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La riflessione antropologica sulla questione del nazionalismo in Spagna è piuttosto recente. Con la transizione democratica, l'ambito delle scienze demoetnoantropologiche si è aperto a queste tematiche. Per quanto riguarda l'etnonazionalismo basco si sono delineate, dagli anni Ottanta in poi, due tendenze. La prima, legata agli studi di antropologia storica, può essere ricondotta alla lettura del nazionalismo basco avviata da Antonio Elorza in un suo saggio del 1995136, che analizza la figura di Sabino Arana e il suo progetto in relazione al contesto culturale basco, focalizzando l'attenzione sull'influenza della religione cattolica come fattore primario di socializzazione. Per comprenderne la rilevanza basti pensare che l'istruzione e l'educazione primaria, fino agli anni Cinquanta, fu interamente gestita, in Guipúzcoa, dagli ordini religiosi cattolici, dimostratisi spesso non ostili alle istanze e agli obiettivi degli etnonazionalisti.

Elorza propone nel suo saggio una riflessione teorica sul concetto di “patria basca” e su come tale concetto abbia stimolato un intenso attivismo politico di tipo nazionalista, fino alla creazione del Partito Nazionalista Basco. Rileva inoltre l’esistenza, nell'operare dei soggetti etnonazionalisti agli inizi del Novecento, di un tentativo consapevole di fondare una “religione politica”.

In questa direzione l'autore individua e evidenzia, tra il nazionalismo e il cattolicesimo di

Arana, influenze e simmetrie che restano nell'ambito e nei limiti di una politicizzazione di segno nazionalista della religione tradizionale, interpretata e coerentemente vissuta in senso integralista. Elorza giudica questa relazione come espressione di una visione della società fanatica ed estremista. Il nazionalismo di Arana appare, nell'analisi di Elorza, una forma di fanatismo politico su base religiosa, e questo emerge nell’uso di metafore di tipo religioso per immaginare la Patria Basca o le sue origini mitiche. Elorza sottolinea in questo caso la presenza dell’unione di due fanatismi, quello religioso insieme con quello nazionalista.

L’insistenza sul concetto di fanatismo religioso in Elorza deriva probabilmente dal collocare l'integralismo religioso nell'area delle religioni politiche.

Sul piano etnografico, tuttavia, la situazione si presenta radicalmente diversa.

Nelle interviste effettuate ad alcuni militanti di Herri Batasuna, quest’interazione tra fanatismo religioso e fanatismo politico non è mai emersa. Ho registrato la presenza, sul piano dei significati attribuiti all'azione nazionalista, di un’etica della convinzione prevalente sull'etica della responsabilità in senso weberiano137. L'unica convergenza individuata tra una percezione religiosa dell'azione politica e la dimensione religiosa affiorava nei racconti e nei giudizi riferiti ai militanti di ETA. In alcune interviste, essi sono frequentemente definiti o descritti come martiri, vittime del sacrificio nazionalista. In altri colloqui, alcuni giovani militanti indipendentisti, in particolare quelli intervistati al centro culturale Okendo di San Sebastián, hanno mostrato irritazione e distanza rispetto alle istituzioni ecclesiali e ripetutamente hanno contestato l'ipotesi sottesa ad alcune mie domande, che miravano a far emergere una continuità tra esperienza politica e educazione cattolica.

L'articolo di Elorza, sul piano storiografico, è stato contestato dallo storico contemporaneo Emilio Gentile138, che ha rilevato l’impossibilità di una continuità tra dimensione teoretica ed esperienziale delle religioni politiche e di quelle legate alle dottrine religiose. Pur essendo le religioni politiche emulatrici di quelle religiose, le prime avrebbero caratteristiche ampiamente diverse. Nella riflessione di Gentile, le religioni politiche appaiono tendenzialmente sostitutive e comunque antagoniste alle religioni tradizionali. In questo senso è possibile interpretare, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, anche la progressiva disaffezione alle istituzioni religiose nelle due province di Vizcaya e

137 Cfr. M. Weber, La politica come professione, Milano, Mondadori, 2006.

Guipúzcoa, nella fase in cui la partecipazione popolare all'indipendentismo raggiungeva il momento più intenso.

La pubblicazione del saggio di Elorza, che interpreta il nazionalismo di Sabino Arana come variante della sua fede cattolico-integralista e di conseguenza l'idea di nazione basca come espressione religiosa di segno politico, a partire dal 1995 ha innescato un intenso dibattito all'interno della storiografia contemporanea e dell'antropologia storica spagnola.

Uno dei frutti più interessanti di questo dibattito tra storici e antropologi appare la pubblicazione, nel 1997, del testo El Péndulo Patriótico139. Gli autori di questo saggio ritengono ingiustificata la definizione scelta da Elorza per il primo nazionalismo basco, quello di Sabino Arana, come “religione politica”, poiché Arana, per il suo integralismo cattolico, rimase sempre legato a una visione tradizionale e premoderna. Non operò quindi per la sostituzione della religione tradizionale basca con una religione secolare.

Come tenterò di dimostrare con la presente ricerca etnografica, il rapporto tra nazionalismo basco e religione cattolica a livello locale è un problema molto complesso. Esiste nelle rappresentazioni identitarie una dinamica ambivalente rispetto al problema della nazione basca. In alcuni casi, come per esempio nelle “azioni sacrificali” di ETA, la politica è sacralizzata su due livelli. Il primo è quello del militante etarra, che appare come un eroe. Il secondo livello è quello delle vittime delle azioni terroristiche di ETA, considerate “vittime sacrificali”.

D’altra parte anche alcuni momenti considerati sacri nella dottrina cattolica vengono per così dire politicizzati. Due casi esemplari in questo senso sono la scelta del giorno in cui datare la nascita del Partito Nazionalista Basco, coincidente con la data di nascita di Ignazio di Loyola, il 31 di luglio. Il medesimo giorno è stato scelto, quarantaquattro anni dopo, come data di fondazione di ETA.

Seguendo la strada aperta da Elorza, altri storici e antropologi spagnoli e baschi hanno tentato di individuare e segnalare le caratteristiche religiose del nazionalismo basco. In questa direzione si possono citare le ricerche di due studiosi, Jon Juaristi140, letterato e storico di origine basca, e il galiziano Sáez de la Fuente. Entrambi riconducono la nascita

139 S. de Pablo - L. Mees - J. A. Rodríguez Ranz, El Péndulo Patriótico, cit., p. 43.

140 Cfr. J., Juaristi, El bosque originario. Genealogias miticas de los pueblos de Europa, Madrid, Taurus, 2001, pp.110-145.

della religione politica al fenomeno di ETA, anziché allo sviluppo del PNV e al suo fondatore Sabino Arana. Sáez de la Fuente, attraverso una lettura della genesi dei fenomeni etnonazionalistici molto vicina alle analisi di E. Gellner, interpreta il nazionalismo radicale basco come frutto della secolarizzazione del cattolicesimo tradizionale, che aveva influenzato il precedente nazionalismo141. Al tempo stesso, egli lo considera fautore della sacralizzazione della politica.

Questa tesi sembrerebbe trovare conferma in una serie di dati statistici142 dai quali risulta che, mentre l'autoidentificazione nel cattolicesimo dei seguaci del PNV è andata decrescendo molto lentamente, nei giovani che dagli anni Settanta aderiscono al nazionalismo radicale o si dichiarano etnonazionalisti l'adesione alla Chiesa cattolica, in termini statistici, precipita molto più rapidamente.

Una tendenza confermata anche fra i miei dodici informatori sul campo. I più anziani, che si dichiaravano nazionalisti pur non avendo mai fatto politica attiva, si definivano cattolici. Gli intervistati più giovani hanno al contrario spesso mostrato un forte disinteresse verso l'adesione alla Chiesa cattolica. Va inoltre sottolineata, sul piano delle rappresentazioni simboliche, la presenza sempre più crescente di icone e simboli di matrice pagana nelle manifestazioni e nelle feste organizzate dai giovani nazionalisti. Per fare un esempio, a Itziar e a Deba mi è stato suggerito da alcuni informatori sul campo come riconoscere le tombe dei militanti nazionalisti, senza fare domande agli addetti municipali: bastava individuare l’immagine della rosa celtica sulle lapidi del cimitero.

Parallelamente al filone di studi di sociologia e antropologia storica, inaugurato da Elorza e Sáez de la Fuente, si sviluppa una seconda tendenza di ricerca all'interno della nuova antropologia culturale spagnola emersa alla fine del franchismo e fortemente influenzata dalle ricerche e dai metodi dell'antropologia riflessiva e dalle ricerche etnografiche sul concetto di etnia di Epstein, Barth e Cohen. Tra le ricerche più interessanti prodotte all'interno di questa prospettiva dell'antropologia politica spagnola, si trovano quelle prodotte dall'etnologo e storico della cultura basca Juan Aranzadi143.

Rifacendosi a Fredrik Barth144 e ai suoi studi sul concetto di etnia ed etnicità, Aranzadi

141 Cfr. I. Sáez de la Fuente Aldama, El movimiento de liberación nacional Vasco, una religion de

sostitución, Bilbao, Instituto Diocesano de Teología y Pastoral, Desclée de Brouwer, 2002.

142 Reperibili in rete all’interno del sito internet del PNV, all’indirizzo http://www.eaj-pnv.com/. 143 Cfr. J. Aranzadi, Milenarismo vasco, cit.

sostiene che un gruppo etnico non è un gruppo umano oggettivamente strutturato grazie al possesso di una serie di tratti culturali correlati, peculiari e differenziali, come affermerebbe uno studioso come A. D. Smith. Un’etnia s’identifica piuttosto, per Aranzadi, in un gruppo umano soggettivamente opposto ad altri gruppi, mosso da una mera volontà di differenziarsi per avere accesso a determinate risorse simboliche e materiali e poterle accrescere.

La contrapposizione etnica non servirebbe allora a preservare una preesistente identità culturale, bensì a costruirla. La persistenza nel corso del tempo della contrapposizione finirebbe per rendere oggettiva una diversità che inizialmente era soltanto soggettiva: la diversità costruita intenzionalmente da un gruppo di persone mosse dall’ideologia nazionalista.

L'applicazione al caso della costruzione dell'etnia basca dello schema di F. Barth145 conduce Aranzadi a introdurre una variante rispetto all'interpretazione di Manu Escudero146. Nei Paesi Baschi, verso la fine dell'Ottocento, gli aspetti di mutamento traumatico dovuti alla modernizzazione, in presenza di una precedente contrapposizione etnica, porterebbero alla nascita di un nuovo movimento politico. Un movimento non più su basi etniche ma millenarista, finalizzato a recuperare i significati di un'antica età originaria, chiamata da Aranzadi “età dell'Eden”, l’età originaria di un primordiale Stato basco. Il nazionalismo basco non sarebbe un movimento politico, ma piuttosto un movimento millenarista che non opera su basi politiche ma su concezioni mitologiche della storia basca.

I prossimi paragrafi affronteranno gli elementi principali alla base dei processi di etnicizzazione, dai quali emerge l'idea di etnia basca, e mostreranno come tale idea porti alla patria immaginaria di Euskal Herria. Affronteremo questo processo, per così dire, in due direzioni: verso il passato, cercando di capire come il nazionalismo si sia servito del

145 Il pradigma di Barth rappresenta un importante cambiamento nella rappresentazione e comprensione del concetto di etnia. Nel suo saggio del 1969, Barth mette in discussione la convinzione che il mondo sociale sia composto da gruppi sociali denominati etnie. La realtà dei gruppi sociali che si definiscono gruppi etnici non va ricercata in qualità permanenti o essenze degli stessi, ma in ciò che emerge quando un determinato gruppo sociale interagisce con altri gruppi sociali. L'interazione evidenzia le differenze tra gruppi e le differenze culturali portano alla definizione dei confini che distinguono un noi da loro. Un gruppo non può mantenere la propria identità se i suoi membri interagiscono con membri di altri gruppi. L'etnia per Barth è soggettiva e situazionale e l'antropologo si deve concentrare sui confini tra i gruppi, non sulla realtà dei gruppi. Possiamo quindi affermare che Barth separa la cultura dall'etnia, aprendo la strada ad un'analisi postmoderna e costruttivista del concetto di identità etnica.

patrimonio folkloristico; verso il futuro, attraverso l'analisi di alcuni testi letterari nei quali i Paesi Baschi diventano il luogo immaginario in cui si realizza la progettualità nazionalista.