86, PAR 2, TCE.
3. I L RUOLO DELLA C ORTE DI G IUSTIZIA CE NELL ’ ELABORAZIONE DEL QUADRO GIURIDICO DI RIFERIMENTO IN TEMA DI DIRITTI SPECIALI ED ESCLUSIVI E , IN GENERALE , IN TEMA D
3.4 L A GIURISPRUDENZA DELLA C ORTE DI G IUSTIZIA L’ AFFERMAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ COME REGOLA DI RIFERIMENTO PER VALUTARE
RAPPORTI TRA REGOLA CONCORRENZIALE ED ECCEZIONI NELLA FORNITURA DEI SERVIZI D’INTERESSE ECONOMICO GENERALE. I PROBLEMI CONNESSI ALL’ONERE DELLAPROVA.
All’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht – come ricordato nel precedente capitolo – si moltiplicarono le preoccupazioni negli ambienti comunitari per la deriva eccessivamente liberista verso cui l’ordinamento sovra-nazionale stava scivolando. Della rinnovata esigenza di equilibrio si è fatta interprete la stessa Corte di Giustizia che nel biennio ’93-’94 ha significativamente rivisto i propri orientamenti.
In particolare, è con la nota sentenza Corbeau220 del maggio ’93 che viene
introdotto l’indirizzo che ancora oggi, in sede comunitaria, può considerarsi prevalente221. Come attentamente segnalato, un indubbio pregio nella pronuncia risiede
nella lettura finalmente congiunta che il Giudice effettua in merito ai due paragrafi dell’ ex art. 90. In tal modo si è potuto riferire “all’insieme delle due disposizioni, e non al solo paragrafo 2, l’affermazione consolidata che le imprese cui sia stata conferita la gestione dei servizi d’interesse economico generale sono sottoposte alle regole di concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di queste regole non sia di ostacolo all’assolvimento in diritto o in fatto della particolare missione loro conferita”222.
In effetti, negli anni addietro, l’intento di specificare che dall’art. 90, par. 1 non discende una generalizzata legittimazione dei diritti speciali ed esclusivi aveva determinato una sorta di appannamento delle potenzialità contenute nel secondo paragrafo della stessa norma. È vero, infatti, che non sussiste una totale discrezionalità in capo agli Stati-membri nell’attribuire diritti speciali ed esclusivi, ma è altresì vero che ai sensi del paragrafo 2 sono ammissibili e necessarie le deviazioni dal regime concorrenziale, nella misura in cui quest’ultimo ostacoli l’adempimento della missione d’interesse generale da parte dell’impresa incaricata223. E, come più volte ricordato, i
220 C. Giust., 19 maggio 1993, C-320/91, cit., in Foro amm., 1994, 1692, con nota di R. IANNOTTA; in
European Competition Law Review, 1993, 279, con nota di R. GIENSEN; in Common Market Law Review,
1994, 105, con nota di F. HAMMON; in Act. jur. dr. adm., 1993, 866, con nota di L. HANCHER; in Rev. trim.
dr. européen, 1994, 39, con nota di A. WACHSMANN – F. BERROD.
221 A proposito dei tre diversi approcci con cui le Istituzioni comunitarie, nel corso degli anni, hanno
interpretato l’art. 86, TCE, D. EDWARD e M. HOSKINS, Article 90: deregulation and EC law. Reflections
arising from the XVI FIDE conference, in Common Market Law Review, 1995, 159 distinguono quattro differenti modelli di “judicial control”: il primo, denominato “the Absolute Sovereignty approach” secondo il quale gli Stati membri godrebbero di una competenza esclusiva in relazione ai monopoli legali; il secondo, denominato “the Limited Sovereignty approach”, sulla base del quale gli Stati membri potrebbero stabilire monopoli legali, nella misura in cui ciò non determini una violazione delle regole del Trattato”; il terzo, denominato “the Absolute Competition approach”, secondo cui la predisposizione del monopolio sarebbe da considerarsi illegittima ex se, posto che con essa lo Stato membro necessariamente colloca l’impresa che ne beneficia in una posizione dominante di cui l’impresa stessa può agevolmente abusare; il quarto, infine, denominato “the Limited Competition approach”, secondo il quale gli Stati potrebbero creare monopoli legali solo quando ciò risulti giustificato dalla necessità di conseguire l’obiettivo di interesse generale prefissato in sede nazionale.
222 G. TESAURO, cit., 735.
223 Questo aspetto è ben messo in luce, fra gli altri, da A. PIOGGIA, Appunti per uno studio sulla nozione di
pubblico servizio, cit., 198, laddove segnala come “la lettura tradizionale che si è data dell’art. 90 del Trattato deve essere oggi «rovesciata», potendosi trovare in esso, non tanto e non più, l’affermazione dell’ostilità comunitaria a qualsiasi tipo di limitazione del mercato, quanto piuttosto la base di legittimazione per un’azione pubblica, che interviene con propri strumenti e proprie regole laddove l’azione di mercato non sia sufficiente al perseguimento degli obiettivi di interesse generale che essa si propone”. Sul punto, si veda, altresì, M. CAMMELLI, Comunità europea e servizi pubblici, cit., 176 ss.
diritti speciali ed esclusivi citati dal primo paragrafo rappresentano il più chiaro esempio di deroga al diritto comune che il Trattato prende in considerazione.
È secondo questa più consapevole chiave di lettura224 che la Corte di Giustizia
esamina la vicenda Corbeau. In particolare, occorreva valutare la conformità con l’art. 90 della normativa belga che conferiva ad un ente pubblico, la Régie des Postes, il diritto esclusivo di raccogliere, trasportare e distribuire la corrispondenza sul territorio nazionale. La controversia era infatti scaturita dalla condotta del signor Paul Corbeau, il quale aveva svolto nella zona di Liegi un’attività di raccolta a domicilio e di spedizione rapida della corrispondenza, infrangendo formalmente il monopolio pubblico.
Ebbene, la Corte afferma l’illegittimità della disciplina nazionale nella parte in cui vietava “sotto pena di sanzioni penali ad un operatore economico stabilito nello Stato di offrire taluni servizi specifici, separabili dal servizio d’interesse generale, che rispondono a esigenze particolari degli operatori economici e che richiedono talune prestazioni supplementari che il servizio postale tradizionale non offre, nella misura in cui tali servizi non compromettano l’equilibrio economico del servizio d’interesse economico generale”. Interpretando a contrario le parole della Corte, emerge come questa volta il diritto esclusivo non venga “attaccato frontalmente” come accadeva nelle pronunce precedenti, rimarcando l’elevato rischio che dal suo esercizio concreto derivassero distorsioni della concorrenza. In questa occasione, la legittimità del monopolio pubblico viene semmai salvaguardata, nella misura in cui la restrizione della concorrenza sia necessaria per consentire al gestore di svolgere il servizio in una condizione di equilibrio economico-finanziario. Si riconosce, in questo senso, che in ogni Stato-membro deve comunque essere assicurato un servizio di base “a tariffe uniformi e a simili condizioni di qualità, indipendentemente dalle circostanze particolari e dal grado di redditività economica di ciascuna singola operazione”. Peraltro, non sempre dall’erogazione di tale prestazione minimale deriva il conseguimento di un profitto: ciò posto, il soggetto incaricato deve essere messo in condizione di ripianare eventuali perdite. Nella rinnovata ottica della Corte di Giustizia, l’attribuzione del diritto esclusivo su una quota redditizia di quel mercato (c.d. cream skimming), può
224 A parere di altri, invece la giurisprudenza Corbeau si discosterebbe dal dato letterale offerto dall’art.
86, TCE. Cfr. D. EDWARD e M. HOSKINS, cit., 167, nella parte in cui segnalano come “the Limited
Sovereignty approach starts from a presumption that Member States have freedom to create legal monopolies and then places restrictions on that freedom. It follows that, under this approach, no judicial control can be exercised over the reasons for creating a legal monopoly. It can be argued that this reflects the wording and structure of Article 90 more closely than the Limited Competition approach”.
giustificarsi proprio nella misura in cui sia funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico che verrebbe evidentemente meno ove un certo produttore fosse incaricato di offrire le sole prestazioni poco redditizie, mentre i suoi concorrenti fossero lasciati liberi di muoversi nei segmenti di mercato più profittevoli. Si rilevava in questo senso che “gli imprenditori privati, se fossero autorizzati a fare concorrenza al titolare dei diritti esclusivi nei settori di loro scelta corrispondenti a detti diritti, sarebbero in grado di concentrarsi sulle attività economicamente redditizie e di offrirvi tariffe più vantaggiose di quelle praticate dai titolari dei diritti esclusivi poiché, diversamente da questi ultimi, essi non sono tenuti economicamente ad effettuare una compensazione fra le perdite subite nei settori non redditizi e i profitti realizzati nei settori più redditizi”225.
I principi di “Corbeau” vengono riaffermati nella successiva sentenza Comune
d’Almelo226, emanata nell’aprile 1994. Chiamata a valutare la legittimità di talune
misure restrittive della concorrenza adottate nell’ambito di un complesso sistema di distribuzione dell’energia elettrica nei Paesi Bassi, la Corte ne sancisce l’ammissibilità, “per consentire lo svolgimento del servizio d’interesse economico generale”. L’impresa beneficiaria era infatti tenuta a “garantire l’approvvigionamento continuo di energia elettrica in tutto il territorio oggetto di concessione, a tutti gli utenti, distributori locali o consumatori finali, nelle quantità richieste in qualsiasi momento, a tariffe uniformi e a condizioni che possono variare solo secondo criteri obiettivi applicabili all’intera clientela”. Così configurata la missione d’interesse generale, la Corte sottolinea come nel calcolare i dovuti oneri di compensazione, si sarebbe dovuto “tenere conto delle condizioni economiche nelle quali si trova l’impresa, ed in particolare dei costi che essa deve sopportare e delle normative, soprattutto in materia di ambiente, alle quali è soggetta”.
225 C. Giust., 19 maggio 1993, C-320/91, cit. 226 C. Giust., 27 aprile 1994, C-393/92, cit.
Più di recente, il criterio dell’equilibrio economico-finanziario è stato ripreso, tra le altre, nelle sentenze Albany227, Deutsche Post228 e TNT Traco229. In tutti e tre i casi,
seppur con sfumature diverse, viene infatti impiegata la sostenibilità finanziaria della parte obbligatoria del servizio come indice per valutare la legittimità del diritto esclusivo concesso in deroga al regime concorrenziale, secondo lo schema di cui all’art. 86, par. 2. In tutti e tre i casi, inoltre, al pari di quanto visto nelle sentenze Corbeau e
Comune d’Almelo, la Corte applica di fatto il principio di proporzionalità per verificare
se l’Autorità nazionale abbia approntato legittime deviazioni dal diritto comune, sebbene il suddetto principio, come attentamente notato230, non venga mai
esplicitamente citato. Tuttavia, anche alla luce dei costanti riferimenti rinvenibili nei Documenti della Commissione, non può dubitarsi che attualmente le deroghe di cui all’art. 86, par. 2, debbano risultare proporzionate, ai fini della loro ammissibilità comunitaria.
Un recente esempio di applicazione – invero piuttosto “aggressiva” – del principio di proporzionalità in materia di servizi d’interesse economico generale, è dato dalla recente sentenza 15 novembre 2007, C-162/06. Nella fattispecie, era stato richiesto alla Corte di Giustizia se, sempre in materia postale, l’art. 7. n. 2, della direttiva 97/67 (…), che autorizza gli Stati membri ad imporre una riserva pubblicistica su una certa
227 C. Giust. 21 ottobre 1999, C-67/96, Albany. Nella pronuncia, relativa alla previdenza integrativa, viene
considerato legittimo il diritto esclusivo attribuito all’Ente olandese incaricato di gestire il Fondo, in ragione del quale le imprese affiliate a quest’ultimo non potevano negoziare l’uscita dal Fondo stesso. Infatti, nel delineare il fenomeno di cream-skimming che potrebbe configurarsi, la Corte rileva come: “le imprese aventi alle loro dipendenze personale giovane e in buona salute che svolge attività non pericolose cercherebbero condizioni di assicurazione più vantaggiose presso assicuratori privati. L’uscita progressiva dei rischi “buoni” lascerebbe al fondo pensione di categoria la gestione di una parte crescente di rischi “cattivi”, provocando così un aumento del costo delle pensioni dei lavoratori, ed in particolare di quelli delle piccole e medie imprese con personale anziano che svolge attività pericolose, alle quali il fondo non potrebbe più proporre pensioni a costi accettabili”.
228 C. Giust. 10 febbraio 2000, cause riunite C-147/97-C-148/97, Deutsche Post. In particolare, nella
pronuncia si riconosce la legittimità di un diritto speciale attribuito a Deutsche Post nell’ambito del servizio di corriere internazionale, in quanto fonte della compensazione finanziaria necessaria per realizzare la missione d’interesse generale in “condizioni economicamente accettabili”.
229 C. Giust. 17 maggio 2001, C-340/99, TNT Traco/Poste Italiane. Si veda in particolare il punto 63,
nella parte in cui si afferma: “il combinato disposto degli artt. 82 e 86 del Trattato si oppone a che una normativa di uno Stato membro che conferisce ad un’impresa di diritto privato la gestione, a titolo esclusivo, del servizio postale universale, subordini il diritto di qualsiasi altro operatore economico di fornire un servizio di corriere espresso, che non rientra nel servizio universale, alla condizione che esso paghi all’impresa incaricata del servizio universale un diritto postale equivalente alla tassa di affrancatura normalmente dovuta, a meno che non sia provato che gli introiti provenienti da questo pagamento sono necessari per consentire a tale impresa di assicurare il servizio postale universale in condizioni economicamente accettabili e che quest’impresa è tenuta al pagamento dello stesso diritto allorchè fornisce essa stessa un servizio di corriere espresso che non rientra in tale servizio universale”.
quota della prestazione postale, consenta loro di fissare il monopolio solo dopo aver dimostrato che, in un contesto di mercato liberalizzato, venga posto in pericolo l’equilibrio finanziario del prestatore del servizio universale o, al contrario, se essi possano mantenerla anche in virtù di altre considerazioni, tra cui quelle di opportunità, relative alla situazione generale del settore postale. La questione pregiudiziale parrebbe dunque riferirsi espressamente al nesso di necessaria proporzionalità tra gli oneri del pubblico servizio e l’attribuzione del diritto esclusivo: si è infatti domandato al Giudice comunitario se la deroga al regime concorrenziale debba ammettersi solo in funzione del finanziamento da destinare alla erogazione del servizio universale, ovvero se possa prevedersi anche in ragione di altre e diverse valutazioni di opportunità. La risposta della Corte sul punto è netta ed in assoluta continuità rispetto all’orientamento inaugurato con la pronuncia Corbeau: “considerazioni quali l’opportunità, relative alla situazione generale del settore postale, ivi compresa quella collegata al grado di liberalizzazione di quest’ultimo (…), non bastano per giustificare (l’imposizione della riserva), a meno che, in mancanza di tale riserva, non sia pregiudicato l’adempimento del servizio postale universale o che tale riserva risulti necessaria affinché il citato servizio possa essere fornito in condizioni economicamente accettabili”231.
Peraltro, ancora in riferimento al settore postale, con la di poco successiva sentenza del 18 dicembre 2007, C-220/06232, la Corte ha altresì chiarito che, in presenza
di una norma di diritto derivato, quale l’art. 7, Dir. 1997/67/CE233, che provveda a
fissare i limiti entro cui sia ammissibile derogare al regime concorrenziale nell’ottica dell’interesse generale, dando così attuazione concreta all’art. 86, par. 2, TCE, gli Stati- membri non possono poi invocare quest’ultima disposizione al fine di estendere
231 C. Giust., 15 novembre 2007, C-162/06, pt. 41.
232 C. Giust., 18 dicembre 2007, C-220/06, Asociación Profesional de Empresas de Reparto y
Manipulado de Correspondencia; in merito alle altre implicazioni derivanti dalla sentenza, con particolare riferimento per il tema dell’in house providing, cfr. infra Cap. IV, Sez. III.
233 Ai sensi dell’art. 7, Dir. 1997/97/CE, la porzione di mercato assoggettabile al monopolio pubblico è
limitata alla raccolta, allo smistamento, al trasporto e alla consegna di invii di corrispondenza interna e di corrispondenza transfrontaliera in entrata, tramite consegna espressa o no, nell’ambito del limite di peso di 50 grammi. Quest’ultimo limite, peraltro, non si applica qualora il prezzo sia pari o superiore a due volte e mezzo la tariffa pubblica per l’invio di corrispondenza nella prima categoria di peso della categoria più rapida. Regimi particolari sono previsti per la pubblicità diretta per corrispondenza, per la corrispondenza transfrontaliera e per lo scambio di documenti. Peraltro, la recente Direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008 che modifica la Direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, in G.U.U.E., 27 febbraio 2008, L 52/3 ha provveduto a sopprimere ogni residuo diritto speciale ed esclusivo in ambito postale, ivi compresa la quota di mercato assoggettabile a riserva pubblicistica.
ulteriormente la deroga, oltrepassando le soglie prefissate dal diritto derivato234.
L’assunto si presenta di particolare rilievo, segnalando come, laddove siano le singole Direttive a delineare, nello specifico, il rapporto di proporzionalità tra eccezioni e regole concorrenziali, l’art. 86, par. 2, TCE, pur rimanendo una disposizione di carattere generale e gerarchicamente sovra-ordinata, perda il suo valore di unico riferimento normativo volto a definire i rapporti tra Stato e mercato nella fornitura dei servizi d’interesse economico generale.
Un profilo su cui, invece, si attendono maggiori “lumi” interpretativi concerne le modalità con cui distribuire l’onere della prova, tra gli Stati-membri, le imprese e le Istituzioni comunitarie, nelle controversie relative all’applicazione dell’art. 86, par. 2. Nella fase più risalente, infatti, la Corte di Giustizia propendeva per addossare sull’impresa interessata ovvero sullo Stato-membro il compito di dimostrare la ragione per cui il soggetto privilegiato non potesse attenersi al divieto di operare discriminazioni nello svolgimento della propria attività235 . Successivamente, la Corte parrebbe aver
attenuato il rigore di siffatta impostazione: nelle sentenze pronunciate nell’ottobre 1997236, in tema di distribuzione di gas ed energia elettrica, da un lato si riafferma
l’onere dello Stato di provare in giudizio la sussistenza dei presupposti per invocare la deroga di cui all’art. 86, par. 2; d’altro canto, però, si puntualizza come tale onus
probandi non comporti l’obbligo per lo Stato di dimostrare in positivo l’inidoneità di
ogni altro ipotizzabile provvedimento restrittivo della concorrenza nel raggiungere il risultato ottenuto con il privilegio effettivamente attribuito. Dalle stesse sentenze pare altresì ricavarsi il principio per cui, con specifico riguardo per i ricorsi per inadempimento previsti dall’art. 226, Trattato, ricada sulla Commissione l’onere di dimostrare che la missione d’interesse generale possa essere realizzata con strumenti meno restrittivi della concorrenza.
Da ultimo, la descritta distribuzione dell’onere probatorio – per lo meno con riguardo ai ricorsi esperiti in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, Trattato - sembra essere stata riaffermata nella sentenza TNT Traco, nella quale viene altresì ribadita la
234 Cfr. C. Giust., 18 dicembre 2007, C-220/06, pt. 67 e pt. 81. 235 Cfr. C. Giust., 30 aprile 1974, C-155/73.
competenza dello stesso giudice nazionale nel verificare se le condizioni per ammettere la deroga di cui all’art. 86, par. 2, siano state rispettate237.