P ROTOCOLLO ANNESSO , TRA I NUOVI POTERI DI INTERVENTO ATTRIBUITI ALLA C OMUNITÀ E LE PREROGATIVE ( RAFFORZATE ) DEGLI S TATI MEMBRI
5. L A PRIMA RAGIONE DELLA PERSISTENTE SPECIALITÀ DELLA NOZIONE DI SERVIZIO D ’ INTERESSE ECONOMICO GENERALE : LA GARANZIA DEL SERVIZIO UNIVERSALE
5.2 L A MULTIFORMITÀ DEL SERVIZIO UNIVERSALE , TRA GLI OBIETTIVI DI TUTELA SOCIALE E IL RIDIMENSIONAMENTO DELLA DOVEROSITÀ PUBBLICISTICA
Dall’analisi degli atti sopra ricordati, emerge una sempre maggiore consapevolezza degli organi comunitari, oltre che degli interpreti, intorno all’utilità ed ai rischi connessi al servizio universale. L’indubbia funzionalità dell’istituto, in quanto
124 COM(94) 682. 125 COM(96) 73.
126 In G.U.C.E. L 74 del 22 marzo 1996, 13. 127 COM(96) 608 def.
128 COM(91) 476 def.
129 In G.U.C.E. C 48 del 16 febbraio 1994. 130 In G.U.C.E. L 15 del 21 gennaio 1998.
strumento di contemperamento delle spirali concorrenziali, nell’ottica del rafforzamento della coesione sociale, è da subito evidenziata in sede comunitaria.
Il presupposto da cui le elaborazioni prendono le mosse è che ogni prestazione di tipo economico può garantire alta redditività in taluni segmenti di mercato, mentre può risultare non appetibile qualora venga erogata a categorie di utenti che, per motivi geografici ovvero economici, non siano in grado di assicurare adeguati margini di profitto. Il servizio universale diviene così lo strumento con cui le Autorità di regolazione possono imporre agli operatori pubblici e privati del settore di raggiungere con un’insieme minimo e predeterminato di prestazioni tutti gli utenti presenti sul territorio nazionale. Non solo. Il servizio universale deve infatti qualificarsi anche da un punto di vista qualitativo e tariffario ed è dunque peculiare l’attenzione della Comunità verso tali profili, nei momenti in cui viene definito il contenuto concreto della nozione131. L’istituto in esame è infatti volto a tutelare le categorie a rischio di
esclusione sociale, in primo luogo coloro che per scarsità di mezzi finanziari potrebbero non sostenere un costo eccessivo del servizio, oltre a quei cittadini che, per scelta, decidono di vivere in contesti territoriali isolati. Ora, se quanto a questi ultimi, potrebbe risultare comprensibile la scelta dei pubblici poteri di addossargli il costo dell’auto- isolamento132, per quanto concerne invece le persone a basso reddito si ritiene
irrinunciabile la tutela attuata mediante un servizio universale offerto a tariffe eque. Per sua natura inoltre, al pari del pubblico servizio di ascendenza nazionale, quella di servizio universale si presenza come nozione mutevole nel tempo133. Ciò che
oggi può non ritenersi essenziale per lo sviluppo della società civile, può diventarlo domani e dunque occorre ammettere che le prestazioni in precedenza non ricomprese nel servizio universale, vengano in seguito attratte nella sua orbita. A questo proposito, la stessa Commissione nel ’96 sottolineava come irrigidire i confini dell’istituto avrebbe ingenerato il rischio di far crescere una società a doppia velocità (two tier society), in cui solo le categorie di utenti capaci di garantire profitto avrebbero potuto accaparrarsi i benefici dell’evoluzione tecnologica.
È grazie all’istituto in esame, dunque, che diventa realizzabile quella missione d’interesse generale indicata dall’art. 86, comma 2, Trattato CE, in quanto unica ragione
131 Cfr. G. F. CARTEI, ult. op. cit., 149 ss.
132 Cfr. G. CORSO, I servizi pubblici nel diritto comunitario, cit., 7 ss. V., supra, nota 103.
133 Cfr. M. CLARICH, Servizio pubblico e servizio universale: evoluzione normativa e profili ricostruttivi, in
in base alla quale risultano legittime le restrizioni dei regimi concorrenziali. Qualora infatti questi ultimi si palesino inadeguati nell’assicurare il servizio universale, allora, in misura proporzionale, la libertà dell’imprenditore potrà essere compressa e funzionalizzata, mediante l’imposizione di specifici obblighi di fornitura. I soggetti gravati da tali oneri dovranno poi, necessariamente, beneficiare di forme di compensazione finanziaria, sicché la competizione concorrenziale non risulti falsata. Nei casi estremi, peraltro, in cui il peso economico del servizio universale si riveli scarsamente sostenibile, potranno conservarsi aree di produzione riservata all’operatore la cui attività risulti maggiormente funzionalizzata134.
Ad ogni modo, la Commissione ha più volte chiarito che ogni meccanismo di compensazione dovrà operare secondo il rigoroso rispetto dei principi di proporzionalità, obiettività e non discriminazione, non potendosi ammettere che l’onere di servizio universale si trasformi in un onere improprio135. Nello stesso senso è stato
specificato che prima di procedersi con la compensazione dovrà accertarsi l’esatta consistenza dell’onere, previa individuazione delle singole imprese beneficiare. Inoltre, qualora si propenda per creare un regime di finanziamento specifico, la disciplina nazionale potrà rifondere esclusivamente il costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale. Sul problema dei metodi di finanziamento si tornerà comunque nel prosieguo del lavoro.
È bene infine ricordare che, sinora, il meccanismo descritto è stato impiegato esclusivamente nei settori delle poste e delle telecomunicazioni, ossia nei due ambiti in cui l’avanzamento tecnologico maggiormente consentiva di scorporare la fornitura del pubblico servizio, onde aprirne la produzione alla concorrenza136. In altri settori, quale
ad esempio quello dell’energia elettrica, i tempi non paiono ancora maturi per esportarvi completamente la dinamica del servizio universale, sebbene il sistema parrebbe
134 È quanto avviene nel settore postale, in cui, ai sensi dell’art. 7, Dir. 1997/67/CE: “Nella misura
necessaria al mantenimento del servizio universale, gli Stati membri hanno facoltà di continuare a riservare servizi al fornitore o ai fornitori del servizio universale. Questi servizi sono limitati alla raccolta, allo smistamento, al trasporto e alla consegna di invii di corrispondenza interna e di corrispondenza transfrontaliera in entrata, tramite consegna espressa o no, nell’ambito dei limiti di peso (…) che seguono. Il limite di peso è di 100 grammi a decorrere dal 1 gennaio 2003 e di 50 grammi a decorrere dal 1 gennaio 2006”.
135 Cfr., Comunicazione della Commissione del 27 novembre 1996, cit.
136 Sugli effetti prodotti dall’evoluzione tecnologica nella tradizionale dogmatica giuspubblicistica, si
veda, fra gli altri, G. ROSSI, Pubblico e privato nell’economia di fine secolo, in S. AMOROSINO (a cura di),
Le trasformazioni del diritto amministrativo – Scritti degli allievi per gli ottant’anni di Massimo Severo Giannini, Milano, 1995, 221 ss.
muoversi in quella direzione. Peraltro, laddove il processo di liberalizzazione ancora si colloca in uno stadio iniziale, la doverosità nella fornitura delle prestazioni continua ad esplicarsi tramite il tradizionale strumento dell’obbligo di pubblico servizio, anch’esso invero compatibile con il quadro regolatorio fornito dall’art. 86, TCE137.
Se pertanto, alla luce di quanto detto, la funzione sociale del servizio universale appare primaria ed innegabile, non meno rilievo va ascritto alla sua peculiare capacità di comprimere l’area della “doverosità” pubblicistica. Sin dal ’96, la Commissione ha infatti sottolineato come un equilibrato rapporto tra rispetto della concorrenza e soddisfazione dell’utenza passi inevitabilmente per il corretto “dosaggio” del servizio universale. Infatti, la sua estensione contenutistica circoscrive l’area entro la quale l’attività produttiva degli operatori si trova ad essere funzionalizzata. Pertanto, ad una individuazione troppo ampia delle prestazioni da rendere in via obbligatoria, corrisponderà un aumento delle diseconomie che le imprese dovranno sopportare per garantire le troppo consistenti forniture ad ogni categoria di utente. Il rischio connesso ad un’incontrollata estensione del servizio universale è quello di rendere economicamente poco appetibile l’ingresso in un mercato sin troppo irrigidito.
Non è dunque casuale che il servizio universale sia stato configurato come un sotto-insieme compreso nella più ampia nozione di servizio d’interesse economico generale. Infatti solo restringendo l’area della doverosità si sarebbe potuto pensare di aprire alla concorrenza settori in precedenza ingessati dagli assetti monopolistici138.
Accogliendo in sede comunitaria la nozione unitaria ed “onnivora” di pubblico servizio, tratta dalle tradizioni giuridiche nazionali, si sarebbe concretizzato il rischio di rendere doverosa l’offerta di ogni prestazione riconducibile ad un certo settore. Ebbene a fronte di quell’evoluzione tecnologica che, soprattutto nel settore delle telecomunicazioni, consente oggi di diversificare ed arricchire l’offerta di prodotti, il rischio da ultimo descritto sarebbe risultato inaccettabile. Nessun operatore privato, infatti, avrebbe considerato profittevole entrare in un mercato in cui una pluralità di prestazioni, ognuna con un costo ed un valore differente, si fosse dovuta obbligatoriamente fornire a prezzi abbordabili ad ogni categoria di utente. Non pare inutile ricordare, in questo contesto, che l’economia di mercato, per svilupparsi, presuppone che gli operatori economici
137 Sul punto, cfr. G. F. CARTEI, ult. op. cit., 187 ss. e 326 ss.
138 Sul punto, si vedano, tra gli altri, le osservazioni di F. CARDARELLI – V. ZENO ZENCOVICH, Il diritto delle
possano agire secondo la più ampia libertà di scelta e di ciò evidentemente hanno preso atto le Istituzioni comunitarie nel momento in cui è stata elaborata la nozione di servizio universale. A questa chiave di lettura può peraltro essere ricondotta la distinzione, elaborata in sede comunitaria, tra servizio di base e servizio a valore aggiunto. Con la prima nozione ci si riferisce tradizionalmente ad attività d’interesse economico generale che, rientrando di norma nell’area del servizio universale, possono essere “oggetto di una gestione in esclusiva o gravata da obblighi”; con la seconda invece, si indicano attività che di norma fuoriescono dall’area funzionalizzata e che dunque solo in via eccezionale possono essere riservate ovvero sottoposte ad un regime vincolato139.
“In definitiva il servizio universale è un problema tipico da Stato regolatore. L’intensità dell’intervento regolatore dei pubblici poteri è inversamente proporzionale all’attitudine del mercato a offrire una gamma di prestazioni e servizi adeguate per qualità, prezzo e diffusione alle esigenze dell’utenza. Quanto meno il mercato è in grado di realizzare l’obiettivo dell’universalità, in relazione a certi tipi di beni e servizi ritenuti essenziali, tanto maggiore deve essere l’impegno dei pubblici poteri nel prefigurare un sistema di regolazione in linea con tale obiettivo”140141.
5.3 L’INDIVIDUAZIONE DEL SOGGETTO A CUISPETTA DEFINIRE L’INTERESSEGENERALE