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PROPORZIONALMENTE NECESSARIA PER LA REALIZZAZIONE DELLE MISSIONI D ’ INTERESSE GENERALE

3. L A “ DOTTRINA ALTMARK ”.

3.1 I PREGI: IL TENTATIVO DI INCENTIVARE PRATICHE VIRTUOSE NELLA GESTIONE DEI PUBBLICISERVIZI MEDIANTE LINTRODUZIONE DI NUOVE REGOLE DI VALUTAZIONEIN MERITOALLECOMPENSAZIONIFINANZIARIE.

Dai principi appena esposti è agevole dedurre il nuovo approccio interpretativo del Giudice comunitario.

In effetti, sino alla sentenza Altmark, né la Commissione, né la Corte avevano mai tentato di intromettersi nelle scelte gestionali degli Stati-membri in tema di servizi d’interesse economico generale. Alla luce della giurisprudenza Corbeau, l’unica preoccupazione delle Istituzioni europee era quella di assicurare che le compensazioni derivanti dai privilegi anticoncorrenziali non oltrepassassero il costo supplementare del servizio, ma quest’ultima voce di costo veniva sempre valutata a posteriori, ritagliando un ampio spazio di manovra a favore degli Stati-membri. Al di là delle singole compressioni contenute nelle Direttive di liberalizzazione, le Autorità nazionali sono state sempre lasciate libere non solo di selezionare gli interesse a soddisfazione necessaria, ma altresì di individuare discrezionalmente le modalità con cui addivenire al finanziamento dei servizi. Rifacendosi alla sentenza Corbeau, rispetto alla quale la pronuncia Ferring si presenta come una sorta di “prolungamento” ermeneutico, gli interpreti non avrebbero mai potuto individuare delle indicazioni volte a circoscrivere il potere degli Stati-membri di determinare in via discrezionale l’ammontare dei finanziamenti compensativi281.

Con la sentenza Altmark, invece, per la prima volta si afferma che non tutte le sovvenzioni che gli Stati emettono nei settori economici di rilevanza pubblicistica meritano di essere escluse dal novero degli aiuti di stato in nome di un generico riferimento alla missione d’interesse generale di cui all’art. 86, par. 2, TCE.

281 Sui rapporti tra i principi contenuti nella sentenza Altmark e la regola di cui all’art. 86, par. 2, il

dibattito è ancora acceso in dottrina. Da ultimo, cfr. D. GALLO, Finanziamento dei servizi di interesse

economico generale e aiuti di Stato nel diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, 911 ss., laddove si domanda se tra le quattro condizioni Altmark e l’articolo 86, par. 2, possano ravvisarsi relazioni di concorso, di conflitto ovvero di sovrapposizione di concetti simili. Sul punto, si vedano anche le riflessioni di G. CAPUTI, ult. op. cit., 865 ss.

L’esame dei quattro criteri enucleati dalla Corte chiarisce il concetto: non è infatti sufficiente che “la compensazione non ecceda quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico”. Tentando di incidere sulle modalità di commisurazione del costo improprio, il Giudice comunitario ritiene semmai necessario che l’onere economico supplementare sia determinato in modo obiettivo e trasparente. In particolare, con il quarto criterio, vengono indicati due metodi alternativi: da un lato si prefigura l’espletamento di una gara di appalto avente ad oggetto la fornitura della parte antieconomica del servizio, attraverso la quale sarebbe il mercato stesso a determinare il “prezzo” più vantaggioso. Come succedaneo della procedura ad evidenza pubblica - sulle cui modalità di espletamento, peraltro, la Corte appare eccessivamente laconica282, nonostante sia

chiaramente indicata come la via preferenziale da seguire283 - si elabora il cosiddetto

criterio dell’ “impresa-modello”. Pertanto, solo le sovvenzioni erogate a beneficio di un’impresa efficiente potranno considerarsi strettamente necessarie al fine di soddisfare adeguatamente i bisogni collettivi. Al contrario, qualora si procedesse con i finanziamenti prescindendo da ogni valutazione in ordine alle reali capacità industriali dell’operatore incaricato, potrebbe sorgere il sospetto che i pubblici poteri intendano mantenere artificialmente in vita una certa impresa, malgrado la sua inefficienza, piuttosto che sovvenzionare un pubblico servizio.

A ben vedere, il citato quarto criterio sembra collocarsi al crocevia tra la giurisprudenza formatasi intorno alla nozione di servizio d’interesse economico generale da un lato, e l’impostazione assunta dalla Commissione CE in tema di

282 Tra gli altri, D. GALLO, op. cit., 919 ss., si domanda se non sarebbe stato più opportuno che la Corte si

fosse impegnata nel chiarire i requisiti richiesti per la selezione dell’ “impresa partecipante alla gara pubblica”. Inoltre, l’Autore segnala come dalla sentenza non si evinca cosa si intenda per “minor costo per la collettività”, ovvero se con tale espressione occorra far riferimento al criterio dell’offerta più vantaggiosa, oppure a quello del prezzo più basso. Da ultimo, si denuncia l’impostazione che fa della procedura di gara una sorta di “deus ex machina capace di assicurare che l’impresa scelta sia la più efficiente”. Sul punto, cfr., altresì, S. SANTAMATO – N. PESARESI, Compensation for services of general

economic interest: some thoughts on the Altmark ruling, in Competition policy newsletter, n. 1/2004.

283 La centralità della “gara” pubblica in quanto strumento di massimizzazione dell’efficienza di gestione

dei pubblici servizi è ben messa in luce, fra gli altri, da C. BOVIS, Financing Services of General Interest

in the EU: How do Public Procurement and State Aid Interact to Demarcate between Market Forces and Protection?, in European Law Journal, 2005, 109, laddove, in conclusione, sottolinea: “The public procurement framework not only will be used to insert competitiveness and market forces within marchés publics, but more importantly (…) i twill be used by the European judiciary and the European Commissiona as a system to verify conceptual links, create compatibility safeguards, and authenticate established principles applicable in state aid regulation”. Sul punto, si veda anche A. BARTOSCH, The

relationship between public procurement and state aid surveillance – the toughest standard applies?, in Common Market Law Review, 2002.

finanziamenti statali a favore delle imprese pubbliche, dall’altro. Com’è noto, il parametro impiegato dall’Esecutivo al fine di smascherare gli aiuti di stato nel coacervo dei flussi finanziari destinati ai produttori legati all’Amministrazione è quello del cosiddetto investitore privato284: quanto più le operazioni svolte dal soggetto pubblico si

discostano dalla “razionalità” che connota l’azione dell’operatore - “modello”, tanto più, dietro il finanziamento, può intravedersi l’aiuto illegittimo e non l’investimento legittimo. Ebbene, il medesimo approccio pare ricavabile dalla sentenza Altmark, nella parte in cui si richiede agli Stati-membri di finanziare esclusivamente la parte del servizio realmente diseconomica, al fine di non rimanere bloccati tra le “secche” normative relative agli aiuti di stato285.

Sostanzialmente, si tenta di incentivare pratiche virtuose nella fornitura dei servizi d’interesse economico generale, sottolineando la differenza che intercorre tra quelle perdite che, inevitabilmente, anche un’impresa in condizioni di efficienza subirebbe nell’erogazione della prestazione doverosa, e quei “passivi” di bilancio che devono invece ricondursi ad una cattiva gestione. La logica sottesa alla sentenza

Altmark parrebbe avere in tal senso più di un legame con quella dottrina economica che

sottolinea come la scelta del metodo con cui calcolare l’entità degli oneri di pubblico servizio non sia affatto neutrale, al fine di distinguere i costi derivanti dall’incombenza pubblicistica – che meritano di essere compensati – e quelli generati dalla mera inefficienza gestionale286.

In questa ottica, parrebbe che il Giudice del 2003 intenda superare, tentando una conciliazione, le due diverse concezioni dell’aiuto di stato – quella “netta” e quella “lorda” – su cui in precedenza ci si è soffermati287. Non si sostiene infatti che ogni

trasferimento operato a favore di una certa impresa vada aprioristicamente ricondotto

284 Cfr. infra Cap. IV, Sez. I, par. 3.1.3. Da ultimo, cfr. C. MALINCONICO, op. cit., 102 ss. 285 Questa ricostruzione è accolta, da ultimo, anche da D. GALLO, op. cit., 920.

286 La problematica, seppur approfondita di recente secondo diverse chiavi di lettura, non è nuova

nell’ambito della scienza giuridico-economica. Sul punto, cfr., fra gli altri, R. COASE, The problem of

Social cost, in Journal and Law economics, 1960; O. WILLIAMSON, The economic institutions of

Capitalism. Firms, Markets, Relational Contracting, New York, 1985, trad. in Italia, Le istituzioni economiche del capitalismo, Milano, 1987; D. SAPPINGTON – J. STIGLITZ, Privatizations, information and

Incentives, in Journal of Policy Analysis and Management, 1987. Con riferimento al settore postale, nel quale la problematica del finanziamento del servizio universale è particolarmente avvertita, cfr., da ultimo, OXERA, Funding universal service obligations in the postal sector, Report prepared for La Poste, De Post-La Poste, Hellenic Post, Poste Italiane, P&T Luxembourg, Correos, Magyar Posta, Cyprus Post, Poczta Polka, Londra, 2007.

287 La dottrina dominante vede nella sentenza Altmark, in particolare, una sorta di compromesso tra

l’approccio, cosiddetto, della “compensazione” e quello, cosiddetto, del “quid pro quo”. Sul punto, fra gli altri, cfr. C. BOVIS, op. cit., 108 e A. FRATINI – F. FILPO, op. cit., 30 ss.

nell’alveo applicativo dell’art. 87, TCE, come pretenderebbero i fautori dell’interpretazione cosiddetta “lorda”. Semmai, pur trattandosi di somme che gli Stati versano nell’esercizio di prerogative pubblicistiche, si ammette che anche ad esse possa attribuirsi una natura meramente compensativa. Si riconosce cioè – almeno in astratto - che, anche nel sostenere la parte anti-economica del pubblico servizio, l’Autorità possa muoversi secondo una logica di efficienza allocativa e proprio nei casi in cui ciò avviene si esclude che i finanziamenti meritino la qualificazione di aiuti di stato. Come è stato segnalato, i quattro criteri Altmark vanno a comporre una sorta di statuto giuridico unitario nell’orbita del quale la disciplina dei servizi d’interesse economico generale trova una propria legittimazione, indipendentemente dalle restrizioni che il Trattato impone in tema di sovvenzionamento pubblico all’attività d’impresa. Laddove, infatti, si affermasse la logica espressa dalla Corte, gli Stati membri si troverebbero a disposizione i parametri giuridico-economici il cui rispetto gli consentirebbe di organizzare e finanziare i pubblici servizi in sede nazionale, prescindendo da ogni autorizzazione preventiva effettuata dalle Autorità comunitarie. Il servizio d’interesse economico generale, in tal senso, riceverebbe ex se una legittimazione autonoma e del tutto sganciata dalla disciplina dettata in materia di aiuti di Stato, seppur nel rispetto dei criteri Altmark.

Peraltro, pur aderendo ad una siffatta conclusione, si ritiene d’altro canto scorretto vedere nella pronuncia della Corte l’elaborazione di requisiti che ricalcano

grosso modo le condizioni applicazione dell’art. 86, par. 2288. Vero è che il primo e il

terzo criterio289, in parte, parrebbero richiamare la logica di proporzionalità insita in

quest’ultima norma. Come più volte ricordato, infatti, è ormai consolidato l’indirizzo che consente di accedere alle deviazioni dal regime concorrenziale sulla base del secondo comma dell’art. 86, qualora, tra l’altro l’impresa beneficiaria sia stata formalmente incaricata della missione d’interesse generale e qualora, soprattutto, i privilegi che le sono attribuiti siano funzionali al mero ripianamento del costo netto supplementare del pubblico servizio. Tuttavia, il quarto criterio, su cui più diffusamente ci si è soffermati, pare esprimere una forte incentivazione all’efficienza di gestione,

288 In questo senso, si esprimono, fra gli altri, E. SCOTTI, ult. op. cit., 3222 ss. e G. CAPUTI, ult. op. cit., 144. 289 Primo criterio Altmark: “l'impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell'adempimento

di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro”; terzo criterio Altmark: “la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole per il suddetto adempimento”.

secondo una ratio del tutto sconosciuta nell’ambito della tradizionale interpretazione dell’art. 86, par. 2. L’ultimo requisito sembrerebbe pertanto marcare un’importante differenza tra i due meccanismi. Del resto, è la stessa Corte di Giustizia che nella pronuncia Altmark sottolinea la distanza tra le due fattispecie, posto che, nell’ambito della motivazione, affronta l’argomento relativo all’applicabilità dell’art. 73, TCE (ex art. 77, TCE), in quanto omologo in materia di trasporti dell’art. 86, par. 2, solo dopo aver dettato le quattro condizioni in presenza delle quali i sussidi pubblici non debbono ricondursi tra gli aiuti di Stato. La riflessione ora svolta, peraltro, apparirà più chiara nel prosieguo del lavoro, laddove si segnalerà come il sostanziale superamento della giurisprudenza Altmark sia passato proprio attraverso una riaffermazione della logica di proporzionalità di cui all’art. 86, par. 2, secondo un processo interpretativo che esalta le differenze sussistenti tra le due fattispecie.

3.2 I LIMITI: LIRRIDUCIBILE SPECIFICITÀDELPUBBLICO SERVIZIOELINUTILIZZABILITÀ

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