P ROTOCOLLO ANNESSO , TRA I NUOVI POTERI DI INTERVENTO ATTRIBUITI ALLA C OMUNITÀ E LE PREROGATIVE ( RAFFORZATE ) DEGLI S TATI MEMBRI
6. U N PRIMO ( E PARZIALE ) RAFFRONTO TRA I DETTAMI DEL PENSIERO ECONOMICO LIBERALE ED IL CONCRETO ASSETTO DEL DIRITTO COMUNITARIO DEI SERVIZI D ’ INTERESSE
ECONOMICOGENERALE.
Alla luce di quanto detto sinora in merito alla nozione di servizio d’interesse economico generale, risulta possibile affermare che l’ordinamento comunitario definisce i rapporti tra sfera pubblica e mercato in un’ottica che solo parzialmente è mutuata dalla scienza economica di matrice liberale. In ragione di quest’ultima è infatti corretto affermare che l’intervento pubblico in economia è opportuno nella misura in cui e nei settori in cui si manifestino i fenomeni di cosiddetto fallimento del mercato (market failure). La presenza dell’operatore pubblico risulta dunque utile e non distorsiva, nell’ambito dei mercati in cui vengono scambiati beni e servizi, solo laddove le regole economiche che governano quel mercato rivelino la propria insufficienza nel soddisfare pienamente l’interesse generale158. Pertanto, secondo una visione tipicamente
liberale, non è utile che lo Stato intervenga nel sistema economico ma è semmai tenuto esclusivamente a fissare obiettivi di interesse generale che quel sistema economico è tenuto a realizzare. In seconda battuta, come detto, ove tale interesse generale risulti non perfezionato, diverrà necessario il proporzionale intervento del regolatore pubblico, sino a giungere, nei casi più estremi, a ritagliare a favore dello Stato compiti propriamente gestori, semmai protetti da assetti monopolistici.
158 Peraltro non mancano le voci (fuori dal coro) di chi ritiene sempre meno adeguata la teoria del market
failure al fine di guidare le scelte di politica economica. Cfr., fra gli altri, T. PROSSER, Competition law
and public services: from single market to citizenship rights?, cit., 561, laddove segnala come “the economist’s favourite market failure approach to justifying regulation is too narrow as it treats the primary value as always being that of competitive markets. Other values are always secondary to this and only come into play as a means of mopping up residual problems which the market cannot resolve. I would suggest instead that each of the different sets of values has a legitimacy of its own, and that regulatory design should depend on which we wish to prioritise in any particular situation. Thus where a service is required for basic well-being (water for example) we might wish to prioritise social and economic rights, where citizenship concerns are strong (for example public service broadcasting), we emphasise social solidarity, where these values are less strong and there is scope for effective competition, we then emphasise the role of competition law”.
Invero, l’ordinamento comunitario non pare accogliere una simile ricostruzione, posto che non viene assunta alcuna specifica posizione con riguardo alla natura dei soggetti che si muovono nei mercati in cui si offrono servizi d’interesse economico generale (art. 86, par. 1, TCE; art. 295, TCE)159. È questo il portato del principio di
cosiddetta neutralità rispetto ai regimi proprietari consolidatisi negli Stati-membri160.
D’altro canto, è altresì incontestabile che in sede sovra-nazionale venga riservato alla Comunità un potere di sindacare, secondo il parametro della proporzionalità, la legittimità delle restrizioni ai regimi concorrenziali messe a punto negli ordinamenti nazionali. La proporzionalità, del resto, non fa altro che evocare una valutazione in ordine alle capacità che il mercato dimostra di possedere nel realizzare autonomamente gli obiettivi di pubblica utilità.
Ciò posto occorre ritenere che nel mercato preso a riferimento dalle Istituzioni comunitarie, onde valutare la necessità dell’intervento pubblico, possano legittimamente muoversi tanto operatori pubblici quanto soggetti privati. Pertanto la Comunità Europea non ha titolo per sindacare se la mera presenza dell’operatore pubblico sia legittima nell’ambito di un dato mercato, ma ha semmai titolo per valutare la legittimità dell’attribuzione di privilegi che siano volti a restringere la concorrenza in quel mercato.
Dunque si ritiene che la regola economica secondo cui l’intervento pubblico è opportuno nella misura in cui e nei settori in cui si manifestino i fenomeni di cosiddetto fallimento del mercato debba essere riletta, in chiave comunitaria, nel seguente modo:
le restrizioni della concorrenza sono legittime nei settori in cui e nella misura in cui si manifesti un fallimento del mercato nel quale, di norma, possono competere “ad armi pari” imprese pubbliche e private161. Evidentemente, non sfuggono le contraddizioni
159 Opportunamente, E. SCOTTI, cit., 228, sottolinea come il principio di neutralità, seppur ridimensionato,
non possa affatto considerarsi superato. Contra, fra gli altri, G. AMORELLI, Le privatizzazioni nella
prospettiva del trattato istitutivo della comunità economica europea, Padova, 1992, il quale sostiene che, invece, il principio d’indifferenza debba ormai ritenersi superato posto che la natura pubblica dei soggetti gestori costituirebbe un notevole ostacolo lungo la strada delle liberalizzazioni.
160 Sul punto, G. TESAURO, Intervento pubblico nell’economia e art. 90, n. 2, del Trattato CE, cit., 720,
sottolinea come “emblematico” della contraddizione di fondo che permea l’intero Trattato, fosse proprio l’allora art. 222, TCE (oggi, art 295): “sulla base di questa norma si è subito pervenuti all’affermazione quasi ovvia che l’intervento pubblico nell’economia non è come tale precluso, ma solo in quanto e nella misura in cui si esaurisca in, o determini, una violazione delle norme del Trattato”.
161 Cfr. V. CERULLI IRELLI, cit., 780, laddove afferma: “nel settore dei servizi pubblici, imprese pubbliche e
imprese private, nel nuovo contesto ordina mentale di fonte europea, sono dunque chiamate a competere tra loro sul mercato, sottostando le une e le altre ai poteri (e alle normative) di regolazione, imposte dalla autorità affinchè esse realizzino (adempiano) gli obblighi di servizio in favore della collettività servita. Obblighi a fronte dei quali alle imprese può essere riservata una posizione privilegiata sul mercato, a fronte delle altre, nei limiti della stretta necessità (di copertura, diciamo così, degli oneri del servizio); mentre, allo stesso tempo esse sono soggette ai poteri di regolazione spettanti alle pubbliche autorità”.
insite in tale assetto prefigurato dall’ordinamento comunitario: non di rado, infatti, un’impresa pubblica incaricata della gestione di un pubblico servizio rischia di incorrere nella violazione del divieto di abuso di posizione dominante posto dall’art. 82, Trattato CE162. È inoltre noto come una forte presenza soggettivamente pubblica in un certo
mercato possa notevolmente ostacolare l’effettiva terzietà del regolatore163. È altrettanto
evidente però che l’ordinamento comunitario continua a non prendere una posizione netta sul punto ed, anzi, in ogni occasione in cui la Commissione è chiamata a pronunciarsi sui temi del pubblico servizio continua a riaffermare la piena vigenza del principio di neutralità: si ritiene pertanto che tale contesto ordinamentale non possa essere obliterato. La tematica sarà comunque approfondita nel prosieguo del lavoro.
162 Sul punto, cfr. G. GUARINO, Eurosistema. Analisi e prospettive, Milano, 2006, 42 ss., nella parte in cui
segnala come per poter definire un certo sistema come “di mercato”, la sfera privata debba necessariamente prevalere su quella pubblica.
CAPITOLO III: IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ NELLA DISCIPLINA DEI SERVIZI D’INTERESSE ECONOMICO GENERALE, OVVERO IL RAPPORTO STATO-MERCATO TRA PERSEGUIMENTO DELL’INTERESSEGENERALEEDINCENTIVAZIONEDELL’EFFICIENZADIGESTIONE.
SEZIONE I - IL VALORE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ NELLA DISCIPLINA DEI SERVIZI D’INTERESSE ECONOMICO GENERALE: UNA CHIAVE DI LETTURA PER I RAPPORTI TRA DIRITTO COMUNE DELLA CONCORRENZA E DIRITTO SPECIALE, COME DELINEATI ALL’ART.