In seguito, in occasione del Consiglio Europeo di Lisbona tenutosi nel marzo del 2000, la Commissione fu invitata ad aggiornare la precedente Comunicazione del ’96, anche alla luce dell’approvazione del nuovo art. 16, Trattato CE.
Nella seconda Comunicazione del 20 settembre 2000102 si è, dunque,
nuovamente affrontare la problematica, ribadendo sostanzialmente come il diritto dell’utenza si ponga, in ambito comunitario, come la bussola di ogni processo di liberalizzazione, dovendo le dinamiche di concorrenza essere agevolate e regolate in vista della completa realizzazione dell’interesse delle collettività a servizi di qualità. D’altro canto, si è anche fornita una nuova definizione della nozione di servizio d’interesse economico generale, dietro la quale, taluni hanno letto un mutamento di rotta interpretativo.
In realtà, sin dall’Executive summary della Comunicazione si rileva la riaffermazione dei tre principi intorno ai quali, anche secondo la posizione del ’96, ruota l’interpretazione della nozione: neutralità nei confronti dei regimi proprietari consolidatisi negli Stati-membri; sussidiarietà in quanto remissione agli Stati dell’onere di definire i servizi d’interesse economico generale; infine, proporzionalità nell’approccio con cui la Comunità valuta la legittimità delle restrizioni alla concorrenza imposte in sede nazionale. D’altro canto, il servizio d’interesse economico generale viene qualificato, distinguendosi in ciò dall’enucleazione del ’96, come quell’insieme di prestazioni che si differenziano dalle altre attività d’impresa perché “l’autorità pubblica ritiene che questi debbano esser forniti anche laddove il mercato non abbia sufficienti ragioni per assumerne la produzione”. Dietro siffatta definizione si è letta l’intenzione della Commissione di limitare l’intervento pubblico, nei settori d’interesse economico generale, ai soli casi in cui le forze del mercato non forniscano i servizi in modo adeguato103.
102 Comunicazione della Commissione, 20 settembre 2000, COM(2000)580. In merito alla
Comunicazione ha espresso la propria posizione anche il Parlamento Europeo con la Risoluzione del 13 novembre 2001, in G. U. C 140 E del 13/6/2002, pag. 153.
103 In questo senso pare che L. R. PERFETTI, Servizi di interesse economico generale e pubblici servizi
Orbene, riservandosi di tornare in sede di conclusioni sull’argomento, ci si può sin da ora confrontare criticamente con l’orientamento da ultimo segnalato.
Ciò che pare imprescindibile è chiarire un presupposto interpretativo preliminare. In particolare, si ritiene necessario definire cosa si intenda per “intervento pubblico” nell’ambito di un servizio d’interesse economico generale. Se infatti la locuzione “intervento pubblico” è impiegata come sinonimo dell’attribuzione di diritti speciali o esclusivi ovvero della configurazione di qualsivoglia meccanismo atto a restringere le dinamiche concorrenziali, allora non si potrà non concordare con la dottrina precedentemente richiamata che subordina tale forma di “intervento” ad un previo vaglio di proporzionalità rispetto alle capacità che le forze di mercato abbiano palesato nel realizzare l’interesse generale, in un regime aperto e concorrenziale104: è
infatti l’art. 86, comma 2, Trattato CE a pretendere che la concorrenza sia compressa nei ristretti limiti imposti dall’adempimento della missione d’interesse generale e la stessa Commissione, sin dal ’96 - e non a partire dal 2000 - ha così interpretato il dato testuale offerto dal Trattato.
Se, però, con la categoria dell’ “intervento pubblico” ci si riferisce a qualsivoglia forma di ingresso dell’Amministrazione nel settore d’interesse generale,
settembre 2000), in Riv. it. dir. pubbl. com., 2001, 487, legga la nuova Comunicazione della Commissione. In particolare l’A. afferma: “ad opinione della Comunicazione, si avrà servizio di interesse generale laddove l’amministrazione, non provvedendo adeguatamente il mercato, possa intervenire, a condizione, in primo luogo, che siano di interesse generale ed, in secondo, che le forze del mercato non li forniscano in modo adeguato”. Alle medesime conclusioni pare giungere G. F. CARTEI, ult. op. cit., 1233,
laddove, chiaramente, afferma: “il modello comunitario non ammette rivali, ma solo correttivi. L’ordinamento europeo, infatti, non concepisce il mercato come un valore in sé, ma nella prospettiva dei benefici che ritiene apporti naturalmente. Da ciò dipende la realizzazione di ogni altro interesse pubblico, incluse le finalità distributive e di coesione”. La stessa interpretazione è fatta propria da M. LOTTINI, I
servizi di interesse economico generale: una nozione controversa, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005, 1351 ss. La centralità del mercato è ben rimarcata da G. CORSO, I servizi pubblici nel diritto comunitario, cit., 7
ss. L’A., peraltro, si interroga sulla misura in cui si giustifichi il servizio universale, domandandosi, significativamente: “non si può legittimamente ritenere che chi vive e vuole vivere” nei paesini di montagna “con i benefici che derivano dalla vita nel luogo natio, fra le memorie dei padri, con l’aria pura e l’acqua limpida, non debba pagare anche i costi dell’isolamento?”; sul punto, cfr. ID., Attività
amministrativa e mercato, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., 1999, 7 ss.; si veda, altresì, F. MUNARI, La
disciplina dei cd. Servizi essenziali tra diritto comunitario, prerogative degli Stati membri e interesse generale, in Dir. un. eur., n. 1/2002, 60, laddove dà conto dell’ipotesi, da taluno sostenuta, per cui “la collettività potrebbe spendere meno regalando telefoni satellitari, cellulari o fax agli abitanti delle zone sperdute del territorio, piuttosto che finanziarie i costi del portalettere che quotidianamente è in grado di recapitare la posta in arrivo in tali zone”.
104 Cfr., sul punto, P. MANZINI, L’intervento pubblico nell’economia alla luce dell’art. 90 del Trattato CE,
in Riv. dir. industr., 1995, 379 ss., il quale, correttamente, nell’introdurre il proprio ragionamento, chiarisce a cosa intende riferirsi con la locuzione “intervento pubblico”: “l’intervento dello Stato nell’economia, oltreché direttamente attraverso provvedimento di politica economica e/o fiscale, può essere realizzato indirettamente tramite l’attribuzione a determinate imprese di diritti speciali o esclusivi che ad esse garantiscono una posizione e un potere di tipo monopolistico”.
indipendentemente dalla creazione di spazi di produzione riservati, allora l’approccio che in questa sede si sta esaminando sarebbe da ritenersi scorretto. Il Trattato, nelle forme in cui è stato interpretato sia dalla Comunicazione del ’96 che da quella del 2000, affianca infatti ai principi pro-concorrenziali di cui all’art. 86, altresì un criterio di sostanziale neutralità rispetto ai regimi proprietari esistenti all’interno degli Stati- membri, in ossequio, peraltro, a quanto disposto dall’art. 295, TCE. Ciò significa che le Amministrazioni nazionali, indipendentemente da ogni valutazione di tipo politico- finanziario, ben possono intervenire nei settori economici d’interesse generale mediante proprie imprese, purché queste non risultino privilegiate rispetto alle concorrenti private che agiscono nel medesimo ambito. Pertanto, premesso che la tematica sarà approfondita nel prosieguo del lavoro, pare opportuno rimarcare sin da ora come il processo evolutivo concernente la nozione comunitaria di servizio d’interesse economico generale non pare intaccare in alcun modo la prerogativa degli Stati-membri di definire i limiti della sfera pubblica105, nel rispetto delle logiche della proporzionalità
e senza che la gestione pubblicistica, divenendo troppo invasivo, produca l’effetto di espellere dal mercato l’imprenditoria privata. Non a caso, peraltro, lo stesso art. 86, comma 2, Trattato CE, come detto in precedenza, nel rapportarsi alle imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale, non si preoccupa affatto di
105 A questo proposito, F. MUNARI, cit., 56 ss., efficacemente commenta: “mentre (…) l’art. 86, TCE (…)
permette ampi spazi di intervento in chiave liberalizzatrice di mercati regolati che gli Stati membri non hanno definito come caratterizzati da interesse generale, e soprattutto non hanno organizzato come servizi pubblici o aventi natura universale, tale norma non ha invece, dentro di sé, alcuna reale capacità di imporre agli Stati membri soluzioni totalmente liberalizzatrici per determinati servizi caratterizzati da universalità o rispondenza ad obblighi di servizio pubblico: (…) non sembra infatti sia possibile definire né un limite minimo né uno massimo al perimetro della riserva che gli Stati membri intendono stabilire per i servizi essenziali (…). Diverso è invece il caso in cui esistano specifiche norme di diritto derivato che fissino soglie specifiche e correlativi limiti massimi al potere degli Stati membri di riservare o meno determinati ambiti o porzioni dei servizi essenziali ad un unico prestatore”. Ancor più radicale è la posizione di G. MARENCO, Effets des régles communautaires de concurrence (art. 85 et 86) sur l’activitè
des Etats membres, in SCHWARZE (a cura di), Discretionary powers of the member States in the field of
economic policies and their limits under the EEC Treaty, Baden Baden, 1998, 54: « Le traité se préoccupe d’ouvrir les marchés de chaque Etat membre aux marchandises, aux services et aux personnes relevant des autres Etats membres soient placés dans chaque marché national, sur le meme plan que les marchandises, services et personnes indigènes. En ouvrant chaque marché national à la concurrence des autres EM, le traité se préoccupe de la concurrence entre économies nationales. Il est indifférent en revanche quant à la philosophie plus o moins interventionniste, plus ou moins libérale inspirant la législation nationale. Cette neutralité du traité à l’égard des choix de politique économique des EM est confirmée par les articles 37 et 90 par. 1, qui prèsupponent la licéité des monopoles. Si un EM peut créer des monopoles, qui constituent la négation de la concurrence, a fortiori il pourra réglementer et donc restreindre la concurrence ». In risposta alle posizioni G. MARENCO, cfr. F. CAPELLI, Commentaire sur les
effets des règles communautaires de concurrence (art. 85 et 86) sur l’activité des Etats membres, in SCHWARZE (a cura di), Discretionary powers of the member States, cit., 69 ss.
qualificarne la natura, in senso pubblicistico ovvero privatistico, dimostrando un eguale rispetto per entrambe le organizzazioni produttive106.
Né dalla citata nuova definizione di servizio d’interesse economico generale, delineata nella Comunicazione del 2000, paiono ricavarsi indicazioni di segno contrario rispetto all’interpretazione fornita in questa sede. Affermare infatti – come fa la Comunicazione - che i servizi in questione si distinguono dalle altre attività d’impresa per la doverosità che ne connota l’offerta al pubblico, indipendentemente dall’evenienza che il mercato abbia interesse ad assumerne la produzione, significa, semplicemente, voler trovare una linea di demarcazione con le altre attività produttive nell’ambito delle quali non è apprezzabile l’emersione di alcun profilo di interesse generale. Si pensi in questo senso all’offerta di abbigliamento, rispetto alla quale non si ritiene necessario – di norma - funzionalizzare ex ante la produzione privata, ritenendosi che ormai l’interesse perseguito dalle imprese private sia idoneo a realizzare a pieno l’interesse della collettività. Qualora, invece, in certi settori si ravvisi un’insufficienza del mercato nella capacità di soddisfazione dell’interesse generale, allora sarà compito delle Amministrazioni provvedere a funzionalizzare adeguatamente e proporzionalmente l’attività dei privati, ferma restando la prerogativa pubblicistica di intervenire direttamente con proprie organizzazioni imprenditoriali che saranno comunque tenute a rispettare le regole della concorrenza. Invero, dall’impostazione seguita dalla Commissione del 2000, non sembrano affatto ricavabili né un abbandono del principio per cui solo le Amministrazioni più prossime ai cittadini sono in grado di definire quali prestazioni rispondano all’interesse generale (e nulla esclude che in realtà territoriali particolarmente isolate anche la fornitura di abbigliamento possa assurgere a servizio d’interesse economico generale)107, né una contrapposizione con quell’atteggiamento di
neutralità nei confronti dei regimi proprietari. Anzi, come segnalato in precedenza, entrambi i principi vengono chiaramente riaffermati nella Comunicazione del 2000.
106 Sul punto, fra gli altri, E. SCOTTI, op. cit., 227, vede correttamente nella formulazione usata nell’art. 86,
par. 2, una vera e propria conferma del principio di neutralità sancito dall’art. 295, TCE.
107 Lo stesso G. F. CARTEI, ult. op. cit., 1225 ss., riconosce come il principio di sussidiarietà costituisca
ormai un asse portante anche nell’ambito della disciplina comunitaria dei servizi d’interesse economico generale. D’altro canto, l’A. sottolinea come “la sussidiarietà comunitaria presenta applicazioni ambigue, più simili al principio di leale collaborazione che ad un criterio di riparto delle competenze simile a quello descritto dall’art. 5 del Trattato”. In questo senso, soggiunge l’A. che le misure introdotte dagli Stati membri sono sottoposte allo scrutinio di compatibilità con le regole comunitarie effettuato dalla Commissione che, di norma, sarebbe “indotta a privilegiare un’interpretazione market-oriented”. Inoltre, si puntualizza come “la competenza della Comunità europea si estende a materie che limitano notevolmente la potestà degli Stati in tema di servizi di interesse economico generale”.
Per le ragioni indicate, non pare potersi affermare che con il secondo atto para- normativo ci si sia in qualche modo discostati dall’originaria impostazione del ’96.
Le medesime conclusioni si ritiene infine che vadano tracciate con riguardo ai testi di soft law, con i quali, negli anni più recenti, la Commissione è nuovamente tornata sulla nozione di servizio d’interesse economico generale; ci si riferisce al Libro Verde sui servizi d’interesse economico generale adottato nel 2003108 ed al Libro Bianco
sui servizi d’interesse generale elaborato nel 2004109. In entrambi, sono richiamati e non
sembrano essere rimessi in discussione i tre principi regolatori della materia, ossia la neutralità verso i regimi proprietari, la libertà di definizione dell’interesse generale nel rispetto della sussidiarietà e la proporzionalità come criterio-guida dei controlli da effettuare in sede comunitaria. Inoltre, viene ribadita la distinzione tra servizi economici e non economici al fine di selezionare i settori in cui operano i precetti del Trattato posti dagli artt. 86 ss.. Peraltro, tanto nel Libro Verde, quanto nel Libro Bianco, viene abbandonata la definizione di servizio d’interesse economico generale adottata nel 2000, per tornare alla nozione elaborata nel ’96 ed intorno alla quale si erano individuati i principi regolatori della materia. Nuovamente, dunque, con il servizio d’interesse economico generale viene indicata qualsiasi “attività economica soggetta ad obblighi di servizio pubblico” ed anche in questo caso, così come appurato rispetto alla Comunicazione del 2000, non pare opportuno annettere significati “rivoluzionari” a tali oscillazioni definitorie110. La riconferma dei principi sopra indicati non lascia infatti
spazio a dubbi in merito alle considerazioni in precedenza esposte in ordine alla relazione tra l’ “intervento pubblico” ed i servizi d’interesse economico generale. Da ultimo, è significativo notare che lo stesso Parlamento Europeo, nell’esprimere la propria posizione in merito al Libro Bianco del 2004111, aderisce nel complesso
all’impostazione assunta dall’Esecutivo CE, riaffermando in modo netto la competenza “esclusiva” degli Stati membri, nonché delle “loro Autorità regionali e/o locali”, nell’organizzare i servizi d’interesse generale112 e rammentando, nell’ottica della
108 Libro verde sui servizi di interesse generale del 2003, COM(2003) 270 def. In merito al Libro Verde,
anche il Parlamento Europeo ha espresso la propria posizione con la Risoluzione del 14 gennaio 2004 in G. U. C 92 E del 16/4/2004, pag. 294.
109 Libro bianco sui servizi di interesse generale del 2004, COM(2004) 374 def. La posizione del
Parlamento Europeo in merito al Libro Verde è espressa nella Risoluzione del 27 settembre 2006, n. 2006/2101 (INI).
110 Di diverso avviso M. LOTTINI, cit., 1354. 111 Cfr. Risoluzione del 27 settembre 2006, cit. 112 Risoluzione del 27 settembre 2006, cit., lett. J).
neutralità verso i regimi proprietari nazionali, che “l’aspetto decisivo non è chi sia il soggetto che fornisce servizi d’interesse generale”113.
4.3.1. I SERVIZI D’INTERESSE GENERALE NEL TRATTATO DI LISBONA E NEL
PROTOCOLLO ANNESSO, TRA I NUOVI POTERI DI INTERVENTO ATTRIBUITI