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L A PROGRESSIVA INDIVIDUAZIONE DELLA DIMENSIONE COMUNITARIA DEI SERVIZI D ’ INTERESSE ECONOMICO GENERALE I L RAFFORZAMENTO DELLE ISTANZE PRO

CONCORRENZIALI.

Un momento di svolta nel processo di integrazione ed apertura del mercato comunitario, che produrrà significativi, seppur incidentali, effetti anche nell’ambito dei servizi d’interesse economico generale, è individuabile nel biennio 1985-‘86.

Con il “Libro bianco” della Commissione per il completamento del mercato interno presentato al Consiglio Europeo di Milano del 28-29 giugno 198565 veniva per

l’appunto posto l’obiettivo del definitivo abbattimento delle barriere commerciali finalizzato alla costituzione di un unico mercato integrato ed unificato in cui far crescere in termini di competitività le imprese europee. Con l’Atto Unico Europeo, sottoscritto nel 1986 ed entrato in vigore il 1 luglio 1987 venivano poi predisposti gli strumenti atti a garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati: in primo luogo si riaffermavano e valorizzavano le quattro fondamentali libertà di circolazione, conferendo un rinnovato risalto alla libertà di prestazione dei servizi66; inoltre, finalmente, veniva imposta la

64 R. URSI, cit.

65 COM(85) 310 def., Libro bianco sul completamento del mercato interno, del 14 giugno 1985.

66 G.M. RACCA, cit., 205 sottolinea, a proposito della libertà di prestazione dei servizi di cui all’art. 50,

TCE (ex art. 60), come, sebbene talune attività tradizionalmente afferenti ai pubblici servizi possano, almeno in parte, rientrare nella nozione di “servizi” intesa in senso comunitario, sono state tuttavia rare le occasioni in cui vi è stata applicazione delle norme relative alla libertà di prestazione. “Altre norme”, infatti, “parevano enucleare una disciplina di specie per i chiari riferimenti alla pubblica amministrazione e per le particolari deroghe alla normativa generale del Trattato che hanno consentito una sua graduale e perciò effettiva applicazione negli ordinamenti degli Stati membri”. Cfr., sul punto, A. PAPPALARDO, cit.

regola del voto a maggioranza qualificata per ogni decisione da assumere con riguardo al completamento del mercato unico. La norma, tradizionalmente considerata centrale e sintomatica del mutamento di rotta, è il nuovo art. 8 A, Trattato CEE, introdotto dall’art. 13 dell’Atto Unico Europeo, ai sensi del quale: “la Comunità adotta le misure destinate all’instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992 (…); il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del Trattato”.

A ben vedere, le novità da ultimo segnalate non paiono avere un immediato legame con la tematica dei servizi d’interesse generale, tanto che l’allora art. 90 rimase fuori dal processo riformatore. Ciò nondimeno, i nuovi impulsi diretti al completamento del mercato interno determinarono negli anni immediatamente successivi un rinnovato interesse della Commissione volto alla realizzazione di politiche di liberalizzazione67.

Come si vedrà, sempre sul finire degli anni ’80, anche la Corte di Giustizia avrebbe effettuato i primi importanti revirements nell’interpretazione dell’ex art. 90. Inoltre, non a caso, proprio nell’ ’87, fu adottato dalla Commissione il Libro verde sullo sviluppo del mercato comune dei servizi ed apparecchi68. In esso, dopo aver preso atto di

un’evoluzione tecnologica che imponeva di rivisitare il tradizionale assetto giuridico nel quale si erano sino ad allora forniti i servizi telefonici, si indicava anche nei monopoli legali nazionali uno dei principali intralci alla formazione di un più libero mercato concorrenziale che senz’altro avrebbe sfruttato in pieno le nuove possibilità offerte dalla tecnica. A seguito di tali constatazioni, nell’ ’89 la Commissione scelse di esercitare per la prima volta i poteri conferitigli dall’ ex art. 90, comma 3, Trattato CE, emanando le due note direttive per la liberalizzazione dei mercati di terminali69 e dei servizi di

telecomunicazioni70. L’accelerazione imposta nel processo di integrazione ed apertura

del mercato unico cominciava dunque ad incidere sui tradizionali assetti organizzativi entro i quali, sul piano nazionale, s’inquadrava la fornitura dei pubblici servizi.

67 Sul punto, cfr., fra gli altri, J. J. MONTERO PASCUAL, cit., 665 ss.; R. URSI, cit., 158, il quale, vede

nell’emanazione del Libro Bianco dell’ ’85 l’inizio della fase della cosiddetta “rivoluzione tranquilla”; G. E. BERLINGERIO, cit., 300 ss.

68 COM(87) 290, Libro verde sullo sviluppo del mercato comune dei servizi e delle apparecchiature di

comunicazione, 30 giugno 1987.

69 Direttiva della Commissione n. 88/301/CEE del 16 maggio 1988, relativa alla concorrenza sui mercati

terminali di telecomunicazione, in G.U.C.E., 27 maggio 1988, L 131/73.

Il nuovo afflato liberale, nel 1992, è stato recepito nel Trattato di Maastricht, sebbene il nuovo testo si caratterizzi anche per talune norme elaborate al fine di riaffermare la vocazione sociale sottesa alle istanze comunitarie. In questo senso, l’art. 2 del Trattato individua tra gli obiettivi della Comunità “il progresso economico e sociale” unitamente ad un “elevato livello di occupazione”, da raggiungere non solo grazie alla creazione di un mercato interno, ma anche in virtù del rafforzamento della coesione economica e sociale. Il principio è altresì richiamato all’art. 158, laddove si afferma che “per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e persegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale”. Al valore della coesione è in generale dedicato l’intero Titolo XVII del Trattato, ai sensi del quale finalità prima della Comunità dovrà essere proprio quella di “ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda è peraltro da collocare l’art. 17 il quale, per la prima volta, si preoccupa di delineare la nozione di “cittadinanza dell’Unione”. Ancora, per quanto concerne la specifica materia dei servizi d’interesse economico generale, appare degno di nota il nuovo art. 154 nel quale, rispetto al nuovo tema dei grandi servizi a rete, si prevede che “…per consentire ai cittadini dell’Unione, agli operatori economici e alle collettività regionali e locali di beneficiare pienamente dei vantaggi derivanti dall’instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, la Comunità concorre alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia”. In questa ottica, il servizio d’interesse generale diviene evidentemente risorsa strategica per assicurare al mercato comune un’ossatura unitaria sulla cui base svilupparsi e rafforzarsi. Nello stesso senso i valori sociali che la Comunità si propone di far crescere presuppongono che l’intero territorio comunitario venga innervato da efficienti reti infrastrutturali.

Con le importanti novità introdotte tra l’ ’85 e il ’92 muta dunque, in modo radicale, l’atteggiamento delle Istituzioni comunitarie nei confronti dei servizi d’interesse economico generale. Come si verificherà in modo più approfondito nel prossimo capitolo, la Commissione in primo luogo pare comprendere che il disinteresse e la neutralità rispetto alla materia non compongono una strategia vincente. Troppo forte rimaneva infatti il divario tra i diversi Stati-membri nell’interpretazione delle norme del Trattato, determinando la sostanziale non attuazione delle stesse. Si è così scelto di

intervenire direttamente nei settori più rilevanti mediante quelle direttive di liberalizzazione che continueranno ad essere emanate per tutti gli anni Novanta, condizionando, in tal modo, l’azione produttiva delle Amministrazioni nazionali. Non è un caso, peraltro, che le stesse normative relative agli appalti pubblici vengano elaborate nel medesimo arco temporale71. A partire da quegli anni, si comincia a comprendere che

solo incidendo efficacemente nei settori tradizionalmente occupati dal monopolista pubblico si sarebbero potute garantire nuove opportunità di crescita all’imprenditoria europea. D’altro canto, al fine di non tradire le aspettative della cittadinanza riguardo alla garanzia del pubblico servizio, si sceglie di re-indirizzare i compiti delle Autorità nazionali verso la regolazione. Sullo sfondo sembra non porsi più l’esigenza di salvaguardare le prerogative gestorie degli Stati-membri, quanto quella di conciliare la concorrenza con i diritti dell’utenza, rendendo il primo elemento funzionale al secondo.

Peraltro, come correttamente è stato puntualizzato, non può comunque ritenersi che, dietro gli importanti mutamenti politico-amministrativi intervenuti sul finire del secolo scorso, vi sia esclusivamente una diversa e più forte volontà espressa dagli organi comunitari. In tal senso, è noto, ad esempio, che l’insieme delle norme relative tanto ai servizi d’interesse economico generale quanto al regime proprietario delle imprese europee, è rimasto pressoché intatto.

Addirittura, con riguardo al processo di privatizzazione delle aziende pubbliche, contiguo alle dinamiche di liberalizzazione, una parte della dottrina qualifica l’impulso comunitario come l’ultima delle ragioni fondanti. Ben più incisive, secondo tale ottica72

sarebbero risultati i seguenti elementi: in primo luogo “l’inadeguatezza del diritto pubblico ai nuovi compiti affidati allo Stato”, dovuta alla sua rigidità, oltre che all’invadenza dei profili di specialità che lo connotano; in secondo luogo, l’ “inefficienza del settore pubblico”; ancora, l’ “esigenza di porre un freno all’eccesso di politicizzazione e al bisogno di disintermediare il governo dai partiti”; il “progresso tecnologico”; l’ “eccesso di dimensioni dello Stato e il sovraccarico di governo che esso produce”73; il “bisogno di finanziamento del Tesoro”. Solo da ultimo, come detto,

71 Cfr. Dir. 1992/50/CEE sugli appalti di servizi; Dir. 1993/36/CEE sugli appalti di forniture; Dir.

1993/37/CEE sugli appalti di lavori; Dir. 1993/38/CEE sugli appalti nei cosiddetti settori “esclusi”.

72 Ci si riferisce all’interpretazione di S. CASSESE, Le privatizzazioni: arretramento o riorganizzazione

dello Stato?, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 579 ss.

73 S. CASSESE, cit., 582, ricorda come, all’epoca, nei Paesi occidentali lo Stato occupasse “tra il 20% e il

30% del totale dei dipendenti” mentre la spesa pubblica rappresentava “una percentuale oscillante tra il 40 e il 45% del prodotto interno lordo. L’Italia ha raggiunto le percentuali più alte”.

secondo tale chiave di lettura, dovrebbero prendersi in considerazione le influenze dell’ordinamento comunitario. Quest’ultimo, in particolare, pur manifestando una formale neutralità verso gli assetti proprietari formatisi negli Stati-membri, avrebbe comunque imposto una compressione dell’area della “specialità pubblicistica”, al fine di sottoporre imprese pubbliche e private al medesimo statuto giuridico, senza che indebiti privilegi o aiuti di stato potessero falsare il gioco concorrenziale74.

Una siffatta impostazione pare senz’altro condivisibile, essendo innegabile che le ragioni politico-finanziarie, oltre che il mutamento del paradigma giuridico-culturale, abbiano sospinto verso la riforma dell’intervento pubblico in economia più di quanto non abbiano fatto i Trattati ovvero gli auspici provenienti dalla Commissione europea. È però altresì innegabile che il rinnovato contesto comunitario abbia esercitato l’essenziale funzione di retroterra giuridico sovranazionale alla luce del quale è risultato anche più facile giustificare di fronte all’opinione pubblica scelte talvolta impopolari. Inoltre, non può neanche negarsi che l’accelerazione del processo d’integrazione comunitaria abbia determinato la perdita di vere e proprie porzioni di sovranità ed a fronte di ciò sarebbe risultato insostenibile il mancato recepimento degli indirizzi elaborati dalla Comunità anche in tema di servizi d’interesse economico generale. In questo senso, pare interessante richiamare l’analisi di chi - nel periodo in cui entrava in vigore il Trattato di Maastricht - asseriva che, in ragione dell’assorbimento dei dettami comunitari nell’ordinamento interno, buona parte dei poteri statuali di intervento nell’economia dovevano ritenersi in via di pratico esaurimento, se non già formalmente superati75. Tra questi venivano in particolare annoverati quelli attinenti al consolidato

sistema degli aiuti e degli incentivi alle imprese ed al correlato assetto delle imprese pubbliche e delle partecipazioni statali; la stessa sorte di sostanziale compressione sarebbe toccata ai poteri di fissare prezzi amministrati, di determinare il grado di apertura del mercato e di fissare in via autonoma ed autoritativa il tasso di cambio. Sarebbero poi rilevanti taluni effetti indotti, ritenuti più incisivi di quelli diretti, in ragione del loro carattere istituzionale. Tra questi sono stati indicati la cessazione della condizione, in capo ai risparmiatori-persone fisiche, della condizione di prestatore- creditore coatto nei confronti dello Stato, attesa la nuova necessità che quest’ultimo

74 Cfr. S. CASSESE, cit., 583.

75 Ci si riferisce alla lettura di G. GUARINO, Pubblico e privato nell’economia. La sovranità tra

cominciasse a procurarsi crediti sul mercato finanziario unificato. Soprattutto, l’entrata del Paese in un sistema aperto e competitivo avrebbe condizionato, invertendolo, il rapporto tra organizzazione pubblica ed economia. In particolare, si è ritenuto, sulla base di tale chiave di lettura, che l’incremento del passivo di bilancio, oltre evidentemente a contrastare con i parametri finanziari prefissati in sede comunitaria, si sarebbe riflettuto negativamente sulla posizione occupata dal singolo Stato-membro nell’ambito del mercato comune. Da ciò sarebbe derivata la necessità di ridurre la spesa, sfruttando l’unico strumento effettivamente idoneo a colmare il passivo: “ma per ridurre la spesa l’unica misura rapida ed efficace consiste nel ridimensionamento della organizzazione, misura che nella generalità dei casi comporta come conseguenza ineluttabile la eliminazione o la riduzione di alcuni dei suoi compiti”76.

4. LANOZIONEDISERVIZIODINTERESSEECONOMICOGENERALE. L’INCONTRO-SCONTROTRA

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