Come si appurerà nel corso della trattazione, gli effetti prodotti dal diritto comunitario dei servizi d’interesse economico generale sugli ordinamenti interni trascendono ed oltrepassano i riferimenti giuridici enucleati nel corso del Novecento.
Invero, le norme contenute nel Trattato di Roma, elaborate in una fase in cui ancora non appariva ben definita la posizione che le Istituzioni comunitarie avrebbero inteso assumere, palesano la propria consistenza compromissoria. È evidente, in questo senso, come esse si prestino alle più variegate interpretazioni, al punto che le oscillazioni e le incertezze che ne hanno contraddistinto la concreta applicazione appaiono ben spiegabili anche alla luce della loro scarsa chiarezza letterale. Non a caso, peraltro, il tema dei servizi d’interesse economico generale risulta essere uno dei più approfonditi dalla stessa Commissione Europea con l’elaborazione di studi e materiale variamente normativo riconducibile alla categoria della cosiddetta soft law.
In tale contesto, solo una marcata volontà politica avrebbe potuto sciogliere i nodi derivanti da una normativa tanto importante dal punto di vista sistematico, quanto contraddittoria. Pertanto, sebbene le ambiguità continuino ancora oggi a caratterizzare l’approccio con cui ci si accosta alla materia, pare innegabile che una precisa volontà politica si sia affermata in seno agli organi comunitari nell’ultimo ventennio, al fine di imporre istanze di marca tipicamente liberale.
La “rottura” prodotta dalla fonte giuridica comunitaria è ben confermata dal nuovo significato attribuito all’erogazione dei pubblici servizi assicurata dai privati.
In passato, come si è sottolineato in precedenza, l’attività economica privata di pubblico interesse era interpretata come un fenomeno pienamente legittimo e praticabile, al quale però si connettevano le sole questioni relative da un lato alla sua collocazione dogmatica e dall’altro alle sue relazioni con l’attività economica esercitata dalla soggettività pubblica.
Con l’avvento, o meglio con il rafforzamento, delle istanze comunitarie, lo scenario, com’è noto, muta. La produzione privata dei servizi d’interesse generale non appare più come un’eventualità neutra da giustapporre alla produzione pubblicistica, ma
diventa una pratica da incentivare e soprattutto da proteggere rispetto ad un intervento pubblico in economia che, storicamente, si era dimostrato sin troppo pervasivo41.
In questa ottica, il ruolo dello Stato appare progressivamente ridisegnato nella sua estensione e nelle sue finalità, sebbene, da un punto di vista formale, il Trattato CE proclami l’indifferenza della Comunità verso i regimi proprietari consolidatisi all’interno degli Stati-membri e sebbene solo con singole Direttive di liberalizzazione, come si vedrà, si sia imposto lo scorporo o il ridimensionamento di talune imprese pubbliche nazionali42. D’altro canto, nei settori in cui i processi di liberalizzazione sono
giunti nella fase più avanzata, è senz’altro da addebitare all’ordinamento comunitario la progressiva ritrazione dello Stato nelle posizioni del regolatore43. Pur senza
approfondire le varie problematiche inerenti la regolazione pubblicistica dei servizi di pubblica utilità, è bene comunque ricordare come proprio negli anni Novanta, in coincidenza con le novità introdotte dal diritto comunitario, siano state costituite le Autorità indipendenti che operano nei settori di pubblica utilità (legge 14 novembre 1995, n. 481).
Consequenziale rispetto al nuovo approccio, appare anche il ripensamento della disciplina relativa ai servizi d’interesse generale.
41 I caratteri del nuovo assetto sono ben sintetizzati da G. NAPOLITANO, Towards a European legal order
for services of general economic interest, in European Public Law, 2005, 572, laddove afferma: “Community law “unbundles” general interest linked to services. In this way, it establishes which ones are important and deserve protection at a European level. Only such interests can justify derogation from the European order’s other laws and principles. The European model therefore introduces a profound break with the tradition of many European countries. Services no longer constitute an element of State legitimacy. Nor may they yet freely be used for purpose of social and economic policy other than those related to their own spread. On the other hand, offering services is now a private activity subject to common market and antitrust law rather than to the rules governing the actions of public authorities”.
42 Si vedano, sul punto, le riflessioni di M. BAZEX, L’appréhension des services publics par le droit
communautaire, in Rev. fr. dr. adm., n. 11/1995, 301 laddove segnala come « pour l’essentiel, c’est donc la compétence des autorités publiques dans la détermination des conditions de gestion du secteur public qui se trouve affectée par la droit communautaire: interdiction de toute mesure “susceptible de créer une situation dans laquelle l’opérateur public est amené à commettre des abus anti-concurrentiels; nécessité d’appréciation de la conformité au traité des droits exclusifs et spéciaux octroyés aux opérateurs publics, etc. Mais cet impact peut également se manifester sur la compétence des autorités publiques dans la determination des statuts des enteprises publiques : obligation par exemple d’instituer une séparation entre las taches réglementaires et opérationnelles dans le secteur des télécommunications, ou entre la gestion des infrastructures et leur exploitation dans les transports ferroviaires ».
43 Cfr., sul punto, fra gli altri, R. KOVAR, Droit communautaire et service public: esprit d’ortodoxie ou
pensée laicisée, in Rev. trim. dr. Européenne, n. 32/1996, 498, nella parte in cui per l’appunto segnala come « le droit communautaire contribue à l’émergence de nouveax modes de régulation de l’activité économique caractérisés par l’intervention d’autorités spécialisées disposant d’un statut plus ou moins autonome. Cette séparation des fonctions d’ « opérateur » et de « régulateur » n’est pas accueillie sans critiques. Son efficacité a pu etre mise en cause en raison, d’une part de sa complexité et, d’autre part, de l’absence de toute responsabilité politique des « experts » chargés des fonctions de régulation ».
Innanzitutto, le esigenze comunitarie hanno imposto il recupero e l’enfatizzazione della distinzione, di origine francese, tra servizi “economici” e non economici, corrispondenti grosso modo alle categorie dei services publics industriels et
commerciaux e dei services publics administratifs44. Sempre con una scelta di tipo
politico, si è infatti ritenuto inopportuno mettere in discussione gli assetti organizzativi con cui su base nazionale vengono tradizionalmente erogati i cosiddetti servizi sociali, salvaguardandone la gestione tendenzialmente pubblicistica.
Ciò posto, nell’azione delle Istituzioni comunitarie, si è poi correttamente intravista l’intenzione di ridurre i profili di specialità che, all’interno degli Stati-membri caratterizzavano storicamente la normativa sui servizi di tipo economico, al fine di ricondurre la produzione privatistica e pubblicistica nell’orbita del diritto comune45: la
deroga, secondo siffatto disegno, andrebbe tollerata solo entro i limiti di quanto risulti strettamente necessario per realizzare l’interesse generale, apparendo, al contrario, illegittima l’attribuzione di qualsivoglia indebito privilegio46.
Condivisibile appare altresì la constatazione per cui, pur a fronte di una generalizzata rivalutazione del diritto comune, le singole direttive di liberalizzazione intervenute nel corso degli anni Novanta hanno comunque determinato la formazione di tanti sotto-ordinamenti corrispondenti ognuno alle specificità dei vari servizi di dimensione comunitaria. In questo senso, si presenta inopportuna ogni teoria generale ed unitaria del pubblico servizio che non tenga nella dovuta considerazione le peculiarità proprie dei singoli settori d’interesse generale47.
A fronte di tali tendenze evolutive, si è parallelamente delineata un’impostazione volta a salvaguardare comunque l’alto valore sociale del pubblico servizio, nell’accezione in cui esso si era sedimentato nel Vecchio Continente, onde proteggerlo da derive liberiste troppo accentuate. In questo senso, continuano a profilarsi diversi
44 D’altro canto è la stessa dottrina francese a rendersi conto di come le stesse categorie d’oltralpe non
potranno non subire gli effetti prodotti dai dettami comunitari. Cfr., sul punto, M. VOISSET, Le service
public autrement, in Rev. fr. dr. adm., n. 11/1995, 310 ss., nella parte in cui segnala esplicitamente « la nécessité de prendre en compte le droit communautaire pour déterminer le caractére de service public des activités industrielles et commerciales », oltre alla circostanza per cui « le droit communautaire conduit à une modification des régles de fonctionnement et des modes de gestion des services publics industriels et commerciaux ».
45 In merito alla “tendenza alla privatizzazione del diritto amministrativo”, si vedano, fra gli altri, le
riflessioni di G. ROSSI, Diritto pubblico e diritto privato nell’attività della Pubblica Amministrazione: alla
ricerca della tutela degli interessi, in Dir. pubbl., 1998, 661 ss.
46 Cfr., sul punto, N. RANGONE, cit., 10 ss. 47 Cfr., sul punto, N. RANGONE, cit., 13.
elementi di frizione che scaturiscono dalla concezione comunitaria di servizio d’interesse economico generale, oltre che da formulazioni normative alquanto contraddittorie.
In primo luogo, il confine tra sfera pubblica e mercato si presenta ancora sin troppo variabile, non essendo tuttora definito a chi spetti il potere di individuare le cosiddette missioni d’interesse generale e, dunque, il limite entro cui l’attività produttiva possa essere funzionalizzata. Nell’ambito dei servizi liberalizzati, non risulta inoltre chiaro se sia ancora ritagliabile uno spazio in cui l’imprenditore pubblico possa competere, pur senza beneficiare di privilegi, accanto all’operatore privato. In questo senso, è acceso il dibattito in merito alla configurabilità di validi assetti concorrenziali in cui operino sia soggetti che perseguono un lucro, sia figure costituite in vista della cura di un pubblico interesse. Sempre in tali settori, quand’anche l’Amministrazione intenda ritrarsi definitivamente dalle posizioni gestorie, permangono comunque dubbi in ordine alla natura della stessa attività pubblicistica di regolazione, al punto che tale incertezza ha determinato il riaccendersi del dibattito relativo alla consistenza oggettiva o soggettiva del pubblico servizio48. Quanto ai settori in cui il processo di
liberalizzazione si è appena avviato, non si comprende se e quanto l’ordinamento comunitario sia in grado di incidere effettivamente sulle organizzazioni pubblicistiche nazionali.
48 Sul punto, tra le altre, si vedano le differenti impostazioni di E. SCOTTI, Il pubblico servizio: tra
tradizione nazionale e prospettive europee, Padova, 2003, passim e di L. R. PERFETTI, Contributo ad una
2. LE INIZIALI INCERTEZZE (E RESISTENZE) NELL’INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO