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L E INIZIALI INCERTEZZE ( E RESISTENZE ) NELL ’ INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO DEI SERVIZI D ’ INTERESSE ECONOMICO GENERALE

Come anticipato in precedenza, l’impulso comunitario verso l’apertura dei mercati nell’ambito dei settori d’interesse generale è relativamente recente.

In effetti, è stato opportunamente segnalato come nella versione originaria del Trattato di Roma fosse ravvisabile una sorta di “timore reverenziale” rispetto alla materia dei pubblici servizi49, confermato per lo meno da due elementi normativi: in

primo luogo, solo in una norma marginale, l’art. 73 (ex art. 77)50, si è scelto di

introdurre un riferimento espresso al tema; inoltre, nella norma specificamente dedicata alla materia, l’art. 86 (ex art. 90)51, si è preferito sostituire la nozione tradizionale di

pubblico servizio con quella più neutra e “periferica”52 di servizio d’interesse

economico generale. La dottrina ha motivato siffatta prudenza sulla base di diverse ragioni. Da un lato, si è notato come nel momento storico in cui la Comunità nasceva, non sussistesse un forte interesse da parte dei Padre fondatori a che in Europa si creasse un mercato unificato dei servizi pubblici, posto che all’epoca il principale obiettivo era costituito dalla creazione dei presupposti giuridici e politici per l’esplicazione della più ampia libertà di commercio53. Inoltre, l’evidente carattere compromissorio della norma-

49 Sul punto si vedano le osservazioni di, fra gli altri, J. J. MONTERO PASCUAL, I monopoli nazionali

pubblici in un mercato unico concorrenziale, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1997, 663 ss.; P. FATTORI,

Monopoli pubblici e articolo 90 del Trattato CE nella giurisprudenza comunitaria, in Mercato concorrenza regole, n. 1/1999, 9 ss.; G. TESAURO, Intervento pubblico nell’economia e art. 90, n. 2, del

Trattato CE, in Dir. un. eur., n. 3/1996, 719 ss.; G. M. RACCA, I servizi pubblici nell’ordinamento

comunitario, in Dir. amm., n. 2/1994, 201 ss.; R. URSI, L’evoluzione della nozione di servizio di interesse

economico generale nel processo di integrazione europea – Parte prima, in Nuove autonomie, n. 1-2/2002, 143 ss.; A. PAPPALARDO, State measures and public undertakings: article 90 of the EEC Treaty

revisited, in European competition law review, 1991, 29 ss.; C. D. EHLERMANN, The contribution of Ec

competition policy to the single market, in Common market law review, 1992, 257 ss.

50 Art. 73, TCE: “Sono compatibili con il presente trattato gli aiuti richiesti dalle necessità del

coordinamento dei trasporti ovvero corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione di pubblico servizio”.

51 Art. 86, TCE: “1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche

e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità. 3. La Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni”.

52 L’espressione è di G. E. BERLINGERIO, cit., 295. 53 Cfr. G. E. BERLINGERIO, cit., 295.

chiave54, ossia l’art. 86, denuncia l’impossibilità di compiere scelte più nette in tema di

pubblici servizi, non essendosi raggiunto un accordo tra i Governi degli Stati-fondatori in merito a come contemperare due esigenze che sin da allora si mostravano difficilmente conciliabili: “da una parte gli Stati-membri che tradizionalmente si riservavano la gestione di determinati settori al fine di assicurare direttamente il conseguimento di certi scopi di interesse generale; dall’altra, il processo di integrazione dei mercati europei che richiedeva la soppressione degli ostacoli alla libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali, e un regime che garantisse una concorrenza non falsata dal mercato integrato”55. Di fronte a tali contrasti, si è presumibilmente scelto di

accogliere nel Trattato soluzioni di basso profilo in merito a fattispecie così spinose56.

Da ultimo, è stato evidenziato come all’elaborazione di norme più specifiche in tema di pubblici servizi ostasse anche l’inesistenza di una nozione che fosse unitariamente accettata in tutti gli Stati-membri, caratterizzandosi la materia in questione per i diversi approcci con cui era trattata nei diversi ordinamenti57.

In tale insufficiente e contraddittorio quadro normativo si sviluppa quella prima fase di cosiddetta ibernazione58 nella quale, tra gli anni Sessanta e Settanta, si palesa da

un lato la mancanza di volontà in capo agli Stati-membri di dare un’impronta alle scelte della Comunità relative ai servizi d’interesse generale. D’altro canto, sempre in questi anni, la stessa Corte di Giustizia Europea, come si vedrà meglio nel prosieguo dell’analisi, rinuncia a contrapporsi all’inerzia degli altri organi comunitari e si appiattisce su posizioni interpretative poco innovative. Questo generalizzato immobilismo è in particolare segnalato dal Parlamento Europeo con la Risoluzione 7 giugno 1971 nella quale si accusa la Commissione di non assumere alcuna posizione

54 Sul punto si vedano, fra gli altri, D. CALDIROLA, La dimensione comunitaria del servizio pubblico ovvero

il servizio d’interesse economico generale e il servizio universale, in L. AMMANNATI – M. A. CABIDDU – P.

DE CARLI (a cura di), Servizi pubblici, concorrenza, diritti, Milano, 2001; R. KOVAR, Droit communautaire

et service public: esprit d’ortodoxie ou pensée laiciste, in Rev. trim. droit eur., 1996, 215 ss.

55 R. URSI, cit., 145.

56 A. C. PAGE, Member States, public undertaking and Article 90, in European Law Review, 1982, 20,

segnala come uno degli estensori del Trattato avrebbe scritto: “Ci è stato chiesto di non essere troppo chiari perché, altrimenti, l’art. 90 difficilmente sarebbe passato davanti ai parlamenti nazionali”. Cfr., sul punto, G. CORSO, I servizi pubblici nel diritto comunitario, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., 1999, 7 ss.; B.

MAMELI, Servizio pubblico e concessione, Milano, 1998.

57 Cfr. G. E. BERLINGERIO, cit., 296; N. BELLOUBET-FRIER, Service public et droit communautaire, in Act. jur.

dr. adm., 1994, 270 ss. Sul punto, si vedano altresì le osservazioni di A. PAPPALARDO, Commento all’art.

90, in R. QUADRI – R. MONACO (a cura di) Commentario del Trattato istitutivo della Comunità Economia

Europea, Milano, 1965.

che impedisse agli Stati-membri di bloccare il settore dei pubblici servizi mediante pratiche monopolistiche59.

Ma le difficoltà interpretative emergono anche dalla caratura del dibattito dottrinario che nei primi anni Sessanta pare lontano dal cogliere le potenzialità connesse alla nozione comunitaria di servizio d’interesse economico generale, in quanto oggetto specifico della disciplina posta dall’art. 86. Secondo infatti uno dei più accreditati orientamenti dell’epoca, l’ “interesse generale” richiamato dal Trattato altro non sarebbe stato che l’interesse pubblico nazionale60 e, dunque, all’aggettivo “economico” non si

sarebbe dovuto ricondurre alcun particolare significato61. Ciò posto, l’individuazione

delle prestazioni d’interesse generale - in quanto compito connesso alla cura dell’interesse pubblico nazionale – non poteva che spettare esclusivamente alle Autorità nazionali. In tal modo, evidentemente, la dimensione comunitaria della nozione veniva neutralizzata, escludendosi così la sussistenza di ogni carica innovativa promanante dall’art. 86, Trattato CE62.

A parere di altri, occorreva invece annettere alla nozione di servizio d’interesse economico generale una valenza sovra-nazionale, ponendo al centro delle interpretazioni il precipuo interesse della Comunità, volto alla creazione di un mercato interno63. Da tale diverso punto di vista, si evidenziava come dall’art. 86 dovessero

necessariamente ricavarsi degli effetti riproducibili in modo uniforme su tutto il territorio comunitario. Inoltre, si segnalava come lo stesso aggettivo “economico” non potesse rimanere eccessivamente sullo sfondo, pena l’indebita abrogazione tacita di una parte della norma. Dunque, secondo una prospettiva che negli anni a seguire sarebbe risultata vincente, si proponeva di isolare dall’insieme dei servizi d’interessi generale quelli aventi un contenuto, o meglio, una rilevanza economica in ambito comunitario.

59 Parlamento europeo, Risoluzione 7 giugno 1971, in G.U.C.E., n. C66 del 1 luglio 1971, 12, par. 14. 60 Cfr. B. DELVAUX, G. FABER, La nozione di servizio di interesse economico generale, in Riv. dir. industr.,

1963, 156 ss.; L. SOLARI, L’impresa pubblica nel Trattato istitutivo della Comunità Europea, Milano,

1965. Sulla stessa linea si colloca R. DRAGO, La nozione di servizio di interesse economico generale

secondo l’art. 90 del Trattato istitutivo del mercato unico europeo, in Riv. dir. industr., 1963.

61 R. FRANCESCHELLI, La nozione di servizio di interesse economico generale, in Riv. dir. industr., 1963,

142 ss., pur rilevando come, a suo parere, l’aggettivo “economico” avesse una valenza più tecnica che politica, sottolinea altresì i rischi insiti nel consentire ai singoli Stati membri di determinare in via autonoma la nozione di servizio d’interesse generale.

62 Sul punto, si veda altresì l’analisi comparata di V. DE FALCO, Il servizio pubblico tra ordinamento

comunitario e diritti interni, Padova, 2003.

63 In questo senso, cfr. J. DE SOTO, La nozione di servizio di interesse della Comunità, in Riv. dir. industr.,

1963; A. GLEISSI – M. HIRSCH, Diritto comunitario della concorrenza, Milano, 1968; SNOY – D’OPPUERS,

La notion de la Communautè à l’article 90 du Traitè de Rome sur le Marchè Commun, in Riv. dir. industr., 1963.

Solo rispetto ad essi si sarebbero di conseguenza indirizzati i precetti di cui all’allora art. 90. Ad ogni modo, è noto come, per lo meno sino alla metà degli anni Ottanta, prevalsero nettamente le impostazioni minimaliste. Nel prossimo capitolo, peraltro, approfondendosi l’evoluzione interpretativa relativa al principio di proporzionalità nelle forme espresse all’art. 86, comma 2, Trattato CE, si segnalerà come i compromessi ermeneutici verso il basso abbiano investito non solo la nozione di servizio d’interesse economico generale. Opportunamente, è stato in questo senso evidenziato come l’intero meccanismo pro-concorrenziale previsto dall’art. 86 sia stato in quell’epoca sostanzialmente “ibernato in attesa che il sistema fosse maturo”64.

3. LA PROGRESSIVA INDIVIDUAZIONE DELLA DIMENSIONE COMUNITARIA DEI SERVIZI

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