagine che la persona ha di sé (Mead 1934/1966).

e quelli dell'altro ma, mentre può 'leggere' riflessivamente i propri vissuti, quelli degli altri li può vedere solo nel loro divenire e, in questo senso, l'Io e il Tu coesistono, si intersecano (Schütz 1932/1974). Si tratta di un processo circolare, di continua costruzione di significato.

E’, inoltre, interessante notare che l’atteggiamento delle persone ‘tenaci’ verso sé e verso il mondo permea, anche se con coloriture differenti, anche gli altri aspetti della loro esperienza. Prendendo in considerazione la rete relazionale174 si nota come, in quasi tutto (vi sono solo un paio di eccezioni) il gruppo complessivo degli intervistati ('tenaci', 'smarriti' e 'rassegnati') sembra esserci una generale carenza relazionale. Tuttavia tra i 'tenaci' pare esservi una maggiore capacità di riconoscere coloro che rappresentano, o che possono rappresentare, dei punti di sostegno, anche se contenuti, per la persona:

“Con papà benissimo! Mi dà la possibilità di mangiare, vado su da lui a mangiare. Questo, anzi, non me lo nega! Posso dirgli solo grazie, perché tante volte, altrimenti, mi troverei a non mangiar neanche pane! Però, sì, insomma, lui nel suo piccolo mi dà una mano! (omissis)” (Irene)

“Sì, sì, ci sentiamo spesso,[si riferisce a una coppia di affidatari] anzi, quando abbiamo qualche problema li chiamiamo perché sono due persone che hanno una cultura (omissis)”(Irene)

“... Amici posso fare una fila ... posso fare una fila qua?” (omissis) “Che mi hanno dato una mano e io ho dato una mano a loro (omissis)” (Walter)

“Guai se non avessi questa signora! (tossisce) e una cosa immensa questa signora (tono di voce dolce), tutta la famiglia, i figli. Adesso fra poco vado su da lei (omissis) ad esempio le vado fare la spesa e lei in cambio mi dà cibo, dopo mi porta casa senza farmi prendere gli autobus, mi porta fino giù al molo Venezia, mi stira, mi lava gli indumenti e finora io riesco ancora a tenermi pulito” (Bruno)

Ma l’elemento che si distingue è il fatto che queste persone oltre a riconoscere l'aiuto ricevuto dalle diverse agenzie pubbliche e, in diversi casi, del privato sociale, vedono nel servizio sociale comunale una funzione di supporto al di là della mera provvidenza economica e delle prestazioni e/o servizi ricevuti:

“non mi ricordo adesso come si chiama perché è la prima volta che ce l’ho … avevo la Q (nomina l’assistente sociale) e mi son trovata bene perché comunque le ho spiegato tutti quanti i miei problemi, lei sa benissimo che andavo al Sert (omissis)” (Irene)

“hanno aiutato tanto me (intende dire gli assistenti sociali) che non posso

dire che sono troppo lontani da me, cioè posso mettere lo stesso punto, che sono molto vicini, persone che mi hanno aiutato molto, molto“ (Zoran) “Sì, sì ce l'ho buono! Un buonissimo rapporto sia con la psicologa che con l'assistente sociale” (Luisa)

“beh io qua o la signora X (intende l’assistente sociale) che mi ha seguito tantissimo e che, anzi, oggi le ho detto che la metterò al corrente perché ogni tanti mesi la metto al corrente di come procede! (omissis)”(Ines) “(omissis) Ma la mia situazione è questa: che mi trovo vecchio e senza nessuno... l'unica cosa ho qua la signora (nomina l'assistente sociale) tramite il comune”(Bruno)

Il riconoscere il servizio sociale come un soggetto che contribuisce al miglioramento della propria situazione è importante non solo come mera presa d'atto dell'aiuto concreto ricevuto, e quindi dell'utilità di tale rapporto anche in futuro, ma in particolare perché si evidenzia il valore che la relazione d'aiuto assume per la persona. Oltre ai brani di interviste sopra riportate si segnala:

“Non sono andato né alla Caritas (omissis) … non sono andato da nessuno io! Solo questo unico dell’assistente sociale; anche questa signora (intende l'assistente sociale) mi chiama ogni tanto ... quando era questo per l’Ater, per l’appartamento ho fatto domanda, lei mi ha chiamato … all’inizio e alla fine mi ha chiamato di nuovo per domandarmi se avevo fatto, se ho messo tutto a posto (omissis) tutte queste cose che ... lei si preoccupa ... è una persona che sa il suo lavoro...” (Zoran)

Luisa a conclusione dell'incontro volto alla verifica dell'intervista175 afferma di sentire nell'assistente sociale un punto d'appoggio, una persona con cui può parlare e chiedere consigli.

Emerge come sia l'interesse che l'operatore dimostra nei confronti della persona ad acquisire un forte valore. La relazione d'aiuto assume significato per questi intervistati al di là dell'intervento prestazionale, come dimensione di ascolto, di accoglienza, di non giudizio, di supporto che la persona sente di ricevere attraverso il rapporto con l'operatore. Questo aspetto non sembra essere presente nelle altre due tipologie, quelle degli 'smarriti' e dei 'rassegnati'; anche se viene riconosciuto ed apprezzato il lavoro svolto dal professionista, tale riconoscimento non sembra costituire un ancoraggio utile per sviluppare un percorso al di là della mera provvidenza.

In molte interviste (di tutti e tre i gruppi di intervistati) risulta che le persone si

sono anche rivolte ad agenzie del privato sociale quali ad esempio: la Fondazione “Casali”176, la Caritas177, il Centro di Aiuto alla Vita178, ecc. ed hanno ricevuto delle prestazioni assistenziali, ma tale rapporto pare essere centrato esclusivamente sull'aspetto erogativo.