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“ INDIFFERENZA SIGNIFICATIVA ” DELLA C OMUNITÀ NEI CONFRONTI DEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI NAZIONALI

3. G LI STRUMENTI DI PENETRAZIONE NEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI NAZIONALI ED IL CORRELATO “ AGGIRAMENTO ” DEL PRINCIPIO DI NEUTRALITÀ

3.2 L E FORME DI CONDIZIONAMENTO DIRETTO

3.2.1 LELEVEDICARATTEREECONOMICO-FINANZIARIO.

Un favor evidente nei confronti delle privatizzazioni, pur a fronte dell’art. 295, TCE, è stato invece espresso dalle Autorità comunitarie in considerazione degli effetti benefici che da un punto di vista finanziario sarebbero da esse derivati.

In questa ottica, agli inizi degli anni Novanta, la Comunità ha accordato a taluni Stati-membri, tra cui Italia e Grecia, alcuni ingenti prestiti secondo quanto previsto dall’art. 109, TCE e dal Regolamento CEE 1969/88358, subordinandone l’erogazione

358 Regolamento CEE 1969/88 del Consiglio, del 24 giugno 1988, in G.U.C.E., L 178 dell’8 luglio 1988,

all’impegno dei Paesi destinatari di assottigliare la presenza pubblica nelle rispettive economie nazionali.

Soprattutto, è stato ripetutamente segnalato come i processi di privatizzazione siano diventati una vera e propria scelta obbligata all’indomani della definizione dei quattro parametri economico-finanziari al cui rispetto il Trattato di Maastricht ha condizionato l’ammissione degli Stati europei nell’Unione Economica e Monetaria (UEM). Infatti, la necessità di risanare i bilanci pubblici in passivo non poteva che determinare la scelta delle Autorità nazionali di privarsi tanto delle imprese pubbliche in attivo dalla cui vendita si sarebbero potuti spuntare i profitti più rilevanti, quanto, in particolare, delle attività produttive che versavano in condizioni deficitarie. Le risorse ottenute con le dismissioni sono così diventate una delle principali voci di entrata grazie a cui Paesi come l’Italia hanno potuto ottenere l’ammissione nell’UEM359.

Un’ulteriore leva attraverso cui la Commissione ha indirettamente sollecitato i processi di privatizzazione è rinvenibile nella particolare attenzione con cui gli Stati sono stati autorizzati a concedere aiuti a favore delle imprese pubbliche in crisi.

Sono numerosi e rilevanti i casi in cui l’Esecutivo comunitario ha subordinato l’erogazione dei finanziamenti alla previa predisposizione di piani di ristrutturazione e di privatizzazione delle imprese beneficiarie360. Si pensi, per quanto concerne l’Italia, al

caso EFIM, nota impresa pubblica che ha potuto incamerare gli aiuti finalizzati al risanamento, solo in quanto preordinati ad agevolarne la successiva dismissione361. Sulla

base di questo approccio, la Commissione ha d’altro canto rigettato talune ipotesi di cosiddetti “aiuti di salvataggio”, al fine di “interrompere il circuito distorsivo determinato dalla seguente concatenazione: prezzi artificiali – perdite di esercizio – aiuti di Stato – distorsioni della concorrenza”362.

359 Sul punto, vi è pieno accordo nell’ambito della dottrina che si è occupata di privatizzazioni. Tra gli

altri, si vedano G. GUARINO, Pubblico e privato nell’economia. La sovranità tra Costituzione ed istituzioni

comunitarie, cit.; S. CASSESE, ult. op. cit., 582; P. G. MARCHETTI (a cura di), Le privatizzazioni in Italia,

Milano, 1995; F. BONELLI, Il codice delle privatizzazioni nazionali e locali, Milano, 2001; M. CLARICH – N.

PISANESCHI, Privatizzazioni (voce), Dig. Pubbl., Torino, 2000.

360 Sul punto, fra gli altri, cfr. M. T. CIRENEI, Disciplina comunitaria degli aiuti alle imprese pubbliche e

privatizzazioni, in Dir. comm. int., 1994, 335 ss. Rilevanti appare la Comunicazione della Commissione recante gli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, in G.U.C.E., C 368, del 23 dicembre 1994.

361 Decisione della Commissione contenuta nella Comunicazione 93/C 349/02 in G.U.C.E., C 349 del 29

dicembre 1993, p. 2. Si vedano, altresì, la Decisione della Commissione 95/524/CE del 7 giugno 1995, Iritecna, in G.U.C.E., L 300 del 13 dicembre 1995, p. 23; Decisione della Commissione 96/115/CE del 21 giugno 1995, Enichem Agricoltura, in G.U.C.E., L 28 del 6 febbraio 1996, p. 18.

Peraltro, la mera prospettiva della privatizzazione non è considerata di per sé come una garanzia sufficiente al fine di autorizzare l’erogazione degli aiuti. Anche nell’ambito di queste vere e proprie negoziazioni intercorse tra gli Stati-membri e la Commissione ed aventi ad oggetto il futuro degli operatori in difficoltà finanziarie, i rappresentanti della Comunità hanno comunque verificato che i ripianamenti effettuati dalle Autorità nazionali rispettassero il criterio dell’investitore privato. In questo senso, si è in più occasioni sottolineato che l’imprenditore-medio accetterebbe di risanare un’impresa in crisi solo progettandone una successiva vendita ad un prezzo idoneo a remunerare il capitale investito nella previa ristrutturazione. Pertanto, laddove gli Stati non si fossero preoccupati di fissare correttamente i corrispettivi della vendita, i finanziamenti, seppure preordinati alla privatizzazione, sarebbero potuti ricadere nella nozione di aiuto di stato.

Inoltre, si è puntualizzato come, talora, la liquidazione dell’operatore in crisi possa risultare economicamente più vantaggiosa della privatizzazione stessa e, pertanto, in casi siffatti, anche la dismissione ai privati potrebbe di per sé rappresentare un aiuto all’impresa, finalizzato a consentirne la sopravvivenza363.

Ad ogni modo, non sempre la Commissione ha preteso che le Autorità nazionali assumessero l’impegno formale a dismettere le imprese pubbliche una volta risanate. Talvolta, l’Esecutivo si è “accontentato” della dichiarazione spontanea dello Stato in merito alla sua intenzione di privatizzare in seguito l’organismo: pur non rilevando come promesse giuridicamente vincolanti, è chiaro che neanche potevano interpretarsi come meri propositi privi di ogni significato, per lo meno da un punto di vista politico364.

In altre occasioni, infine, la Commissione ha dato impulso ad una gestione più efficiente delle imprese pubbliche, prodromica ad una loro eventuale cessione, condizionando l’erogazione degli aiuti all’impegno formale degli Stati a non sovvenzionare più, in futuro, i soggetti interessati365.

La dismissione delle imprese pubbliche è stata dunque, in molti casi, indicata dalle Autorità comunitarie come una sorta di “corsia preferenziale” per consentirne il risanamento, in spregio alla formale neutralità che ai sensi dell’art. 295, TCE dovrebbe

363 Sul punto, si veda, fra gli altri, E. M. APPIANO, op. cit., 110 ss.

364 Cfr. Decisione della Commissione 94/653/CE del 27 luglio 1994, Air France, in G.U.C.E., L254 del

30 settembre 1994.

connotare le scelte operative della Comunità. D’altro canto, la rigida disciplina dettata in tema di aiuti di Stato ha comunque imposto un supplemento di attenzione nel verificare che le stesse operazioni di privatizzazione si svolgessero in modo trasparente e non discriminatorio.

SEZIONE II – IL PRINCIPIO DI NEUTRALITÀ NELLA DISCIPLINA DEI SERVIZI DINTERESSE ECONOMICOGENERALE.

1. L’IPOTESIDI UNDIFFERENTEEPIÙSIGNIFICATIVO VALOREDELPRINCIPIO DINEUTRALITÀ

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